Sabato 5 febbraio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 febbraio 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio stampa

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 14 – Cultura
I timori di uno degli studiosi che stilarono la LSU
Il nostro lavoro è nato da una minuziosa ricerca Contestarlo non aiuta il sardo
La Legge dello Stato 482/99 ha da qualche anno consentito al sardo un uso ufficiale accanto all'italiano, soprattutto nell'uso amministrativo. Un risultato storico, a lungo atteso, che la Provincia di Nuoro e altri Enti (università, imprese, scuole, comuni e comunità montane) hanno accolto con entusiasmo e coerenza con le aspettative pluridecennali manifestate dai Sardi. Per l'anno 2001, con il progetto di politica linguistica "Su sardu de oe e de cras: limba de totus, limba pro totu", finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (ai sensi della 482), attraverso l'istituzione dell'Ufitziu de sa limba sarda incaricato di realizzarlo, la Provincia nuorese ha disposto azioni per assicurare l'uso scritto ufficiale del sardo in ogni ambito e uso della società e dell'amministrazione. Subito ha dovuto affrontare il problema, per molti spinoso, di quale variante scritta usare. Dovendo passare, immediatamente, senza rinvii possibili, all'azione, non ha avuto nessuna esitazione e ha adottato, in via sperimentale, e senza alternative possibili, la LSU (Limba Sarda Unificada), voluta dal Governo sardo e da esso presentata come proposta nello stesso 2001. Il problema, di fatto, è strategico: si vuole o no una lingua di riferimento scritto? Questa è la vera discriminante. Si ha l'impressione che senza uno standard sardo scritto, nessuna ufficialità sia possibile fuorché per l'italiano, e che il sardo sarebbe relegato in posizione subalterna, solo come fiore all'occhiello di un'identità folclorica, perduta, alla deriva della storia. Ma non una lingua per l'ufficialità, per l'oggi e il domani, come finalmente possibile sulla base delle leggi dello Stato, della Regione e delle Carte internazionali. Del resto, la Lsu ha dalla sua parte il fatto che si è trattato di un progetto di alto profilo, commissionato dalla Giunta regionale di centro-sinistra, con assessore alla cultura Ballero (n. 59/117 del 29-12-1998), a undici studiosi riconosciuti come tali dalla Giunta stessa (Blasco Ferrer, Bolognesi, Delogu, Dettori, Paulis, Pittau, Rubattu, Sole, Wolf, Porru e il sottoscritto), e confermato dalla successiva Giunta di centro-destra con assessore Onida. La Commissione ha lavorato per due anni, durante 21 riunioni per complessive 120 ore e anche più. Ogni riunione si è svolta in uffici della Regione sarda, alla presenza di un suo funzionario e di un verbalizzante, con totale trasparenza e assunzione di responsabilità personale e di gruppo. Gli esperti hanno sempre lavorato in regime di collegialità, analizzando le proposte di ciascuno e mettendo sempre ai voti tutte le decisioni. La maggioranza delle riunioni si è conclusa con deliberazioni, sui metodi, i criteri e le soluzioni, prese all'unanimità, qualche volta a stragrande maggioranza. Nessuno si è dimesso o ha rinunciato all'incarico per dissenso o ha contestato il metodo e i criteri di lavoro. Ripensamenti posteriori alla data della firma apposta, pur leciti, non sono stati considerati accettabili da nessuno dei contraenti dell'accordo: per serietà. Serietà e deontologia professionale vorrebbero, infatti, che studiosi di chiara fama, responsabili e indipendenti, assumano i vantaggi e gli svantaggi delle proprie decisioni. Il progetto finale è stato firmato da tutti (con la sola eccezione delle due pagine relative al lessico, passate a maggioranza), consapevoli del fatto che, allo scadere della convenzione, per tutti il 2.3.2001, l'Assessorato, sollecitato dall'opinione pubblica, avrebbe pubblicato il lavoro cosi come si era concluso il 28.2.2001, perché tutti i Sardi interessati ne prendessero visione. Tutti i documenti singoli e collettivi, del resto, sono a disposizione in originale, e con firme autentiche, presso l'Assessorato della Cultura. A molti è sfuggito, forse non conoscendo il testo della Lsu, che la Commissione ha ottenuto la mediazione linguistica proposta esaminando, fenomeno per fenomeno, in modo minuzioso, tutte le differenze presenti anche nella più piccola varietà di sardo (basandosi soprattutto sull'Atlante di geografia fonetica del sardo, redatto dal professor Michele Contini dell'Università di Grenoble e completato dalla dottoressa Maria Giuseppa Cossu), le distanze di queste varietà con le altre, e di tutte dal latino, matrice comune. Se dovessimo semplificare e esemplificare questa ricerca della mediazione evolutiva e non banalmente geografica (prendendo in considerazione tutto il sardo, comprese le varietà centro-orientali, fortemente carattezzate e conservative relativamente a certi fenomeni distintivi del sardo rispetto alle altre lingue romanze), potremmo prendere in considerazione, a mo' di esempio, la parola latina "pacem" (pron. pakem) e i suoi risultati sardi: pache (Baronie), pahe (Dorgali, Urzulei), pa°e (Oliena, ecc.), paghe (Marghine, Goceano, Meilogu, ecc), page (Ogliastra), paxi (da Cagliari a Oristano). Senza togliere valore a nessuno dei risultati locali, ugualmente e degnamente rappresentativi del sardo, la Commissione ha ritenuto di proporre, come riferimento scritto mediano, "paghe" distante dal più conservativo "pache" e dal più innovativo "paxi". E così via per tutti gli altri fenomeni dove ci sono differenze di realizzazione locale. Nell'equibrata ed efficace sintesi, voluta e scritta dal professor Blasco Ferrer, che sta all'inizio della proposta Lsu, si spiega che «la norma standard unificata deliberata dalla Commissione intende realizzare una mediazione fra le varietà centro-orientali, più conservative, e quelle meridionali dell'Isola, più innovative, ed è rappresentativa di quelle varietà più vicine alle origini storico-evolutive della lingua sarda, meno esposte a interferenze esogene, largamente documentate nei testi letterari, e fuori della Sardegna maggiormente insegnate e rappresentate nelle sedi universitarie e nel mondo scientifico». Si può e si deve parlare di "medianità" non in modo astratto e retorico ma solo se si dichiara entro quali estremi essa si colloca, e la Lsu lo fa con chiarezza, in base