UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 2 febbraio 2005

Mercoledì 2 febbraio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
02 febbraio 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio stampa

 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Nuoro
Università, l’impegno della Margherita
  NUORO. La Margherita, tramite i suo consiglieri regionali, evidenzia come ogni anno i contributi destinati per la normale amministrazione del Consorzio universitario siano finiti nel fondo unico indistinto dell’università diffusa in Sardegna, non rispettando l’accordo di programma firmato dieci anni fa tra l’ente e la Regione. A questo proposito, la Margherita e i suoi consiglieri regionali si sono mobilitati per far sì che i contributi vengano previsti in questa finanziaria in via di approvazione, nell’apposito capitolo di spesa. I consiglieri regionali sperano in una soluzione a breve scadenza che limiti i disagi del Consorzio universitario nelle politiche di gestione e di sviluppo dei corsi con sede a Nuoro. La Margherita auspica in futuro che ciò non avvenga più, creando soluzioni di finanziamento definitive con un apposito capitolo di spesa esclusivo per Nuoro.
 
 
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Cagliari
Università, tagli evitati a Monteponi
Francesco Sanna (Margherita): «Risorse a chi ha conti in ordine»
In consiglio regionale possibili incrementi ai fondi disponibili
 IGLESIAS. Corsa contro il tempo per evitare all’Università del Sulcis Iglesiente di dover limitare l’attività didattica a Monteponi fino a costringere gli studenti ad emigrare a Cagliari o in altri atenei della penisola. Alcuni consiglieri regionali hanno recepito le difficoltà dell’Ausi (Associazione per l’Università del Sulcis Iglesiente) e l’appello unanime dei sindaci della zona preoccupati per i possibili tagli ai finanziamenti destinati alle università diffuse del territorio.
 Le restrizioni annunciate dalla Regione richiano di far male soprattutto all’università del Sulcis Iglesiente che si trova in una fase di netta espansione e non sarebbe in grado di sopportare un’altra riduzione di entrate. Con l’istituzione del nuovo corso di laurea in ingegneria ambientale nell’anno accademico 2005-06, il corso triennale entrerà a regime e la mancanza dei risorse imporrebbe all’Ausi di rinunciare ai corsi del terzo anno. La commissione regionale istruzione sta lavorando per verificare la possibilità di incrementare il monte finanziamenti soprattutto destinato alle sedi universitarie in forte espansione. La cassaforte, da cui si dovrà attingere per finanziarie i corsi universitari delle vari sedi periferiche, è nell’articolo 9 della finanziaria che prevede un fondo di dotazione per sei milioni di euro. C’è poi una novità da non trascurare nella parte finale dell’articolo che riguarda i criteri di ripartizione delle risorse e i soggetti competenti alla canalizzazione delle somme. Da quest’anno i criteri di riparto e i programmi di spesa sono stabiliti con delibera della giunta regionale, su proposta dell’assessore competente, previa concertazione con i Rettori delle università sarde ed i rappresentanti delle università del territorio.
 «Questo significa - ha precisato il consigliere regionale, Francesco Sanna - che i rappresentanti delle sedi periferiche hanno la stessa dignità nelle decisioni dei rettori. Per quanto riguarda le somme a disposizione si vedrà di proporre in commissione un incremento delle risorse ma questo sarà possibile dopo aver verificato il bilancio di previsione delle università periferiche.»
 L’allarme potrebbe rientrare se tra le pieghe del bilancio potranno essere reperite le somme necessarie per far marciare, senza sussulti e colpi di tosse le varie facoltà istituite da tempo e ormai a regime. A Monteponi sono completi i corsi di Scienze dei materiali e di Informatica mentre solo dal prossimo anno accademico 2005-06 si potrà assitere alla discussione delle tesi di laurea in ingegneria ambientale. «Se non potremmo disporre delle risorse previste - ha precisato il presidente dell’Ausi, Ilio Salvadori - gli studenti di ingegneria, iscritti al terzo anno, dovranno cambiare sede e docenti. E a questo punto l’impegno di quanti sono riusciti a costruire questa sede universitaria sarà cancellato». Ma l’interesse dei giovani per la laurea in Scienza dei materiali non è circoscritto al Sulcis Iglesiente perchè a frequentare questo corso sono molti studenti provenienti da altre provincie. In pochi anni si è riusciti a trasforrmare la foresteria di Monteponi, in casa dello studente a disporre della mensa e trasformare Palazzo Bellavista in un piccolo “Palazzo delle scienze”.(ea)
 
 
3 – Corriere della Sera
UNIVERSITÀ ROMA TRE
Ariane Mnouchkine in cattedra
L'Università di Roma Tre conferirà la laurea honoris causa Dams per meriti artistici ad Ariane Mnouchkine, fondatrice e regista del Théâtre du Soleil, gruppo storico della scena francese che nel 2004 ha compiuto quaranta anni di ininterrotta attività. La cerimonia avverrà nell'Aula Magna della Facoltà di Lettere il 16 febbraio pomeriggio. Alla presenza del Rettore Guido Fabiani e del corpo accademico, sarà proiettato per l'occasione il film «Molière» della stessa Mnouchkine, il cui ultimo spettacolo a Roma è stato a settembre 2003 «L'ultimo caravanserraglio», dedicato al tema dell'immigrazione, invitato dal Comune di Roma per i festeggiamenti del centenario di Villa Borghese.
 
 
4 – Corriere della Sera
L e Monde ha rivelato nei giorni ...
L e Monde ha rivelato nei giorni scorsi un piano della Francia per riuscire ad attirare studenti da altri Paesi. Soprattutto Paesi emergenti come India e Cina. Lo scopo è chiaro: fare in modo di attirare le menti migliori e arricchire così il tasso di competitività del Paese. Che la questione sia di non poco conto lo dimostra la preoccupazione degli Stati Uniti relativa al fatto che le recenti misure di sicurezza abbiano fatto scendere il numero di studenti stranieri nelle proprie università. E in Italia? Qualcosa si sta muovendo. Ma soprattutto grazie alle università private. Si ricorda la Bocconi che ha inaugurato corsi in inglese. Ma poco altro. Eppure si tratterebbe di misure dai costi minimi ma di gran lungimiranza.
 
 
5 – Corriere della Sera
Il contrasto fra gli architetti Piacentini e Speer dietro la scelta di fare dell’edificio monumentale un esempio di stile ellenico, ariano e nazista
 
Berlino, il dono avvelenato di Hitler

di ARTURO CARLO QUINTAVALLE
Ai primi d’aprile l'Istituto centrale del restauro presenterà a Ferrara il recupero da poco compiuto dei portali scolpiti e degli altri pezzi montati come arredo fisso all'interno dell’ambasciata d'Italia a Berlino costruita fra 1938 e 1943, danneggiata dalla guerra, poi abbandonata, infine restaurata e inaugurata il 26 giugno 2003 dal presidente Ciampi. Certo, siamo davanti al recupero di una collezione significativa di sculture del Rinascimento, ma perché proprio a Berlino e dentro quell’ambasciata costruita sotto la sorveglianza di Albert Speer da Friedrich Hetzelt in piena guerra, l'Italia propone un insieme di sculture rinascimentali e non invia scultori contemporanei a realizzare l'arredo architettonico? Prima dunque di analizzare le sculture, che hanno una storia complessa, servirà a comprendere quando matura il progetto di edificare una nuova ambasciata a Berlino e perché.
Gli anni sono quelli del Patto d'acciaio, quelli del viaggio di Hitler in Italia e del dialogo fra le due potenze alleate, della pianificazione di Berlino, futura capitale di un Occidente conquistato. Speer è il progettista dei grandiosi assi attrezzati della città, quello nord-sud, verso l'Italia, quello est-ovest e degli edifici enormi, palazzi, stadi, archi, cupole, colonnati che evocano l'antico, il mondo greco piuttosto che il romano. La nuova arte ariana domina la scena, l'«arte degenerata» ( Entartete Kunst ) è rimossa dai musei e adesso Hitler vuole donare all’Italia la più bella delle ambasciate, presso il Tiergarten, il parco, e dedicare una piazza e un grandioso monumento a Mussolini. Ma, nel progetto per l'ambasciata, le decisioni le assumono Hitler, Goering e Speer, oltre che Hetzelt, agli italiani spettano solo suggerimenti, ad esempio sul rivestimento in travertino.
Ma allora la Grande alleanza, il Patto d'acciaio nascondono una prevaricazione o quantomeno una divergenza d’opinioni fra Germania e Italia? I documenti, le ricerche anche più recenti parlano chiaro: da una parte, in Italia, Marcello Piacentini, dall'altra, in Germania, Albert Speer puntano su due modelli diversi. Piacentini, che costruisce la Città universitaria a Roma (dal 1932), piazza della Vittoria a Brescia (1929-31), il Palazzo di giustizia di Milano (1933-40), propone prima di tutto una mediazione fra architettura razionalista e la citazione del mondo romano e vuole edificare strutture enormi ma non sesquipedali. Piacentini evoca poi anche i modelli del paleocristiano, ad esempio nella disposizione degli edifici della Città universitaria di Roma o nella pianta del Palazzo di giustizia di Milano, e cita naturalmente il Rinascimento; tutto questo significa mediazione, appunto, fra romanità, origini cristiane e Rinascita.
Nulla di tutto questo in Speer: il pianificatore di Berlino evoca quella che pensa possa essere stata l'antichità greca ma in dimensioni ciclopiche e, per l’ambasciata d'Italia, propone un tempio appiccicato, a doppio livello, sulla grande fronte la quale poi riprende, con modifiche, il Palazzo della consulta a Roma, opera di Ferdinando Fuga (1732), palazzo, guarda caso, che a Hitler era molto piaciuto.
Così questo dono all'Italia, in apparenza generoso ma, sotto sotto, avvelenato, della nuova, grande ambasciata, ben diecimila metri quadrati, come poteva essere trasformato in idea di nazione, rappresentare, almeno negli spazi interni, l'originalità della civiltà italica? Scrive proprio nel 1938 Giuseppe Bottai su «Critica fascista» che «fra i tanti valori che il fascismo ha scoperti e portati in primo piano, si riconosce all'arte un posto essenzialissimo nella personalità politica del popolo italiano, un posto fondamentale e costitutivo in quella civiltà italiana che il fascismo è sorto a difendere, che vuole sviluppata e affermata nel mondo». Ma come realizzare, a Berlino, tutto questo?
Per rispondere dobbiamo adesso ripercorrere l'altra storia, quella del non casuale recupero di un blocco di opere del Rinascimento che erano sul mercato in Germania ma che avrebbero potuto felicemente finire al Kaiser Friedrich Museum (oggi Bode Museum), dove avrebbero trovato numerosa compagnia e che invece vennero acquistate e sistemate dentro la nuova ambasciata. Un'altra storia, dunque, che si innesta su quella del confronto-conflitto fra Piacentini e Speer, fra l'Italia e la Germania, della architettura intesa come immagine simbolica dei due regimi. Sulla Victoriastrasse a Berlino, dove era la prima sede della nostra ambasciata, stava anche la villa di Eduard Simon, un antiquario che, come molti collezionisti fra '800 e '900, usava disporre le sculture come arredo fisso; Simon, amico dell'antiquario Stefano Bardini a Firenze, amico del direttore del Kaiser Friedrich Museum Wilhem von Bode, fa acquistare a Bode decine di pezzi italiani ma ne conserva per sé una parte, restaurandoli e anche ricomponendoli, come allora si usava.
Certo il confronto fra Berlino e Roma, inteso come distinte culture, era allora molto evidente. Un giovane critico, Luigi Lenzi, nel 1939 scrive su «Architettura», la rivista di Piacentini, nel numero dedicato alle costruzioni del III Reich, a proposito delle sovradimensionate strutture di Speer: «Anche le cornici e i dettagli trattati dal masso vivo ispirandosi al nostro Rinascimento non hanno il sapore che poteva imprimere loro anche un modestissimo artigiano del nostro Cinquecento». Dunque pesantezza, retorica, schematicità di quei progetti germanici. Del resto, poco dopo, Roberto Longhi in «Arte italiana e arte tedesca» (1941), respingendo ogni teoria che collega razza e prodotti artistici, contrapponeva «lo strazio orrendo, insoffribile, come si esprime nella scultura tedesca fin dal Trecento» all'arte italiana del Rinascimento: «Non è poi bisogno di rammentare come da codeste strade perigliose noi ci togliessimo decisamente ad un tratto e facessimo piazza pulita, fin dai primi anni del nuovo secolo, col Brunelleschi, con Donatello, su tutti, con Masaccio… qui veramente si rinasce alla vita, a una vita del tutto nuova».
Ecco il quadro storico e il confronto ideologico entro cui collocare l'acquisto e la collocazione nella ambasciata di una quindicina di pezzi del '400 e '500, tutti finora poco studiati. Fra questi voglio ricordare qui l'opera più importante, il portale proveniente dal Palazzo Ducale di Federico da Montefeltro a Gubbio che ha un pendant al Victoria and Albert di Londra, pezzo probabilmente, come molti altri, uscito clandestinamente dall’Italia e databile agli anni 70 del secolo XV, opera di finissima fattura. E ancora un portale con architrave centinato, di ambito padovano, vicino alla cultura di Niccolò Pizolo (1460 circa); e un portale genovese sempre del secondo '400; un altro in pietra rossiccia con al centro dell’architrave un tondo con aquila inserito a posteriori in un complesso che pare lombardo di fine '400. Ricordo un camino composto da pezzi diversi secondo un tipico gusto antiquariale; un architrave forse quattrocentesco ma con due piedritti di pieno '500 e sopra una cornice forse rifatta. Di ricomposizione è anche la fontana, opera probabilmente veneta di tardo '500, mentre la coppia di leoni, più che trecentesca come si sostiene, appare rinascimentale con ritocchi persino ottocenteschi. Dunque un blocco interessante di pezzi, recuperati da Giuseppe Basile e dall'Icr.
Ma torniamo al senso storico di questa vicenda singolare. Il regime fascista riceve a Berlino un dono avvelenato, la identificazione dell'Italia fascista e romana con l'architettura nazista e greco-ariana; ma la nostra identità, lo scrive Bottai, lo scrive Longhi, sta nel Rinascimento, lontanissimo dalle sculture contorte e violentemente espressive dell'arte tedesca. Rinascimento dunque come idea di nazione, spazi aulici calibrati in funzione di un racconto di civiltà altissima, quello delle grandi corti dell'Italia centrale o settentrionale. Che volesse essere, questa, una risposta, intelligente, polemicamente pacata, di Piacentini a Speer? Si potrebbe supporlo.
 
