Domenica 6 febbraio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
06 febbraio 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio stampa

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cagliari
Il consigliere Murgia, eletto dagli iscritti, punta il dito sull'organico ridotto di via Premuda
«Studenti, non mangiate in mensa»
amministratore Ersu denuncia: il personale non basta
Cari studenti, non mangiate alla mensa dell'Ersu. Firmato: Matteo Murgia, studente anche lui e - dettaglio rilevante - consigliere d'amministrazione dell'Ente per il diritto allo studio. Nel cda dell'Ersu Murgia è stato eletto proprio in rappresentanza degli iscritti, e se oggi sconsiglia ai suoi colleghi di sfamarsi in via Premuda è per «per un ragionamento logico, una deduzione facile facile». Eccola: secondo il capitolato d'appalto nella mensa dovrebbero lavorare quaranta addetti. Se sono soltanto in trenta a fare un lavoro che dovrebbe impegnare quaranta, ci sono solo due possibilità: o gli addetti si caricano di superlavoro (e questo non è ammissibile) oppure il livello del servizio non può essere quello richiesto (e pagato) dall'Ente. Un servizio essenziale, visto che l'Ersu garantisce pulizia e manutenzione delle cucine, ma alla confezione dei pasti e al lavaggio delle stoviglie deve badare la ditta che ha vinto l'appalto. Quest'ultima - ricorda Murgia - aveva tra i suoi dipendenti dieci giovani chiamati attraverso un'agenzia di lavoro interinale, che il 10 gennaio hanno perso il posto. «E qui troviamo il primo paradosso - prosegue il consigliere d'amministrazione - visto che tra questi lavoratori c'erano alcuni studenti che in quel modo si pagavano gli studi. Quindi l'Ersu, sia pure indirettamente, non è stato in grado di garantire l'occupazione a quegli iscritti all'Università. Ma di questo non posso fare una colpa all'ente. Quello che mi sembra inaccettabile è scoprire dai giornali che alla mensa di via Premuda ci sono problemi tali da portare allo sciopero del 17 gennaio». Da amministratore Murgia pretendeva (pretende) di essere informato più puntualmente, e da amministratore prende atto con sollievo che almeno alcuni di quei problemi sono in via di soluzione: «Per quanto riguarda i salari arretrati dei lavoratori so che la situazione si sta sbloccando. Quello che non riesco a capire è come mai, se il capitolato d'appalto prevede l'impiego di quaranta persone, la mensa tiri avanti con trenta da giorni. E siccome non riesco a capirlo ho il dovere di dire ai miei colleghi studenti: per ora mangiate altrove, nel frattempo noi cerchiamo di capire meglio la situazione». In realtà sono in molti ad avere seguito il consiglio di Murgia prima ancora che lui lo desse: le statistiche dell'Ersu vedono un numero di pasti annui in netto calo. Se inizialmente gli studenti che all'ora di pranzo bussavano in via Premuda erano sempre di più (284 mila i pasti forniti nel 2000, 292 mila nel 2001, quasi 300 mila nel 2002) d'improvviso la tendenza si è invertita: nel 2003 sono scesi a 268 mila, «e la tendenza al decremento resta intorno al 10 per cento». Quanto a quel novanta per cento che non ha cambiato abitudini, Murgia lo invita a riflettere. E magari a non sbuffare se dovesse esserci un nuovo sciopero dei dipendenti: «Le ragioni dei lavoratori della mensa vanno capite. E già che ci siamo, sarebbe giusto se tutti dessero atto agli operatori di via Premuda del grande senso di responsabilità che dimostrano, garantendo un servizio senza avere l'organico necessario». (cel. ta.)
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 25 – Cagliari
Provincia. Boom grazie all'orario non stop
La biblioteca che fa saltare i pasti
E' la preferita dagli studenti universitari che hanno ha disposizioni testi specializzati di tutte le discipline. La biblioteca provinciale, in vico XIV San Giovanni, non ha rivali in Sardegna per il servizio che offre agli studenti, specialmente quelli fuori sede, che possono studiare e preparare gli esami in tranquillità nelle ampie sale a disposizione. La struttura che occupa ottocento metri quadri offre al pubblico in totale 75 mila pubblicazioni, 4 mila nella sezione Sardegna, 15 mila nella sezione generale e 10 mila in quella di narrativa. Gli utenti non sono solo studenti ma anche studiosi e semplici cittadini che fruiscono dei servizi offerti come prestiti gratuiti dei testi, la navigazione internet e la consultazione di riviste e giornali che com-prende circa 80 pubblicazioni tra periodici e i principali quotidiani sardi, nazionali e stranieri. L'asso nella manica e vanto della biblioteca è però una assortita raccolta di libri d'arte appartenenti ai principali generi come musica, scultura pittura, architettura e fotografia. Per adeguarsi ai tempi e in fase di crescita anche la mediateca mentre, per favorire il servizio internet, tra breve ci saranno a disposizioni numerose postazioni dove potersi collegare in rete con il proprio portatile. «Gli spazi a disposizione sono ormai stretti», spiega il responsabile della biblioteca Salvatore Melis, «le nostre sale sono sempre piene e la struttura non è più sufficiente per far fronte alle richieste e questo malgrado il problema della Ztl. Da parte nostra ci sforziamo di mettere gli utenti a proprio agio con la dovuta gentilezza e i risultati ci stanno premiando». Nel 2004 le presenze totali hanno sfiorato le 20 mila unità, gli iscritti in cinque anni si sono decuplicati passando da 361 nel 2000 a 3947 nel 2004, i prestiti e le consultazioni da circa 12 mila nel 2003 sono diventati oltre 19 mila nel 2004 con un incremento del 60 per cento mentre 15 mila e cinquecento persone hanno consultato le riviste (136 per cento in più del 2003). Numeri importanti raggiunti grazie alla professionalità del personale ma anche all'orario di apertura continuato, dalle 8,30 alle 20, che permette l'accesso ai servizi per 11 ore e mezzo consecutive e per cinque giorni alla settimana. La biblioteca provinciale tra breve, nei giorni di sabato e domenica, attiverà una promozione dei libri organizzando incontri con autori, seminari di lettura e scrittura: la struttura sarà in grado quindi di fornire servizi sette giorni su sette. La continua crescita della biblioteca ha reso inadeguati gli attuali spazi, e l'amministrazione provinciale si sta impegnando per trasferire la struttura in locali più adeguati. Per informazioni telefoniche: 070403352, sito internet http://biblioteca.provincia.cagliari.it.
Sergio Atzeni
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 25 – Cagliari
Castello. Lo sterrato sotto il viale sistemato e attrezzato per ospitare 55 posti auto
A Buoncammino c'è un nuovo parcheggio
Più respiro a tutto il traffico della zona, meno problemi per gli studenti che frequentano le facoltà universitarie, per i fedeli che si affacciano alla chiesa di Sant'Ignazio e per i cittadini che vogliono semplicemente fare due passi a piedi. Per anni, lo spiazzo che si trova sotto il viale Buoncammino e termina in via Nicolodi, è stato il parcheggio di pietre, polvere, rifiuti e discariche di ogni genere, da oggi sarà parcheggio vero e al posto dello sterrato sono stati tracciati cinquantacinque posti auto, due riservati ai disabili e 10 destinati ai motocicli. La nuova area di servizio, che avrà l'entrata in viale Buoncammino e l'uscita in via Nicolodi, sarà interamente gratuita. Costata oltre centosettantamila euro, è stata realizzata in sei mesi di lavoro su un'area di duemila metri quadrati. «Siamo molto soddisfatti di quest'opera», ha detto durante l'inaugurazione l'assessore comunale alla Viabilità e Traffico, Maurizio Onorato. «Questi spazi stavano dando alla città solamente problemi, adesso sono stati recuperati al servizio di tutti e a breve saranno completati con altri spazi verdi che saranno allestititi per abbellire la zona. Il traffico delle strade che stanno qua attorno, soprattutto durante la settimana, è generalmente sempre congestionato per i tanti studenti che arrivano in auto e in scooter, ma ora grazie a questi spazi ci saranno meno problemi. Altra situazione che dovrebbe risolversi o quantomeno alleggerirsi è quella del parcheggio per le persone che vanno a trovare parenti e amici che stanno nella casa circondariale». Tra una prova di parcheggio e l'altra, Ugo Storelli, presidente della commissione comunale Traffico e Viabilità, oltre a sottolineare«l'efficacia dell'iniziativa», ha fatto notare che «forse sarebbe stato meglio tracciare gli spazi dei parcheggi a "spina di pesce" anziché dritti come sono attualmente, in modo da poter far manovra più comodamente». Nota da rivedere e forse da ritracciare. Oltre che parlare del presente, l'inaugurazione è stata anche l'occasione per pensare anche al futuro. «Stiamo pensando di rivedere la circolazione nel viale Fra' Ignazio cambiando la segnaletica», ha detto Onorato, «per il momento non c'è nulla di definito ma si sta pensando a come poter transitare molto più tranquillamente rispetto a oggi». La modifica è attualmente in fase di studio negli uffici dell'assessorato. Rita Carboni Boy, componente della Commissione Traffico ha portato l'attenzione sulla ztl in Castello al centro di roventi polemiche tra i gestori dei locali notturni e degli abitanti. «Impossibile accedere e parcheggiare tutto il giorno. Per dare respiro sia ai residenti che alle attività commerciali, chi non è munito di pass dovrebbe poter transitare ma non parcheggiare».
Gianluca Zorcolo
 