a criteri previamente stabiliti e al metodo di confronto linguistico suesposto. Senza contare che la "mediazione" della Lsu, così ben definita dal professor Blasco Ferrer, deve essere strumento di intermediazione e relazione non solo dentro il Sardo ma anche ? e a maggior ragione di altre proposte possibili ? per tutti i Sardi che parlano altri idiomi della Sardegna (catalano, sassarese, gallurese, tabarchino). Naturalmente, nella proposta Limba Sarda Unificada è anche detto e scritto ? e non potrebbe essere diversamente ? che ognuno è libero di pronunciare il sardo scritto di riferimento secondo modalità individuali o locali. Questo è, peraltro, il cammino percorso (compresi i criteri e i metodi) da altre lingue che hanno voluto rendersi ufficiali, compreso il galego, il romancio, il friulano, lingue parlate da milioni di persone come il catalano o da 30 mila persone come il ladino. Proprio guardando altre esperienze di successo, traiamo i protocolli di come si forma uno standard e le componenti che lo rendono possibile: un committente autorevole (la Regione Autonoma della Sardegna nel nostro caso), una squadra di tecnici con competenze specifiche (la Commissione Lsu), la finalità da raggiungere (una proposta di lingua di riferimento scritto: la Lsu), il materiale linguistico da esaminare (tutto il sardo), criteri e modalità di selezione (quelli espressi nella Lsu), modalità di lavoro (lavoro e decisioni di gruppo, con convocazioni ufficiali, riunioni numerose e verbalizzate). Niente di più democratico e autorevole! Il lavoro della Commissione è stato tanto più importante perché in essa si sono confrontate, pienamente, democraticamente e nel mutuo rispetto di tutte le opinioni espresse, molte delle idee, anche distanti, presenti nella società. Per la Lsu sono certamente possibili aggiustamenti, ma solo sulla base della sperimentazione e dell'uso, se vogliamo anche capitalizzare i frutti di un lavoro pluriennale, serio e scientifico come quello della Commissione, sul quale la Regione ha investito risorse. Se la Lsu non è un obbligo per nessuno, è anche vero che può essere usata, liberamente, da chi lo desidera, così come fanno la Provincia di Nuoro o altri enti pubblici e privati della Sardegna o singole imprese e scuole. Per il vero, sono possibili anche altre proposte. In cuor loro, tutti i Sardi sembra che ne abbiano una, sempre alternativa, per conciliare l'esigenza di salvare le differenze e quella di avere una lingua scritta di riferimento. Così come accade nel calcio, quando ci si vuole sostituire, con facili soluzioni o consigli, ai tecnici, ad allenatori o direttori sportivi. Per lo più, però, si tratta di proposte ingenue o prive di preparazione tecnica e di autorevolezza. Ma, tant'è, ognuno è libero di proporre e di proporsi. Anche nel caso della lingua. Riproporre in continuazione, comunque, il problema di "quale lingua, come scrivere", oppure invocare soluzioni dagli esperti per poi crivellarle a man salva, credo che non serva, che sia solo un esercizio di autolesionismo collettivo e che nasconda la volontà di lasciare le cose come stanno e, nel nostro caso, di non applicare davvero la legge 482/99, da tutti voluta per assicurare l'uso ufficiale del sardo. Non ci sentiamo pronti e maturi per una decisione chiara in materia di standardizzazione per l'uso ufficiale? Sperimentiamo, allora, con serenità e spirito costruttivo, accanto e a complemento di tutte le varietà locali, la proposta di standard scritto più autorevole, già codificata e pronta all'uso ? la Lsu ? ben sapendo che quante più varietà scritte avremo, anche locali, tanto più difficile sarà per il sardo competere con l'italiano negli usi ufficiali. Se non saremo capaci di fare questi passi, in breve tempo si radicherà l'idea che il sardo non sia adatto per la modernità e l'amministrazione pubblica, e che quindi non possa far altro che scomparire come ha fatto l'economia tradizionale, l'abbigliamento tradizionale, e tutte le espressioni culturali che il passato ci ha consegnato e che la Sardegna sta disperdendo. Il tempo non è a favore del sardo. Ogni azione dilatoria o diversiva servirà solo a comprometterne il futuro.
Diego Corraine
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 30  - Nuoro
università Silvestro Ladu contro la Finanziaria: subito i fondi per salvare l'Ateneo
La mancata assegnazione di un capitolo di spesa per l'università nuorese nella Finanziaria regionale resta al centro dello scontro politico. Dopo la presentazione di un emendamento nella commissione Bilancio da parte dei consiglieri regionali Ds Francesca Barracciu, Vincenzo Floris, Giuseppe Pirisi e Francesco Sanna, avvenuta nei giorni scorsi, anche Silvestro Ladu, del gruppo consiliare Fortza Paris, annuncia un'altra iniziativa. Per ricuperare i fondi a favore dell'ateneo barbaricino presenterà anche lui un emendamento. L'esponente del centrodestra attacca duramente la giunta Soru, accusata di riservare scarsa attenzione a una realtà importante per lo sviluppo delle zone interne. «L'indeterminatezza del fondo indistinto che, fra l'altro, è ridimensionato rispetto agli anni passati, sottopone l'università nuorese al serio pericolo che i finanziamenti ad essa destinati possano trovare, per opportunità politica, altre strade», scrive Ladu. In una nota ricorda l'accordo di programma siglato dieci anni fa che impegna la Regione a versare in un apposito capitolo di bilancio le somme necessarie a mandare avanti l'ateneo barbaricino, al centro di perenni battaglie politiche. «Accordo sempre rispettato dalla precedente maggioranza di centrodestra», sottolinea il consigliere regionale di Fortza Paris. «Oggi ? aggiunge Ladu con una frecciata polemica alla maggioranza ? registriamo da parte di alcuni settori della coalizione di centrosinistra, dopo le grandi lamentazioni di facciata del passato, un timido tentativo di polemica senza, peraltro, indicare soluzioni adeguate. Si tratta invece di rivendicare con forza il diritto non solo di mantenimento, ma di crescita dell'università di Nuoro contando su risorse certe». Ladu annuncia, perciò, la presentazione di un emendamento alla manovra di bilancio per inserire un capitolo di spesa riservato all'università nuorese in modo da dare all'ateneo «quella certezza finanziaria anche per gli anni futuri che ? fa notare Ladu ? sino a oggi è mancata».
 
