Lunedì 31 gennaio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 gennaio 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio Stampa

1 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 14 - Cronaca
In sei mesi circa pronte le carte, lezioni entro l’anno
Nasce la facoltà di architettura
Il mercato premia e i corsi sulla materia sono molto seguiti
Svolta nell’ateneo cagliaritano che accoglie la passione degli studenti verso l’arte di costruire
CAGLIARI. Adesso ci crede anche il rettore: il dipartimento di architettura della facoltà di ingegneria fondato con altro nome da Gaetano Cima due secoli fa deve trasformarsi in una facoltà di architettura. Lo chiedono gli studenti, il mercato del lavoro è maturo, mentre gli insegnanti del dipartimento già da anni tengono due corsi di studi con lo stesso profilo europeo previsto nell’Ue per gli architetti. Manca la riconoscibilità all’esterno (lo spiega il rettore nella rivista dell’università) e anche la forza di attrazione nel dibattito culturale e nella formazione che una facoltà ufficiale può esercitare. L’ufficio del rettorato prepara le carte, in qualche mese dovrebbero essere compiute le formalità necessarie. Poi si potrà correre verso la prima lezione.
Ufficialmente la richiesta è stata presentata nel consiglio di corso. Ma è un’idea che circola da anni e ha generato due corsi di laurea in ingegneria a numero chiuso (edile, dal 1996, architettonica, dal 2000, 300 studenti in tutto) e un corso di tecnologia della conservazione (dal 2001, per 60 giovani). Il rettore Pasquale Mistretta nella rivista dell’università, ora, si dichiara convinto: non c’è più ragione di tenere legati all’architettura gli indirizzi di laurea in ingegneria chimica, elettronica ecc. per come si è evoluto il mondo economico, produttivo e della ricerca, c’è bisogno di dare riconoscibilità alla formazione degli architetti sia per il lavoro, sia per «rendere spedite cooperazioni e parternariati». Ed è un vantaggio che non si cominci da zero sul piano culturale e su quello organizzativo. Spiega Carlo Aymerich docente di architettura e composizione architettonica e di architettura tecnica: «Laureriamo già ‘architetti’, i corsi sono impostati sullo stesso profilo europeo di architettura, si tratta di corsi paralleli a quelli di Roma 3 e del Politecnico di Milano. Abbiamo scambi intensi con facoltà europee di ottimo livello e i ragazzi si iscrivono più qui che a Chimica o a Meccanica: il 40 per cento degli iscritti a Ingegneria segue i corsi di edile e architettonica. I ragazzi che si laureano con noi non li troviamo ancora a spasso dopo un anno, un anno e mezzo. In Sardegna si fa sentire la necessità di avere professionisti più colti». Insomma c’è volontà istituzionale, apertura dei docenti, entusiasmo dei discenti: ci sarà anche la sede già pronta, come si racconta, vale a dire il complesso della Manifattura Tabacchi dismesso dai Monopoli di Stato? In una riunione del consiglio di corso, i tre docenti che sono stati e sono assessore all’urbanistica (Abis, Marchi e ora Campus) hanno parlato della qualità della Manifattura: grande, articolata, con cortili e parcheggi, non più dei Monopoli di Stato ma non ancora dichiarata fuori dall’«interesse governativo». In altre parole sarebbe facile ottenerla con una richiesta al ministero dell’università, senza violare lo statuto della regione autonoma della Sardegna il quale prevede che i beni demaniali dismessi, una volta cessato l’«interesse governativo», entrino nel patrimonio demaniale regionale: nel caso della Manifattura Tabacchi l’interesse governativo resta. Fin qui la burocrazia.
Sul piano pratico bisogna vedere cosa c’è da fare per trasformare la fabbrica delle sigarette in una facoltà di architettura. Aymerich aggiunge: «Di fatto le lezioni di un primo anno di architettura si fanno già nei corsi di ingegneria edile e architettonica, per un po’ si tratterebbe di continuare nelle aule attuali, ci si puà spostare in un secondo momento». L’indicazione è realistica perché non c’è intenzione di tenere doppioni: nata architettura spariranno i corsi di ingegneria più o meno equivalenti. Spiega Antonello Sanna docente di architettura tecnica e di caratteristiche degli edifici: «I corsi esistenti non continueranno, si trasformeranno perché pensiamo di formare meglio gli studeti con corsi di maggior respiro per la missione che ci poniamo: la qualità dell’ambiente costruito. In Sardegna l’edilizia pesa di più rispetto ad altri settori, gli indici hanno un trend positivo dove l’industria, per esempio, è in negativo. Ci vogliono ambiti di formazione appropriati. In questi anni abbiamo cambiato l’offerta formativa: c’è stato un riscontro positivo da parte degli studenti e nessuna lamentela da sovraccarico sul mercato del lavoro. Formiamo una figura professionale flessibile, il settore è in movimento e ha bisogno di strumenti per attivare dibattito e per promuovere scambi con altre facoltà. Tutto ciò è cominciato, ma non è ancora al livello delle necessità. La facoltà di architettura - conclude Antonello Sanna - sembra la risposta adeguata».