4 – L’Unione Sarda
Pagina 43 – Provincia di Sassari
Ozieri. Accordo tra Università di Sassari e Comune: martedì la firma della convenzione
Veterinaria, ecco i dottori del galoppo
accademico triennale per l'allevamento dei cavalli
Sarà firmata martedì all'Università la convenzione fra Comune di Ozieri e Ateneo per l'avvio del corso triennale in allevamento equini. Dopo lo stanziamento promesso dal Governo e confermato con un decreto del ministro all'Università Letizia Moratti, tutto è pronto per il via alle lezioni, che dovrebbero partire il primo ottobre. Un provvedimento in linea con la politica di decentramento degli studi universitari nel territorio. Saranno il rettore Alessandro Maida, il preside della facoltà di Veterinaria Sergio Coda ed il sindaco Giovanni Cubeddu a siglare l'accordo che consentirà di programmare l'attività didattica ad Ozieri. Si tratta dell'atto ufficiale che sancisce l'avvio del corso e che fungerà da preliminare per l'istituzione del Consorzio universitario, organismo di gestione degli studi. Oltre l'Università e il Comune, il consorzio prevede la partecipazione dell'Associazione provinciale allevatori, della Confcommercio e di altri organismi e istituti di credito. Nel frattempo i docenti della facoltà di veterinaria stanno elaborando il programma di studi che verrà presentato al Senato accademico e che ha precedenti solo all'Università di Parma. Ci sono molte aspettative fra gli studenti. L'accesso però, sarà subordinato a una prima selezione. I laureati potranno ricoprire incarichi di giudici di selezione o di modello nei concorsi ippici oltre che conferire supporto agli allevatori e veterinari nell'allevamento dei cavalli. «Ovviamente stiamo cercando di coinvolgere altri enti del territorio ? ha detto il sindaco Giovanni Cubeddu ? per poter contare su risorse certe al proseguo delle lezioni. In questo senso ci stiamo rivolgendo a istituzioni e istituti di credito che possano patrocinare questa importante iniziativa in favore della formazione di quadri qualificati e nuove figure professionali nel settore dell'allevamento del cavallo». Per ospitare le lezioni del corso triennale, il Comune sta adeguando i locali dell'ex Convento di San Francesco. «Nei giorni scorsi abbiamo svolto un sopralluogo con i tecnici comunali ? ha proseguito il sindaco ? e credo che in breve saremo in grado di poter mettere a completa disposizione i locali e le aule. Anche in questo caso speriamo di dare un ulteriore impulso al ruolo di riferimento che Ozieri vanta per l'istruzione nel territorio, con le ricadute positive sull'indotto che questo comporta». L'iniziativa si inserisce in un momento particolarmente delicato, determinato dalla vertenza per la soppressione dell'Istituto incremento ippico e la cessione dell'ippodromo. Il consiglio comunale si è opposto a un decreto che intralcia tutti i programmi avviati per costruire un futuro di professioni intorno al comparto del cavallo. Non va dimenticato inoltre che un altro importante intervento sta per essere attuato a Ozieri: l'azienda sperimentale della facoltà di veterinaria che sarà realizzata con un milione di euro messi a disposizione dalla Regione tramite la rimodulazione del programma integrato d'area. Questa azienda dovrebbe consentire alla facoltà di Veterinaria di raggiungere i parametri didattico-pratici previsti dall'Unione europea, al fine di evitare un declassamento, anche di recente paventato dal preside Sergio Coda.
Rossano Sgarangella
 
