Venerdì 4 febbraio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
04 febbraio 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio stampa

 
1 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 3 - Fatto del giorno
«Stop alle consulenze esterne»
Il procuratore regionale bacchetta l’abuso di collaborazioni che è diventato ormai una regola nell’amministrazione regionale
CAGLIARI. Le consulenze esterne non servono, spesso sono dannose: un’amministrazione seria dovrebbe farne a meno. Poi: negli enti pubblici si entra per concorso, le progressioni orizzontali e verticali alimentano solo la disoccupazione. Il procuratore regionale della Corte dei Conti Mario Scano ha parlato di amministrazione seria. Quindi, considerata l’autorevolezza del giudizio, c’è da preoccuparsi. Perchè in Sardegna - l’ha denunciato lo stesso magistrato - l’abuso di collaboratori è diventato la regola. Così come la chiamata diretta dei rampolli di presidenti, assessori, consiglieri e dirigenti. Che fino all’anno scorso s’infilavano alla Regione e ancora oggi planano sulle altre scrivanie pubbliche passando per le società del lavoro interinale e qualche volta neppure per quelle. E’ la regola, ha sottinteso il procuratore regionale. Regola costosa, per i cittadini. Spettatori inermi di un valzer di favori, raccomandazioni e omaggi talmente volgare da diventare il centro della relazione d’inaugurazione dell’anno giudiziario 2005, il rendiconto della sezione giurisdizionale della magistratura contabile sarda. Ad ascoltare Scano erano il Prefetto di Cagliari Efisio Orrù, assessori regionali, magistrati ordinari, il Rettore Pasquale Mistretta, avvocati e altre autorità. Mancavano il sindaco di Cagliari Emilio Floris e il presidente della Provincia, Sandro Balletto.
Ha detto Scano: «L’abnorme ricorso alle collaborazioni esterne si è andato estendendo in progressione geometrica. Dalla casistica che emerge dalle numerose indagini attivate dalla Procura regionale, le consulenze vengono affidate per le attività e per gli scopi più disparati, anche i più banali, con motivazioni che sconfinano talvolta nell’illogicità».
Niente di nuovo, naturalmente. Sono cose che si sanno e si subiscono: «Volendo tentare una classificazione di massima - ha proseguito il procuratore - le collaborazioni esterne che espongono profili di illiceità non solo erariale riguardano attività che rientrano nei compiti ordinari della pubblica amministrazione e quindi di stretta pertinenza degli apparati burocratici, attività di nessun interesse per la pubblica amministrazione e quindi inutili». Eppure pagate con generosità, soprattutto quando a travestirsi da consulente è un portaborse elettorale, un collega di partito trombato, uno che «deve lavorare». Scano ha puntato il dito anche su un altro «fenomeno patologico in espansione»: è il «l’accentuato ricorso soprattutto nel settore degli enti locali a forme di associazione con privati». Le società miste per la gestione di servizi, i nuovi contenitori d’affari. Qui si sistemano manager in disarmo, ex notabili di partito, revisori di conti che spesso non vedono i conti, amministratori-tuttologi. Un business camuffato con le esigenze del bene pubblico. Al procuratore della Corte dei Conti «risulta che il ricorso alla forma societaria per le finalità di pubblico servizio, in apparente coerenza con la normativa di riferimento, sia spesso surrettiziamente volto a simulare veri e propri appalti di lavori o di servizi, regolati dalle specifiche norme di settore. Lo strumento adottato si rivela quindi preordinato non tanto alla realizzazione dell’opera alle condizioni economicamente più vantaggiose, quanto ad eludere la normativa che prevede la pubblicità delle gare e l’espletamento di determinate procedure per la scelta del contraente privato». Tradotto: una sorta di truffa, in qualche modo legalizzata. Eppure - ha detto il magistrato - il dovere di un amministratore dovrebbe essere «di anteporre ai propri interessi, sia pure di affermazione e di visibilità personali, il solo ed unico obiettivo del perseguimento del bene pubblico, in uno spirito di servizio intimamente sentito e non meramente proclamato». In Sardegna i proclami si sprecano.