 
2 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 56 - Cultura e Spettacoli
«Gli ogm, se la tecnologia diventa la misura di ogni cosa»
I rischi della manipolazione genetica denunciati in un convegno con Francesco Sala ed Enrico Berardi
«Il vero problema è che la scienza è al servizio di interessi economici»
SILVANA PORCU
Creare superpiante immuni da attacchi, perfette e coltivabili in ogni stagione oppure rispettare il ciclo millenario della natura? Produrre fragole rosse e succose anche a gennaio o sincronizzarsi con i tempi della terra? La guerra sui prodotti geneticamente modificati è aperta. Le battaglie si combattono a colpi di cifre, ricerche tecnologiche e riflessioni filosofiche.
La «Associazione sassarese di filosofia e scienza» ha deciso di aprire il dibattito conclusivo del convegno «Coltivazioni e alimenti geneticamente modificati. Problemi e prospettive» mettendo a confronto due esperti. La sala Angioy del palazzo della Provincia ha ospitato Francesco Sala, docente di botanica e direttore degli orti botanici dell’università di Milano, ed Enrico Berardi, professore di genetica dei microrganismi e biotecnologie dell’università Politecnica delle Marche, nell’incontro moderato da Quirico Migheli dell’università di Sassari.
«In Italia i prodotti transgenici arrivano per importazione. Dobbiamo scegliere se continuare su questa strada o dare vita a una nostra produzione». Francesco Sala ha dato il via alla discussione con alcune cifre. «Il 93 per cento della soia usata in Italia per mangimi animali viene dagli Stati Uniti, dal Brasile e dall’Argentina. Più della metà è geneticamente modificata. Anche molti alimenti umani la contengono in piccole percentuali. Il prosciutto di Parma e il Grana Padano arrivano da animali nutriti con mangimi che racchiudono almeno un venti per cento di soia transgenica. Ma questo i mezzi di informazione non lo dicono mai. E non possiamo bloccare l’importazione della soia perché riusciamo a produrre solo l’undici per cento di quella che utilizziamo».
L’Italia è il paese che ha le norme più restrittive in materia di Ogm. «Il governo - ha continuato il docente milanese - ha scelto la tolleranza zero, e la porterà avanti finché non avrà la certezza assoluta che questi prodotti sono totalmente privi di rischi. Ma questa è una sicurezza che non potremo avere mai. Il progresso è sempre rischioso. Bisogna valutare i casi attraverso un calcolo costi-benefici. I prodotti nati da questi processi danno garanzie che gli alimenti biologici non offrono perché nessuno chiede controlli così profondi sulle coltivazioni tradizionali».
Nel suo intervento Enrico Berardi ha scelto di aprire il campo della discussione alla filosofia. Dalle piante «potenziate» dalla mano dell’uomo a una riflessione globale che abbraccia l’ambiente, l’etica e il rispetto degli esseri viventi. Ma che prima di tutto rimuove alla radice alcuni miti: «Con l’ingegneria genetica - precisa - inserisco un gene nel dna dell’organismo su cui lavoro. Al contrario di quanto si legge, il procedimento non ha una precisione chirurgica. I geni entrano a caso. Questo non necessariamente produce pasticci. Ma c’è un tasso di aleatorietà nell’uso di queste tecnologie e bisogna dichiararlo apertamente. Bisogna conoscere con precisione le probabilità di errore». Berardi rincara la dose: «Spesso si sente dire che anche le assurdità nate dalla manipolazione del dna, quei risultati che potrebbero avere un impatto maggiore sull’ecosistema, saranno in qualche modo aggiustati dalla natura». Secondo Berardi occorre ripensare alla base il rapporto che l’uomo ha con il mondo: «La ragione serve per ideare e dominare la tecnologia, per poi arrivare a un fine. Oggi assistiamo a un rovesciamento. La tecnica è diventata un fine. E il traguardo è il potenziamento dei mezzi». La conclusione è amara: «Ci si interroga ancora sugli ogm. Ma mentre noi parliamo l’etica annaspa dietro una tecnologia che fa girare miliardi. Non ci si chiede più perché si debba ricorrere agli ogm. Si giudica soltanto se sia un bene o un male. La verità è che anche se ci interrogassimo non potremmo fermare una corsa che è già iniziata. La scienza dovrebbe guardare allo squilibrio delle risorse, il vero problema della Terra».
 
3 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 4 - Sardegna
Il ruolo della medicina nucleare nella diagnosi dei tumori: due giorni di convegno ad Alghero il 4 e 5 febbraio
La Sardegna in lotta a mani nude contro il cancro
Manca l’apparecchio per la tomografia a emissione di positroni
PIETRO RUBINO
SASSARI. Ancora in primo piano la medicina nucleare e il suo ruolo nella diagnosi precoce dei tumori nell’ormai tradizionale convegno di Alghero, che quest’anno si terrà il 4 e il 5 febbraio. E ancora in primo piano il deficit strumentale che affligge la Sardegna in questo settore dove, pur potendosi contare su équipe mediche all’avanguardia, manca ancora la Pet, l’apparecchio per la tomografia a emissione di positroni.
Nella pianificazione regionale addirittura è prevista l’installazione nell’isola di tre Pet, due a Cagliari e una a Sassari, ma l’attuale assessore alla Sanità che ha ereditato la pratica dalla precedente giunta non ha ancora dato il via definitivo. Per cui succede che Sassari, dove esiste la medicina nucleare dal 1968 con la connessa scuola di specializzazione e da dove è partita ben 19 anni fa la richiesta della Pet, deve munire i propri pazienti dell’oneroso biglietto per affrontare il «viaggio della speranza». In tutti questi anni, ovviamente, la medicina nucleare ha fatto passi da gigante e gli strumenti diagnostici si sono affinati, consentendo dignosi e terapie sempre più mirate. Quest’anno sotto l’obiettivo dei medici, ad Alghero, ci saranno i tumori endocrini benigni e maligni, fra cui il carcinoma della tiroide, la cui incidenza è relativamente elevata nell’isola e nella provincia di Sassari, dove sono presenti aree di endemia gozzigena con iodo-deficenza. Questa malattia rappresenta uno dei fattori di rischio più significativi del carcinoma la cui incidenza in campo nazionale e internazionale è in aumento, specie nel sesso femminile, con 1-10 casi per 100 mila abitanti-anno, mentre in ambito locale, secondo i dati del registro tumori della provincia di Sassari che abbraccia un arco di otto anni, l’incidenza globale del carcinoma tiroideo risulta di 13,3 casi ogni 100 mila abitanti per il sesso femminile e di 3,7 casi per quello maschile. Come dire che 150 persone ogni anno hanno bisogno di diagnosi accurate e di terapie particolari che non sempre la medicina nucleare sarda, proprio per mancanza della completezza nelle attrezzature, può garantire.
Lo studio di tutti questi casi ha evidenziato che la prognosi del carcinoma differenziato, papillifero e follicolare, che rappresenta all’incirca il 70-80 per cento di tutte le forme neoplastiche tiroidee, è di solito favorevole se dignosticato in fase precoce, prima che siano comparse le localizzazioni metastatiche a distanza, mentre risulta più sfavorevole per il carcinoma midollare e ancor più per quello indifferenziato.
Il prof. Giuseppe Madeddu, promotore del convegno come direttore della cattedra e della scuola di specializzazione di medicina nucleare dell’università di Sassari, conferma questo andamento statistico affermando che a rendere ancora più favorevole la prognosi del carcinoma differenziato, riducendo la percentuale di mortalità per questo tipo di cancro, ha concorso la sempre maggiore possibilità di una diagnosi precoce con l’impiego in campo clinico di metodiche diagnostiche di imaging sempre più sofisticate e l’impiego di trattamenti sempre più efficaci nei centri di terapia radiometabolica.
«La prognosi del carcinoma tiroideo differenziato - ammonisce il prof. Madeddu - tende tuttavia a diventare più sfavorevole sia quando viene diagnosticato in fase molto avanzata sia, purtroppo, anche quando il tumore già all’origine o nel corso del monitoraggio, perde la capacità di fissare lo iodio radioattivo, che rappresenta il trattamento d’elezione del tumore differenziato.
Non solo, ma a causa della perdita di questa proprietà, le lesioni tumorali non sono più identificabili con i metodi diagnostici di elezione, quali la scintigrafia con radioiodio e la loro presenza viene accertata quando le dimensioni sono ormai molto elevate». Soltanto di recente sono state introdotte in campo clinico alcune metodologie diagnostiche di medicina nucleare allo scopo di sopperire a questa grave carenza, quali la Spect, la più sofisticata pinhole-Spect con indicatori radioattivi di vitalità tumorale e, ancor più recentemente, la Pet impiegata in particolare per la identificazione delle forme poco differenziate e più aggressive.
«Come è noto - conclude il prof. Madeddu - proprio la Pet, già in uso in molti centri della penicola, ma non ancora presente nella nostra regione, rappreenta il metodo di prima istanza per la diagnosi, la stadiazione e il monitoraggio di alcune patologie tumorali più frequenti, quali quelle a carico dell’apparato respiratorio, del colon retto, della prostata e del tessuto linfoide.
Il convegno sarà l’occasione perché alcuni fra i più illustri ricercatori in questo campo presentino le loro esperienze più recenti nella diagnosi e nel trattamento».
 
4 – CORRIERE DELLA SERA
Pagina 11 – Cronaca di Cagliari
UNIVERSITA’
Le matricole disertano le Scienze
Si iscrivono a lettere, giurisprudenza, e scienze della comunicazione. Ma pochi scelgono le facoltà scientifiche. Anzi, pochissimi. Nonostante i finanziamenti del ministero e le buone performance delle scuole lombarde in scienze e matematica. Le colpe? I docenti provano a spiegarlo: «Sono materie troppo difficili, la scuola primaria non prepara abbastanza, le condizioni di lavoro in Italia non sono particolarmente attraenti».
Università, matricole in fuga dalle lauree scientifiche
L’allarme del fisico Giorgio Parisi: finiremo come il Terzo Mondo, i giovani vogliono occuparsi solo di moda. L’appello dei docenti a Confindustria e governo
Iscrizioni crollate a Matematica e Fisica. I presidi di facoltà: corsi di studi difficili ma molto richiesti dal mercato del lavoro
Pochi laureati nelle materie scientifiche. Così pochi da scatenare dibattiti e polemiche non solo nelle grandi aziende, ma anche negli atenei. L’allarme è stato lanciato pochi giorni fa da Giorgio Parisi, candidato più volte al Nobel per la Fisica. «Scivoliamo verso il Terzo Mondo - ha detto - camperemo solo con scarpe, vestiti e turismo. La colpa è della nostra classe dirigente che punta troppo sul terziario». Stessi problemi a Milano: i dati della Statale indicano che sono ben pochi i ragazzi che scelgono le facoltà scientifiche. Nell’anno accademico 2000-2001, i nuovi iscritti a Fisica erano 151 e 74 a Matematica, nel 2004-2005 sono stati rispettivamente 122 e 97.
«Rispetto a 10-12 anni fa - spiega Gianpiero Sironi, prorettore alla ricerca dell’Università degli Studi - abbiamo assistito a una diminuzione rilevante delle matricole. L’offerta, nel frattempo, si è moltiplicata: ora ci sono i corsi della Bicocca e dell’Università dell’Insubria. Certo, mettendo insieme gli studenti dei tre atenei i valori non sono alti».
È scarso l’ appeal delle facoltà scientifiche soprattutto nel Milanese «dove - precisa il docente - non è vero che gli sbocchi occupazionali sono limitati». Anzi. Le aziende chimiche continuano a richiedere neolaureati. «Federchimica - sospira Sironi - si sta sbracciando per farlo capire».
Colpa della scuola? Difficile dirlo, visto che i dati Ocse relativi ai quindicenni lombardi sono molto buoni, soprattutto in matematica e scienze. «I motivi di questo declino - commenta Sironi - sono molteplici. Primo fra tutti, il fatto che si tratta di studi meno facili di altri. Inoltre le condizioni di lavoro in Italia non sono particolarmente attraenti per i nostri neolaureati».
Il ministero, intanto, è corso ai ripari. «Abbiamo molto apprezzato - prosegue Sironi - il progetto "lauree scientifiche" di Miur e Confindustria. Ma non si può fare leva solo su questo. Strumenti? Cercheremo di essere più attraenti, ma è difficile in un momento in cui le risorse sono poche».
È d’accordo Marcello Pignanelli, preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali. «L’allarme è reale - spiega - e più a Fisica che a Matematica. Cinque anni fa il corso di laurea in Fisica della Statale era il più folto d’Italia e aveva il quintuplo degli studenti. Ogni anno avevamo 250 laureati mentre adesso, tra Milano, la Bicocca e Como abbiamo 250 matricole. Non tutte arrivano alla laurea».
Secondo Pignanelli, però, il fenomeno non è solo italiano: «Anche negli Stati Uniti stanno arruolando fisici e matematici europei e asiatici. Probabilmente le società benestanti percepiscono questi percorsi come difficili e non troppo retribuiti». Ancora: «Nei licei queste materie non sono insegnate al meglio. Ma alla base di tutto, bisogna capire cosa il Paese vuole fare da grande, se vuole accettare la sfida dell’innovazione oppure no. Gli industriali di Confindustria hanno accettato la sfida, ora tocca ai politici».
L’Università degli Studi, intanto, si prepara all’open day di marzo con i ragazzi delle medie. «Prossimo passo - conclude Pignanelli - portare i test di valutazione nei licei per capire gli interessi e le lacune dei ragazzi. Ma questa promozione potrà avere successo solo se riusciremo a stabilire una buona collaborazione tra docenti delle scuole secondarie e dell'università, nonché tra mondo della scuola e imprenditori».
Annachiara Sacchi
 
5 – CORRIERE DELLA SERA
idee in corso
Le scelte dopo il diploma attraverso le pagine web
L’ALLARME Secondo il fisico Giorgio Parisi con il calo di laureati in Fisica e Matematica si rischia di scivolare «verso il Terzo Mondo. La colpa è della nostra classe dirigente che punta troppo sul terziario: negli ultimi 20/30 anni abbiamo perso l’industria elettronica, quella chimica, quella farmaceutica»
LA SCUOLA
Dito puntato contro la scuola, accusata di non dare adeguate basi scientifiche ai ragazzi. Eppure i dati Ocse danno gli studenti tra i migliori in Scienze e in Matematica
IL MINISTERO
Il ministero dell’Università, Confindustria e Conferenza nazionale dei presidi di Scienze promuovono il progetto «Lauree scientifiche» per rilanciare i percorsi universitari a contenuto scientifico, anche attraverso un maggiore orientamento nella scuola
Dopo il liceo classico si va all’università. E dove se no? I 161 diplomati dello scorso anno al Berchet sono diventati 156 matricole (due studiano all’estero, uno ha chiuso, e di due allievi non si sa). Buona idea indagare il «dopo» per la qualità del presente. Così, i due docenti responsabili l’uno dell’orientamento e l’altra della qualità dell’istituto hanno chiesto quale scelta dopo il diploma. Non solo una banca dati, l’indagine curata da Cesare Badini e Gabriella Papagna ha obiettivi ancora più alti. Capire come i ragazzi giudicano la propria scuola. Si parte dall’orientamento, che giocherà un ruolo importante, con una pagina web tematica ( www.liceoberchet.it ) informazioni e questionari. I dati relativi allo scorso anno: 33 allievi a lettere, 29 a giurisprudenza, 14 a economia, 13 ad architettura, 11 a ingegneria, 5 a comunicazione, 6 a biologia, 10 a medicina. Uno a matematica. Uno a storia. Uno farà l’infermiere. E grosso modo si rispecchiano i dati nazionali. Molto più interessante è il dato sui test di ammissione. A medicina ci hanno provato in 22, ma solo 8 hanno superato il test. Al Politecnico 11 su 11, a economia, 15 su 16. Un tentativo per l’accademia navale di Livorno: fallito. Le interpretazioni dei dati non è sempre facile. Prendiamo il test di medicina andato maluccio. Forse che la preparazione del classico si sta dimostrando lacunosa? Hanno alzato il tiro all’università? È capitata un’annata di allievi non proprio vocata all’arte medica?
G. Tes
 
6 – CORRIERE DELLA SERA
passa parola
Obbligatorio o facoltativo? C’è un enigma nel decreto
FISICA Nel 2000-2001 le matricole di Fisica alla Statale erano 151. Nel 2001-2002 131. L’anno successivo erano 146. Nel 2003-2004 sono scese a 119 per arrivare, quest’anno, a 122.