5 -  La Nuova Sardegna
Pagina 48 - Cultura e Spettacoli
Archeologi, demoantropologi, web designers, guide turistiche: come crescono anche in Sardegna nuove professionalità
Così la cultura può cambiare il lavoro
La prima tappa di un viaggio in una realtà ricca di potenzialità
Un patrimonio di competenze che faticano a trovare spazi e che invece vanno valorizzate
Archeologi, storici dell’arte, bibliotecari, restauratori. Archivisti, demoantropologi. Artisti, web designers, managers della cultura. Disegnatori, guide e accompagnatori turistici. Molti altri ancora sono i lavoratori del sapere culturale. Il fenomeno è in evoluzione per fattori come l’aumento della coscienza culturale e la crescita della disponibilità di investire tempo libero, per la crisi del modello industriale avanzato, soprattutto nella nostra isola dove l’idea di sviluppo per grandi poli petrolchimici è necessariamente naufragata; di scala nazionale, si iscrive all’interno dello sviluppo delle professioni (come emerge, ad esempio anche dal rapporto Censis 2004 sulle professioni, ripreso negli Stati generali delle associazioni professionali tenutosi a Roma il 5 e il 6 maggio 2004) e nel vasto campo che corre fra i profili professionali specifici e non poche fasce dei cosiddetti lavoratori atipici.
 Il settore cultura ha in Sardegna una sua dinamica specifica e di grande interesse, né potrebbe essere diversamente per una risorsa reticolare che valuto in almeno ventimila monumenti, ai quali vanno aggiunti beni demologici, cartacei, museali etc. Non c’è politico che non ripeta che la Sardegna debba puntare sullo sviluppo delle proprie grandi risorse archeologiche, architettoniche, ambientali, tradizionali etc. etc. Ma la condivisione conclamata di uno sviluppo basato su cultura e ambiente (che poi anche lo sviluppo ambientale, per storia e scelte è fatto culturale) non sembra registrare una uguale attenzione su ricchezza, articolazione e sviluppo delle figure lavorative connesse.
 Avere individuato - e colto - il campo è per molti sufficiente al fine di inserirsi velocemente nel settore, spesso senza adeguata preparazione. Si parli di parchi, di valorizzazione di aree monumentali, di nuovi musei, poi (chissà quando) si parlerà di lavoro, come se la progettazione di tali sistemi possa prescindere da ciò. Su un ambito così pregevole non è bello essere come chi prometteva il lavoro con la fabbrica chimica, o quello sulle coste, senza mettere al centro quantità e qualità di tali processi e figure lavorative.
 La conseguenza, spesso, è un dibattito monco e, di contro, un’offerta di servizi culturali non sempre al passo con la qualità della risorsa ereditata e della crescente competenza dei consumatori.
 Una prima individuazione delle professioni dei beni culturali è data per generi dalle cosiddette aree dell’importante interesse come indicate nelle leggi di tutela, quelle testimonianze mediamente di almeno cinquant’anni ritenute espressioni di civiltà; professioni perciò afferenti al campo dell’archeologia, dell’arte, dell’architettura e delle tradizioni popolari, del patrimonio librario e archivistico, l’individuare e il conservare (di qui il restauro). L’aumento della conoscenza e la necessità di osservazioni, letture e interventi sempre più specializzati per epoca e materiali ha certamente contribuito all’aumento delle figure professionali, ma anche lo sviluppo di nuovi manufatti o la velocità della contemporaneità, che consegnano ad una veloce obsolescenza sistemi antropologici e singole classi di manufatti (pensate ai personal computers), concorrono a tale incremento, come si vede dal nuovo bene audiovisivi, vincolabili dai 25 anni in su, dai mezzi di trasporto con un range di 75 anni, o ancora dall’espansione del concetto di archeologia industriale. Se accettiamo la straordinariamente sintetica ed efficace definizione di cultura di Herkovitz (quella parte dell’ambiente fatta dall’uomo), il campo semantico delle cose «culturali» appare di una vastità quasi totalizzante. Ma la definizione di bene che si aggiunge all’aggettivo culturale, fortemente influenzata da concetti giuridici ed economici, permette una certa selezione, aprendo comunque il campo a nuovi meccanismi di individuazione e professionalizzazione, nella condivisione di un concetto di bene culturale non legato alla semplice visione vincolistica. Ecco l’ingresso delle attività culturali e la recente costituzione della Darc (Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanea, con relativa Soprintendenza). La lettura e l’organizzazione dei beni culturali in un ambito non più esclusivamente vincolistico, o di regole urbanistiche, ma connesso alla fruizione allargata ed ai processi di valorizzazione porta ad un significativo ampliarsi delle nuove forme di trasmissione della conoscenza, con comunicazione talora generati ex-novo dallo sviluppo delle reti informatiche e delle relative tecniche. A nuovi lavoratori.
 Accanto ai fattori socio-economici già indicati «in negativo» (la fine di una certa idea di sviluppo), in «positivo» (l’aumento della consapevolezza del valore dei luoghi culturali e ambientali) e in «globale» (la vertiginosa crescita - ovviamente diversa per ceti e classi - della disponibilità di tempo libero e del suo uso nel «viaggio»), ce ne sono però altri di rilievo: l’irrompere delle nuove professioni (anche se alcune sono tradizionali per ruolo, ma mai normate, come archeologi, storici dell’arte, bibliotecari, demo-antropologi) ha reso obsoleto il classico quadro di riferimento dell’operare sui beni culturali e ambientali appannaggio delle Soprintendenze, dei ruoli universitari e, nel campo delle professioni private, di architetti e ingegneri. Dalle legge Ronchey in poi cresce la possibilità della gestione privata delle aree monumentali e dei musei; dal decreto legislativo 267/2000 i meccanismi di esternalizzazione di vari servizi tra i quali quelli di ambito culturale.
 I professionisti dei beni culturali si stanno progressivamente posizionando nella società - certo, non senza resistenze - come le altre professioni «riconosciute» (e protette da quelle potenti istituzioni che sono gli ordini), costituendosi in albi o elenchi professionali con una maggiore attenzione alle specializzazioni professionali, come emerge ancora dalle osservazioni della citata ricerca del Censis.
 Il quadro della Sardegna è particolarmente interessante e contradditorio: è diffuso il fenomeno della gestione - ramificata in vari modelli ed esperienze - delle aree archeologiche e dei musei civici (questi ultimi già situati entro un circuito di competenza regionale, come pure le biblioteche), con gruppi sardi che - non senza difficoltà economiche e di formazione gestionale - gestiscono aree insigni come Su Nuraxi di Barumini, Arrubiu di Orroli, Santu Antine di Torralba, Tharros, Nora, Sant’ Antioco, Nuraghe Losa, Monte d’Accoddi, la necropoli di Anghelu Ruju, il nuraghe Palmavera. Sono anche ben strutturate le iniziative sui saperi archivistici. E’ in crescita, e nel contempo bloccato dal punto di vista normativo, il ruolo di guide e accompagnatori turistici. Si profilano con ruolo crescente nuove professioni di coordinamento (come i managers dei beni culturali) e di reti (varie figure professionali nello spazio del web).
 La qualità degli operatori dei beni culturali è necessaria garanzia a un corretto sviluppo che metta al centro il valore reale della conoscenza (i dati delle percentuali di laureati nell’isola non sono confortanti e credo tra i più bassi in Italia): necessitano precise norme qualitative ed il riconoscimento per albi professionali che le certifichino. Due legislature di diverso colore ci hanno portato contesti assai discutibili: se oggi la spinta alla valorizzazione rischia di consegnare il territorio ad una caccia indiscriminata al monumento da esibire (anche in questo caso, sarebbe meglio razionalizzare il già ampio esistente, piuttosto che incrementarlo senza controllo), producendo nel contempo, in barba alla cosiddetta devolution, veri mostri centralisti, nel 1999 il silenzio del ministro sul tema delle professioni si interruppe grazie ad un grave protocollo d’intesa con alcune associazioni ambientaliste e del volontariato per ricerche e studio nelle aree dei beni culturali, scatenando le proteste dei professionisti del settore (come fecero il Coordinamento nazionale dei beni culturali della Cgil e l’Anastar (Associazione degli storici dell’arte). Lo sviluppo sostenibile basato su cultura e ambiente, in Sardegna, è possibile con successo se la professionalità e la qualità verranno garantite. Non è un problema da poco.
 Nel convegno dell’11 novembre scorso a Roma sul tema «Lo storico dell’arte: formazione e professioni - scuola, università e mondo del lavoro», organizzato dall’Associazione Bianchi Bandinelli con il contributo di Anastar, Anisa, Assotecnici, Comitato per la Bellezza, Italia Nostra, si sottolineò con forza la necessità di una riqualificazione professionale all’interno delle stesse Soprintendenze e di una riconoscibilità dei professionisti privati operativi nel mercato.
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 8 - Nuoro
IL FONDO COMPARETTI
Manoscritto 58 fonte delle ricerche
 BITTI. Il manoscritto 58 del Fondo Comparetti figurava nel catalogo del Museo nazionale di arti e tradizioni popolari di Roma quando Enrica Delitala lo utilizzò per ricostruire la figura dell’érchitu. È da stabilire se questo “Fondo” faccia adesso tutt’uno o sia in qualche maniera legato a quello omonimo della biblioteca di lettere dell’università di Firenze.
 Figura importante quella di Domenico Comparetti, bisnonno paterno di don Lorenzo Milani, il prete e l’educatore che con “Lettera a una professoressa”, scritto insieme ai ragazzi di Barbiana, segna una svolta epocale. Il fatto che la “lettera” nasca all’insegna della contestazione dell’istituzione scolastica e del potere tout court sta forse nel fatto che Domenico Comparetti fu anch’egli un contestatore sui generis: “anticlericale accanito, dopo la presa di Roma aveva vissuto come irrequieto suddito del papa, diventando senatore del regno d’Italia”. Il sito internet www.nicolacoins.it/Fondo Comparetti.htm ne ricostruisce la storia. Comparetti, nato a Roma l’11 luglio del 1835, era bibliotecario, grecista, latinista, epigrafista, papirologo, foloclorista, forse “il più importante filologo italiano” di fine Ottocento e inizio Novecento. Conosceva 19 lingue, specie il finnico e il russo. Dopo la laurea in scienze naturali si dedicò ai suoi interessi antiquari e agli studi umanistici. Nel 1859, quando era già conosciuto a livello europeo grazie alle sue prime dissertazioni filologiche, gli venne affidata la cattedra di lingua e letteratura greca all’università di Pisa. Nel 1872 ottenne il trasferimento all’istituto di studi superiori di Firenze, oggi Università. Nel 1887, dopo quindici anni di insegnamento, Comparetti preferì lasciare l’incarico per dedicarsi esclusivamente alle proprie ricerche. Nel periodo fiorentino Comparetti dette un alto numero di contributi agli studi classici, scrivendo di letteratura, filologia e archeologia. Si occupò di diversi rami delle scienze umanistiche, di mitologia, di letterature comparate, di novellistica, di epigrafia. Morì all’età di novantuno anni nella notte del 20 gennaio 1927. Lasciò un grande patrimonio documentale frutto di anni di studio e ricerca. In tutto questo sapere c’è spazio anche per il retaggio del mondo tradizionale sardo, recuperato attraverso una efficace rete di collaboratori. È notizia incerta se Comparetti sia stato personalmente nell’Isola. Testi come quello sull’érchitu dimostrano però notevole capacità di vedere le cose: la superficie e quanto non immediatamente si mostra. (n.p.)
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Olbia
 Università. Questo pomeriggio all’Hotel Melià
 Seminario sulle droghe
 OLBIA. Si parlerà di droga come fenomeno sociale ancora irrisolto, questo pomeriggio, dalle 14,30 alle 19,30, all’Hotel Melià Olbia. Il complesso tema sarà al centro del seminario sulle droghe d’abuso organizzato dall’Università degli studi di Cagliari in collaborazione con la Cooperativa sarda farmacisti. Ad affrontare il problema nei suoi vari aspetti ci saranno, tra gli altri, Gaetano di Chiara, preside della facoltà di farmacia di Cagliari e neuroscienziato tra i più citati nel mondo che, insieme con altri relatori, illustreranno i meccanismi che inducono alla tossicodipendenza e parleranno delle droghe di cui maggiormente abusa il mondo giovanile (dall’ecstasy alla marijuana alla cocaina e all’alcool). L’incontro-seminario di questo pomeriggio, aperto al pubblico, sarà anche l’occasione per analizzare quali siano le strategie terapeutiche e le metodiche utili per reinserire nella società il tossicodipendente. (se.lu.)
 