 
6 – La Stampa
Supplemento Tutto Scienze
Il signor Litre scienziato

2/2/2005

NEL romanzo «Il pendolo di Foucault», tre amici appassionati di esoterismo immaginano una misteriosa cospirazione mondiale solo per scoprire che la loro storia è presa sul serio e i cospiratori si sono veramente materializzati, quasi gli autori avessero creato le condizioni che determinano la realtà. Ciò che Umberto Eco racconta nel suo romanzo non potrebbe avvenire che in un mondo - quello dell'occultismo - in cui le parole hanno più importanza che le prove tangibili. In campo scientifico nessuno si sognerebbe di prendere sul serio storie inventate. Oppure no? In almeno un caso è accaduto. Nel dicembre del 1977, mentre si trovavano bloccati da una tempesta di neve nella città di Ottawa, il fisico Ken Woolner e il chimico Reg Friesen decisero di "aggiungere un nuovo personaggio alla lunga serie di coloro che avevano fatto la storia della scienza". L'idea di questo scherzo era partita dalle proteste di alcuni insegnanti contro il simbolo utilizzato dal Sistema Internazionale per l'unità di misura della capacità: la "elle" minuscola che talvolta era confusa con la cifra uno. L'uso della maiuscola sarebbe stato certo migliore, ma la regola prescriveva che queste potevano essere usate solo per grandezze che prendevano il loro nome da uno scienziato. Nacque così Claude Emile Jean-Baptiste Litre (1716-78), una figura di scienziato illuminista che aveva collaborato con i maggiori studiosi della sua epoca ma era stato snobbato da Lavoisier... L'opera principale di Litre erano stati gli «Études Volumétriques» del 1763 ed egli era stato il primo a capire che per razionalizzare la misura dei volumi bisognava usare una massa standard di un liquido standard, proponendo a questo scopo il mercurio. Woolner presentò un realistico ritratto di Litre nel numero di aprile 1978 di un bollettino dell'Università di Waterloo rivolto agli insegnanti e poi in una rivista internazionale di didattica nella chimica. In realtà nell'articolo alcuni indizi lasciavano capire che si trattava di un personaggio fittizio: innanzitutto la data e poi il fatto che Litre fosse così storicamente sfuggente. Ben presto Woolner rivelò lo scherzo nello stesso bollettino in cui lo aveva perpetrato, ma il genio era ormai sfuggito dalla lampada: come nel «Pendolo di Foucault», per Jean-Baptiste Litre la realtà cominciò a prendere il sopravvento sulla fantasia. Wooler scoprì che l'idea per il suo scherzo era stata addirittura anticipata nel numero di giugno 1977 della rivista «Standard Engineering» da Bruce Dodd, che aveva pubblicato una ricerca storica su Giuseppe Litroni, uno scienziato italiano emigrato in Francia perché minacciato dalla mafia! Ma la fama per Monsieur Litre arrivò dopo che nel gennaio 1980, la rivista «Chemistry International» riassunse l'articolo di Woolner prendendolo estremamente sul serio e lasciando fuori tutte le parti che avrebbero fatto intuire lo scherzo. Nel numero successivo un allarmato professore di Londra denunciava la falsità della storia, dichiarandosi strabiliato che "così tanti scienziati, per altri aspetti rispettabili, si mostrassero così creduli". Da parte sua il direttore della rivista si scusò dicendo che era costretto a ritenere sincere le comunicazioni che arrivavano da scienziati affermati. Non tutti, in realtà, erano caduti nel tranello ed alcuni avevano partecipato al gioco arricchendo di dettagli la vita di Litre per il periodo di 15 anni di cui Woolner asseriva non si avevano notizie. Un certo Reese pubblicò su una rivista di chimica che erano stati trovati documenti che provavano che Litre si era recato negli Stati Uniti, aveva fatto fortuna nell'industria della vetreria e aveva sposato la figlia di un fabbricante di botti, da cui aveva avuto una figlia chiamata Millicent in onore alla graduazione millesimale delle burette. Non tutti però capirono lo scherzo: programmi radiofonici, televisivi, e persino un'enciclopedia pubblicata nel 1992, tramandarono la storia di Jean-Baptiste Litre. Ancora nel 1995, la notizia su Mademoiselle Millicent era presa per vera in una lettera inviata da un lettore alla rivista che l'aveva pubblicata quindici anni prima. [TSCOPY](*)Università di Pavia.
Andrea Albini (*)

 
 
8 – Il Mattino
Ciampi e le attese...
Nei due giorni a Salerno il presidente Ciampi visiterà anche l'Università, che l'attende anch'essa con viva cordialità. Anche in questo caso, Salerno è desiderosa di mostrare l'altra faccia della medaglia: quella di una realtà operosa, attiva, in un ganglio particolarmente significativo della realtà. Qui, come non mai, è fondamentale la saldatura tra città e università, tra città e mondo della ricerca. E i motivi nessuno li ha ricordati meglio del presidente Ciampi, (non solo) negli ultimi tempi. Nel mondo contemporaneo, la ricerca, la cultura, hanno le funzioni di civilizzazione che da sempre hanno avuto. Ma non solo questo. La scienza, la ricerca, svolgono un ruolo fondamentale anche sotto il profilo produttivo. Il sapere, la scienza, - si potrebbe dire con una formula, schematica, ma che rende l'idea - rappresentano la principale forza produttiva. Non bisogna stancarsi di ripeterlo: l'innovazione è la base dello sviluppo. Ma non c'è innovazione senza ricerca. L'Università, che è al centro della ricerca nel settore pubblico, può e vuole svolgere il ruolo che le compete, in vista di finalità non solo interne, ma che possono avere un'influenza positiva sull'intera comunità. C'è attesa: fra i cittadini, fra i giovani; c'è attesa e speranza. Non nel senso che qualcuno si attenda un intervento, miracoloso più che provvidenziale, che risolva come per incanto tutti i problemi. Ma un intervento che faciliti la creazione di condizioni atte a favorire l'impegno di una cittadinanza desiderosa di dar buona prova di sé, questo sì. Domina l'intimo convincimento che tutto questo servirà, che il presidente comprenderà i problemi, le aspettative della popolazione, l'opportunità di assecondare tutte quelle legittime. Roberto Racinaro
 
(01.02.05)
 
 

Questionario e social

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