 
3 – L’Union e Sarda
Pagina 30 – Nuoro
Per Università e nuovi accessi
Il ministro Pisanu interviene in soccorso dell'amministrazione
Il Ministero dell'Interno, attraverso l'autorevole voce del ministro Beppe Pisanu, ritiene necessari l'istituzione in città di una Università autonoma e la realizzazione dei nuovi accessi stradali che consentano di avere un traffico più diffuso ed ordinato. E non è solo questione di qualità della vita ? garantisce il Ministro ? si avranno notevoli benefici anche dal punto di vista della sicurezza. «Sono progetti fondamentali per la città e per il suo sviluppo, e l'interessamento del Ministro dell'Interno costituisce sicuramente un fattore positivo». Il sindaco Mario Demuru Zidda ha ricevuto rassicurazioni dal ministero dell'Interno sull'interessamento del Governo ai progetti per creare l'università autonoma a Nuoro e per la creazione di un sistema di accessi intorno alla città. Il colloquio di ieri fa seguito ad un incontro avvenuto poche settimane fa in città tra il sindaco Zidda e il ministro dell'Interno Beppe Pisanu, durante il quale il sindaco ha chiesto al ministro di interessarsi personalmente ai due progetti, di competenza rispettivamente del Ministero dell'Istruzione e del Ministero delle Infrastrutture. «Sono dei progetti che riguardano anche la sicurezza ? ha spiegato il sindaco ? specie per quanto riguarda il sistema degli accessi. Consentirebbe infatti di collegare i quartieri periferici togliendoli dall'isolamento e consentirebbe alla città di rafforzare il suo ruolo guida nel territorio». Il ministro Pisanu ha assicurato il suo attivo interessamento e questa è di per sé una buona notizia, vista l'autorevolezza che il rappresentante sardo ha saputo conquistarsi all'interno del Governo nazionale. Per quanto riguarda l'autonomia dell'Università, è un obiettivo che l'amministrazione guidata da Mario Zidda persegue fin da suo insediamento. Si tratterebbe infatti del passo fondamentale per togliere l'istituzione dallo stato di perenne precarietà in cui si ritrova fin dall'istituzione. Infatti gli insegnamenti verrebbero decisi in città, i docenti sarebbero di ruolo (e non in "prestito" da altri Atenei) e soprattutto la dotazione finanziaria sarebbe automatica. In questo modo l'Università potrebbe svolgere efficacemente quel ruolo-guida che tutti si auspicano. Anche la questione degli accessi alla città è stata ripetutamente affrontata da questa amministrazione. L'ingresso di Biscollai è ormai praticamente l'unico alla città, da quando è stata aperta la nuova superstrada per l'Ogliastra e questo rende il traffico caotico nelle ore di punta. I quartieri periferici, inoltre, non hanno uno sbocco diretto sulle attuali uscite e questo complica di molto le cose. (a. a.)
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 5 - Nuoro
 L’INTERVENTO
 «Università, fondi più sicuri»
 SILVESTRO LADU (*)
 La mancata individuazione nella proposta di Bilancio regionale di un apposito capitolo di spesa per i fondi da destinarsi all’Università di Nuoro, con la presunzione che gli stessi siano inseriti in un fondo indistinto per l’Università diffusa in Sardegna, denunciano una scarsa attenzione della Giunta regionale nei confronti della giovane Università nuorese.
 L’indeterminatezza del fondo indistinto, che fra l’altro, è ridimensionato nei confronti degli anni passati, sottopone l’Università del capoluogo barbaricino al serio pericolo che i fondi ad essa destinati possano trovare, per motivazioni di opportunità politica, altre strade.
 Già dieci anni fa la Regione siglò un apposito accordo di programma con l’Ente universitario nuorese, impegnandosi a versare in un apposito capitolo di Bilancio le somme spettanti. Accordo sempre rispettato dalla precedente maggioranza di centro destra.
 Oggi registriamo da parte da parte di alcuni settori della coalizione di centro sinistra, dopo le grandi lamentazioni di facciata del passato, un timido tentativo di polemica senza, peraltro, indicare soluzioni adeguate.
 Si tratta invece di rivendicare con forza il diritto non solo di mantenimento, ma di crescita dell’Università di Nuoro contando su risorse certe.
 Per questo motivo, mi farò carico di presentare un apposito emendamento alla manovra di Bilancio in discussione, per inserire un capitolo di spesa riservato esclusivamente all’ Università di Nuoro, conferendo a questo Istituto quella certezza finanziaria anche per gli anni futuri che sino ad oggi è mancata.
 Si tratta di un giusto riconoscimento per affermare il proprio diritto alla sopravvivenza, garantendo nel contempo un servizio insostituibile al processo di crescita culturale e sociale della provincia di Nuoro che tante aspettative sta creando nel centro Sardegna.
(*) Presidente del gruppo Fortza Paris nel Consiglio regionale
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Nuoro
Le rassicurazioni avute dal sindaco Mario Zidda in un colloquio nella giornata di ieri con il titolare degli Interni
Università e accessi, le garanzie del ministro Pisanu
 NUORO. «Sono progetti fondamentali per Nuoro e per il suo sviluppo, e l’interessamento del ministro dell’Interno costituisce sicuramente un fattore positivo». Il sindaco Mario Demuru Zidda ha ricevuto rassicurazioni dal ministero dell’Interno sull’interessamento del governo ai progetti per istituire l’università autonoma a Nuoro e per la creazione di un sistema di accessi intorno alla città.
 Il colloquio di ieri fa seguito a un incontro di poche settimane fa in città tra il sindaco Zidda e il ministro dell’Interno Beppe Pisanu, durante il quale il sindaco ha chiesto al ministro di interessarsi personalmente ai due progetti, di competenza rispettivamente del ministero dell’Istruzione e del ministero delle Infrastrutture. «Sono progetti che riguardano anche la sicurezza, specie per quanto riguarda il sistema degli accessi. Consentirebbe infatti di collegare i quartieri periferici togliendoli dall’isolamento e consentirebbe alla città di rafforzare il suo ruolo guida nel territorio». Il ministro Pisanu, osservano dal municipio, ha assicurato il proprio interessamento.
 