 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 33 - Sassari
 Da ottobre il corso universitario: si firma l’intesa per Veterinaria
 Gli studenti potranno laurearsi dopo tre anni seguendo “Produzioni animali e allevamento equini”
 OZIERI. La prossima settimana il rettore Alessandro Maida e il sindaco Cubeddu, firmeranno la convenzione tra l’Università di Sassari e il Comune per l’istituzione del corso triennale di laurea in Produzioni animali, con orientamento in Gestione e allevamento degli equini. La sottoscrizione dell’atto sarà l’ultimo passaggio formale per l’approdo a Ozieri dell’Università, un traguardo che la classe politica locale e territoriale hanno inseguito da diversi lustri.
 Nel contempo, una commissione formata da tre docenti della facoltà di Veterinaria di Sassari, fra cui lo stesso sindaco, sta procedendo alla programmazione del corso individuando sia le materie che i crediti formativi. Successivamente il consiglio di facoltà e il senato accademico sanciranno ufficialmente la nascita del nuovo corso di studi in città, dal prossimo primo ottobre, nel complesso storico-culturale di San Francesco. Il sindaco e l’assessore ai Lavori pubblici, Ceppe Pani, con i tecnici del Comune hanno effettuato un ulteriore sovralluogo nei locali per individuare gli ultimi interventi necessari per la piena funzionalità della struttura. Sull’apertura del corso ad Ozieri vi è grande attesa negli studenti degli istituti di istruzione superiore del territorio e non solo. Un’aspettativa che si spiega col fatto che solo a Parma si è istituito, due anni fa, un corso analogo. Da qui, l’auspicio che Ozieri possa divenire punto di riferimento per la creazione di figure professionali altamente specializzate in un campo che offre ampie possibilità di sviluppo. “Effettivamente - spiega il sindaco, in veste di docente della facoltà di Veterinaria -, non è un animale sufficientemente studiato dal punto di vista zootecnico. Infatti, in tale comparto vi è ancora una certa impreparazione impensabile all’estero: attraverso questo corso verranno colmate quelle lacune che per molto tempo hanno limitato le potenzialità del settore”. La stipula della convenzione, oltre ad attribuire le competenze degli enti coinvolti, è propedeutica alla costituzione di un consorzio che avrà poi le funzioni di organizzare la gestione della sede universitaria cittadina. Anche su tale fronte, il capo dell’amministrazione ha in corso le trattative con alcuni enti e istituzioni pubblici e privati.
Miuccio Farina
 
 
9 – Corriere della Sera
Quando l’università fa teatro e spettacolo
ROMA. L’università acquista un vecchio teatro e lo fa tornare all’antico splendore con spettacoli riservati non solo agli studenti, ma aperti a tutti i cittadini «di buona volontà culturale». È l’educativa storia recente del Teatro Palladium, nel quartiere della Garbatella, acquistato e ristrutturato dall’ateneo Roma Tre. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, nel cartellone fitto e interessante, un calendario (teatro, cinema, musica e balletto) di prestigio. Per averne una riprova, in tempo reale, basta navigare sul sito innovativo e un po’ trend del teatro dove, tra molte notizie, si può sfogliare il programma. Domani, per esempio, c’è un incontro con Cosmo Barbato sul quartiere della Garbatella al quale partecipano Lisa Ginzburg e Gianni Rivolta. Il website è diviso in sezioni animate. Indispensabile un’occhiatina alla biglietteria virtuale dove si può acquistare il ticket direttamente su Internet ed essere informati su sconti e promozioni. Carina la sezione fotografie, anche se le immagini sono un po’ troppo a bassa rsoluzione. Qualche perplessità invece sul sistema di navigazione non troppo intuitivo. (Marco Gasperetti )

www.teatro-palladium.it
 
Il «cuore» del quartiere al teatro Palladium
Un «laboratorio» per la Garbatella. I vicoli, le strade, i dettagli, la storia e i segreti del popolare quartiere romano saranno protagonisti di tre incontri al teatro Palladium dell’università Roma Tre (piazza Bartolomeo Romano 8). Si comincia domani, alle 19.30, con «Il quartiere di un testimone»: incontro con Cosmo Barbato, giornalista e profondo conoscitore della Garbatella, che racconterà il proprio legame con il quartiere e con il suo «cuore popolare».
 
 
10 – Corriere della Sera
La sintassi? E’ uguale per tutte le lingue

Lo rivela un nuovo tipo di comunicazione tra sordomuti nel Negev
Nell’ultimo numero degli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti (per gli addetti ai lavori, il prestigioso Pnas) un’equipe di linguisti e psicologi americani ed israeliani annuncia un’interessante scoperta. Mark Aronoff della Stony Brook University, Irit Meir e Wendy Sandler dell’Università di Haifa e Carol Padden dell’Università della California a San Diego hanno pazientemente studiato un linguaggio gestuale, spontaneamente creato e poi tramandato per tre generazioni, all’interno di una sotto-popolazione di beduini, sordi dalla nascita, in uno sperduto villaggio nel deserto del Negev. Questo villaggio, Al-Sayyid, che ha oggi circa tremilacinquecento abitanti, venne fondato due secoli fa da un gruppo di nomadi, due dei quali erano sordi congeniti. Gli attuali centocinquanta discendenti di questi due padri fondatori parlano, come tutti i sordi congeniti del mondo, una lingua gestuale, ora denominata Absl (Al-Sayyid Bedouin Sign Language).

SISTEMI - Prima di vedere che cosa questa lingua ha di tanto interessante, occorre precisare alcuni dati essenziali, ben noti ai linguisti che da anni studiano le lingue gestuali e, ovviamente, ai parlanti di queste lingue, ma in genere ignorati dalla stragrande maggioranza delle persone normalmente udenti. Le lingue gestuali non sono (mi permetto di sottolineare questo «non») dei sistemi rudimentali di comunicazione, simili a quello che noi udenti e parlanti goffamente facciamo, quando vogliamo comunicare a gesti. Sono lingue di tutto punto, per ricchezza, sottigliezza e rapidità. In una qualsiasi delle molte lingue gestuali sviluppate dalle svariate comunità di sordi congeniti, ai quattro angoli della terra, si possono, per esempio, tenere conferenze su qualsiasi soggetto, raccontare barzellette, creare poesie e intrattenere i bimbi con favole e racconti. Non solo, ma la loro grammatica è la stessa di quella delle lingue parlate, se solo si sa guardarla ad un livello più profondo.


OPZIONI - Più precisamente, le opzioni grammaticali disponibili, per una qualsiasi di queste lingue gestuali, sono esattamente le stesse di quelle delle lingue parlate. E i loro lessici differiscono gli uni dagli altri tanto quanto differiscono tra di loro i lessici delle lingue parlate. Infatti, i parlanti di una di queste non capiscono una parola delle altre lingue gestuali, proprio come un parlante dell’italiano non capisce una parola dell’arabo o del cinese, e viceversa. Ebbene, quello che è così interessante nel singolare caso della lingua Absl è che ha solo circa 70 anni e, pur essendo una lingua, come dicevamo, di tutto punto, differisce in alcuni tratti sintattici fondamentali sia dalla lingua gestuale delle comunità israeliane circostanti, sia dal dialetto arabo parlato dagli altri abitanti, non sordi, di quel villaggio. Per esempio, la costruzione di base delle frasi, in questa lingua, ha il seguente ordine: Soggetto-oggetto-verbo (Maria un libro legge). Un ordine diverso da quello, per esempio, dell’italiano, del francese e dell’inglese (che è soggetto-verbo-oggetto, Maria legge un libro), e diverso da quello dell’arabo, che di continuo risuona proprio in quello stesso villaggio (che è verbo-soggetto-oggetto, legge Maria un libro). Questa «scelta» di ordine sintattico, una tra quelle possibili, non è stata certo importata da alcun’altra lingua di quella regione, ma la si ritrova in turco, in giapponese, in coreano e in latino. Lingue con le quali, ovviamente, i sordi di Al-Sayyid non hanno avuto alcun contatto.


TRASMISSIONE - Infatti, il processo linguistico basilare che viene qui messo in evidenza non è quello di una «trasmissione» da lingua a lingua, o di un’imitazione di un gruppo da parte di un altro gruppo, bensì quello della scelta obbligata di una precisa opzione sintattica, tra quelle possibili. Il turco, il giapponese, il latino e l’Absl hanno fatto la stessa scelta, a secoli e a migliaia di chilometri di distanza. Uno degli autori, Carol Padden, docente all’Università della California a San Diego, dichiara: «Dato che la lingua Absl si è sviluppata in modo del tutto indipendente, vi possiamo trovare riflesse alcune proprietà fondamentali del linguaggio in generale, e possiamo ricavarne preziose indicazioni sui processi basilari di sviluppo delle lingue a partire dal momento della loro origine». I linguaggi gestuali avevano già meritato recentemente gli onori della cronaca, quando (come abbiamo avuto occasione di raccontare su queste colonne), una comunità di bimbi sordi congeniti, in Nicaragua, ha creato dal nulla, e ha poi trasmesso, nel corso di circa trent’anni, un nuovo linguaggio gestuale (lo Nsl, Nicaraguan Sign Language), scaturito spontaneamente e presto sbocciato in una vera e propria lingua, non appena i più piccoli bimbi sordi congeniti si trovarono insieme in una scuola speciale. Un altro caso famoso di nascita spontanea di una lingua, descritto dal linguista Derek Bickerton all’inizio degli anni Ottanta, è il creolo delle Hawaii, e quello della Guiana, scaturiti spontaneamente, circa un secolo fa, tra i bimbi di comunità di schiavi di svariata provenienza, nelle quali gli adulti erano costretti a comunicare tra loro solo in un rudimentale pidgin (un’insalata di parole di diverse lingue, buona solo per contrattare i prezzi nelle compravendite).


SVILUPPO - In ciascuna di queste eccezionali situazioni, i bimbi hanno fatto spontaneamente sbocciare lingue complete, ben più ricche dei miseri frammenti linguistici ricevuti dagli adulti. Quello che è unico, nel caso della lingua gestuale beduina del villaggio di Al-Sayyid, è che il suo sviluppo, per una volta, è stato perfettamente naturale, in condizioni comunitarie stabili e del tutto normali. Non è il risultato di un trauma socio-politico come la schiavitù, nè dell’improvviso (seppur benemerito) rimedio scolastico che pose fine, in Nicaragua, all’isolamento sofferto dai bimbi sordi congeniti in famiglie povere e ignoranti con genitori normalmente udenti. Lo studio ora pubblicato conferma che la scelta dell’ordine sintattico dei componenti essenziali della frase è un pilastro di ogni lingua. Una volta che una certa scelta è stata fatta (soggetto-oggetto-verbo, o, come scriverebbero abbreviando i linguisti, Sov) varie altre scelte della sintassi diventano obbligate e si sviluppano di conseguenza.


SCELTE - Per esempio, gli aggettivi precedono i nomi (bianco pane), gli ausiliari seguono i verbi («andato sono» invece di «sono andato»), si usano non preposizioni, ma postposizioni («me a», invece di «a me») le relative precedono i nomi cui si riferiscono («che ho comprato pane» invece di «pane che ho comprato»), e altre scelte ancora più sottili e ramificate. Questo studio mostra, una volta di più, l’immensa raffinatezza del naturale istinto linguistico della specie umana. E consola i linguisti della perdita dello Mvsl (Martha’s Vineyard Sign Language), un leggendario linguaggio gestuale, scaturito a fine Ottocento tra i balenieri del Massachusetts, scomparso prima che i linguisti potessero immortalarlo.
 
 
11 – Corriere della Sera
ELZEVIRO Bobbio e la democrazia


di LUCIANO CANFORA
Nel caso della sua operosa riflessione postbellica sui dilemmi della politica, Norberto Bobbio ha oscillato tra due definizioni della «democrazia», o meglio ne ha accentuato, volta a volta, nel corso del tempo, due aspetti tra loro ben lontani. Al principio del 1975 compose un ampio saggio intitolato L’ideologia del fascismo , pubblicato per cura della Federazione italiana delle associazioni partigiane (Fiap). E quando, nel gennaio stesso di quell’anno, il Consiglio regionale lombardo promosse, presso l’Università Statale di Milano, una memorabile celebrazione del trentennale della Liberazione, Bobbio vi intervenne e presentò alcune parti del saggio scritto per la Fiap. Ma vi introdusse anche qualche ritocco. Per esempio subito in principio, dopo aver ripreso le parole «Ritengo che il fuoco verso cui si concentrano tutte le idee negative delle correnti prefasciste sia la democrazia», aggiunse - nel testo letto alla Statale -: «Intendo la democrazia nel senso più ampio della parola come quel regime che, rispetto ai valori, s’ispira al principio fondamentale dell’uguaglianza non soltanto formale ma sostanziale di tutti gli uomini, e rispetto al metodo consiste in alcune regole procedurali». ( Italia 1945-1975 , Feltrinelli). E poco dopo chiarisce ancora più nettamente: «l’egualitarismo è l’essenza della democrazia».
Sembrerebbe, a prima vista, un Bobbio insolito, soprattutto agli occhi di coloro che hanno sempre nella mente (e qual giaculatoria ripetono) la formula posta da Bobbio al principio del libretto Il futuro della democrazia (Nuovo Politecnico Einaudi): «Per regime democratico s’intende primariamente un insieme di regole di procedura per la formazione di decisioni collettive». Nell’84, in un clima di polemica a sinistra (ben diverso da quello della Statale milanese del ’75) Bobbio soggiungeva ironicamente: «So bene che una simile definizione procedurale, o formale, o in senso peggiorativo formalistica, appare troppo povera ai movimenti che si proclamano di sinistra. Ma (...) un’altra definizione altrettanto chiara non esiste». Non a caso il libretto reca il sottotitolo Una difesa delle regole del gioco . Ma, dieci anni più tardi, al profilarsi nel panorama italiano di una nuova destra, promotrice in primo luogo del «culto» della ricchezza, Bobbio riprese con vigore la sua originaria impostazione «azionistica», che infatti è alla base dell’opuscolo Destra e sinistra (1994).
Come mai il rilievo di questi oscillanti interventi di Bobbio nel dibattito politico e ideologico italiano ha avuto sempre maggior peso? Una spiegazione può vedersi nel fatto che la formazione politica subentrata al Pci come principale partito della sinistra italiana (Ds) ha assunto Bobbio come «filosofo» di riferimento. Si compiva così un ciclo, che si era aperto con la discussione polemica tra Bobbio e Togliatti raccolta nel 1955 nel volume einaudiano Politica e cultura. In quella discussione, il segretario del Pci e lo studioso torinese si erano trovati su posizioni nettamente divergenti, ma non già sulla definizione di «democrazia» bensì nel giudizio da darsi sul «socialismo reale» (che allora non si chiamava ancora così).
Ora il volume viene riproposto da Einaudi con una nuova e molto ricca e accurata prefazione di Franco Sbarberi (Biblioteca Einaudi, pp. XLIV-274, 21). Esso ha il merito di ricostruire il clima culturale di quegli anni, ma anche di attingere a materiali venuti alla luce successivamente. Tra questi segnaliamo la discussione epistolare tra Bobbio e Bianchi Bandinelli sul problema delle garanzie di libertà nella prassi «occidentale» e in quella «socialista».
Questo arricchimento dovuto al curatore consente di considerare comparativamente le due discussioni. Con Bianchi Bandinelli Bobbio ha un tono assai fermo e sicuro e, quasi, redarguisce il suo interlocutore incalzandolo; con Togliatti ha un tono deferente non alieno da riconoscimenti e dalla ricerca di punti d’intesa accanto alle divergenze da rimarcare. Un esempio tra tutti merita qui di essere ricordato e, cioè, la memorabile conclusione del lungo ragionamento di Bobbio su Libertà e potere : «Direi piuttosto - scrive - che, se abbiamo un compito (noi intellettuali liberali), non importa se piccolo o grande, sia quello di versare una goccia d’olio nelle macchine della rivoluzione già compiuta». Non sfuggirà quanto grande sia e impegnativa («rivoluzione già compiuta») la concessione che, in questo modo, Bobbio fa al suo interlocutore.
Nella discussione con Bianchi Bandinelli, Bobbio ha buon gioco nel mettere sotto accusa l’intolleranza del «potere» in pro del quale Bianchi Bandinelli si spende. Ma curiosamente non si pone mai l’interrogativo sul perché la pratica «liberale» ( ex hypothesi «perfetta») non sia bastata, storicamente, a impedire rotture e crisi ed esplosioni rivoluzionarie.
In conclusione, retrospettivamente, si può osservare che, tra le due idee di «democrazia» con le quali Bobbio si è ripetutamente cimentato (democrazia come uguaglianza e democrazia come «regole del gioco») vi fosse la stessa distanza che tra libertà da un lato e democrazia dall'altro nella riflessione non solo di un Tocqueville, ma dello stesso Bobbio di Destra e sinistra . Si potrebbe dire che egli le ha sentite entrambe come vere e che abbia accentuato l’una o l’altra reagendo volta a volta allo «spirito del tempo».
 
 
12 -  Corriere della Sera
IL RICORDO
«Un esaminatore mite e signorile»
Così Vassalli, nella prefazione, ricorda l’esame universitario sostenuto con Rocco .
Anche chi scrive queste note studiò, per l’esame, su quel libro («Principii di diritto commerciale» di Rocco,
ndr ), del quale conserva una copia corredata di appunti. Nato nel 1915 fu infatti allievo di Alfredo Rocco nell’anno accademico 1933-’34 avendo deciso di anticipare l’esame della materia (che di solito si sosteneva alla fine dell’anno terzo, quando non del quarto) alla sessione autunnale dell’anno secondo del corso. Ascoltò così le lezioni di Alfredo Rocco, che peraltro, anche a causa degli impegni del rettorato dell’Università, erano quasi sempre sostituite da quelle di Ageo Arcangeli, ordinario di diritto agrario ma noto cultore anche del diritto commerciale (venuto anch’egli a mancare nell’anno 1935). L’esame invece, in un’aula al piano terra della vecchia «Sapienza» prima del trasferimento alla «Città Universitaria» che avvenne a datare dall’anno accademico 1935-’36, si svolse personalmente con Alfredo Rocco, che scendeva dagli uffici del rettorato a controllare il grado di preparazione degli studenti nella materia da lui prediletta.
Il vecchio studente ricorda un insegnante mite e gentile, corrispondente alla media degli altri suoi professori, tutti insigni e alcuni famosi, sicuramente non pontificante ma anzi molto alla mano, anche se in noi l’idea di sostenere l’esame con il rettore magnifico suscitava inizialmente una certa emozione. Ebbe l’approvazione dell’esaminatore con un trenta e lode. Ripensando a quei momenti in relazione a quanto apprese dopo, quando Rocco nell’agosto dell’anno successivo venne a morte, ricorda, forse, come una certa stanchezza dell’esaminatore, non confacente alla di lui ancor giovane età. Il ricordo, dopo settant’anni, è appannato su alcuni particolari. Nell’essenza esso rimane quello dell’incontro con un autorevole eppur cordiale professore, dotato di una signorile personalità.
Giuliano Vassalli
 
Varò i codici
che trasformarono il diritto penale
Nato a Napoli il 9 settembre 1875, Alfredo Rocco si laureò in Giurisprudenza a Genova nel 1896. Conseguì la libera docenza a Parma nel 1899 e nello stesso ateneo la cattedra di professore ordinario di Procedura civile, nel 1906 Si specializzò poi in Diritto commerciale, materia che insegnò per lunghi anni all’Università di Padova. Le sue opere principali riguardano appunto il diritto commerciale e fallimentare
Dopo aver nutrito simpatie radicali, nel 1913 aderì all’Associazione nazionalista, nella quale si affermò ben presto come un leader di spicco. Fu eletto deputato nel 1921
Confluito con gli altri nazionalisti nelle file del fascismo, nel 1924 divenne presidente della Camera. Poi Mussolini lo chiamò al ministero di Grazia e Giustizia nel gennaio 1925, quando si trattò d’instaurare la dittatura
Da guardasigilli, Rocco avviò una serie di leggi per la trasformazione dello Stato in senso autoritario e liberticida
Vanno ricordate a tal proposito: la legge sui poteri del capo del governo (1925), quella sulla facoltà dell’esecutivo di emanare norme giuridiche (1926), l’istituzione del Tribunale speciale e la reintroduzione della pena capitale (1926), la riforma della rappresentanza politica (1928), la disciplina del Gran Consiglio del fascismo (1928)
Rocco riformò inoltre la disciplina dei contratti di lavoro (1926) e soprattutto, nel 1930, varò i nuovi codici penale e di procedura penale. Il primo, seppure modificato, è tuttora in vigore
Lasciò il ministero della Giustizia nel 1932, per assumere la carica di rettore dell’Università di Roma. Nominato senatore nel 1934, morì nella capitale il 28 agosto 1935
 
 
 
13 – Il Tempo
La povertà di chi ha scelto di prediligere il superfluo                                                               
Mia figlia m'ha domandato se sono ottimista. Io le ho risposto: «Dipende dal giornale che compro all'edicola». C'è il quotidiano comunista che dipinge un Paese tutto in nero, con eserciti di bimbi affamati e nuvole di pece all'orizzonte. Ma poi trovi la rivista patinata, dove i leader progressisti sono ritratti al timone di yacht strepitosi, fasciati da giacche a vento griffate a Paris. Dove sono finiti gli idealisti alla Giuseppe Mazzini? Paolo Giliberti È VERO: milioni di famiglie non trovano i soldi per il necessario, li hanno già spesi tutti nel superfluo. La benda nera sul labiale Caro Nostromo, la tivù ci ha insegnato almeno una cosa nuova: il lip-reading, ovvero la 'lettura delle labbra'. È un vero spasso osservare le reazioni dei nostri campioni del pallone dopo uno scontro con l'avversario o una punizione inflitta dall'arbitro. Il 'vaffa' proverbiale, con il più greve 'faccia di m...' impreziosiscono quello che fu definito il campionato più bello del mondo. Perché non dire 'il più istruttivo'? Clelia Lattanzi APPROVO il sarcasmo sul 'torneo più istruttivo'. La domenica i nostri pargoli fanno a gara a chi traduce per primo la parolaccia di Totti o l'imprecazione di Cassano. Giustamente l'odioso fenomeno preoccupa il ministro della Pubblica Istruzione Moratti. Ma che cosa può fare? Per il sonoro si ricorre al solito 'bip'. Ma adesso occorre una benda nera che copra la bocca del goleador blasfemo. Per favore ridateci le cuoche analfabete Faccio il cuoco da trent'anni. Giorni fa è venuto un cliente, che m'ha ordinato due uova alla coque. Gliele ho cotte come si deve, dopo di che questo tanghero m'ha chiesto perché si chiamano 'alla coque'. Siccome non lo sapevo, m'ha detto che sono un asino, che il popolo è ignorante, e che dovremmo tutti tornare a scuola. Gustavo Folchi STUDIARE è cosa buona, stimola la fantasia; ma non è provato che faccia bene alla gastronomia. Ce ne siamo accorti con il proliferare delle tante 'Scuole di Cucina' e 'Università della Forchetta'. È da quegli atenei presuntuosi e senza sugo che è nata la più atroce nemica del gusto: la laurea in Nouvelle Cuisine. Ve lo chiediamo in ginocchio, ridateci le cuoche analfabete d'antan. nsalvala@tin.it                                                                                    
 
 
 

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie