Giovedì 10 maggio 2007

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 maggio 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 8 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

1 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 56
Domani a Cagliari
Una giornata nel nome di Maria Teresa Serra
Un’intera giornata di studio e di confronto per celebrare degnamente Maria Teresa Serra, studiosa dell’ateneo cagliaritano scomparsa troppo presto. A promuoverla è la facoltà di Scienze politiche che in mattinata, dalle 10, la ricorderà nell’Aula magna del rettorato di via Università. Nell’occasione saranno presentati i due volumi di studi in in ricordo di Maria Teresa Serra curati da Maria Corona Corrias, docente della facoltà di Scienze Politiche, in nome dell’antica amicizia che la legava alla collega. Dopo i saluti del rettore Pasquale Mistretta e del preside della facoltà di scienze politiche Raffaele Paci, Università di Cagliari, la parola passerà ai docenti Giovanni Duni, Facoltà di Scienze Politiche dell’ Università di Cagliari, e Andrea Pubusa (Giurisprudenza). Presenterà il primo volume Giorgio Pastori, Facoltà di Giurisprudenza della Cattolica di Milano. La presentazione del secondo sarà compito di Antonio Zanfarino, Facoltà di Scienze Politiche "C. Alfieri", Università di Firenze. Concluderà i lavori Maria Corona Corrias. La giornata in ricordo di Maria Teresa Serra proseguirà alle 16 nell’aula magna della Facoltà di Scienze Politiche, in viale Sant’ Ignazio, 78 con un seminario sul "Procedimento amministrativo in trasformazione". Coordina Giovanni Duni, interverranno con le loro relazioni Giorgio Pastori, e Antonio Romano Tassone, Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Università di Reggio Calabria. Concluderà Andrea Pubusa. Interventi programmati di Paola Piras, Francesca Pubusa, Stefania Puddu, Stefano Tatti. Seguirà il dibattito.
 
2 – L’Unione Sarda
Prima Pagina Pagina 1
Cagliari. La collezione del Dipartimento di biologia stipata nei magazzini
Sorpresa: c’è uno scheletro di balena nell’armadio
Uno scheletro nell’armadio del museo universitario di Cagliari. È di una balena spiaggiata a La Maddalena nel 1827, ma il Dipartimento di biologia non ha uno spazio dove esporlo. Tra i reperti stipati nei magazzini gli scheletri di un elefante, un cavallo, lo squalo bianco, un uomo in formalina, una collezione di feti ereditati dall’Istituto di Anatomia, un cucciolo di foca monaca, scimmie e canguri, l’avvoltoio degli agnelli, il koala, un formichiere. Le visite solo su prenotazione: «Facciamo tutto per una sorta di volontariato».
 
Cagliari e Provincia Pagina 17
Lo scheletro nell’armadio del museo
Manca il personale, tagliati i finanziamenti: visite solo su appuntamento. Finiscono in magazzino migliaia di reperti
Non c’è spazio per esporre una balena lunga 25 metri
Lo scheletro della balena c’è, ma è in magazzino. Venticinque metri di ossa ingiallite, un reperto unico che il museo universitario non può esporre per mancanza di spazi e personale
Uno scheletro (di balena) nell’armadio del museo universitario. Venticinque metri di ossa ingiallite inghiottite dall’oblìo. «Non lo possiamo esporre, lo spazio è quello che è», spiega la direttrice del Dipartimento di biologia animale ed ecologia. Stipati tra sale e magazzini di viale Poetto, invecchiano gli scheletri di un elefante, un cavallo, lo squalo bianco, l’inquietante volto di un uomo in formalina, «mai saputo a chi appartenesse», una collezione di feti ereditati dall’Istituto di Anatomia, un cucciolo di foca monaca, la nutria che ha infestato il Flumendosa, scimmie e canguri l’avvoltoio degli agnelli, il koala, un formichiere lungo un metro e mezzo. Non manca «una collezione ornitologica completa che dà un quadro esatto della Sardegna passata e presente». Un patrimonio che farebbe la fortuna di tanti musei di storia naturale. «Il nostro è gestito in regime di volontariato» - sorride Anna Maria Deiana - «Non c’è un curatore, né guide. In una stanza di centocinquanta metri quadrati cerchiamo di farci stare più reperti possibile. Il resto è affidato alla buona volontà di chi lavora nel Dipartimento, gli studenti hanno realizzato anche i diorami». Lo scheletro della balenottera ha quasi due secoli di storia. Spiaggiata nel 1827 a La Maddalena, iniziò la navigazione a vista nei meandri della burocrazia sino ad arrivare al museo regio di Cagliari: «Esposta nel secondo dopoguerra, dai primi anni Settanta è in magazzino. È lunga venticinque metri, una parte della testa è stata prestata di recente al museo Aquilegia. Per rimontarla è indispensabile la consulenza di un anatomo». Le ossa hanno preso strade diverse: sparpagliate nei magazzini, una scapola qua e una là, e nel giardino dell’Istituto, sotto il cielo di Cagliari, oltre la cancellata che separa la strada da un fazzoletto di erba punteggiato di tartarughe. La stessa sorte di altre centinaia di vertebrati sigillati nelle casse: «La nostra situazione è un problema antico come il mondo. All’inizio suscita molto interesse, per poi concretizzarsi in niente». Anna Maria Deiana sostiene che i problemi del museo sono fondamentalmente tre: «Spazi ridottissimi, manca il personale e i fondi sono limitati. Investire in cultura non rende, non produce utili, ecco perché i privati non si interessano. È un gioiello di famiglia che curiamo nei limiti delle nostre possibilità». Al Dipartimento fanno i salti mortali: «Apriamo al pubblico per appuntamento. Una-due classi al giorno durante il periodo scolastico, più centinaia di studenti universitari che preparano gli esami, seicento visitatori per Monumenti aperti. Eppure l’altro giorno hanno tagliato i fondi per gli studenti lavoratori. In queste condizioni saremo costretti a chiudere definitivamente, non c’è neppure un ragazzo che possa aprire materialmente la porta della sala a chi la vuole visitare». Da anni si parla di un accordo tra sindaco e rettore per creare un museo da gestire insieme, più o meno quello che capita con l’Orto botanico. Se ne discute, appunto, nulla di più. Per il resto ci si affida alle esposizioni lampo, come quella messa in piedi durante la Settimana scientifica. Oppure i reperti vengono dati in prestito. Di recente il cucciolo di foca monaca è stato mostrato a Cala Gonone. Gli scheletri del mulo e della pecora no, restano confinati in un angolo polveroso. Nessun cagliaritano potrà mai apprezzarli per il semplice fatto che non li potrà vedere. Anna Maria Deidda non si arrende: «L’università ha partecipato a una gara per accedere a un Piano integrato d’area, con quel finanziamento si potrebbe pensare di far nascere un museo. Magari nell’ex Riformatorio minorile di viale La Playa, o nell’ex Manifattura tabacchi». Nel pieghevole si legge: Le collezioni zoologiche dell’università hanno una storia vecchia di 200 anni. Tutto inizia col Gabinetto di storia naturale realizzato da Baille con il supporto del viceré Carlo Felice. Oggi, primavera 2007, c’è una direttrice che cerca di imprimere la svolta. Riuscirà nell’impresa?
Paolo Paolini
 
3 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 55
Dimenticate da ottant’anni
Laconi ritrova le sue maschere di sughero e pelle
Sono trascorsi ottant’anni dal giorno in cui quelle suggestive maschere di pelle e sughero che si agitavano attorno al falò di Sant’Antonio sono sparite. Per quasi un secolo Is Corongiaius sono sopravvissuti solo nei ricordi degli anziani di Laconi. Adesso, grazie alla loro memoria, e al forte senso di identità che per loro rappresenta, gli uomini vestiti da pecore e capre hanno fatto una nuova irruzione nel centro culturale del paese del Sarcidano durante il convegno che ha presentato la maschera "ritrovata" di Laconi, "Su Corongiaiu". Fino al 1935 faceva la sua prima uscita il 16 gennaio per poi ritirarsi dopo il Martedì Grasso. Poi si è persa, nascosta da nuovi riti, da nuove abitudini. Il merito del recupero è dell’omonima associazione che ha avviato uno scrupoloso lavoro di ricerca nel 2001. Le interviste ai nonnini e nonne del paese e la scoperta di una testimonianza scritta, (grazie a Giuseppe Corongiu), di un’indagine antecedente svolta da Francesco Alziator nel 1956 sempre con degli anziani, che hanno raccontato la mascherata delle pecore, hanno permesso di ricostruire Su Corongiaiu. Lo ha ricordato Fausto Serra dell’associazione culturale e con lui il sindaco Fausto Fulghesu. Una maschera fatta di sughero e a forma cilindrica, su casiddu, con un lungo naso sempre in sughero ed una barba di pelle di pecora ed agnello. Ed ancora sul capo grandi corna di capra, il tutto ricoperto di pelle di ovino. Is corongiaius indossavano pantaloni di velluto e sopra sa estia de pedde, un cappotto di lana di pecora bianca o nera. A tracolla una quindicina di sognali. Le parole della neocentenaria Maria Efisia Argiolas hanno rievocato le fasi della vestizione nel rione de Su Corongiu, poco distante dai tronchi ardenti in onore di Sant’Antoi de Su Fogu. «D’un tratto le maschere si imbizzarrivano», ha detto la Argiolas. Infatti per il paese giravano in coppia, uno con la fune, sa soga, che teneva l’altro alla cingola, per evitare che questo scappasse. Spesso nel duo de is corongiaius un ragazzo vestito dalle sembianze di bue o cervo, che veniva punto con il bastone, su strumbulu e picchiato con la frusta per renderlo docile. «Da giovani eravamo tutti mascherati e nessuno ci veniva a vedere», ha aggiunto Pasquale Soddu. Una maschera vissuta per secoli da una comunità ed ancora amata dalla gente. Gli anziani hanno applaudito con entusiasmo. Quanto ai giovani, hanno scoperto quei quattro corongiaius imbizzarriti. La migliore risposta all’etnologo Benedetto Caltagirone dell’Università di Cagliari che si era chiesto poco prima se quella maschera fosse percepita come patrimonio identitario a Laconi. Un’immagine della tradizione da ricondurre in un contesto europeo, dove le maschere di Carnevale simboleggiavano il risveglio del mondo agrario: è stata la considerazione di Paolo Piquereddu, direttore dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico. Pecore irrequiete is corongiaius di Laconi: il paese adesso li aspetta, di nuovo in piazza, per il falò del prossimo gennaio.
Antonio Pintori
 
4 – L’Unione Sarda
Economia Pagina 11
Giornata dell’economia
La crescita del Pil a Cagliari non basta: imprese piccole
Il Pil in crescita nella provincia di Cagliari, l’andamento delle imprese femminili e gli svantaggi per la Sardegna legati all’insularità. Sono temi che condizionano e caratterizzano la vita economica dell’isola e che, se analizzati in maniera approfondita, forniscono uno spaccato del settore nel panorama sardo. È proprio l’approfondimento e l’analisi dei dati più significativi sono al centro della Giornata dell’economia, prevista per oggi. «Uno degli eventi considerati tra i più importanti dell’anno dalla Camera di commercio», dice il presidente della sede di Cagliari, Giancarlo Deidda. Giunta alla sua quinta edizione, aprirà una serie di spunti di dialogo e riflessione con un convegno organizzato in collaborazione con l’Università di Cagliari. i numeriIeri, durante la presentazione, sono stati anticipati alcuni argomenti. Cifre che riflettono una realtà complessa. «Tra il 2003 e il 2005», ha spiegato Massimo Del Gatto, docente di Economia internazionale della facoltà di Scienze politiche, «si è registrata nella provincia una crescita del Pil pro-capite pari al 5,7%: percentuale più elevata rispetto a quella italiana e del Mezzogiorno. Ma questa crescita non è sufficiente, siamo in uno stato di continuo ritardo e soffriamo particolarmente dei problemi legati all’incapacità di competere con altre realtà sui mercati esteri». Secondo il docente di Economia e gestione delle imprese Giuseppe Usai, «un male oggettivo che non si può rimuovere è rappresentato per noi dall’insularità. Le imprese della Sardegna sono penalizzate e danneggiate da questo fattore, per cui soffre di un differenziale negativo, che sottintende maggiori costi e minori ricavi». Come si può, a questo punto, far fronte alle carenze? «Si devono creare i presupposti per avere almeno dei vantaggi compensativi», è la soluzione proposta da Usai. Adriana Di Liberto, dell’Università di Cagliari, si è soffermata sull’importanza delle «infrastrutture immateriali», mentre Maria Cocco, che presiede il Comitato imprenditoria femminile della Camera di commercio, ha presentato i dati dell’imprenditoria femminile. Sono numeri rilevanti, che in Sardegna certificano la presenza di 36.279 imprese rosa. Ma che, anche in questo caso, celano la realtà di un sistema ancora fragile: «Un lungo elenco di imprese individuali e familiari, che sono però ancora deboli». (m. lam.)

1 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Oristano
Il Polo universitario nell’incertezza Sos agli atenei di Cagliari e Sassari 
Via a una raccolta di firme finalizzata allo stanziamento di un capitolo di spese dedicato 
ORISTANO. Una raccolta di firme per dare stabilità finanziaria all’ateneo oristanese attraverso uno stanziamento dedicato da parte degli atenei di Cagliari e Sassari, da cui, appunto, dipendono i corsi gemmati di Oristano. L’obiettivo è quello di eliminare una volta per tutte l’incertezza, ad ogni anno accademico, legata alla mancanza di risorse certe ed adeguate.
 L’iniziativa, che ha preso il via ieri mattina, ha due presentatori: Antonio Iatalese, presidente dell’associazione “Oristano giovane”, e Piepaolo Cassoni, coordinatore regionale di “Studenti per le libertà”, settore universitario di Forza Italia Giovani. La presentazione, ieri mattina, nel corso di un incontro convocato in un’aula dell’università oristanese e tenuto dallo stesso Cassoni anche in vista delle elezioni per il rinnovo del Consiglio nazionale degli studenti universitari, in programma mercoledì e giovedì prossimi, e alle quali Cassoni è candidato per il Collegio Sud.
 Illustrando la petizione, Pierpaolo Cassoni ha sottolineato come le firme saranno inviate alle Università di Cagliari e Sassari, al Consorzio 1, all’assessorato regionale alla pubblica istruzione, ai presidenti del consiglio e della giunta regionale e al ministro dell’università. «Chiediamo - ha detto - che il polo di Oristano diventi una università vera, con gli stanziamenti finanziari e le strutture organizzative e logistiche necessarie perchè divenga punto cardine della società e della cultura di Oristano e di tutto il centro della Sardegna».
 Risultati che avranno necessità di un impegno preciso da parte delle istituzioni: «A partire - ha proseguito - dal consiglio e dalla giunta regionale, con un Decreto istitutivo della Conferenza Stato-Regione».
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 36 - Sassari
In appalto il museo del corallo 
250mila euro per i lavori nell’ex villa Costantino 
ALGHERO. Un museo del corallo nella ex villa Costantino in via XX Settembre.
 Il progetto già pianificato da tempo entrerà a breve nella fase esecutiva. E’ stata infatti bandita l’asta pubblica per l’aggiudicazione dei lavori e quindi la realizzaizone dell’intervento. L’importo del finanziamento previsto dall’amministrazione comunale ammonta a poco più di 250mila euro e si tratta di risorse che giungono dal bilancio comunale. Le offerte delle imprese concorrenti dovranno essere presentante nella sede del Palazzo Civico di Sant’Anna entro il 30 maggio prossimo. Il giorno dopo si procederà alla apertura delle buste e quindi alla valutazione, nel merito, delle offerte pervenute. Esaurito questo percorso tecnico burocratico saranno affidati i lavori alla ditta vincitrice. Fino a poco tempo fa l’ex Villa Costantino ha ospitato gli studenti della facoltà di Architettura che hanno poi lasciato l’edificio non appena è stato reso fruibile l’ex asilo Sella attuale sede della facoltà dell’ateneo sassarese. La prestigiosa villa ha inoltre ospitato la scorsa estate anche il secondo evento estivo del famoso stilista algherese algherese Antonio Marras. Con la realizzazione dell’intervento di riqualificazione della ex Villa Costantino la città disporrà di un museo interamente dedicato a quello che è il suo simbolo, il corallo appunto, e per il quale è conosciuta in tutto il mondo. Va aggiunto che il museo potrà esporre soprattutto quella che è stata la lunga, e spesso doolorosa, storia della pesca del corallo nelle acque del golfo. L’oro rosso di Alghero era particolarmente conosciuto per la sua estrema qualità e per il colore irripetibile. Gli artigiani orafi hanno realizzato con il corallo pescato nelle profondità del mare algherese autentici capolavori. (s.o.)
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 21 - Cagliari
Svelati tutti i segreti del Santissimo Salvatore 
Conferenza di Roberto Coroneo sui restauri della chiesa bizantina 
In origine c’erano tre absidi e per tetto non c’era una cupola ma una volta a botte, in seguito sostituita dalle travi in legno 
IGLESIAS. La rivelazione dei segreti più reconditi della chiesa del Santissimo Salvatore è il tema di una conferenza di Roberto Coroneo, professore di storia dell’arte medioevale a Cagliari e consulente per i lavori di restauro, terminati di recente. La conferenza si terrà domani, con inizio alle ore 19, nella sala dell’associazione culturale «Lao Silesu» in piazza Sella. Il tema dell’incontro con il pubblico sarà appunto «Novità dal restauro della chiesa bizantina del Santissimo Salvatore». In pratica, i recenti lavori di restauro hanno permesso di accertare verità sulla costruzione dell’edificio di culto che contrastano con gli scritti di quegli studiosi, lo storico dell’arte Raffaello Delogu, l’ecclesiastico iglesiente Filippi Pili e e l’ingegner Giorgio Cavallo, che nel corso del tempo si sono soffermati su uno dei piccoli gioielli (e uno dei pochi rimasti) dell’arte sacra bizantina nell’isola.
 Finora chi ha scritto della chiesa del Santissimo Salvatore aveva ipotizzato che l’edificio avesse una sola abside e una cupola. Ma i lavori hanno permesso di appurare che la chiesa aveva tre absidi, con la centrale dal diametro interno di tre metri e mezzo, che era la più grande e una volta a botte al posto della cupola. Col tempo, le absidi sono state eliminate e la cupola è stata sostituita con delle travi di legno.
 La chiesa del Santissimo Salvatore risale all’età bizantina, molto probabilmente al momento finale del bizantino, quindi attorno all’anno mille, e ha un’importanza eccezionale perché nell’isola sono pochi i monumenti risalenti al periodo. Ci sono tre grandi monumenti a cupola, San Saturnino a Cagliari, San Giovanni di Sinis e la basilica di Sant’Antioco, e poi c’è un gruppo di piccole chiese, fra cui Sant’Elia di Nuxis, in zona di Santadi e, appunto, la chiesa del Santissimo Salvatore.
 Roberto Coroneo, professore di storia dell’arte medievale al Dipartimento di scienze archeologiche e storico-artistiche dell’università di Cagliari, anticipandoci queste due novità spiega anche la presenza delle tre absidi col fatto che nelle piccole chiese non c’era lo spazio per realizzare delle cappelle laterali, e al loro posto venivano costruiti degli altari secondari. E poi anticipa quelli che saranno i temi della conferenza. «La chiesa, sconsacrata sin dal 1800, era in uno stato di degrado avanzato e soltanto i puntelli in legno ne bloccavano il crollo. Eravamo vicini al disastro, e l’intervento del Comune di Iglesias, realizzato con la supervisione della soprintenza ai monumenti di Cagliari e Oristano, è arrivato al momento opportuno. Il restauro ha dovuto conciliare due esigenze diverse: da una parte il consolidamento statico per evitare il crollo dell’edificio, e dall’altro l’esigenza di non alterare la storicità del monumento, di non sfiguararlo. Rispetto alla prima esigenza si è proceduto con la realizzazione di sottofondazioni e con il consolidamento delle murature, dove si sono evitate le iniezioni di cemento, che hanno la controindicazione di irrigidirle, preferendo usare malte e mattoni simili ai materiali originali. Così come abbiamo cercato, per quanto possibile, di conservare gli intonaci originali, all’interno come all’esterno, e il lato sinistro direi che è il più bello proprio perché non ha intonaco e si vede la muratura originaria. Inoltre, è stata ripristinata la copertura in legno, che non è originaria ma che era stata realizzata in sostituzione di una volta a botte. Un altro aspetto importante è stata, nel corso del consolidamento delle fondazioni, la scoperta dei resti delle tre absidi originali, eliminate in tempi antichi. Ed è nato anche il problema di cosa farne dato che la Carta internazione del restauro vieta la ricostruzione se non per ragioni statiche, perché sarebbe come creare un falso, cosa non è corretta secondo la moderna metodologia di restauro. Una prima ipotesi sarebbe stata quella di chiudere i muri in corrispondenza delle absidi, invece si è preferito realizzare della vetrate che comunque danno l’idea che lì c’era uno spazio aperto. È importante sottolineare che anche il contesto circostante è stato sistemato adeguatamente in vista del recupero dell’intera area comunale».
Antonio Salvatore Sassu
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
Una troupe da alcuni giorni a Carloforte per documentare l’antico rito della pesca del tonno nei mari sardi 
La mattanza sarà ripresa dal National Geographic 
CARLOFORTE. La tonnara di Carloforte, non attira solo i compratori del pregiato tonno rosso, turisti e curiosi di passaggio. Essendo divenuta, insieme alle altre tonnare attive del Sulcis, un unicum a livello nazionale e una rarità del “mare nostrum”, riesce a calamitare interessi ad ampio raggio, al punto da interessare la ricerca scientifica e i grandi network internazionali. Così, negli antichi stabilimenti della Punta, da qualche giorno è sbarcata una troupe del National Geographic. In questo caso, dalla sede californiana dell’emittente satellitare, hanno scelto l’isola di San Pietro come unica tappa mediterranea di uno speciale mondiale, dedicato ai sistemi di pesca tradizionali in via di estinzione, ma decisamente sostenibili dal punto di vista del prelievo degli stock ittici e della conservazione degli ecosistemi marini presi in esame. La troupe ha girato filmati a terra immortalando anche i tonnarotti al lavoro, mentre sistemano le ultime “pezze” di rete da calare. Se il forte maestrale che ha regnato sovrano fino a ieri si smorzerà, oggi le videocamere ad alta definizione degli operatori sub scenderanno in acqua, per riprendere uno spettacolo affascinante. Infatti, dentro le camere della tonnara dell’Isola Piana, su un fondale di una quarantina di metri, nuotano centinaia di esemplari di Thunnus thynnus, entrati nel reticolato dell’isola. Se il tempo lo consentirà, nel fine settimana potranno registrare su pellicola HD anche la prima mattanza stagionale, che si preannuncia ricca di soddisfazioni. Queste riprese, faranno parte di uno speciale che, nei prossimi mesi, andrà in onda su National Geographic Channel, visibile sul bouquet di Sky.
 Alla Punta, è presente anche un team di biologi, ricercatori e operatori dell’Università di Cagliari, anch’essi pronti a iniziare le prime analisi marine di un progetto di ricerca.
 
 

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