Alle assunzioni dei raccomandati e sui concorsi interni - Soru in Regione li ha bloccati, prendendosi una raffica di critiche anche dai sindacati - il procuratore Scano ha dedicato una buona parte della sua relazione-denuncia, legando le scelte clientelari del personale al fenomeno delle consulenze esterne: «L’impressionante espansione del fenomeno dell’assegnazione di incarichi all’esterno - ha detto - ha determinato effetti non positivi sulla manovra di contenimento della spesa pubblica ma ha anche inciso in misura rilevante sulla politica occupativa, con la drastica riduzione dei concorsi pubblici, cioè l’unico sistema di assunzione per garantire obiettività, trasparenza e parità di trattamento. La combinazione di queste misure ha contribuito a mantenere elevato, anche nella nostra regione, il livello della disoccupazione soprattutto di quella intellettuale». Riferimento duro anche alle società per azioni pubbliche: «E’ un dato di fatto che le Spa in mano pubblica, non essendo tenute al rispetto dei principii della Costituzione - l’articolo 97: agli impieghi si accede mediante concorso - assumono senza alcuna selezione, ma sulla base di valutazioni soggettive». Quali? «La conoscenza diretta, l’appartenenza a categorie favorite dalla consonanza politica o da posizioni di ingiustificato privilegio. I risvolti di questo problema non sono solo economici ma attingono alla sfera etica e sociale».
MAURO LISSIA
 
2 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 52 - Cultura e Spettacoli
Due giovani economisti raccontano in un libro l’avventura della new economy nell’isola
Le ragioni di un successo, le possibilità di crescita
Intervista con uno degli autori, Daniele Porcheddu dell’università di Sassari
Adesso c’è pure il mondo accademico anglossassone che vuole capirci qualcosa. Se l’isola dei sardi è diventata la “Silicon Valley del Mediterraneo” un motivo deve pur esserci. Non è certo un caso, infatti, se, a partire dai primi anni Novanta, la Sardegna è vista come un’emblema della rivoluzione tecnologica nel mondo. Cagliari e il Cagliaritano, in particolare, hanno portato in grembo una miriade di imprese dell’high tech. Portando in sala parto, così, un evento straordinario mai visto prima in Italia. È questo il racconto che fanno Luca Ferrucci e Daniele Porcheddu nel loro recente «La new economy nel Mezzogiorno» (Il Mulino, 280 pagine, 21 euro). Sottotitolo del libro: «Istituzioni e imprese fra progettualità e contingencies in Sardegna». Un saggio che ha già fatto il giro degli atenei visto che i due autori, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese nella facoltà di Economia di Perugia il primo, ricercatore e docente incaricato presso la facoltà di Economia dell’Università di Sassari il secondo, sono stati invitati a scrivere un capitolo del made in Sardigna destinato al volume in lingua inglese «Regional development in the Knowledge Economy», promosso dalla University of Wales Cardiff e curato da Phil Cooke e Andrea Piccaluga.
- Il caso Sardegna è al centro di studi internazionali. Perché questa particolare attenzione da parte degli economisti?
«Abbiamo presentato - risponde subito Daniele Porcheddu, 32 anni appena, originario di Budoni, e già autore di numerosi saggi - alcuni studi a convegni internazionali sulle particolarità dello sviluppo della new economy in Sardegna, attirando l’attenzione di vari economisti della Regional Studies Association, una prestigiosa associazione internazionale che si occupa di problematiche di sviluppo economico regionale».
- La rivoluzione tecnologica di Internet si è fatta strada sia nelle aree ad elevata intensità industriale sia in quelle economicamente marginali. Com’è potuto succedere che la Sardegna abbia assunto un ruolo di primo piano?
«La “ricetta” della new economy sarda è molto articolata e presenta elementi di uniformità rispetto ad altre esperienze italiane e mondiali (investimenti in formazione e presenza di offerta di lavoro altamente qualificata), ma anche elementi di peculiarità (paradossalmente la specifica collocazione geografica insulare ecc). Di fronte a questo quadro qualunque approccio deterministico al problema dello sviluppo della aree (marginali e non) mostra la propria debolezza».
- In Sardegna, nell’high tech lo sviluppo delle piccole e medie imprese è stato di carattere “endogeno”. Il business locale del web, insomma, è legato al contesto isolano. Manca dunque il ruolo delle grandi imprese “esterne”. È solo un caso fortuito o dietro questo scenario c’è un programma ben studiato?
«Lo sviluppo dell’hi-tech in Sardegna vede il ruolo di alcuni attori locali di grande dimensione e rilevanza e una nebulosa di dinamiche imprese di piccole dimensioni, spesso nate per gemmazione di realtà preesistenti o comunque quasi per emulazione, potremmo dire, di avventure imprenditoriali precedenti. Direi che la complessità del quadro locale non può essere sicuramente ascritto ad un qualche disegno preordinato di un qualche soggetto (politico, economico ecc.)»