 
6 – Corriere della Sera
Il saggio di uno studioso di Storia della medicina
Il volume di Paolo Mazzarello «Costantinopoli 1786: la congiura e la beffa. L’intrigo Spallanzani» (pagine 327, 24) è edito da Bollati Boringhieri Il libro ricostruisce il soggiorno di un anno e mezzo che il grande naturalista settecentesco Lazzaro Spallanzani trascorse nella capitale dell’impero ottomano, per proseguire senza problemi i suoi audaci esperimenti sulla riproduzione animale
In quel periodo di assenza dello studioso, alcuni suoi rivali dell’Università di Pavia cercarono di screditarlo con false accuse, che però caddero rapidamente alla prima verifica concreta
L’autore, Paolo Mazzarello, insegna Scienze umane e Storia della medicina presso l’Università di Pavia. Ha scritto diversi saggi, tra cui una biografia di Camillo Golgi, «The Hidden Structure» , apparsa in inglese nel 1999 presso l’editrice Oxford University Press
 
IL PROTAGONISTA
Svelò i meccanismi della riproduzione animale
Lazzaro Spallanzani (1729-1799), originario di Scandiano vicino a Reggio Emilia, studiò filosofia a Bologna e prese gli ordini sacerdotali. Nel 1769 fu nominato professore di storia naturale all’Università di Pavia, dove fu anche direttore del Museo dell’Università e rettore. Si dedicò soprattutto a ricerche sperimentali sulla riproduzione animale: divenne celebre con il Saggio di osservazioni microscopiche , che affermava l’infondatezza della teoria della generazione spontanea, e nel 1777 realizzò la prima fecondazione artificiale, usando uova di rana e di rospo; in seguito fece l’esperimento su una cagnetta. Pubblicò i risultati dei suoi esperimenti e le sue osservazioni nelle Dissertazioni di fisica animale e vegetabile . Oltre che di riproduzione, Spallanzani si occupò anche di circolazione sanguigna, di digestione e di respirazione. Durante il suo viaggio a Costantinopoli nel 1786 venne scatenata ai suoi danni una congiura accademica: il sacerdote venne accusato del furto di reperti del Museo di Pavia, ma la vicenda si concluse con la sua completa assoluzione.
 
SCIENZA E FEDE
Nel Settecento un uomo di Chiesa inaugurò l’inseminazione artificiale

Spallanzani andò a Costantinopoli per compiere esperimenti e i suoi colleghi a Pavia montarono un intrigo che non riuscì
Chissà se i parlamentari della Casa delle libertà, che hanno recentemente prodotto la più oscurantista tra le normative europee sulla fecondazione assistita, hanno mai sentito parlare di Lazzaro Spallanzani. Chissà se, quando brandiscono i valori della fede cattolica come l’ultimo scudo della natura contro la cultura, i legislatori nostrani hanno il sentimento di vendicare - oltre due secoli dopo - le scoperte tanto straordinarie quanto temerarie del sacerdote emiliano, professore di storia naturale all’Università di Pavia, il padre scientifico della fecondazione artificiale. Chissà se la loro idea di diritto è talmente striminzita da pensare la legge come una nemesi per le colpe accumulate dalla scienza, quando questa osa esplorare i limiti estremi del mistero della vita. Certo è che negli anni Settanta e Ottanta del Settecento, per confutare obsolete teorie zoologiche sull’«aura spermatica» e per pervenire a un’inseminazione in laboratorio, il prete Spallanzani si dimostrò pronto a fare proprio di tutto. Cominciò con gli anfibi, vestendo i rospi con mutande cerate, decapitando un maschio di rana «cavalcante la femmina», dimostrando sperimentalmente la possibilità di una fecondazione artificiale. Continuò con i mammiferi, e raccolse la stupita (oltreché invidiosa) ammirazione della repubblica delle lettere quando trionfalmente gli riuscì di inseminare una barboncina, iniettandole nell’utero il seme ottenuto per «emissione spontanea» da un cane della stessa razza.
Poi, l’apprendista stregone della biologia moderna provò a fecondare uova di rana con sperma di cavallo, e perfino con seme umano: salvo rinunciare a rendere conto in pubblico di questi suoi spericolati esperimenti. Ma in privato, scrivendo agli amici più stretti, Spallanzani ammetteva di voler estendere le proprie ricerche sulla fecondazione artificiale almeno ai grandi quadrupedi (cavalle, vacche, pecore, capre), magari «iniettando in una specie il seme dell’altra». E fu anche per questa ragione - per muoversi liberamente sopra un terreno che la Chiesa avrebbe ben potuto tacciare di contronaturale - che nel 1785 il professor Spallanzani chiese all’Università di Pavia un anno di congedo dall’insegnamento, da trascorrere nella lontana Costantinopoli. Quale luogo più sicuro per sottrarsi a ogni sguardo indagatore che le magnifiche contrade situate all’ombra del Serraglio?
Purtroppo per Spallanzani, il suo anno e mezzo di lontananza da Pavia (non vi fece ritorno che nel gennaio del 1787) rappresentò invece l’occasione che molti suoi colleghi sospiravano da tempo. La lontananza dello scienziato non solo dalla cattedra universitaria, ma dalla sua scrivania di direttore del locale Museo di storia naturale, permise ad altri docenti dell’ateneo pavese di tramare ai danni di Spallanzani un autentico complotto. Profittando del fatto che era capitato al prete emiliano di portarsi a casa alcuni reperti naturalistici del Museo, per analizzarli più comodamente, alcuni noti professori dell’Università di Pavia (aizzati da un’altra figura di religioso, il fisico Gregorio Fontana) organizzarono una vera e propria incursione segreta nel gabinetto privato di cui Spallanzani disponeva nel natio borgo di Scandiano. Trovate tracce della presunta refurtiva, poterono così denunciare il geniale sacerdote alle autorità austriache, presentandolo come nient’altro che un pericoloso delinquente.
Il seguito della vicenda, che espose un luminare della scienza europea al pubblico ludibrio (non mancando di scandalizzare i «pescivendoli» e le «lavandaje» dell’intera Lombardia), può essere ora seguìto da presso grazie a un libro di storia tanto scrupoloso nella ricerca quanto godibile nella lettura: Costantinopoli 1786: la congiura e la beffa , di Paolo Mazzarello. Dove si apprende che - dietro la spinta di Giovanni Antonio Scopoli, il naturalista dell’Università pavese che più direttamente si sentiva in competizione scientifica con Spallanzani - l’entità delle accuse andò via via gonfiandosi, fino a rendere l’ignaro ricercatore nel Bosforo responsabile del furto di «un buon migliajo di pezzi» fra uccelli impagliati, pietre preziose, conchiglie rarissime…
«Si mandano al suplizio sovvente di quelli che lo meritano meno del Ladro di Scandiano», fu il pensoso avviso di un docente di anatomia coinvolto nell’intrigo. Ma la lezione giuridica e morale ch’egli aveva potuto trarre da un Cesare Beccaria, sulla necessaria proporzione fra i delitti e le pene, era degna di miglior causa che una squallida manovra intesa a detronizzare Spallanzani attraverso accuse infamanti. Ebbero un bel darsi da fare, Scopoli, Fontana e gli altri, per comunicare urbi et orbi le malefatte del prete emiliano, redigendo contro di lui una circostanziata circolare e inoltrandola ai quattro angoli della repubblica delle lettere. La reazione dei maggiori scienziati d’Europa non fu altro che d’incredulità e, da ultimo, di rabbia. Come osavano certi professorucoli di Pavia, per meschine rivalità accademiche, gettare fango sopra un uomo che persino un mangiapreti quale Voltaire aveva confessato di ammirare? Gli innocentisti si mobilitarono in favore di Spallanzani con altrettanta energia dei colpevolisti: negli ambienti scientifici del Vecchio Continente, le proteste contro il complotto circolarono più rapidamente ancora che se avessero viaggiato per posta elettronica.
Quando poi il governo milanese si decise a investire della scabrosa faccenda una commissione d’inchiesta (davanti alla quale Spallanzani dovette testimoniare, come un qualunque ladro di polli, subito dopo il suo ritorno da Costantinopoli), l’inconsistenza delle accuse emerse con chiarezza. Da Vienna, per solenne decreto imperiale, Giuseppe II d’Asburgo ordinò quindi che l’affare Spallanzani fosse considerato chiuso. A Milano come a Pavia, le autorità politiche e accademiche non aspettavano altro che questo: l’opportunità di stendere sull’intrigo una spessa coltre di silenzio.
Peccato che il sacerdote Spallanzani avesse l’abitudine di trascurare - quando maneggiava le Sacre Scritture - non soltanto il racconto veterotestamentario sull’origine della vita, ma anche la raccomandazione evangelica di porgere l’altra guancia. La vendetta del professore contro il collega Scopoli fu infatti terribile. Forse per iniziativa diretta di Spallanzani, forse indipendentemente da lui, Scopoli venne spinto a credere che una volgare frattaglia di gallina fosse l’unico esemplare mai rinvenuto in natura di una singolarissima specie di vermi, che lo scienziato si illuse di avere scoperto, ch’egli volle battezzare Physis intestinalis e che pensò bene di dedicare al botanico Joseph Banks, esimio presidente della Royal Society di Londra!
Anche in questo caso, alla repubblica delle lettere bastarono pochi mesi per svelare l’arcano. Ma non pago dell’imbarazzo in cui Scopoli venne allora a trovarsi, Spallanzani si accanì contro il collega con un paio di libelli pubblicati sotto pseudonimo, che magistralmente irridevano alle sue capacità di ricercatore e di divulgatore scientifico. Già nel 1788, il povero Scopoli finì per morirne. E soltanto davanti al cadavere del collega, l’ira funesta del reduce da Costantinopoli poté dirsi placata.
 
 
7 – Il Tempo
Treccani: «Laterza italiano immortale»                                                                                        
                                                                                                                                                            
                                                                                                                                                            
 
L'editore Vito Laterza (1926-2001) entra a far parte della schiera degli «italiani immortali». Lo ha deciso l'Istituto Treccani, che all'ex patron della casa editrice barese Laterza dedica una voce nel nuovo volume, il sessantatreesimo della serie, del monumentale «Dizionario Biografico degli Italiani». Compilata dalla professoressa Albertina Vittoria, docente di storia contemporanea all'Università di Sassari e specialista di storia dell'editoria italiana, l'opera della Treccani ricorda come Vito Laterza si trovò a gestire il difficile passaggio per la casa editrice all'indomani della scomparsa di Benedetto Croce, alla fine del 1952, e a dover affrontare «il problema dell'affrancamento dalla sua personalità e direzione culturale». Al tempo stesso, Vito Laterza, più di mezzo secolo fa, riuscì a mantenere alla casa «la propria identità in una fase generale di sviluppo delle imprese editoriali e di rafforzamento di alcuni grandi editori del Nord». L'azione di Vito Laterza, sottolinea sempre il «Dizionario Biografico» della Treccani, fu sempre nel solco del rispetto della tradizione e della storia della casa editrice, ma su una linea fdi rinnovamento, con l'apertura di nuove collane e l'inserimento di nuovi collaboratori. L'opera Treccani ricorda anche come l'azione di Vito Laterza si sia mossa sempre nell'ambito di una cultura di matrice liberaldemocratica, come dimostrano molte scelte del catalogo editoriale. La storica Albertina Vittoria evidenzia, inoltre, anche la fortuna di pubblico e di critica di alcune scelte editoriale compiute tra gli anni Sessanta e Settanta da Vito Laterza, come testimoniano collane quali« Tempi nuovi», «Universale Laterza» e i «Saggi tascabili». Proprio in quest'ultima collezione furono pubblicati noti libri-intervista, peraltro inventati da Laterza. Nel 1974 apparve «L’intervista politico-filosofica» di Lucio Colletti e nel 1977 «L’intervista sul fascismo» di Renzo De Felice.          
 
 
8 – Il Tempo
Radioterapia, gli studenti italiani scelgono Rieti                                                                        
                                                                                                                                                            
Provengono da tutta la Penisola gli universitari interessati al corso post laurea presso l’ateneo Sibina Universitas                                                                                                                                        
 
ELISA MASOTTI
L'UNIVERSITÀ reatina ha un nuovo fiore all'occhiello. Si tratta del master in Radioterapia, inaugurato ieri in pompa magna, presso l'aula centrale della Fondazione Sabina Universitas di viale Canali, dal prof. Potente e dal suo coordinatore dott. Fasciolo. Il corso post universitario interessa trentaquattro giovani laureati in «Tecnico di Radiologia Medica» dei quali quasi trenta provengono da ogni angolo dello Stivale. A tal proposito occorre precisare che inizialmente i destinatari della specializzazione sarebbero dovuti essere venticinque; il numero è poi salito oltre i trenta in seguito all'elevata richiesta di partecipazione. Il master in questione è partito dopo il poderoso successo riscosso dal corso di laurea ed anche a seguito del modernissimo servizio radioterapico attivato all'Ospedale «Camillo De Lellis» lo scorso mese di dicembre. La specialistica, che approfondisce le discipline collegate alla Radioterapia all'insegna dell'alta tecnologia, è di grande livello ed altri corsi attendono ora di attivare master altrettanto prestigiosi. Le lezioni si protrarranno fino a giugno e verteranno, tra le altre discipline, anche sulla legislazione in materia di radioterapia. Buone notizie, intanto, arrivano anche in relazione alla realizzazione della mensa. Dal progetto definitivo si è infatti passati a quello esecutivo. Non passeranno più di dieci giorni ed il cantiere partirà per dotare la struttura universitaria di un servizio irrinunciabile. È ormai finita la fase della lunga gestazione che ha avuto per oggetto gli accordi presi tra Laziodisu e tecnici dell'Asi. Il punto-ristoro sorgerà infatti nella zona del nucleo Industriale. Entusiasti si sono dichiarati i componenti del comitato studentesco universitario. «Ancora per pochissimo tempo Rieti sarà l'unica città universitaria della regione Lazio a non disporre di una mensa - hanno detto - l'abbiamo reclamata tanto ed ora l'importante servizio diventerà presto una realtà». Un passo avanti importante per l’ateneo sabino, che sta riscuotendo sempre maggiori consensi nel resto dell’Italia e negli ambienti culturali della Penisola. È presto per dire che Rieti sia divenuto un polo culturale, ma certo le buone notizie che arrivano dal reparto di radioterapia devono far ben sperare anche per le future iniziative che l’università deciderà di prendere.                                                                            
 
 
9 – Il Tempo
Congressi e cultura, il Lazio raccoglie i frutti                                                                             
                                                                                                                                                            
                                                                                                                                                            
 
CON oltre 10 milioni di presenze e 25 milioni e mezzo di arrivi solo nel 2004 la Regione Lazio nel turismo «raccoglie i frutti di un impegno progettuale e di investimento che dura da cinque anni». Per l'assessore al Turismo della Regione Lazio Luigi Ciaramelletti la partecipazione alla Borsa internazionale del Turismo (Bit), in svolgimento a Milano dal 12 al 15 febbraio, è l'occasione per tracciare un bilancio non solo dell'anno appena trascorso ma del quinquennio di governo della Regione. Un bilancio «positivo - ha spiegato Ciaramelletti - che pone il Lazio tra le prime Regioni per risultati nel comparto del turismo, nonostante le congiunture negative internazionali, dal terrorismo alle grandi calamità sanitarie e naturali, non abbiano certo aiutato». Promozione internazionale, politica di marketing territoriale con strumenti quali i progetti interregionali, il turismo congressuale e la valorizzazione del turismo culturale, sono stati, in questi cinque anni, i punti qualificanti dell'azione dell'assessorato. Per quanto riguarda la promozione del territorio, a livello europeo, il Lazio, ha spiegato Ciaramelletti, ha puntato in particolare al mercato russo, in decisa espansione e a livello extraeuropeo agli Stati Arabi, Giappone e Cina. Per quest'ultimo Paese il Lazio sta studiando «formule innovative di promozione» come, per esempio, la realizzazione di corsi per studenti cinesi nelle università del Lazio, dedicati alla lingua italiana, al design, alla moda e alla gastronomia locali, per riuscire ad attrarre il turismo dagli occhi a mandorla. Per quanto riguarda i progetti interregionali e il turismo congressuale, la Regione, ha ricordato l'assessore, ha puntato sul turismo di nicchia, consolidando la posizione del territorio sui mercati tradizionali e rafforzandola in quelli emergenti dall'altra. La parola d'ordine è stata «destagionalizzare i flussi turistici, valorizzare nuove tematiche e aree turisticamente marginali, riequilibrare il movimento turistico sull'intero territorio, migliorando anche la comunicazione mediatica dei servizi presenti sul territorio». La Regione Lazio punta molto anche sulla valorizzazione del turismo culturale, «una miniera dalla quale attingere - ha osservato Ciaramelletti - come risorsa primaria di un territorio ricco di itinerari storici, archeologici, naturalistici, eno-gastronomici».                                                    
 
 
10 – La Sicilia
Dopo-Università sarà concreto
POLITICHE SOCIALI.
Presentato innovativo progetto per raccordare la formazione al mondo del lavoro

Un innovativo progetto per raccordare il mondo della formazione a quello del lavoro è stato presentato ieri mattina nella sede dell'assessorato comunale alle Politiche sociali. Si tratta di un'interessante iniziativa promossa dall'amministrazione comunale di Siracusa in collaborazione con l'Università degli studi di Catania, per introdurre i laureandi ed i neo-laureati siracusani in maniera concreta all'interno della realtà professionale del proprio territorio. Il progetto prevede lo svolgimento di tirocini di formazione e di orientamento presso enti pubblici o privati, o aziende, da parte di tutti gli studenti in procinto di conseguire il titolo di studio accademico, sia frequentanti corsi di laurea di I che di II livello, e da parte dei neo-laureati che abbiano terminato gli studi da al massimo diciotto mesi.
Nel corso dell'incontro di ieri mattina è stata, infatti, resa nota la convenzione siglata lo scorso 22 dicembre dal primo cittadino di Siracusa, Giambattista Bufardeci, e dal rettore dell'Ateneo catanese, Ferdinando Latteri nella quale sono definiti i vari punti dell'offerta formativa che si delinea come un primo importante esperimento. Presenti alla conferenza l'assessore comunale alle Politiche sociali, Nunzio Cappadona, il responsabile dell'amministrazione comunale al progetto in questione, Giuseppe Prestifilippo, ed il professore Corrado Palermo in qualità di rappresentante dell'ateneo di Catania. Come ha spiegato Prestifilippo, l'iniziativa è rivolta indistintamente a tutti i laureandi ed i neo-laureati delle facoltà dell'Università di Catania, i quali, dopo aver preso visione del bando che uscirà già la prossima settimana, dovranno presentare le domande di ammissione agli stages specificando le proprie competenze ed i requisiti richiesti nel modulo dell'avviso pubblico.
I candidati non dovranno superare alcun esame ma saranno selezionati in base alle loro attitudini professionali e alla preparazione accademica, precisati appunto nella richiesta da loro compilata, e quindi indirizzati all'ufficio presso il quale dovrà svolgersi l'attività di tirocinio; in base al numero dei richiedenti verranno poi varati i vari piani di lavoro. La durata degli stages varierà da un minimo di tre mesi ad un massimo di dodici mesi, nel corso dei quali ogni tirocinante sarà affiancato da un tutor didattico, indicato dall'Università di Catania, che seguirà, quindi, tutta la fase pratica dell'apprendistato quale responsabile didattico - organizzativo. I praticanti svolgeranno quindi i tirocini in base alle proprie idoneità: un laureando in ingegneria civile potrà, ad esempio, lavorare all'interno di un ufficio tecnico del Comune o, ancora per fare un altro esempio, un neo-laureato in Beni culturali potrà fare il catalogatore di testi all'interno di una biblioteca comunale.
Gli stages saranno di diverse tipologie e prospettati in quei campi dove vi è effettivo spazio per i tirocinanti quale l'Asl n.8 di Siracusa, che sarà uno dei futuri partner del progetto come spiega la dott.ssa Cettina Visconti, presente all'incontro di ieri in rappresentanza dell'ente di sanità locale di Siracusa. Questo tipo di progetto è, per certi versi, innovativo in quanto pone in diretto contatto gli universitari ed i neo-laureati con la realtà professionale del luogo nel quale vivono; inoltre, riveste particolare importanza il fatto che, fatti in questi termini, gli stages contribuiranno realmente a determinare la futura scelta lavorativa dei tirocinanti. Il vantaggio di questa offerta formativa e di orientamento risulta, infine, duplice: ne guadagneranno infatti sia gli studenti, che avranno l'opportunità di mettere in pratica quanto studiato e di confrontarsi con il mondo del lavoro, e sia la stessa amministrazione comunale aretusea che avrà a disposizione nuove risorse umane e nuove figure professionali da poter inserire laddove ve ne sarà la necessità.
Isabella Di Bartolo
 
11 – Il Mattino
Ciampi: «I giovani sono la risorsa del Sud»
DALL’INVIATO RAFFAELE INDOLFI
Salerno. «Giovani, non sprecate i vostri anni all’Università. Studiate, mettetecela tutta e, soprattutto, non abbiate paura del vostro futuro». Carlo Azeglio Ciampi saluta con un messaggio di speranza gli studenti dell’Università di Fisciano che l’accolgono con calore e affetto, che si alzano in piedi quando i violini attaccano l’Inno di Mameli. E lo fanno anche quelli (e sono in tanti) che non sono riusciti ad entrare nell’aula magna e il discorso del Capo dello Stato lo seguono sui maxischermi disposti in più punti dell’ateneo salernitano. Un grande cantiere che si arricchisce ogni anno di nuove strutture per far spazio ad una massa di studenti in continua crescita. Erano quattromila l’anno dell’inaugurazione dell’Università, sono oggi quarantamila. «Sono la forza, la grande risorsa che il Mezzogiorno mette a disposizione dello sviluppo del Paese», dice il presidente Ciampi che rilancia da Fisciano la sfida meridionalista. Una sfida da non perdere, perché, afferma, in gioco non è il futuro solo del Mezzogiorno, ma dell’intero Paese. «Quando rafforziamo - ammonisce - i territori più deboli, ci rafforziamo tutti». Ciampi a Fisciano è emozionato. E lo dice. «Ogni volta che entro in un’università - afferma - vengo preso da una particolare emozione. Mi ricordo di quando anch’io ero studente, dei compagni di studi di allora, alcuni dei quali sono poi diventati amici e compagni di vita». Dice che «gli anni della formazione sono importanti». Invita gli studenti a esserne consapevoli, a viverli con serenità, ma anche «a nutrire ambizioni» per il loro futuro. «Fate - dice - le vostre scelte in base alle vostre vere inclinazioni e vedrete che troverete facilmente un inserimento nella vita lavorativa». E gli studenti applaudono il presidente che parla di speranza e di futuro, che immagina il Mezzogiorno che verrà e non tace delle glorie del passato. Replicando all’intervento della rappresentante degli studenti, Loredana Riccio, che aveva parlato del «sapere critico», cita Giambattista Vico, il filosofo dei corsi e dei ricorsi storici. «Uno che - dice - ha studiato anche lui da queste parti». Ciampi parla di una conoscenza che va continuamente ampliata dal sale del dubbio e da continui e nuovi perché, ma anche di un’università fortemente collegata al territorio che formi i tecnici che servono allo sviluppo dell’economia locale. E non si dimentica dell’euro, la sua grande creatura, che torna a difendere. «Pensiamo - dice - cosa sarebbe stata l’Italia economica se non avessimo avuto l’ancora dell’euro. Pensiamo alle conseguenze che avremmo subito con le crisi che hanno sconvolto il Paese, con il fallimento di grandi industrie che hanno avuto riflessi mondiali. E, ancora, chiediamoci quale sarebbe oggi il costo dei prestiti per le imprese private». La visita all’Università di Fisciano non è l’ultima tappa del viaggio di due giorni del presidente della Repubblica a Salerno. Prima di ripartire per Roma scopre a Pontecagnano il busto marmoreo del finanziere Daniele Zoccola, morto il 24 luglio del 2000 mentre pattugliava il Canale d’Otranto. Il gommone sul quale era imbarcato venne speronato dagli scafisti albanesi. Alla cerimonia era presente anche il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco e i genitori del finanziere. Ciampi ha salutato con un forte e commovente abbraccio il padre. La signora Franca ha fatto altrettanto con la madre.
 
Il discorso di Loredana, protagonista per un giorno
 
 

DALL’INVIATO
Salerno. Loredana Riccio, napoletana che risiede a Caserta, ma abita a Fisciano dove studia Scienze delle Comunicazioni, era ieri la studentessa più invidiata dell’ateneo salernitano, ma anche la più emozionata. È toccato a lei, come presidente del consiglio degli studenti, intervenire nell’aula magna dell’Università di Fisciano per salutare il presidente Ciampi. E ora che il capo dello Stato ha lasciato l’Università non fa che parlare con gli amici di come si sentiva quando ha letto quelle due paginette scarse. «Il condensato - afferma - di un discorso più lungo che comunque il presidente ha letto come lui stesso ha detto durante il suo intervento». Un discorso che ha colpito il presidente che proprio prendendo spunto da una considerazione di Loredana Riccio sul «sapere critico» parla di Giambattista Vico e sostiene che anche lui è stato sempre affascinato dal metodo della «conoscenza che interroga sempre se stessa perchè non si accontenta dei traguardi già raggiunti ma cerca sempre dei nuovi». Una citazione che vale più dei complimenti che pure il presidente le fa quando la saluta, abbracciandola. Loredana punta a laurearsi quest’anno. Ed il suo sogno è fare la giornalista. Avrebbe voluto dire di più, ma è contenta di come è andata. Lei è diventata presidente del consiglio degli studenti militando in una organizzazione denominata «Sui generis» che all’interno dell’Università di Fisciano raccoglie ampi consensi. «Un’associazione di studenti - tiene a dire Loredana Riccio - assolutamente apartitica. Ma non qualunquista». Lei dice di stare bene a Fisciano dove divide la casa con altre sue colleghe. «Qui - dice - si sta tranquilli e sereni. E non c’è nulla di meglio di quest’isolamento e questa pace - aggiunge indicando l’Università isolata nella campagna - è l’ideale per studiare bene». Ieri con lei, per il giorno della sua grande occasione, c’era anche il fidanzato, un giovanottone molto più alto di lei, che è, invece, piccolina. Anche lui è studente universitario, ma non a Fisciano, bensì a Napoli, alla Partenope. Uno che «veglia» la sua fidanzata non senza un pizzico di gelosia. «Mi raccomando di non chiamarla troppo», dice ai tanti che chiedono il numero di telefonino alla «star del giorno» e alla leader del movimento «Sui generis» che confessa una debolezza per uno dei conduttori del Tg1, Francesco Giorgino. «Mi piace tanto, ma solo - precisa - come giornalista, non lo cambierei con il mio fidanzato». r. ind.
 
 
 
 

Questionario e social

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