MATEMATICA
I nuovi iscritti al corso di laurea in Matematica dell’Università degli Studi di Milano sono stati 74 nel 2000 - 2001. Nel 2001-2002 erano 67, nel 2002-2003 78, l’anno successivo 87. Per quest’anno accademico le matricole sono 97
IL PRESIDE
«L’allarme - spiega Marcello Pignanelli, preside della Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali - è reale. Cinque anni fa il corso di laurea in Fisica aveva il quintuplo degli studenti. Ogni anno avevamo 250 laureati mentre adesso, tra Milano, la Bicocca e Como, abbiamo solo 250 matricole»
Fra dieci anni, lo schema di decreto legislativo concernente le norme generali relative al secondo ciclo sarà oggetto di studio per i laureandi in filologia scolastica. Prendiamo tre parole a caso: obbligatorio, opzionale e facoltativo. Prendiamo adesso un articolo a caso, il terzo, «attività educative e didattiche». Comma uno: «l'orario annuale delle lezioni nei licei, comprensivo della quota riservata alle Regioni, alle istituzioni scolastiche autonome (...) è articolato in attività e insegnamenti obbligatori, opzionali obbligatori e opzionali facoltativi». Bene. A parte la necessità di capire dove è che la Regione Lombardia e il liceo Tizio Caio si ritagliano le rispettive «quote», il problema rimane linguistico. Opzionale, secondo il dizionario Devoto-Oli, vuol dire «lasciato alla libera scelta, facoltativo». E facoltativo, «non obbligatorio, che concede implica o riconosce un certo grado di autonomia». E qui si rischia di perdere il filo. Se una cosa è facoltativa significa che si può fare o non fare. Ma in questo caso bisogna fare, perché le ore annuali obbligatorie non bastano. Si dirà che opzionale è riferito alla scuola (che deve offrire un servizio) e obbligatorio o facoltativo allo studente (che può scegliere quale servizio). Ma sempre opzionale rimane, cioè «lasciato alla libera scelta». Resta l'enigma: la «quota» della Regione (i licei promuovono «lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale») sarà opzionale obbligatoria o facoltativa?
Giuseppe Tesorio
 
7 – CORRIERE DELLA SERA
Un traguardo inseguito da anni
Usa, da cellule staminali di embrioni umani
Creati i neuroni del movimento E’ la ricerca per cui si batteva l’attore Reeve
Cellule nervose che controllano il movimento create da staminali umane di embrione. Un passo avanti della scienza inseguito per anni da diversi ricercatori in tutto il mondo. Il perché si inanellavano fallimenti continui è stato individuato da Su-Chun Zhang e Xuejun Li, coordinatori dell’équipe di studio dell’università del Winsconsin a Madison, Stati Uniti. E oggi la rivista Nature Biotechnology pubblica il loro lavoro, consacrando un successo che avrebbe dato nuove energie all’attore tetraplegico Christopher Reeve, paladino della ricerca sulle cellule staminali di embrione vietata dal governo Bush, morto lo scorso ottobre. I ricercatori di Madison hanno identificato l’anello mancante per ridare speranza a tutte quelle persone che a causa di un incidente (lesioni spinali) o di una malattia neurodegenerativa perdono il movimento, perdono la connessione nervosa (i neuroni motori spinali) tra livelli centrali e muscoli vari. Creare questi neuroni da cellule embrionali era un traguardo inseguito da anni. «Chiariamo subito - avverte Li - c’è ancora molta strada da fare, ma nel frattempo i motoneuroni ottenuti potrebbero essere utilizzati per testare farmaci contro le stesse cause che li danneggiano».
Per comprendere meglio la portata dell’esperimento occorre chiarire, semplificando, la differenza tra le cellule staminali adulte e quelle di embrione. Le prime sono già più «programmate» rispetto alle seconde. In altri termini, sono «riserve» dell’organismo pronte all’uso per riparare le zone in cui si trovano: le staminali adulte del midollo osseo possono trasformarsi in elementi del sangue, diventare cellule dei vasi sanguigni o del cuore, riparare ossa e cartilagini, muscoli; le staminali adulte dell’occhio vanno a ricreare cornee e affini; nel cervello si trovano «riserve» per riparazioni locali. E così via. Le cellule staminali di un embrione ai primi stadi di sviluppo, al contrario, sono «tabula rasa» e possono diventare tutto (per questo si chiamano «totipotenti»). Il problema è capire quali sostanze comandano l’avvio della specializzazione o lo stop quando è raggiunto l’obiettivo. Sostanze identificate come fattori di crescita o di inibizione. Fondamentali anche per lavorare con le staminali adulte: una cellula del midollo osseo potrebbe essere «riprogrammata» per diventare fegato se solo si conoscesse come, dove, quanto stimolarla. E come fermarla, altrimenti invece di nuovi organi si rischia di dar vita a tumori.
Li e colleghi hanno riflettuto sul fatto che i neuroni spinali motori sono tra le prime cellule nervose a fare la loro comparsa durante lo sviluppo embrionale. Quindi le staminali embrionali, per quanto capaci di trasformarsi in qualunque tipo di cellula, perdono molto presto, probabilmente fra la terza e la quarta settimana di sviluppo, la capacità di dare neuroni spinali.
Individuata questa ristretta finestra temporale è stato cruciale stabilire un cocktail di fattori di crescita e ormoni su cui coltivare le staminali embrionali, «mimando» la natura. Prima è stato usato un cocktail di coltivazione per trasformare le embrionali in cellule neuronali, poi un altro per trasformare queste ultime in progenitori dei neuroni spinali, infine un ultimo terreno di crescita per compiere il salto finale. Il prossimo passo? Testare la funzionalità dei neuroni. Per ora sui polli.
Mario Pappagallo
 
8 – CORRIERE DELLA SERA
Così cambiano le ragazze: più magre ma con le curve
Ricerca su cinquant’anni di bellezza: le proporzioni di fianchi e vita
Magre magrissime. Spesso sottopeso. E sinuose. Le ventenni di oggi sono molto diverse dalle loro mamme e nonne. Anzitutto per una questione di forme: a parità, o quasi, di massa corporea, sono mediamente più alte e misurano una taglia in meno. Sono loro il simbolo del corpo femminile che cambia. Una trasformazione avviata nel dopoguerra: sviluppo economico e contesto socioculturale hanno modellato, nel vero senso del termine, le nuove generazioni. «Il fisico si è trasformato in modo selettivo. Le taglie delle ventenni di adesso sono più piccole delle taglie delle ventenni di cinquant’anni fa. Il rapporto vita-fianchi è diminuito nel tempo», racconta Flavio Bonifacio, direttore di Metis Ricerche, l’istituto al quale la multinazionale Dove ha commissionato l’indagine sul «Fisico delle donne tra realtà e immagine»: ennesima tappa della campagna mondiale «Per la bellezza autentica», rivolta a sensibilizzare le donne alla conquista dell’autostima e al rifiuto dei modelli stereotipati.
PARAMETRI - Lo studio ha preso in considerazione due valori: l’indice di massa corporea (Imc), vale a dire il rapporto tra peso e quadrato dell’altezza, e il Whr, che è il rapporto vita-fianchi. Sono stati valutati gli Icm di uomini e donne dai 18 agli oltre 75 anni insieme con il titolo di studio degli intervistati. Il primo risultato è che la percentuale delle donne sottopeso è sei volte maggiore di quella degli uomini, sale a otto volte nella fascia 25-34 anni, ma la forbice si allarga nella classe 18-24: qui le donne sottopeso sono il 17% (e l’anoressia ha una forte incidenza), mentre gli uomini il 3%. Questo non vuol dire che tutto il gentil sesso sia un esempio di magrezza: in generale più di un terzo delle italiane è sovrappeso o addirittura obeso, soprattutto dopo i quaranta. Per l’incidenza del titolo di studio, è dimostrato che quando cresce il livello culturale decresce il peso: delle laureate e diplomate di 18-34 anni il 15% è sottopeso, la percentuale si riduce al 6,5% tra quante hanno conseguito la licenza elementare.
VITA-FIANCHI - Ancora sorprese nel calcolo del Whr. Il valore di norma è fissato nella misura di 0,85: tanto più è inferiore a 1 tanto più è piccola la vita rispetto ai fianchi. In Italia si stima che per le donne sopra i 35 anni sia pari a 0,84, con lievi variazioni geografiche: 0,83 al Nordovest, 0,84 al Nordest, 0,84 al Centro e 0,85 al Sud. Ma è con le giovanissime che le cifre si abbassano tanto da far concludere un cambio radicale nella struttura fisica. Le ventenni del 1964 avevano un rapporto vita-fianchi di 0,76, una massa corporea di 20,48 (la norma fissata dall’Oms è compresa tra 18,5 e 25) e portavano la taglia di 43 e mezzo (valore medio). Tra il 1965 e il 1984 avevano un Whr di 0,76, una massa di 20,20 e una taglia di 42,63. Dal 1985 al 2004 i valori sono stati rispettivamente di 0,72 (Whr), 20,30 (massa corporea) e 42,60 (taglia). Spiega Flavio Bonifacio: «Le donne sono diventate anche più alte. Mescolando tutti i fattori si arriva al nuovo corpo, se vogliamo più femminile, delle ventenni di oggi. Ben diverso dalla immagine proposta a livello internazionale di donna androgina».
MODELLI - «Una volta c’erano Stefania Sandrelli e Monica Vitti. Se devo pensare a un modello femminile di giovane bellezza moderna mi viene in mente Martina Stella. Tutto sommato l’immaginario dominante è efebico», è il commento di Patrizia Calefato, semiologa all’Università di Bari. «Se una ventenne oggi si ritrovasse con il fisico di Sofia Loren andrebbe di corsa dal dietologo», scherza Chiara Simonelli, docente di Psicologia e psicopatologia dello sviluppo sessuale alla Sapienza di Roma. E aggiunge: «Cultura e denaro orientano da sempre i modelli estetici, nella scelta del vestiario, dell’alimentazione, dello stile di vita. La ventenne del 1964 andava in palestra in una quota nemmeno paragonabile a quella di adesso. Ora sembra statisticamente normale che una ragazza chieda in casa di rifarsi il seno».
Elvira Serra
 
9 – LA REPUBBLICA Affari & Finanza
Il supercomputer europeo è "made in Italy"
ALESSANDRA RITONDO
Ha una elevata potenza di calcolo, dimensioni ridotte, un bassissimo consumo di energia e, soprattutto, è italiano e si chiama APENext. È il nuovo supercomputer nato dalla collaborazione fra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’italiana Eurotech, divisione Exadron per l’High Performance Computing, ed altri enti di ricerca europei; a dimostrazione che anche la ricerca in Italia e in Europa è all’avanguardia.
Presentato a Roma lo scorso 20 gennaio, il progetto APENext prevede, entro la fine dell’anno, una prima installazione di un sistema con una potenza di calcolo di circa 12 Tflop/s (trilioni di operazioni in virgola mobile al secondo). Con APENext, per la sua struttura hardware e software si riesce ottenere una potenza effettiva pari all’80% della potenza di picco. È un sistema cluster, cioè permette il calcolo parallelo e, a differenza "dei suoi colleghi" esteri, ha dimensioni molto più ridotte che insieme alla potenza di calcolo, al basso consumo di energia e al costo contenuto lo rendono altamente competitivo.
A dirlo sono tutti i relatori della presentazione: Roberto Petronio, presidente INFN, Roberto Sagri, presidente e CEO di Eurotech e Nicola Cabibbo, carismatico professore ordinario dell’Università La Sapienza di Roma. "APENext è stato concepito per la fisica" – annuncia Cabibbo – "per la comprensione delle particelle elementari, per arrivare a capire come è nato l’universo. Lo studio negli ultimi anni non sarebbe stato possibile senza i sistemi della serie APE e gli altri calcolatori".
Infatti, il progetto del supercalcolo con struttura reticolare APE risale alla metà degli anni ’80. APENext è una sorta di microscopio dei fisici teorici per entrare nella materia. È dedicato in particolare allo studio della dinamica dei quarks (QCD), e ad applicazioni strategiche come le Scienze della Vita, il clima e il rischio ambientale, la riduzione emissioni inquinanti, le energie alternative, i nuovi materiali e l’aerodinamica e la fluidodinamica, l’astrofisica. E per il calcolo parallelo i ricercatori INFN hanno sviluppato dei circuiti integrati particolari, semplificati che consumano tre Watt ottenendo la stessa potenza del Pentium. "Nel Pentium, che è molto flessibile e intelligente – dice Cabibbo gran parte dell’energia viene spesa per i calcoli complicati. Per noi esiste solo un’operazione che chiamiamo normale tipo A*B+C".
APENext, per Petronzio, offre la possibilità di adattare la velocità delle unità di calcolo a quella del processo di estrazione dei dati dalla memoria; la scalabilità del sistema di connessione è tridimensionale e riesce cioè, a scambiare dati ad alta velocità con i suoi vicini; un basso consumo dei componenti e di energia; lo sviluppo di know how proprietario di hardware e software; l’ottimizzazione dell’architettura in funzione del problema da risolvere. All’interno dell’industria, l’INFN può apportare un trasferimento tecnologico fondato sulla condivisione di idee e competenze, sulla disponibilità delle infrastrutture, come ad esempio i laboratori, e la formazione.
Per Eurotech la sfida è attirare l’attenzione europea, generalmente orientata ai sistemi esteri, su questo progetto: "Dove è la piccola e media impresa a generare innovazione e nuove tecnologie – dice Siagri nel settore del supercomputing il problema dei consumi e della miniaturizzazione è fondamentale. I limiti in questo campo sono, ad esempio, come riuscire a connettere i sistemi per ottenere un’alta velocità di comunicazione". Dal National Coordination Office for IT Research and Development emerge che i fisici americani sono preoccupati dalla potenza di Apenext, che la sua tecnologia è all’avanguardia, che si rischia una "fuga di cervelli" e che la piattaforma tecnologica di Apenext è la risposta europea a BlueGene di IBM.

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie