Giovedì 3 marzo 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
03 marzo 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio stampa

1 – L’Unione Sarda
Pagina 5 – Cronaca regionale
«La legge non blocca la ricerca scientifica»
Un docente cattolico di Bioetica spiega perché bisogna far naufragare il referendum
La legge sulla fecondazione assistita va difesa disertando le urne di un eventuale referendum. «È assurdo che sia un voto a decidere se l'embrione è persona oppure no». Ha una visione nitidissima del campo di battaglia Salvatore Pisu, docente di Bioetica all'università di Cagliari. Doppia laurea (Medicina e Filosofia), si è specializzato alla Cattolica di Roma e alla Georgetown university di Washington. Dice che chi si astiene «vuole semplicemente difendere l'embrione perché questo non è uno scontro culturale ma un'affermazione di principio in difesa della vita». Respinge anche il sospetto che la legge sia un omaggio della Casa delle Libertà al Vaticano, insomma il saldo di un debito elettorale. «Troppo semplicistico. Qui non si tratta di conti da saldare o di una questione di fede, tantomeno di contrapposizione tra laici e Chiesa. È in gioco qualcosa di molto più importante della mera libertà di scienza». Secondo il suo punto di vista, il nocciolo duro di quella che si annuncia come una guerra epocale (vedi divorzio o aborto) sta tutto in una riflessione: «Riconoscere l'embrione come essere umano è una frontiera significativa perché da lì si va a parare sul problema dell'esistenza. Che è notoriamente tabù». Dunque nessun dubbio, secondo Pisu, che l'embrione sia vita: «Lo è indiscutibilmente, altrimenti non crescerebbe. È vita umana perché contiene in sé le caratteristiche e le informazioni-chiave per il suo sviluppo». Alcuni ricercatori lo definiscono invece grumo di cellule e niente di più. «Lo so bene, ma questo non coincide con le basi della biologia. Più esattamente: ovvio che, da un certo punto di vista, sia un grumo di cellule. Ma è un grumo di cellule molto speciale perché si sviluppa come un organismo che sarà feto, poi neonato eccetera eccetera». Se è fondato questo ragionamento, è altrettanto vero che allora anche l'ovulo o lo spermatozoo siano vita. «Nient'affatto. Mentre nessuno di noi, io, lei, chiunque stia leggendo questo articolo, è stato uno spermatozoo o un ovocita, di sicuro è stato invece uno zigote, ossia il frutto dell'incontro tra uno spermatozoo e un ovocita. L'uno e l'altro, da soli, sono vita ma non vita umana perché ad ognuno manca l'altra metà. L'uno e l'altro hanno 23 cromosomi ciascuno: lo zigote, che li raccoglie entrambi, ne ha 46. Significa che ha il necessario corredo di requisiti per la sua evoluzione, per la sua crescita». L'idea-base, sostiene Pisu, dev'essere quella che l'embrione è vita. «E quindi va difesa a qualunque prezzo. La malattia non può essere un'obiezione al diritto alla vita». Questo per dire che la legge ha fatto bene a vietare anche la diagnosi pre-impianto, un test molto importante soprattutto in Sardegna per via della talassemia. «La diagnosi pre-impianto parte dal presupposto che l'embrione malato vada soppresso o comunque eliminato. Io mi schiero contro questo tipo di scelta: nessuno ha il diritto di negare una vita anche se imperfetta o segnata dalla sofferenza. Tanto più che alla diagnosi pre-impianto si può ovviare con una diagnosi sui gameti: perché non la eseguono?» Già, perché non la eseguono? «Non lo so e non riesco a comprenderlo. Molti esperti affermano che l'esame dei gameti è un'alternativa reale ed efficace alla diagnosi pre-impianto. Queste sono tuttavia sottilizzazioni intorno al vero problema, all'obiettivo reale del referendum: non riconoscere lo status di essere umano all'embrione». L'ovvia conclusione del discorso è che deve essere vietata qualunque tipo di ricerca sulle cellule embrionali. «Non in assoluto. Si potrà fare ricerca sulle cellule embrionali quando troveremo cellule pluripotenti senza uccidere l'embrione. È sempre lì che si torna. Il biologo Angelo Vescovi ha tra l'altro suggerito una via d'uscita: sprogrammare le cellule adulte e riportarle allo stato di pluripotenza. L'unico limite è che non venga in alcun modo leso l'embrione». Stessa linea a proposito della sperimentazione clinica sulle cellule staminali: «Aspetto che qualcuno ci porti evidenze per dimostrare che, per adesso, le cellule embrionali curino malattie umane. Si possono invece fare molti esempi sui risultati ottenuti con staminali adulte. Per esempio, sull'infarto, sulle fratture ossee, sulle malattie dei vasi e su altre patologie». Se la legge 40 resterà in piedi, ha ragione Giuliano Ferrara a dire che per aggirarla basterà un volo low cost a Barcellona? «Quella di Ferrara è solo una provocazione e come tale va presa. La legge 40, in realtà, non ferma la ricerca e non impone affatto fughe a Barcellona».
Giorgio Pisano
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 5 – Cronaca regionale
«È una legge che umilia la ricerca scientifica»
Il presidente della Consulta sarda di Bioetica spiega perché è necessario andare al referendum
La Chiesa ha paura del referendum perché potrebbe alterare l'anima della legge sulla fecondazione assistita. Lo dice Tonio Sollai, direttore del servizio di anestesia e rianimazione all'ospedale di San Gavino, coordinatore regionale della Consulta di Bioetica (e membro del direttivo nazionale). Lunga esperienza nella terapia antalgica per malati terminali, sostiene la rispettabilità della linea astensionista proposta dal cardinal Ruini «ma questo non impedisce di dire che siamo di fronte a norme profondamente restrittive nei confronti della donna e della coppia». La materia è complessa, viene da chiedersi se possa diventare carne di cannone, argomento da referendum insomma. «Senza dubbio. Il referendum è il male minore per modificare una legge che altrimenti andrebbe abrogata. È fatta male perfino sotto il profilo lessicale. Una legge dovrebbe essere laica per antonomasia, questa invece è quasi confessionale. Ha puntualmeente incassato precise indicazioni della Chiesa». È stata un omaggio al Papa della maggioranza parlamentare? «Non sarei così rigido, non riesco a vedere un brutale do ut des elettorale. Ma detto questo, non c'è dubbio che le posizioni vaticane siano state raccolte». Sotto la lente di Sollai, la legge 40 mostra «sfasature inaccettabili, limita pesantemente la ricerca, punisce in modo particolare la Sardegna vietando la diagnosi pre-impianto. Che è un esame basilare per la lotta alla talassemia, visto che aiuta a distinguere gli embrioni sani da quelli malati. Il Centro del Microcitemico di Cagliari è al top dell'eccellenza europea: disponiamo di grandi professionalità ma con le mani legate. È ammissibile tutto questo? Bisogna avere il coraggio di reagire, e opporsi», Passando al divieto sulla ricerca che utilizza cellule staminali embrionali, il giudizio appare ancora una volta netto e sottolinea la distanza tra le due trincee, la cattolica e quella laica. «Al momento le staminali embrionali sono necessarie per svolgere ricerche ad ampio raggio. A differenza delle staminali adulte (che vengono utilizzate con successo in alcune malattie importanti), le embrionali sono più vivaci, più reattive. Sono cellule che gli esperti definiscono totipotenti perché hanno la forza di rigenerare tessuti lesionati. Penso, per dirne una, all'infarto e alla loro capacità di ricostruire fibre muscolari cardiache in sostituzione di quelle danneggiate». Con le staminali adulte (che si prelevano da alcune parti del corpo umano), tutto questo non è possibile? «No. Le staminali adulte hanno altre funzioni, decisamente diverse. Eppoi, non sono cellule totipotenti». Al dunque, l'embrione è vita? «Sì, certo che è vita. Ma non vita umana. Diciamo che è un progetto di vita, il che è molto diverso. Tanto è vero che la Chiesa, nei suoi documenti ufficiali, si guarda bene dall'affermare che è persona». A voler essere precisi, la distinzione non è così marcata, tant'è che secondo alcuni teologi l'embrione non soltanto è persona ma ha addirittura l'anima. «Sì, ho letto di queste posizioni. Appartengono a singoli, che possono pure essere autorevoli come don Luigi Verzè (fondatore del San Raffaele a Milano) ma non rappresentano in alcun modo la linea vaticana sull'argomento. In ogni caso, sostenere che l'embrione è persona umana significa scivolare nel fondamentalismo, accettare un principio che non ha radici scientifiche. L'embrione, tra l'altro, è progetto di vita che può crollare da solo per aborto spontaneo oppure avere un futuro che porta ad un parto plurigemellare». Di conseguenza, apertura totale all'uso delle cellule embrionali, anche perché «in questa precisa stagione della ricerca hanno dato corpo a grandi speranze». Altra norma della legge che Sollai vorrebbe abrogare è quella che ha imposto il divieto della fecondazione eterologa (vale a dire con donatore esterno). «Bisogna reintrodurla quanto prima. È una questione di giustizia e di civiltà. Quando una coppia sterile arriva a una decisione del genere, ossia ricorre alla cellula d'un estraneo, vuol dire che il desiderio d'avere un figlio è profondo, vero, motivato. Occorre avere rispetto di chi fa scelte di questo genere». Pur essendo anti-referendum, il biologo Angelo Vescovi è d'accordo su questo punto: a patto però che il donatore non resti anonimo. Giusto o sbagliato? «È corretto che la volontà di ritrovare i genitori biologici trovi accoglienza. Dunque, nulla in contrario purché ad avere certe informazioni sia una persona motivata. Dev'essere il risultato di una riflessione equilibrata e serena».
G. Pi.
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Nuoro
Prove di intercultura in città con universitari venuti dai paesi europei
 NUORO. Prima un incontro nella sede della Provincia con il presidente Francesco Licheri e l’assessore Giusy Nioi, poi, nel pomeriggio, una chiacchierata informale con alcune delle associazioni che si occupano di immigrazione e interculturalità nel territorio: Arci Solidarietà e sviluppo, Dox Dadiè e Assieme.
 Nuoro ha accolto così ieri i 60 studenti stranieri del progetto Erasmus dal titolo “Migrazioni e politiche di integrazione europea” finanziato dall’Ue e promosso da una rete di università del vecchio continente tra cui l’ateneo di Sassari. I 60 universitari stranieri, grazie al programma organizzato dalla cooperativa Lariso, hanno potuto in questo modo osservare da vicino le politiche e le attività legate all’emigrazione. L’assessore provinciale alle Politiche sociali ne ha ricordato alcune: lo sportello per gli immigrati (prima iniziativa del genere in Sardegna), i corsi di lingua per stranieri, le varie associazioni che promuovono il dialogo con gli extracomunitari ma non solo.
 «L’obiettivo di questo progetto - ha spiegato Stefano Chessa, ricercatore - è proprio quello di far riflettere questi ragazzi sulla questioni legate all’emigrazione e all’interculturalità.
 Far conoscere loro come regioni diverse promuovono le politiche legate a questi aspetti».
 Gli studenti Erasmus proseguiranno adesso la loro esperienza a Sassari per un ciclo di seminari nell’università turritana».
Valeria Gianoglio
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Nuoro
L’INTERVENTO
La Cisl: «Ma senza ateneo non ci sarà vero sviluppo»
 NUORO. Università nuorese, il rischio ora è che i tagli regionali possano minare le «infrastrutture del sapere». Lo afferma molto preoccupato, Ignazio Ganga, segretario provinciale del sindacato della Cisl.
 «Importanti istituzioni come l’Isre, Ailun, Consorzio universitario e biblioteca Satta - scrive in una nota Ganga - riconosciute da tutte da tutti per la loro indiscutibile opera sul campo della conoscenza dovranno ridimensionare fortemente le loro attività con grave nocumento per l’intero territorio che sulla cultura e la formazione aveva impostato nuove e importanti strategie di sviluppo».
 In questi tagli il segretario Cisl intravede quindi una incoerenza tra gli indirizzi del programma di governo della giunta regionale rispetto alle azioni reali.
 Soprattutto nel punto in cui si dice che «occorrerà rendere più funzionale la presenza dei corsi universitari nel territorio della regione, nel quadro del riconoscimento del ruolo positivo che le strutture di promozione universitaria e di alta formazione manageriale possono svolgere nelle zone interne». E anche in un altro passaggio dove la Regione afferma che «un ulteriore terreno di impegno è quello della valorizzazione della cultura sarda in tutte le sue espressioni inteso come valore fondamentale e come fattore di crescita».
 Fatte altre puntuali osservazioni Ignazio Ganga conclude affermando che la Cisl chiede ai consiglieri regionale del Nuorese una decisa azione di contrasto «contro questi provvedimenti di taglio» che, uniti ai tagli al mondo dell’editoria, trasporti e imprese, non propongono per la Sardegna centrale «nessun progetto strategico alternativo» al sacrifico, destinandola così a una «definitiva marginalizzazione». (n.b.)
 
 
5 - La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Nuoro
«Troppi silenzi sui tagli»
Denuncia di Capelli (Udc) sull’Università
 NUORO. Silenzio generale sui tagli agli istituti culturali? Il consigliere regionale dell’Udc Roberto Capelli proprio non ci sta. E in una nota palesa tutto il suo malumore. «Ascolto con desolazione - afferma Capelli - il silenzio nelle istituzioni culturali nuoresi che assistono inermi alla loro distruzione». E giù il quadro della situazione con la denuncia.
 «La giunta regionale ha decurtato i fondi per il consorzio universitario della Sardegna centrale (meno 47 per cento) per l’Ailun (meno 40 per cento) per la biblioteca Satta (meno 100 per cento) per il Parco deleddiano (meno 50 per cento) e per la fondazione Nivola (meno 40 per cento). Eppure c’è grande silenzio da parte dei responsabili e gestori di queste istituzioni».
 «Comprendo - commenta a questo punto Capelli - che i loro carnefici siano loro fratelli di ideologia e scorribande politcihe e comprendo anche umanamente l’impaccio, ma l’amore per la città e il senso delle istituzioni dovrebbero avere la meglio». Secondo il consiglire eregionale nuorese questi fratelli di ideologia inoltre sembrano questo messaggio: «Possiamo continuare anche con i mezzi dimezzati, perchè bene ha fatto la giunta regionale a tagliare fondi che non ci servivano».
 E qui Capelli preannuncia battaglia in aula quando arriverà la proposta sulla finanziaria.
 «Io non potrò adeguarmi a questo messaggio - conclude la sua nota - e non essendo necessario non ripresenterò gli emendamenti per ricostruire i fondi per la cultura nuorese che, come è noto, sono stati bocciati anche in commissione a maggioranza».
 Doppia denuncia, quindi: una per la proposta dei tagli contenuti nella propoosta di finanziaria e l’altra per il profondo silenzio.(n.b.)
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 33 - Sassari
BUDDUSÒ
Sussidi agli studenti universitari bisognosi
 BUDDUSÒ. Il Centro Informagiovani di Buddusò gestito dalla cooperativa sociale «Studio e Progetto 2» di Abbasanta porta a conoscenza di tutte le persone interessate che presso la propria sede e presso le sedi dei Centri Informagiovani di Pattada e Alà dei Sardi sono attivi i servizi di ritiro domande per il rimborso tassa regionale per il diritto allo studio universitario e sussidi straordinari, Ersu ss.
 Il rimborso della tassa regionale per il diritto allo studio universitario è rivolto agli studenti, iscritti per l’a.a. 2004/2005 all’Università degli studi di Sassari e all’Accademia di Belle Arti, il cui nucleo familiare di appartenenza abbia un reddito complessivo lordo, ai fini Irpef per l’anno 2003, non superiore a 25.000,00 euro.
 La richiesta di rimborso deve essere presentata su modulo predisposto dall’ente. Alla domanda dovrà essere allegata la ricevuta originale del pagamento della tassa all’Ersu di Sassari per l’a.a. 2004/2005. Le domande dovranno essere presentate entro l’11 marzo 2005 presso le sopraindicate sedi Informagiovani.
 I sussidi sono destinati a studenti dell’Università di Sassari, dell’Accademia di Belle Arti e del Conservatorio di musica, che versano in precarie condizioni economiche familiari, regolarmente iscritti nell’a.a. 2003/2004, fino al 2º anno fuori corso. I criteri per la formulazione della graduatoria sono indicati nel bando di concorso da ritirarsi presso gli sportelli Informagiovani con il modulo di domanda da presentare entro il 18 marzo 2005. Per maggiori informazioni rivolgersi al Cig di Buddusò il lunedì e mercoledì 9-13, 15-19 il venerdì 9-13 15-18 tel. 079/716012, Cig di Pattada aperto il martedì 9-13, mercoledì e venerdì 15.30-18.30, tel. 079/756058, Cig di Alà dei Sardi aperto il martedì 9-12 e il venerdì 15-18, tel. 079/723611.
 
 
7 – Il Giornale di Sardegna
Pagina 30 - Cagliari
Università a ostacoli per i disabili
Studentessa in sedia a rotelle costretta a ricorrere all'aiuto dei colleghi di corso per sostenere l'esame al secondo piano del corpo aggiunto
Di MARCELLO ZASSO
SE UNO STUDENTE in carrozzina vuole sostenere un esame nel cosiddetto “corpo aggiunto” del polo universitario di Sa Duchessa, deve affrontare un percorso a ostacoli. E non può farlo da solo. Al piano terra della struttura grigia e rossa ci sono tre bagni: quello per ragazzi e quello delle ragazze non sono in ottime condizioni, funzionano a metà e sono praticamente bui, ma sono almeno utilizzabili.Ma il terzo servizio igienico, esclusivamente riservato ai disabili, è chiuso perché inagibile. Lo segnale un bel foglietto affisso sulla porta.Ma nel “corpo aggiunto” ci sono altri inconvenienti per gli studenti non normodotati, e sono insormontabili.
L'esame “sospeso”
Lunedì sera una ragazza, assieme ai colleghi, doveva sostenere una prova scritta per l'esame dei Fondamenti di psicologia generale. Tutto nella norma della regolare vita universitaria. Un solo dettaglio era fuori posto: la sede per il test era stata fissata nell'aula magna della facoltà. Al primo piano. Niente di insuperabile: grazie alla tecnologia moderna esiste l'ascensore, che può far volare le persone verso l'alto. Se poi l'esaminanda è in sedia a rotelle, questo magico strumento diventa fondamentale per raggiungere un piano superiore. Ma non si può avere tutto dalla vita, e la sfortunata studentessa scopre che
l'ascensore, da almeno una settimana, è fuori uso. Per raggiungere i piani superiori si è reso indispensabile il generoso intervento di alcuni suoi colleghi: l'hanno presa di peso e portata, per tutta la rampa di scale, fino al piano di sopra. La studentessa, sospesa per aria, ha potuto così raggiungere l'aula scelta come sede d'esame. Alla fine della prova scritta, i maschietti (tra i pochi presenti in un corso di laurea tipicamente
in rosa) hanno atteso che la loro collega terminasse la prova per riportarla verso la libertà
del piano terra.
La docente sorpresa
«Quando sono arrivata nell'aula magna per consegnare il compito agli studenti - racconta la professoressa Laura Francesca Scalas, docente dei Fondamenti di psicologia generale - i ragazzi mi hanno raccontato ciò che era successo alla loro collega. Mi è dispiaciuto tanto per l'incidente. Di solito se ci sono studenti che hanno problemi motori, il fatto mi viene segnalato per tempo ma, per l'esame di lunedì, non ero stata avvisata. E, soprattutto, non potevo immaginare che l'ascensore fosse inutilizzabile».
 
L'AULA GRAMSCI
Decadenza e spazzatura
Non c'è più rispetto per la storia. Nel corpo aggiunto del Magistero c'è una piccola aula che da parecchi anni è una zona franca in mano agli studenti. ha un nobile passato, perché è sempre stata al centro dei movimenti studenteschi degli ultimi anni. Ha anche un nome pesante: è stata dedicata a Antonio Gramsci.
È sempre stata un'isola felice all'interno del polo universitario di Sa Duchessa: completamente gestita dagli studenti. Negli ultimi tempi, però, è caduta in disgrazia. Molti dei principali frequentatori si sono laureati e l'hanno lasciata al suo destino: nello squallore più totale.
Sono pochi gli studenti che ci entrano e nessuno di questi si occupa della pulizia. Cumuli di spazzatura, un tappeto di cartacce e cicche e, soprattutto, l'odore nauseante che tutto ciò comporta. Nessuno si prende l'impegno di tenerla in ordine e nessuno, soprattutto, si accorge di quanto sia in pessime condizioni.
Le condizioni dello stabile universitario mostrano uno stato di semi abbandono che va oltre le barriere e i problemi della studentessa. Il benvenuto è dato da cumuli di carta, attrezzature e spazzatura abbandonati. Il cattivo esempio è seguito anche dagli studenti: l'aula che gestiscono, dedicata a Gramsci, è ridotta a uno squallido immondezzaio.
 
 
8 – Corriere della Sera
Milano, manifestanti con camice e mascherina: «Siamo una specie in via di estinzione» Ricerca, assedio dei precari alla Statale Girotondo di protesta contro la riforma Moratti. «Più fondi e posti di lavoro stabili»
MILANO - Con il camice e la mascherina da panda, «perché siamo una specie in via di estinzione». Con gli slogan - «Salviamo l’università» - le assemblee e l’astensione dal lavoro. Con le catene umane attorno alla sede centrale della Statale, in via Festa del Perdono. Oltre mille persone, ieri mattina, hanno «abbracciato» l’Università degli Studi. Ricercatori precari, assegnisti, dottorandi, professori ordinari e studenti hanno circondato il perimetro della Ca’ Granda tenendosi per mano. Per manifestare contro il decreto legge di riforma dello stato giuridico dei docenti universitari.
Giovani, anziani, storici e biologi, docenti della Bicocca e del Politecnico si sono dati appuntamento intorno alle dieci, aderendo allo sciopero nazionale organizzato dalle associazioni della docenza. Quindi, dopo la manifestazione, si sono riuniti nell’aula Crociera della facoltà di Giurisprudenza.
«L’Assemblea è stata molto partecipata - commenta soddisfatto Michele Zucali, ricercatore del dipartimento di Scienze della Terra - e non c’eravamo solo noi di Scienze, ma anche una buona rappresentanza di altre facoltà e docenti del Politecnico e della Bicocca. Un altro dato positivo, la presenza degli studenti».
Tra le richieste dei ricercatori, la stabilità del posto di lavoro, il rifinanziamento dei progetti cui stanno lavorando «e che sono messi in discussione», la possibilità «di fare sul serio ricerca». Ancora: «Siamo contro una riforma che intende eliminare il ruolo del ricercatore, costringere a un lungo precariato i giovani che vogliono accedere alla carriera universitaria, premiare i docenti che esercitano una professione all'esterno dell'università, limitare le possibilità dei professori di svolgere attività di ricerca». Alla catena umana ha preso parte Mario Agostinelli, ex segretario lombardo della Cgil, capolista di Rifondazione alle regionali e ricercatore dell'Enea. «La crisi dei giovani ricercatori - ha detto - è il segnale del declino che colpisce la Lombardia e il nostro Paese».
Anche Marcello Pignanelli, preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università degli Studi, ha partecipato all’assemblea, sottolineando gli effetti negativi della riforma sulla qualità del sistema universitario. E mentre si pensa già alle prossime forme di protesta - «Stiamo pensando di mostrare come sarebbe l’università senza ricercatori, rinunciando alla didattica, agli esami, ai laboratori» - gli effetti dello sciopero di ieri si sono fatti sentire negli atenei milanesi. Al Politecnico, soprattutto, dove ieri mattina erano in programma le discussioni delle tesi di laurea.
Molti studenti di ingegneria civile e informatica sono stati costretti a rimandare «il gran giorno» per l’assenza dei docenti. E le polemiche si sono fatte sentire. «Mio figlio - racconta furibondo un padre - doveva laurearsi in ingegneria informatica. Sua sorella è arrivata da Londra per l’occasione. Ebbene, per tutta la mattina ci hanno fatto aspettare. Abbiamo cercato di parlare con il rettore, abbiamo protestato, abbiamo chiesto di accorpare alcune commissioni per garantire il numero legale. Alla fine è arrivato il preside, Nicola Schiavoni. Ci ha promesso che le lauree si faranno oggi. Ma un conto è saltare le lezioni, un conto la discussione delle tesi».
 
 
9 – Corriere della Sera
Ieri un giorno di protesta, a metà mese manifestazione nazionale
Striscioni, cortei e girotondi: le università contro la Moratti
ROMA - Università bloccate dalla protesta contro il disegno di legge della Moratti sullo stato giuridico dei professori. Le adesioni a cortei, manifestazioni, girotondi, secondo Enrico Panini, segretario generale della Federazione lavoratori della conoscenza Cgil, si sono attestate sul 60 per cento. La commissione di garanzia per gli scioperi ha chiesto chiarimenti ad alcuni atenei dove sarebbero state rinviate le sedute di laurea. Il coordinamento delle sigle che hanno dato vita alla protesta ha annunciato una manifestazione nazionale intorno al 15 marzo. Oggi il mondo accademico, dai rettori ai docenti fino ai precari - ce ne sono circa 50 mila nell’università - appare piuttosto compatto nel dire no al provvedimento del ministro: per tutti va rivisto l’intero impianto della legge. La Moratti ha accettato di trattare con una legge ordinaria, rinunciando alla delega, la riforma dello stato giuridico.
I rettori, che ieri si sono riuniti in assemblea, chiedono di sospendere la discussione in Parlamento e di riprendere il dialogo. «Dovremmo poter ragionare su queste cose con una qualche tranquillità, lontano dal periodo elettorale», ha dichiarato il presidente della Crui, Piero Tosi. Ricordando che per lo sviluppo degli atenei servono risorse, almeno 600 milioni di euro l’anno per 10 anni.
Il punto più delicato riguarda il destino dei ricercatori: ce ne sono oltre 20 mila, impegnati in gran parte anche in attività didattica da molti anni. Qui le posizioni divergono. I ricercatori vogliono diventare docenti di ruolo a tutti gli effetti, attraverso l’istituzione di una terza fascia. Oggi ce ne sono due: la seconda fascia degli associati e la prima fascia degli ordinari. Ritengono, inoltre, di non dover sostenere esami o selezioni in quanto «docenti da molti anni di fatto». «Assicuriamo il 35 per cento dei corsi», ricorda Marco Merafina, coordinatore nazionale.
Per gran parte del modo accademico, però, la docenza si conquista con un concorso. Il ministro Moratti su questo punto è irremovibile. Ha proposto la messa ad esaurimento della figura di ricercatore, offrendo in cambio lo status di «docente aggregato». Ipotesi che però non piace agli interessati: «Si tratta di un titolo e non di un ruolo effettivo». E anche i rettori, che pure condividono in gran parte le ragioni dei ricercatori, non vogliono sentire parlare di promozioni di massa, di un nuovo provvedimento «ope legis». Tosi: «Diciamo no al precariato, ma sì all’ingresso su base meritocratica nei ruoli della docenza, con diritti e doveri». La soluzione? Potrebbe prendere forma un’ipotesi di idoneità aperta di terza fascia: una commissione valuta i titoli e i meritevoli entrano a far parte di una lista in cui pescheranno le università. Tra gli emendamenti c’è anche la proposta del relatore Mario Pepe (Fi): consentire ai ricercatori più capaci di diventare direttamente associati. Come? Lasciando aperto il numero delle idoneità nella prossima tornata di concorsi.
G.Ben.
 
 
10 – Corriere della Sera
I sindacati: «Massiccia adesione, atenei deserti, non ci aspettavamo una simile risposta» Contro il ddl Moratti, altro corteo. Il 15 marzo «Siamo scesi in piazza per chiedere un investimento pubblico maggiore per la ricerca»
Quando il corteo s’allontana, poco dopo le undici, alla Sapienza restano facoltà, bar e vialetti: l’ateneo più grande d’Europa è, semplicemente, deserto. «Il giorno di protesta è riuscito», dicono un po’ tutti, dalla Cgil agli studenti alla Rete Nazionale Precari. Per Roma, ieri attraversata dal corteo - dall’ateneo al Ministero in via XX Settembre - la protesta è tutt’altro che finita. «Prima di Pasqua - dice Marco Merafina del Coordinamento ricercatori precari - faremo una manifestazione nazionale». Con ogni probabilità sarà tra una decina di giorni, il 15 marzo sembra la data più probabile. «La Sapienza era deserta e l’adesione è stata massiccia - dice Merafina - non ci aspettavamo una simile risposta». Che invece c’è stata: al grido di «Contro la riforma non basta più parlare, è ora di scioperare» studenti, ricercatori e professori della Sapienza hanno sfilato da piazzale Aldo Moro, poi per viale dell'Università, via Morgagni, Porta Pia e via XX Settembre. I manifestanti - ieri qualche centinaio - chiedono il ritiro del ddl Moratti e denunciano la mancanza di fondi per l'Università pubblica, e il pericolo della precarizzazione, oltre alla scarsa qualità dell'insegnamento negli atenei italiani. Un corteo colorato da striscioni e animato dalla musica diffusa dalle casse di un camioncino alla testa del lungo cordone. «Un solo esubero: Moratti», è il cartello innalzato dai ricercatori precari; «Nuoce gravemente alla salute della ricerca pubblica», è invece scritto su un grande pacchetto di sigarette che riporta il nome del ministro dell’ istruzione.
«Siamo scesi in piazza - ha spiegato Giuseppe Allegri, un ricercatore precario della facoltà di giurisprudenza della Sapienza - per chiedere un investimento pubblico maggiore alla ricerca universitaria e per garanzie nei confronti di noi precari che non abbiamo alcun reddito». «È una riforma sbagliata - ha aggiunto una professoressa della facoltà di psicologia. Rischiamo di cancellare la qualità dalle nostre università, a causa soprattutto della mancanza di fondi da destinare alla pubblica istruzione».«Oltre 350 mila sono i precari nel nostro Paese - ha spiegato un lavoratore - i contratti sono quelli di Co.co.co., a progetto e a tempo determinato. Proprio questa mattina abbiamo saputo che venerdì prossimo alle 10 potremo incontrare il sottosegretario Armosino con l’apertura di una trattativa». Dialogo che proseguirà: «Il centrosinistra ha chiesto a noi della Rete Precari di preparare gli emendamenti». Se niente cambierà, il 15 marzo La Sapienza sarà ancora sinonimo di protesta.
 
 
11 – Il Tempo
Riforma Università Tutti contro Moratti                                                                                        
di NATALIA POGGI DA NORD a Sud, da est a ovest, dall’alto in basso (e viceversa): l’Università italiana, in toto, rigetta il disegno di legge Moratti sullo stato giuridico dei docenti universitari. Non lo voleva prima, non lo vuole adesso ritoccato «in senso peggiorativo» dagli emendamenti-bis della maggioranza. Ieri c’è stato lo sciopero nazionale: aule deserte (il 60% dei docenti non ha lavorato), giornata di mobilitazione di massa con cortei, catene umane e assemblee pubbliche di docenti e ricercatori. Dall’emiciclo della sede CRUI i magnifici rettori hanno lanciato il grido di dolore per un ddl «privo di strategie, disorganico, pasticciato e incompetente» e per un sistema universitario alla canna del gas «perchè i fondi servono a mala pena a pagare gli stipendi». «A questo punto chiediamo di lasciar passare il periodo elettorale - ha detto il presidente Tosi - e di riprendere il confronto con governo e forze di maggioranza dopo le elezioni. Così, forse, certe inziative di natura demagogica non avrebbero ragioni di essere. Vogliamo che sia ribadito che l’Università è la sede elettiva della ricerca e che i docenti hanno il diritto/dovere di fare ricerca». Preso atto che nel ddl è rimasta la distinzione tra tempo pieno e definito i Rettori ribadiscono, comunque, il no all’eccessivo precariato, l’immissione di ruolo degli attuali ricercatori e nessuna ope legis ma solo meccanismi di accessi meritevoli. I Rettori oggi pomeriggio incontreranno la Moratti durante un incontro che lo stesso ministro ha sollecitato: «Anche se i tavoli tecnici a questo punto non servono più - ha detto il presidente Tosi - Cerchiamo almeno di risolvere il problema dei ricercatori». «Non si capisce perchè da un lato si propugna il "tutti dentro" e per un altro ci si arrocchi contro il terzo livello di docenza - hanno detto i Rettori - Nei sistemi universitari europei si va in questa direzione. Il sistema anglosassone ha quattro figure accademiche, per esempio». Sottolineando che le riforme non si fanno a costo zero la Crui ha chiesto un incontro anche con la Commissione Cultura. «Per raggiungere un livello competitivo con il resto dell’Europa l’università italiana avrebbe bisogno di un investimento di 600 milioni di euro per dieci anni» hanno ribadito. Le Organizzazioni e le Associazioni della docenza universitaria ieri hanno chiesto, ancora una volta, il ritiro del ddl e si sono impegnati a proseguire il confronto con tutte le forze politiche e parlamentari. Inoltre hanno comunicato che la prevista manifestazione nazionale avverrà prima di Pasqua. Il grido di battaglia resta dunque: Non abbassare la guardia. E nelle singole università le iniziative di protesta si rincorrono. Ad esempio la Facoltà di Informatica della Sapienza ha deciso lo slittamento dell’inizio delle lezioni del secondo semestre al 14 marzo per consentire una frequenza regolare dei corsi. «Lo slittamento si é reso necessario in seguito al ritiro di molte delle domande presentate per tenere corsi per supplenza, con conseguente scopertura degli stessi. Il ritiro delle domande é avvenuto come forma di protesta contro il ddl Moratti».                                                                                                                                                            
 
 
 

Questionario e social

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