- Contrariamente alla “logica” dominante e tipica del Mezzogiorno, lo sviluppo della new economy by Sardinia si è avuto in assenza di sussidi ed incentivi fiscali e finanziari pubblici. Un fatto storico...
«Questo è un dato davvero interessante della storia della new economy in Sardegna. In alcuni momenti cruciali del percorso di sviluppo, addirittura, i politici locali sono stati criticati di eccessivo disinteressamento delle sorti di questo comparto; alcuni economisti, al contrario, potrebbero vedere in tali atteggiamenti “auspicabili forme di benigna negligenza” che hanno prevenuto comportamenti opportunistici volti all’accaparramento delle risorse pubbliche».
- Nel vostro libro sostenete che a vincere è stata la risorsa umana qualificata. Ma i capitali finanziari che ruolo hanno avuto?
«In alcuni momenti della storia che raccontiamo, la capacità di alcune grandi imprese locali di attrarre capitali finanziari dall’esterno ha alimentato il passaggio da una dimensione localistica del business ad una, prima nazionale, e poi internazionale».
- E i pionieri?
«L’acume imprenditoriale di alcuni pionieri di questa storia, talvolta veri e propri “esploratori dell’ignoto”, è stato fondamentale. In generale, comunque, un ingrediente di questa storia è stata una presenza accentuata di firm building capability (letteralmente «capacità di costruire nuove imprese» ndr), anche in contesti, talvolta, di assenza di specifiche competenze tecniche. Mi piace spesso ricordare la parole di uno dei tanti piccoli imprenditori dell’universo della new economy sarda «...non sapevo nulla di computer, mi trovavo otto ore al giorno su Internet per lavoro... dopo sei mesi pensavo di fare un’azienda tutta mia: in ufficio eravamo un gruppetto di persone a pensarla così».
- Video On Line: una innovazione “incompiuta”. Tiscali: l’innovazione “realizzata”. Cosa significa?
«Queste due imprese hanno segnato tappe fondamentali della storia della new economy in Sardegna, pur con ruoli differenti. La prima esperienza, per certi versi, è stata un “laboratorio sperimentale” all’interno di un mercato (quello dei servizi Internet) tutto da costruire. Purtroppo, però, dopo breve tempo, una serie di fattori economico-istituzionali hanno determinato la sua fine, di fatto. Tiscali, invece, si presenta come un’impresa molto più attenta al business, per quanto sempre innovativa, all’interno di una cornice regolamentativa di settore che stava evolvendo verso un’evidente apertura».
- Ci sono in Sardegna le condizioni per una nuova grande impresa che passi alla storia economica?
«L’esistenza di queste condizioni non può essere esclusa, il problema è che non possono essere determinate, se non con eccessivi limiti, ex-ante. L’unica cosa che spero potremo fare in futuro sarà quella di analizzare e raccontare (forse razionalizzando un po’ la storia del passato) altri esempi di “successo” locali, magari anche in altri ambiti imprenditoriali».
- Il successo di Tiscali è «tributario, in parte perlomeno, nella sua fase di start up, della pionieristica attività del Crs4». Così si legge nel libro. Quanto è importante per la Sardegna attuale la ricerca scientifica e tecnologica, soprattutto in vista di un’Europa sempre più grande?
«La storia della new economy sarda sembra dimostrare che investire in ricerca “paga”. Meglio sarebbe dire che questi sforzi rappresentano una sorta di “conditio sine qua non”. Questo vuol dire che per descriverne il ruolo può essere utile usare la metafora del “biglietto della lotteria” senza acquistare il quale non si può pretendere certo di vincere il premio finale (fuor di metafora: il benessere economico e sociale di una comunità). Ovviamente è necessario riflettere bene sul sistema regionale della ricerca per evitare una dispersione degli “sforzi” entro uno spettro troppo ampio (diversificato) di frontiere di ricerca; ragionare sul problema della divisione del lavoro scientifico tra i vari centri di ricerca della regione; lavorare ulteriormente sul raccordo tra ricerca scientifica e mondo imprenditoriale».
LUCIANO PIRAS
 
3 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 8 - Cagliari
UNICEF
Corso di educazione allo sviluppo
CARBONIA. Parte domani, alle ore 10, nei locali dell’Ipia, in via Dante, l’XI Corso universitario multidisciplinare di “Educazione allo sviluppo”, organizzato dall’Unicef e dal 1º circolo didattico, con il patrocinio dell’assessorato comunale alla Pubblica istruzione.
