Lunedì 10 gennaio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 gennaio 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Rassegna Stampa di lunedì 10 gennaio 2005
1 – L’Unione Sarda
Pagine 1-10
Il Comune vuole trasformare l'ex mattatoio di via Po in un museo della scienza e della tecnica
Cagliari sogna un viaggio nel paese dei balocchi
Per ora non c'è un euro per realizzarla ma l'idea è precisa: trasformare l'ex mattatoio di via Po in un museo della scienza e della tecnica. Come il Nemo di Amsterdam, la nave verde progettata da Renzo Piano che attira bambini da tutto il mondo. Emilio Floris ci pensa da anni. E nonostante in agenda abbia ben altre priorità ed emergenze, continua a sognare opere da Capitale del Mediterraneo e a cercare canali finanziari. Intanto la proposta dell'assessore all'urbanistica Gianni Campus di affidare a un architetto importante il compito di ridisegnare parti della città ha suscitato le prime reazioni.
 
Comune a caccia di fondi per riconvertire l'area dell'ex mattatoio
Un museo della scienza in via Po
Il sogno è un clone del Nemo di Amsterdam
Sia chiaro: per ora non c'è un euro e la categoria cui va ascritta la proposta è quella dei desideri. Però l'idea è precisa: trasformare l'ex mattatoio di via Po in un museo della scienza e della tecnica. Come il Nemo di Amsterdam, la nave verde progettata da Renzo Piano che dal '97 caratterizza il porto della capitale olandese. E attira bambini da tutto il mondo che scoprono che la tecnologia, la scienza e l'arte sono espressioni della natura umana, esplorano il mondo dell'energia, delle comunicazioni, dell'industria biomedica. Emilio Floris ci pensa da anni. E nonostante in agenda abbia ben altre priorità ed emergenze, continua a sognare opere da Capitale del Mediterraneo e a cercare canali finanziari. La riconversione dell'area di via Po è uno dei problemi urbanistici della città e quella di un clone del Nemo un'ipotesi affascinante. Tutto qui, per ora. Intanto la proposta dell'assessore all'urbanistica Gianni Campus di affidare a un architetto importante il compito di ridisegnare parti della città ha suscitato le prime reazioni. Per Roberto Murru, coordinatore cittadino della Margherita, designer ed esperto di comunicazione visiva, la proposta «meriterà l'attenzione di tutti se genererà impegni seri su alcuni problemi irrisolti, come il rapporto tra simboli urbani e identità della città». Vero. Guardiamoci attorno: quali sono oggi i grandi segni che contribuiscono alla connotazione simbolica della città? «Per trovarli dobbiamo continuare ad attingere al repertorio storico: il Bastione, le Torri pisane, il Municipio, la via Roma o il Terrapieno. Dal secondo dopoguerra a oggi», dice Murru, «Cagliari ha ospitato poca architettura e molta edilizia, spesso speculativa e di scarsa qualità. Non ha segni caratteristici». Indiscutibile. Ma è necessario scomodare grandi architetti? «Non bisogna né snobbare gli ottimi progettisti d'architettura cagliaritani, che hanno poche occasioni di esprimersi, né prendere per oro colato tutto ciò che fanno gli architetti famosi», spiega Murru. «Credo che l'idea di Campus abbia un significato strategico: ripercorrere esperienze già realizzate in altre città, come Bilbao, che dopo una fase di declino legato alla crisi dell'economia industriale, ha ricostruito una propria vocazione e trovato un simbolo nel museo Guggenheim realizzato da Frank Gehry, una delle architetture contemporanee più note nel mondo». Secondo Murru c'è però un punto nodale: «Occorre una strategia complessiva, all'interno della quale il marketing urbano è integrato nell'insieme delle politiche di sviluppo della città. Una strategia che dal 2001 la Giunta Floris non ha minimamente mostrato di avere. E purtroppo», sottolinea, «non sarà un'architettura, per quanto bella, a dare un'anima a una città in cerca della sua identità. Peraltro Cagliari ha anche bisogno di realizzare una qualità ambientale diffusa, che passa attraverso il sistema dell'edilizia di base, degli oggetti dell'arredo urbano, degli spazi pubblici, e anche dell'informazione e della comunicazione urbana. Non è ammissibile», aggiunge il designer, «che una città che pretende di avere una vocazione turistica mostri un'immagine di sé talvolta disordinata e brutta. Un esempio: il Consiglio comunale si sta occupando della regolamentazione delle insegne dei negozi da realizzare sul suolo pubblico: pergole, gazebo, pensiline per ristoranti, caffetterie, gelaterie e simili. Si inizi da qui», conclude Murru, «a incentivare soluzioni esteticamente adeguate».
F. Ma.
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina II - inserto Economia & Finanza
Dalla Ue finanziamenti per progetti innovativi e ricerca
Centocinquanta milioni per le nanotecnologie
L'Europa occupa un posto importante nel campo delle nanotecnologie e delle nanoscienze, dimensione d'indagine e di applicazione compresa tra i 100 e 1 nanometri (nm - una molecola è grande 1 nm, una proteina 10 nm). Si tratta di attività da cui ci si attende una crescita, dopo il 2010, di un mercato consistente, pari a un valore di un miliardo di dollari annuo. Perciò, dal 2005 in poi, l'Europa intende tradurre i risultati finora raggiunti in effettivi vantaggi competitivi per la sua industria. L'obiettivo è duplice: da una parte promuovere la nascita e lo sviluppo di una industria europea con forti contenuti di ricerca e sviluppo tecnologico fondati sulle nanotecnologie e dall'altra promuovere l'adozione delle nanotecnologie nei settori industriali esistenti. Quindi ricerca a lungo termine, diffusione su scala europea dei risultati, politiche di incoraggiamento per i consorzi tra le grandi industrie, le pmi, le Università e i centri di ricerca. Ma si punta anche su sviluppo di nuove competenze professionali con insegnamenti nelle Università. Progetti integratiLa Commissione europea ha pubblicato due inviti, con la stessa scadenza, per presentare proposte di progetti integrati e progetti specifici riservati alle Pmi, nell'ambito dell'area di ricerca "nanotecnologie e nanoscienze, materiali multifunzionali basati sulla conoscenza, nuovi processi e dispositivi di produzione" facente parte del Sesto programma quadro che alimenta le attività comunitarie della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Il bando dei progetti integrati ha un bilancio indicativo di 150 milioni di euro e scade alle ore 17 ( di Bruxelles) del 17 marzo 2005. I settoriIl primo insieme di settori comprende le applicazioni nei sistemi medico-sanitari, nella chimica, nell'ottica, nell'alimentazione e nell'ambiente. Per questo insieme, il tema specifico è "mirato" sui farmaci basati sulle nanotecnologie. Il secondo settore è invece quello delle tecnologie associate alla produzione, alla trasformazione e al trattamento di materiali multifunzionali basati sulla conoscenza. In particolare, per il tema "sviluppo di materiali porosi nanostrutturati". Infine, il terzo settore è dedicato allo sviluppo di nuovi processi e sistemi di produzione flessibili e intelligenti. Con una serie di sotto temi: nuove tecnologie di produzione per microdispositivi che utilizzano tecniche di ingegneria di ultra precisione; generazione di processi e tecnologia di assemblaggio flessibile; la fabbrica del futuro basata su materiali multifunzionali; nuovi processi per applicazioni ad alto valore aggiunto nel settore delle costruzioni e infine gestione della biotecnologia industriale ? tecnologia ambientale per la produzione sostenibile di prodotti a valore aggiunto. Sono richiesti tre soggetti giuridici indipendenti come numero minimo dei partecipanti di tre diversi Stati membri della Ue o Stati associati, di cui due almeno degli Stati membri o paesi candidati associati. Le informazioni e la documentazione per tutti gli inviti sono scaricabili dal sito internet www.cordis.lu/fp6.
Gabriele Calvisi
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 55 - Cultura e Spettacoli
 Nell’architettura i segreti della civiltà nuragica
 Un dibattito a Oschiri con Franco Laner, Sergio Frau e Mauro Zedda
 
I nuraghi sono stati il tema del seminario organizzato nei giorni scorsi a Oschiri dall’associazione culturale e archeologia «Su Furrighesu» in collaborazione con la Comunità montana del Monte Acuto.
 Per decifrare i segreti delle antiche torri e far luce sulla civiltà che li ha costruiti è necessario rispondere a tante domande, iniziando magari dalle più semplici e banali, come quelle relative alle tecniche che permettevano di issare e disporre in maniera così magistrale macigni enormi. E ancora, capire la reale funzione di questi capolavori dell’architettura. Si tratta di santuari e di templi piuttosto che abitazioni o fortezze? O sono entrambe le cose? Quali furono le cause della fine improvvisa della vivace civiltà che li aveva innalzati? Queste le domande alle quali hanno provato a dare una risposta Franco Laner, docente di architettura all’università di Venezia, Mauro Zedda, studioso e appassionato di archeostronomia, e Sergio Frau, il noto giornalista autore del libro le «Colonne d’Ercole».
 In una sala gremita di gente, Franco Laner ha esposto le sue teorie sulle tecniche di costruzione dei nuraghi. I blocchi, disposti a filari sovrapposti, formano una sorta di «anello» che si restringe dal basso fino alla sommità. Tutto ciò veniva realizzato senza che alcun materiale cementasse gli spazi. E’ stata la maestria con cui si proporzionavano le forze dei blocchi ad avere reso possibile la magia della Tholos. La stessa magia del pozzo sacro di Santa Cristina, a Paulilatino, che, per dirla con le parole di Laner, «è un’opera architettonica eccellente, che rasenta la perfezione. Ogni singolo dettaglio è un simbolo, perché tutto doveva ricordare ai fedeli l’unione primordiale, all’origine della vita, del raggio solare con l’acqua».
 Poi Sergio Frau. Scorre la storia attraverso le peregrinazioni di Ercole, il semidio che pone un limite ai naviganti, mortali che non possono avventurarsi oltre il confine imposto: due immense colonne, simbolo e meta finale delle fatiche dell’eroe, per Frau da collocare all’imbocco del tratto di mare che separa la Tunisia dalla Sicilia. Ercole, navigatore solitario, un mito che nascondeva le peregrinazioni di un popolo, quello Miceneo, che fin dal XIV secolo esplorava il Mediterraneo alla ricerca di nuovi approdi e di nuove terre ricche di metalli. E proprio di quel mondo perduto sognano i greci, sognano con nostalgia di terre alle quali non potevano più arrivare facilmente: navigli nemici impedivano loro il passaggio.
 Ma c’è di mezzo anche la geologia: «Anticamente le due estremità del canale tra Sicilia e Tunisia quasi si toccavano - spiega Frau - l’isola e la costa africana erano divise da una lingua di mare dal fondale molto basso, con banchi di sabbia che si spostavano, causando grande pericolo per le navi».
 Frau ha anche parlato delle reazioni al suo libro e del nuovo volume «Atlantikà». Un testo, quest’ultimo, ricco di testimonianze e pareri di antichisti, cartografi, archeologi e geologi. Fra i tanti figurano anche Carandini, Canfora, Donadoni e Bernardini. Oltre ai consensi riscossi da Frau tra gli esperti del settore, si possono apprezzare nel libro le immagini della mostra che, dopo aver sostato all’aeroporto di Elmas e a Milis, volerà a Parigi. «L’unico rammarico - dice Frau - è aver trovato tanta ostilità ingiustificata da parte delle Soprintendenze sarde».

Questionario e social

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