UniCa UniCa News Rassegna stampa Venerdì 16 febbraio 2007

Venerdì 16 febbraio 2007

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 febbraio 2007
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 5 articoli delle testate giornalistiche L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  


1 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 19
«Policlinico, i precari saranno stabilizzati»
Un percorso di stabilizzazione lavorativa per i 36 lavoratori ausiliari del Policlinico rimasti senza contratto dal 31 dicembre e corsi di formazione per ottenere la qualifica di operatori socio sanitari (oss) organizzati dall’Università. Sono gli impegni che il rettore dell’Ateneo, Pasquale Mistretta, si è caricato sulle spalle ieri dopo un incontro in rettorato, per consentire ai precari dell’ospedale universitario di Monserrato di rientrare nella partita del personale che farà parte della nuova Azienda mista. Soddisfatti i rappresentanti sindacali, anche se il presidio sotto il Consiglio regionale di via Roma continuerà almeno fino a oggi, in attesa di conoscere l’esito dell’incontro delle 10 con il presidente della Regione, Renato Soru. Dopo aver ricevuto i delegati in un vertice a porte chiuse, nella sua stanza al terzo piano di via Università, Mistretta è sceso per parlare ai lavoratori. «Il primo impegno che ho preso ? ha detto ? è quello di chiedere all’assessore alla Sanità Nerina Dirindin che l’Università possa organizzare i corsi di formazione per la qualifica di oss. Cercheremo di partire con i quaranta lavoratori attualmente sotto contratto». Una carta fondamentale in vista della nascita dell’Azienda mista («Dovrebbe essere costituta ? ha ricordato il rettore ? nel mese di marzo»). L’incontro con la Dirindin potrebbe avvenire già oggi. La seconda partita che giocherà Mistretta è quella dei 36 lavoratori a cui è scaduto il contratto il 31 dicembre. «Contiamo di iniziare il processo di stabilizzazione ? ha spiegato il rettore ? ad aprile, seguendo i criteri ministeriali. La cosa fondamentale è che si devono seguire strade precise, perché non esistono soltanto i precari del Policlinico, ma anche nell’amministrazione centrale e nelle facoltà». Il percorso di stabilizzazione dei 36 precari ha un costo di circa un milione di euro all’anno (28 mila euro a lavoratore). Per questa decisione, oltre al confronto tecnico con i criteri dettati dal ministero, sarà necessario anche il via libera del cda dell’Università e del senato accademico. «Vigileremo», hanno commentato i sindacalisti e i rappresentanti dei lavoratori. Oggi nuova partita, questa volta con la Regione. (m. v.)
 
 

 

2 - La Nuova Sardegna 
Pagina 2 - Cagliari
Policlinico. Incontro con Soru 
Per i precari sì ai corsi di abilitazione 
CAGLIARI. La tensione tra i precari del Policlinico e la Regione è sempre meno. I rappresentanti sindacali si sono confrontati ieri con l’assessore Nerina Dirindin e il presidente Renato Soru. Il Governatore si è impegnato ad avviare nel più breve tempo possibile i corsi di formazione, perché i precari possano avere la qualifica di Operatore Socio Sanitario (Oss), senza la quale non è possibile regolarizzare la loro posizione. Soru ha sottolineato anche che l’organizzazione dei tirocini è di competenza della Regione e non dell’Università. Sui tempi il governatore non s’è sbilanciato e ha ricordato la necessità di rispettare i parametri imposti dalla legge nazionale. Nella Finanziaria, il Parlamento ha previsto la “stabilizzazione” di quei precari che sono legati da un rapporto di lavoro quantomeno triennale. Dunque sarà necessario individuare prima chi dei precari del Policlinico ha diritto ad ottenere la qualifica. Nel frattempo nascerà l’Azienda ospedaliera Mista e sulla base del numero di posti previsti nella pianta organica saranno assunti i precari. Chi non troverà occupazione nell’Azienda mista sarà inserito in una graduatoria da cui la Regione attingerà per inserirli in altri settori. (vbl)
 
3 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
L’accordo prefettura-università per addestrare i soccorritori 
Quel corso che vale una vita umana 
Il salvataggio di una persona morta e rianimata in 13 minuti sulla motonave 
Si tratta di un esame di Medicina istituito due anni fa e allargato agli operatori delle forze dell’ordine 
CAGLIARI. Sabato pomeriggio al Poetto la motovedetta della Capitaneria di porto aveva raggiunto il corpo di una persona, in mare già da tempo, che aveva il viso in acqua e non respirava più. L’hanno tirata a bordo: per chiunque sarebbe stata un’altra vittima del mare, ma Oronzo Montagna, Fabrizio Pintus e Alessandro Contini poco tempo prima avevano concluso a pieni voti il corso universitario di primo soccorso inaugurato due anni fa dalla facoltà di Medicina.
La facoltà lo ha trasformato in esame del primo anno e, per un accordo con la Prefettura, l’ha aperto a 350 operatori militari e delle forze dell’ordine. Così i tre giovani ufficiali della Capitaneria hanno affrontato l’evento con l’approccio insegnato al policlinico di Monserrato: mai rinunciare. E si sono impegnati a rianimare quel povero corpo: erano le 18.02, alle 18.15 consegnavano la persona ai medici del 118 giunti con l’ambulanza a Marina Piccola, il primo sbarco possibile per la motovedetta. La persona respirava di nuovo e il suo battito cardiaco si era ripreso. Un’emozione straordinaria si è impadronita di quei soccorritori del mare e ieri durante la conferenza stampa organizzata dalla Capitaneria di porto hanno spiegato con semplicità di non aver avuto un attimo di dubbio sul che fare: il corso universitario li aveva calati esattamente nelle situazioni in cui si sarebbero trovati tutti una volta tornati alle attività di servizio. A un docente in particolare, Antonio Satta, il loro pensiero per quella sorta di «assillo» che aveva saputo creare durante il corso attorno a un’immensa possibilità concessa, a volte, agli essere umani: restituire le funzioni vitali a una creatura. Satta è stato l’ispiratore del corso forte della sua doppia esperienza di operatore di polizia e di studente di Medicina. Una contraddizione insuperabile vuole che, sul luogo di un incidente, di una calamità naturale, di un evento capace di provocare feriti, arrivino prima operatori diversi dai medici e dagli infermieri. Tutti hanno nozioni di primo soccorso, ma fino a due anni fa, quando nel policlinico universitario è stato inventato il Cusma (centro medicina simulata), si trattava spesso solo di teoria. Un corpo inerme ormai ridotto a essere un manichino non c’è operatore che se lo trovi prima del battesimo con la realtà. Invece, col Cusma, gli studenti manipolano un manichino sofisticatissimo che è in grado di riprodurre le condizioni di una qualunque vittima in un qualunque evento. E questo è stato per i soccorritori della Capitaneria. Il preside di Medicina, Gavino Faa, invitato alla conferenza dal comandante Domenico De Michele, ieri ha spiegato: «La facoltà di Medicina veniva criticata perché gli studenti preparati nella teoria non erano in grado di affrontare un’emergenza: abbiamo inserito al primo anno l’esame di primo soccorso e alla fine del corso d’esordio ricevemmo i ringraziamenti dei genitori di una studentessa. Era successo che un giorno quella ragazzina alta forse un metro e 50 davanti un omone amico di famiglia che stramazzava a terra e restava privo di sensi lei, nella disperazione generale, non aveva battuto ciglio: gli era saltata addosso e l’aveva rianimato. Un grande riconoscimento per noi - ha detto ancora il preside - e un rafforzamento dell’idea della facoltà di rendere un servizio alla collettività cosicché in accordo col questore tenemmo il corso per gli agenti di polizia. Il prefetto di Cagliari si è rivelato particolarmente sensibile: quando ha constatato che il corso funzionava, ha voluto estendere l’esperienza a tutti gli altri Corpi. E di recente il direttore dell’ospedale militare (Diego Battaglia) ci ha chiesto di fare il corso ai militari della Brigata Sassari prima che vadano in missione». Il comandante De Michele ha sottolineato l’utilità del corso per un operatore del mare, dove le ambulanze non arrivano. E ha richiamato l’attenzione sui dati del 2006 che dimostrano la necessità di allargare ancora il parco discenti del primo soccorso: l’anno scorso, in mare, sono morte 41 persone. «Quasi tutti i decessi - diceva De Michele - sono avvenuti per malore a pochi metri dalla riva, tutti causati da congestione, tutti, forse, risolvibili con una rianimazione efficace e tempestiva».
E qui si è arrivati alla nota dolente della vigilanza a mare obbligatoria per i comuni costieri, ma piuttosto trascurata. Altro ospite della conferenza era il capo di gabinetto della prefettura Pietro Corda: «Quest’anno ci sono delle novità, la prefettura intende sollecitare i comuni costieri ad affrontare per tempo il tema sicurezza sulle spiagge. In alto mare i soccorsi sono efficaci, il problema è a pochi metri dalla riva. Il servizio deve essere pronto entro maggio, il difetto in passato è stato anche che si cominciava in ritardo e, pur essendo spesso ottima l’attività dei volontari del soccorso, mancava una visione unitaria. Adesso la volontà è di creare uno standard unitario dell’operatività». Il preside di Medicina l’ha buttata lì: il corso universitario di primo soccorso resta gratuito.
 
4 - La Nuova Sardegna
Pagina 37 - Cultura e Spettacoli
Parla la storica Cecilia Tasca, autrice di numerosi saggi specialistici 
«Né polemiche né spunti reali: nell’isola mai niente del genere» 
«In Sardegna per gli ebrei non si sono mai posti problemi del genere: né con riferimento ai presunti fatti al centro della polemica né riguardo a casi in qualche modo simili». Cecilia Tasca è perentoria. Professore di Archivistica all’università di Cagliari, è la maggiore specialista in storia dell’ebraismo nell’isola. Dai primi anni Ottanta a oggi ha esaminato migliaia di documenti sulla vita degli israeliti a Barcellona, in Sardegna, negli archivi segreti vaticani. Indagini a tappeto che l’hanno portata alla pubblicazione di una quantità di saggi sull’argomento, incentrati soprattutto sulla presenza dei figli di Davide nell’isola durante il Medioevo. «E non sono mai, sottolineo mai, venuta a conoscenza di qualcosa di lontanamente paragonabile a ciò che narra Ariel Toaff nel suo libro - continua a chiarire la docente, che è membro dell’Associazione giudaica italiana - Direi anzi che sotto certi aspetti il passare del tempo e la ricerca storiografica hanno sempre reso giustizia a comunità vittime di sospetti iniqui. Penso per esempio ai Fenici, anche loro popolazioni semitiche, accusati per millenni di praticare sacrifici di bambini. Ebbene, oggi si sa per sicuro che i tophet non erano i luoghi dove i piccoli venivano uccisi per seguire arcaici riti, ma cimiteri nei quali venivano sepolti dopo la morte per cause naturali».
- Com’è nata la sua attenzione verso la storia degli ebrei nell’isola?
«Mi sono laureata in Lettere a Cagliari nel 1983. In quell’anno ho cominciato il dottorato di ricerca sotto la guida di Alberto Boscolo e grazie a una borsa di studio ho potuto iniziare i miei studi nell’isola in questa direzione».
- Chi aveva finanziato la borsa di studio?
«Un privato cittadino, era un ebreo che viveva a Milano. Anch’io del resto ho lontano ascendenze ebraiche, accertabili fino al Settecento e poi non più verificabili».
- Qual è il suo giudizio di studiosa sulla querelle nata con la pubblicazione di «Pasque di sangue»?
«È un po’ difficile esprimersi senza aver visto il testo, i passaggi e le fonti al centro della disputa. Però...».
- Però...
«Non constato che il libro è stato confutato da molti tra i più auterevoli studiosi internazionali dell’ebraismo. E rilevo poi un altro aspetto: nella cucina e in tutte le loro tradizioni i giudei separano nettamente il sangue da ogni altro alimento. Il genere di contaminazione aberrante attribuito a isolati gruppi di esaltati nel Medioevo - oltre che tutto da dimostrare - mi appare perciò in contrasto anche sotto questo profilo con ogni elemento della civiltà ebraica».
- Che cosa pensa della retromarcia fatta in queste ore da Ariel Toaff?
«Lo ripeto: avessi letto il testo, mi sarei potuta sbilanciare di più».
- Tuttavia, il titolo dell’opera, «Pasque di sangue», è sicuramente a effetto.
«Magari l’autore e la casa editrice hanno voluto soltanto usare un titolo forte a mo’ di provocazione. Potrei dire qualcosa di più su questo specifico punto se sapessi quanto spazio occupano le vicende legate ai presunti omicidi rituali nell’intero quadro del saggio e quali sono le fonti primarie».
- Le fonti sono gli atti del processo per un assassinio compiuto a Trento nel 1475 che ebbe come conseguenza lo sterminio di molti ebrei e l’espulsione dell’intera comunità israelitica locale.
«Purtroppo nei confronti dei giudei sono stati spesso alimentati pregiudizi e leggende negative».
- Nel caso al centro della polemica smentiti fin dall’epoca persino da un domenicano inviato dalla Santa Sede per analizzare la realtà dei fatti: l’«ispettore» definì l’intera questione una farsa tragica fondata sulle voci di qualche ignorante e su improbabili dicerie.
«Che dire? In parallelo, circa la Sardegna, posso solamente aggiungere che per via dei documenti consultati, pubblici e privati, mi sono imbattuta anche in delitti, altre vicende criminali, dibattimenti giudiziari. Ma non ho trovato in alcuna circostanza situazioni che potessero richiamare neppure vagamente quelle descritte nel libro».
- Nell’isola gli ebrei dell’epoca sono stati perseguitati come in altre regioni?
«Direi di no. E la medesima cosa può dirsi con riferimento a un passato più remoto: persino la deportazione verso l’isola attribuita a Tiberio si basa su un’unica fonte. Circa il Medioevo, poi, si può affermare che i sardi non consideravano gli ebrei in maniera differente rispetto ai catalano-aragonesi con i quali erano arrivati. La stessa Inquisizione comincia la sua attività quando la gran parte degli ebrei ha già lasciato da tempo l’isola, nel 1492, dopo il provvedimento di espulsione esteso a tutti i territori della Corona spagnola».
Pier Giorgio Pinna 
 
5 - La Nuova Sardegna
Pagina 26 - Sassari
BREVI
SEMINARIO ALL’UNIVERSITA’
Ripensare le differenze culturali
«Ripensare le differenze culturali», è il tema di un seminario che si terrà il 23 febbraio nell’aula Eleonora d’Arborea dell’Università.
 

Questionario e social

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