Il primo gruppo di lezioni tratterà del “Ruolo dell’Unicef Italia nella difesa dei diritti umani”: inizierà domani Federico Palomba, consulente Onu sui diritti umani, sul “Ruolo dell’Unicef nell’Onu che cambia”: all’apertura delle lezioni, porterà il saluto della città il sindaco Tore Cherchi.
Il 19, Isabella Zedda, dell’ateneo di Cagliari, interverrà su “Sviluppo umano, solidarietà e governance nel III millennio”. Il progetto vuole diffondere la consapevolezza sulla centralità delle tematiche dello sviluppo: tra gli obiettivi, fornire risposte alle esigenze di informazione e formazione dei giovani, attraverso un approccio aperto e critico alle tematiche dello sviluppo, e proporre elementi di conoscenza e di confronto fra le culture. Il secondo gruppo di lezioni tratterà della “Mediazione dei conflitti come educazione alla pace”: il 12 marzo, Giovanni Poddigue, della Senior University degli Usa, illustrerà “La logica della cooperazione: un progetto individuale per un’azione collettiva”; il 2 aprile Luciano Mazzetti, dell’università Roma Tre, tratterà il tema “Educare alla pace: utopia disarmata o difficile scommessa?”. “Nessuno escluso/Tutti compresi”, sarà il filo conduttore del terzo blocco: il 9 aprile, Carlo Pintor, dell’ateneo cagliaritano, parlerà di “Etnopediatria, infanzia tra due mondi: un approccio metodologico assistenziale”, mentre il 23 aprile, Gualtiero Harrison, dell’università di Modena, tratterà della “Logica dell’esclusione come etnica dei giorni feriti”.(g.d.p.)
 
4 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 9 - Olbia
SAN TEODORO
Gli atti del convegno sul gallurese diventano un libro
SAN TEODORO. «Il Gallurese: una lingua diversa in Sardegna”. Era stato questo il titolo di un convegno tenutosi nel giugno scorso a San Teodoro nella sala conferenze dell’I.CI.MAR. Questo pomeriggio, a partire dalle 16,30, nella stessa sede, di quel convegno verranno presentati gli atti. Questi sono contenuti in una recentissima pubblicazione destinata ad ampia diffusione.
Una pubblicazione curata da Salvatore Brandano, edita dall’Istituto per la Civiltà del Mare con cofinanziamento dell’Amministrazione comunale di San Teodoro. Entrambi da sempre in prima fila nella promozione e nella divulgazione della lingua e della cultura della Gallura, regione diversa e imparentata con la Corsica. Oltre agli atti del convegno, la pubblicazione contiene una selezione degli interventi svolti in precedenti convegni. Gli autori presenti nel libro, con le rispettive relazioni, sono Marziano Guglielminetti, dell’Università di Torino (La Lingua italiana nel processo di unità nazionale); Giulio Paulis, dell’Università di Cagliari (Lingue subregionali in Sardegna); Nanni Pirodda, dell’Università di Cagliari (Alle origini della letteratura gallurese); Renzo De Martino (Galluresi e còrsi nella lingua e nella cultura); Aldo Maria Morace, dell’Università di Sassari (Carlo Varese e il romanzo storico in Sardegna); Dominique Antona, dell’ Université de Corte (La letteratura còrsa in relazione con quella sarda e in particolare con la gallurese); Manlio Brigaglia, dell’Università di Sassari (Il futuro del gallurese); Tomasu Panu (La Consulta intercomunale Gallura e la tutela e la valorizzazione del gallurese); Salvatore Brandano, presidente dell’I.CI.MAR. (Gallurese e galluresi: una lingua, un popolo).
Nella seconda parte della pubblicazione sono riportati gli scritti di Piero Canu su “Elementi di tradizioni popolari galluresi”, Franco Fresi su “Tradizioni della Gallura” e ancora di Salvatore Brandanu su”Abbigliamento tradizionale gallurese”. La presentazione degli atti del convegno sulla lingua gallurese rappresenterà un’occasione per farne risaltare specificità e pari dignità rispetto alle altre diffuse in Sardegna. E per farla riconoscere e rispettare da quanti tendono a minimizzarne l’importanza e a relegarla in spurii calderoni linguistici regionali.
Tonio Biosa
 
5 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 37 - Sassari
CONVEGNO A BONO
Energia ed elettromagnetismo, come tutelare l’ambiente?
BONO. Sabato mattina, alle ore 9,30 presso l’auditorium dell’Istituto d’istruzione superiore, si terrà un seminario sul tema: “Fonti di energia ed elettromagnetismo”. L’iniziativa, promossa dall’aggregazione dei comuni di Bono, Bottidda, Benetutti e Nule che aderiscono al Progetto Crea 21, rientra fra le azioni di sensibilizzazione e di informazione sulle finalità del Consorzio, protese alla salvaguardia e valorizzazione delle caratteristiche ambientali del territorio. Oltre ai predetti comuni, sono partner del Crea 21 l’Università di Sassari, il dipartimento di economia, Istituzione e società, quello di scienze ambientali, agrarie e bio- tecnologie agroalimentari, il Masterin sviluppo locale, turismo e ambiente, Crenos, i diversi istituti scolastici del Goceano, Legambiente e Wwf, nonchè una miriade di associazioni volontaristiche del territorio. Un ulteriore contributo è fornito dai corpi istituzionali per l’ordine pubblico(carabinieri, Forestale, Vigili del Fuoco, Ente Foreste, ma anche dalla pro loco di Bono, Azienda autonoma di soggiorno e turismo di Sassari e dai Consorzi interprovinciale per la frutticoltura, per l’area di sviluppo industriale della Sardegna centrale e dalle Ferrovie dello Stato. Nel corso del convegno, verranno illustrate i diversi tipi di energia (tradizionale e alternativa), i rischi derivanti dall’elettromagnetismo, un esempio di produzione di energia alternativa(quello con biogas nell’azienda agricola di Monte Rasu e i dati del monitoraggio sui campi elettromagnetici rilevati dall’Asl. Dopo l’introduzione di Margherita Cabras, coordinatrice del Crea 21, le relazioni di Maria Francesca Pala (fonti di energia classiche e alternative, opportunità e criticità), Gianfranco Campagnani, Marcello Garau, Asl 1 di Sassari, e Massimo Fresi di Legambiente. (m.f.)
 
6 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 29 - Sassari
CONFARTIGIANATO
Un corso riservato a diplomati
SASSARI. Opportunità per 20 diplomati sassaresi. Confartigianato Imprese Sardegna, attraverso il proprio ente “Scuola & Formazione” organizza un corso gratuito per “Tecnico superiore per la promozione e commercializzazione di prodotti e servizi dell’artigianato”. Il corso (le domande di iscrizione devono essere presentate entro il il 21 febbraio), è promosso dalla Scuola & Formazione Confartigianato, in associazione con l’Università, facoltà di Scienze politiche, e l’Istituto d’Arte “Filippo Figari”. Si tratta di un percorso formativo interamente gratuito, destinato a 20 diplomati non occupati, con una durata di 1200 ore, di cui 360 di stage aziendale. Agli allievi verranno forniti attrezzature e materiali necessari e ai fuori sede verrà rimborsata la trasferta.
Le materie di studio comprendono discipline tecnico economiche (dell’area marketing e organizzazione aziendale), culturali (storia e geografia della Sardegna, etnografia), informatiche (commercio elettronico e grafica multimediale) e di comunicazione (grafica pubblicitaria, packaging, educazione visiva) nonché elementi di diritto, statistica e merceologia.
La figura professionale in uscita dal corso è volta sia al lavoro dipendente, sia a quello autonomo.
Gli sbocchi occupazionali prevedibili riguardano infatti sia l’impiego presso aziende, enti e/o consorzi nel settore commerciale-vendite, sia l’attività di libera consulenza nel settore del marketing e della promozione commerciale.
Il bando, con la relativa scheda d’adesione, può essere scaricato anche attraverso il sito www.scuolaeformazione.it.
Ulteriori informazioni sono disponibili nelle segreterie di Scienze Politiche e dell’Istituto d’Arte o alla Confartigianato.
 
7 – IL CORRIERE DELLA SERA
Pacemaker anti-depressione sotto pelle
L'idea venuta a un radiologo dell'Università del South Carolina
Sì alla vendita negli Usa: impulsi elettrici al cervello. «Solo quando le altre terapie non funzionano»
Il pacemaker anti-depressione è a un passo dalla commercializzazione, almeno negli Stati Uniti. La Fda, l’ente federale americano per il controllo dei farmaci e delle apparecchiature mediche, ha dato l’ok «con la condizionale» alla vendita: l’azienda produttrice, la Cyberonics di Houston, dovrà soltanto perfezionare alcuni aspetti che riguardano i controlli di qualità. Così fra pochi mesi migliaia di americani, colpiti da forme di depressione refrattaria ai normali trattamenti, avranno a disposizione un’opzione terapeutica in più: un elettrostimolatore da impiantare sotto la cute del torace, capace di inviare impulsi al cervello attraverso il nervo vago (la tecnica si chiama infatti Vns, stimolazione del nervo vago). Almeno il 20 per cento di chi soffre di depressione maggiore, cioè della forma più grave della malattia (quella che abbassa il tono dell’umore, fa perdere la voglia di vivere, evoca pensieri di morte e colpisce una persona su cinque nel corso della vita) non risponde alle cure tradizionali, farmaci e psicoterapie, e nemmeno all’elettroshock: ecco perché gli studiosi sono sempre alla ricerca di nuove soluzioni.
L’idea di utilizzare, come alternativa terapeutica, il neuro-pacemaker è venuta per caso a Mark George, un radiologo americano dell’Università del South Carolina: questo dispositivo era già usato per combattere crisi epilettiche non controllabili con i farmaci e i ricercatori avevano visto che i pazienti manifestavano uno stato di euforia. L’apparecchio, infatti, è dotato di due fili che vanno a stimolare il vago, un nervo che arriva dai visceri, passa attraverso il collo e raggiunge diverse aree del cervello. Nel caso delle crisi epilettiche, provocate da un’eccessiva attività elettrica di gruppi di neuroni, la stimolazione del vago porta a una normalizzazione della situazione; nel caso della depressione, questi impulsi servono, al contrario, per attivare certe aree del cervello, come l’ipotalamo, che giocano un ruolo chiave nella depressione e per stimolare la produzione di neurotrasmettitori, come la serotonina, carenti nei depressi. Per il momento l’Fda ha raccomandato l’impiego del dispositivo soltanto quando un paziente con depressione cronica o ricorrente non risponde ad almeno quattro trattamenti antidepressivi diversi, condotti «a regola d’arte» e comunque quando ha più di diciotto anni d’età. «Siano di fronte a una nuova possibilità terapeutica - commenta Michele Tansella psichiatra all’Università di Verona e direttore del Centro di riferimento dell’Oms nella stessa città - ma occorre, come sempre, una certa dose di cautela. Innanzitutto non si devono accendere speranze in pazienti che invece non sono idonei a terapie di questo tipo: ancora oggi, soprattutto in Italia, non sempre vengono percorse adeguatamente tutte le strade terapeutiche, soprattutto quelle psicoterapiche. E poi bisognerà valutare bene l’efficacia: le sperimentazioni condotte finora parlano di un 30 per cento di risultati positivi».
Negli Stati Uniti il trattamento Vns costa circa 20.000 dollari, spese chirurgiche comprese. «Una cifra che andrà rapportata alla situazione italiana», ricorda Tansella che ha appena concluso una ricerca chiamata Psycost condotta per valutare i costi dell’assistenza ai pazienti psichiatrici in Italia, compresi i depressi gravi. «Per stimolare le strutture pubbliche a prendersi carico di questi malati con continuità - spiega Tansella - abbiamo studiato pacchetti di cura, con interventi differenziati, che costano da 5 mila a 36 mila euro l’anno, da contrapporre ai rimborsi per ogni singola prestazione».
Adriana Bazzi
 
8 – IL CORRIERE DELLA SERA
SCIENZE
Al volante col cellulare si guida come settantenni
Lo studio dell'Università dello Utah (Usa) sulla rivista Human Factors
Riflessi rallentati anche con il viva voce o con gli auricolari: aumenta il rischio di tamponamenti
WASHINGTON - Non bastano gli auricolari o il viva voce per rendere innocuo chi guida parlando al cellulare. Il telefonino in auto resta un pericolo: rallenta i riflessi al punto che un giovane automobilista si ritrova ad avere i tempi di reazione di un settantenne. E' quanto calcolato dai ricercatori dell'Università dello Utah (Usa) in uno studio pubblicato sulla rivista Human Factors. Il team ha anche osservato una tendenza a perdere la direzione nei guidatori distratti dalla conversazione telefonica. «Se metti un ventenne al volante con un cellulare, il suo tempo di reazione è lo stesso di un 70enne che non usa il telefonino», ha osservato David Strayer, docente di psicologia che ha condotto la ricerca e studia da anni gli effetti del cellulare sui guidatori.
IL CAMPIONE - Il team ha condotto la ricerca su persone tra i 65 e i 74 anni comparando le loro reazioni con conducenti tra 18 e 25 anni.
L'ESPERIMENTO - Dei volontari hanno pertanto utilizzato un simulatore di guida, circondati da tre schermi che ricreavano situazioni in autostrada o nel traffico. Ogni volontario ha guidato per quattro percorsi da 16 chilometri in autostrada, della durata di 10 minuti ciascuno, parlando a un cellulare a viva-voce con un assistente durante metà del viaggio.
RISULTATI - Nei momenti in cui parlavano, i giovani sono risultati più lenti del 18% nel raggiungere il pedale del freno e del 17% nel riprendere velocità dopo la frenata. Conversare al telefono ha però aumentato del 12% la distanza tra le vetture, forse per compensare la minore attenzione rivolta alla strada. Ma questa strategia non sempre ha funzionato. «C'è stato un aumento nel numero di tamponamenti (simulati) quando i conducenti conversavano al cellulare», hanno scritto i ricercatori.
 
9 – IL CORRIERE DELLA SERA
«Come sarò tra 5 anni?»
Il futuro in base allo stile di vita
Dal laboratorio Accenture Technology, vicino Nizza, è in arrivo uno specchio informatico per predire i cambiamenti
LONDRA. I chili di troppo, le rughe, i capelli bianchi, l’espressione stanca e appesantita. Se Dorian Gray nascondeva in soffitta il ritratto che senza pietà gli ricordava a ogni sguardo la bruttezza di disonestà e vizi, celare la verità potrebbe presto essere più difficile: almeno se un progetto in via di sviluppo in Francia centrerà l’obiettivo che si prefigge. E’ un obiettivo che potrebbe non piacere a tutti: mostrare a ciascuno di noi l’aspetto che avremo tra cinque anni se non cambieremo stile di vita. La coscienza in uno specchio, insomma. Uno specchio collegato a diverse telecamere che, sparse per casa, raccoglieranno dati sulle nostre abitudini: le sigarette fumate, le ore trascorse davanti alla tv, gli hamburger mangiati, gli spuntini a tarda ora, il bicchiere di vino, la birra di troppo. Le informazioni saranno elaborate e tradotte in un invecchiamento personalizzato che lo specchio mostrerà al tocco di un bottone. Un momento normale, subito dopo con 5 anni in più: l’immagine alterata dal tempo e dalle cattive abitudini potrebbe essere un’arma potente nella lotta contro obesità, fast food, fumo e pigrizia, sostiene Martin Illsey, direttore del laboratorio Accenture Technology, vicino Nizza, che sta realizzando il congegno. «La tecnologia può essere molto convincente» ha spiegato alla rivista New Scientist . Illsey spera di riuscire a terminare lo specchio entro la fine dell’anno e di produrre un modello che possa trasmettere l’immagine invecchiata in tempo reale, un vero «fantasma degli eccessi odierni». Ma gli esperti si dividono. «Visualizzare gli effetti che le leggerezze di oggi potrebbero avere domani può essere motivante», dice B. J. Fogg, dell’università di Stanford. Ma il suo collega Cliff Randell, da Bristol, avvisa: «Non penso che un sistema che presenta un’immagine negativa dell’utente troverà molti acquirenti».
Paola De Carolis
 
10 – IL MESSSAGGERO
Accordo tra Bill Gates, Moratti e Stanca: l’informatica aiuta la medicina
PRAGA - L'uomo più ricco del mondo mette in cantiere un altro sogno, il cui business avrà ricadute planetarie, e sceglie Trento come base di lancio della nuova avventura. L'obiettivo è penetrare nei segreti degli organismi, svelare i misteri della vita, impadronirsi delle sue leggi. Una scommessa del sapere che sfrutterà la potenza dell'elettronica per allargare all'infinito i limitati orizzonti dell'intuizione e dell'osservazione.
Informatica e biologia, uomini e macchine, cervelli e microchip. Quando i primi traguardi saranno alle spalle sarà possibile, per esempio, conoscere il patrimonio genetico di ogni singolo individuo: di Mario Rossi, o John Smith, si conosceranno fin dalla nascita i punti deboli congeniti, le vulnerabilità alle malattie, e le industrie farmaceutiche confezioneranno per loro medicine su misura, efficaci al cento per cento. Bill Gates, l'ex studente di informatica che a vent'anni capì prima di tutti le potenzialità del personal computer e che grazie alla sua visione è oggi il sovrano di un impero con oltre 55 mila sudditi, tanti i dipendenti della Microsoft, e un fatturato di 37 miliardi di dollari all'anno, era ieri a Praga, accanto a capi di governo e funzionari di tutta Europa per promuovere scienza e conoscenza nel vecchio continente. Il programma si chiama "Euroscience", decollerà da Trento e volerà su Francia, Inghilterra, Germania, sulla scia di quelli già esistenti a Pechino, Cambridge, Bangalore, San Francisco, Silicon Valley. Il magnate-mecenate di Seattle, promotore di un nuovo illuminismo senza frontiere fondato sull'uso dei suoi software, ha siglato un accordo con il governo italiano rappresentato dai ministri dell’Istruzione Letizia Moratti e dell’Innovazione Lucio Stanca.
Il nuovo super laboratorio di biologia informatica, che convoglierà tra le montagne alpine cervelli italiani e stranieri, potrà contare per i primi cinque anni su 10 milioni di euro coperti al 40 per cento da Microsoft, al 60 da Stato ed enti locali italiani. Con la sua aria da studente intelligente e secchione il miliardario americano santifica l'università italiana e delinea gli scenari di domani: «Ho riscontrato nell'università di Trento un eccezionale livello di competenza. Noi vogliamo incrociare i saperi delle diverse scienze, la biologia deve incontrare la fisica, dalla ricerca di base devono nascere nuovi farmaci in grado di migliorare il futuro dell'umanità. Questi studi sono cominciati negli Stati Uniti, ora coinvolgono Europa e Asia. Microsoft aiuta la scienza e lo sviluppo economico».
I ministri Stanca e Moratti, sconfessando la tradizionale incompetenza poliglotta dei politici italiani, snocciolano dati e concetti in un fluente inglese. Profetizza, aiutato da studi americani, il responsabile dell'Innovazione: «Biologia, informatica e nanotecnologie sono le punte di un triangolo magico che nei prossimi cinque anni produrrà nel mondo 100 milioni di nuovi posti di lavoro. E' qui il futuro». Anche la titolare di Scuola e Università scruta gli orizzonti che stanno per spalancarsi davanti agli occhi del genere umano: «Negli Usa - dice - e penso anche altrove, i farmaci prescritti causano più decessi dell'Aids o degli incidenti automobilistici. Al momento nessun medico può sapere quale sarà la risposta del paziente a un determinato farmaco, si procede per tentativi. Nel prossimo futuro, grazie alla mappatura genomica dell'individuo si potranno prevedere gli effetti dei farmaci in base alle differenze individuali». Poi, preso lo slancio, sfida le statistiche internazionali sulla Ricerca che puntualmente relegano l'Italia in coda: «Secondo "Nature" - puntualizza - gli scienziati italiani in quanto a produttività scientifica occupano il terzo posto, dopo americani e britannici. Tra il 2000 e il 2004 il numero di ricercatori italiani è aumentato di 7000 unità. E secondo l'Istat nel 2002 la spesa totale per la ricerca nel nostro Paese, che nei dieci anni precedenti era scesa dall'1,32% del Pil all'1,4, ha invertito la tendenza, ricominciando a crescere e raggiungendo l'1,16». Ma la media europea, in equilibrio intorno al 2,5, rimane pur sempre un miraggio.
LUIGI PASQUINELLI
 
11 – IL MESSSAGGERO
L’INTERVISTA AL RETTORE
«Abbiamo già dei ricercatori all’avanguardia, riprodurremo il funzionamento di organismi»
ROMA - Davide Bassi, docente ordinario di fisica sperimentale, è il rettore dell'università di Trento.
Professore, come è avvenuto il contatto con Bill Gates?
«Tre anni fa a Cambridge abbiamo incontrato la Microsoft per un progetto analogo. Ci siamo offerti pensando che la cosa finisse là, invece ci hanno richiamati».
Perché secondo lei?
«A Trento ci sono le persone giuste. Abbiamo un gruppo di venti bioinformatici guidati dal professor Corrado Priami che da tre anni lavorano a questi temi. La struttura c'è già, verrà solo allargata e potenziata grazie al programma di Bill Gates, del Governo italiano e della Provincia di Trento».
Quali studi condurrete esattamente?
«Cercheremo di ricreare al computer modelli di funzionamento degli organismi. Sono ricerche difficili ma se riusciremo a copiare la complessità della vita allora si potranno prevedere i comportamenti degli organismi».
Vi basteranno i soldi promessi?
«Il problema non sono i soldi. Se c'è un pool di cervelli che ottiene risultati i soldi arrivano. Bisogna partire dalle persone».
Siete in attesa di nuovi scienziati?
«Sì, li aspettiamo per ottobre, una ventina di ricercatori, inviati dalla Microsoft e chiamati da noi in altre università».
Lei non si lamenta, come molti suoi colleghi, dello stato degli atenei italiani?
«Le cose a Trento funzionano. Ho 15 mila studenti, non sono troppi, la Provincia destina oltre il 6% del suo bilancio ad attività di ricerca, la situazione ambientale è buona».
L. P.
 
 
 

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