Venerdì 4 marzo 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
04 marzo 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio stampa

1 – L’Unione Sarda
Pagina 15 – Cultura
Una campagna nazionale ha coinvolto in Sardegna l'Acit e venti scuole del Cagliaritano
Alcuni buoni motivi per studiare il tedesco
"Deutsch macht mobil", la lingua tedesca rende mobili, è il titolo della campagna coordinata dal Goethe Institut con la collaborazione del Deutscher AkademischerAustauschdienst (DAAD) e il Deutsches Institut di Firenze. L'iniziativa, svoltasi su tutto il territorio nazionale, patrocinata dall'Ambasciata tedesca di Roma e ormai giunta alle fasi finali, è rivolta agli alunni delle ultime classi elementari e medie ed è stata presentata per tutto il mese di febbraio in venti scuole di Cagliari e hinterland dal Gruppo di Lavoro per la Scuola dell'Associazione Culturale Italo-Tedesca di Cagliari, che da molti anni si occupa della diffusione della cultura tedesca in Sardegna. La campagna pubblicitaria ha preso le mosse dalla constatazione che, in particolare nelle scuole del nostro territorio, il tedesco rischia di essere relegato al ruolo di cenerentola tra le altre lingue comunitarie. Chiunque sarebbe in grado di rispondere alla domanda sul perché sia importante studiare l'inglese, che ormai viene insegnato in tutte le scuole elementari, medie e superiori italiane. Non tutti, invece, sosterrebbero con altrettanta disinvoltura la necessità dello studio del tedesco come seconda lingua, e ciò pare rispecchiarsi nell'esiguo numero di scuole che lo includono nella propria offerta formativa. Ma sappiamo almeno sostenere perché no? È sufficiente liquidare l'argomento in nome di una supposta difficoltà dell'apprendimento della lingua tedesca rispetto alle altre più diffuse in Europa? E questo argomento (come del resto la presunta durezza della lingua) non è piuttosto debole di fronte alla realtà dei fatti, che vede il tedesco essere la lingua madre più diffusa nell'Unione Europea con più di cento milioni di parlanti, la Germania primo partner commerciale dell'Italia, un mercato del lavoro assetato di collaboratori che sfoggino nel loro curriculum la conoscenza della lingua tedesca, migliaia di turisti e, infine un fiorente scambio accademico tra l'Italia e i Paesi germanofoni? Per dare qualche risposta in più e per offrire elementi di riflessione agli alunni e ai loro genitori che si accingono a scegliere la seconda lingua straniera nel ciclo di studi successivo, gli insegnanti dell'Asslcizaioe presieduta da Maria Luisa Pinna hanno visitato 40 quinte elementari e 35 terze medie di Cagliari, Monserrato e Quartu, proponendo una lezione poco convenzionale. Gli alunni coinvolti hanno assistito dapprima alla proiezione di un video sulla storia, la lingua e la cultura tedesca, che pone l'accento sui punti di contatto che legano Italia e Germania. Legami storici che intrecciano il cammino dei due popoli sin dai tempi dell'Impero Romano, e che hanno dato origine nei secoli a numerosi scambi ed arricchimenti reciproci. Durante la proiezione del video è stato chiesto loro di rispondere ad un quiz che ha permesso ad alcuni di loro di aggiudicarsi dei premio. Al termine dell'anno scolastico il Goethe Institut provvederà poi all'estrazione dei premi finali, consistenti in due viaggi studio in Germania, per gli alunni delle medie, e in due premi da 500 Euro per quelli delle scuole elementari.
 
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 31 – Provincia di Cagliari
Monserrato Fibre ottiche, via libera da Cagliari alla rete che servirà anche la città
Fibre ottiche: un via libera al Comune di Cagliari del Consiglio che presto servirà anche la città. L'assemblea civica ha approvato lo schema di convenzione con il capoluogo per consentire di passare un cavo in fibra ottica in alcune strade del territorio. Il collegamento nella rete di fonia sarà utilizzato da Cagliari per connettersi con la cittadella universitaria e il nuovo Policlinico. In sostanza il comune capoluogo, per risparmiare sui costi di scavo e ripristini, ha chiesto all'amministrazione monserratina di poter utilizzare i cavidotti esistenti per la illuminazione pubblica, nelle vie San Fulgenzio, Caracalla e Porto Botte. Un risparmio che gioverà presto anche al Comune visto che, con questo accordo, disporrà di otto fibre ottiche e di un cavo a 24 fibre per una futura interconnessione tra le amministrazioni, da realizzarsi nel punto più vicino alle due reti. Dopo aver dato il via ad una linea interna a tutti gli edifici comunali, infatti, l'amministrazione, seconda in Sardegna soltanto al capoluogo, non soltanto sarà collegata con la rete di Cagliari ma di conseguenza potrà esserlo anche con gli uffici del polo universitario del territorio. Risultato: velocità, sicurezza e risparmio. Perché un server, una grande banca dati dove sono inseriti tutti i documenti e le informazioni in possesso del Comune, potrà essere consultato da qualsiasi ufficio dislocato sul territorio, a costo zero. A questo si aggiungeranno i dati dei server del Comune di Cagliari e del presidio universitario. Inoltre l'interscambio di dati comprenderà anche l'azienda sanitaria locale numero 8. Insomma la tecnologia fa risparmiare l'amministrazione e si fa strada anche in città e presto si vedranno i risultati in tutto il territorio. (s. se.)
 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Nuoro
«L’ateneo dev’essere promosso, è fondamentale per l’economia»
 NUORO. “Occorrono politiche di promozione decise per la crescita dell’università nuorese e progetti a lungo termine perché Nuoro diventi un centro di sviluppo in controtendenza con la descolarizzazione e l’abbassamento del grado culturale che l’ultima riforma della scuola e la congiuntura economica negativa hanno causato”.
 Lo chiede in un documento diffuso ieri mattina il presidente regionale dell’Aisa, l’associazione degli studenti di Scienze Ambientali, Giovanni Zidda. Lo chiede anche a nome di quel migliaio di studenti iscritti all’ateneo barbaricino che a Nuoro investono tempo e denaro. “L’università - si legge nel documento - è un volano dell’economia nuorese, è una risorsa economica e culturale. Le docenze, in quanto provenienti dalle due università storiche di Cagliari e Sassari, sono di alto livello. Sono già state istituite diverse cattedre ma il salto di qualità nella didattica avverrà quando ne verranno istituite di nuove dal momento che docenti strutturati avranno la possibilità di seguire con maggior costanza i progetti di ricerca”.
 Fin qui lo sguardo verso il futuro. Il passato racconta, invece, una storia che affonda le sue radici circa dieci anni fa. “Il polo nuorese - scrive Giovanni Zidda - deriva dallo sforzo della comunità e nasce dall’intesa Stato-Regione. Nel corso di questi anni sono stati istituiti numerosi dottorati e diversi studi di ricerca hanno avuto inizio. Sono già state spese ingenti risorse nella creazione delle strutture di base (laboratori, aule informatiche, uffici, aule per la didattica, laboratorio linguistico). Sono già stati acquisiti gli spazi per far sorgere la struttura unica nella quale si dovranno concentrare i corsi delle due facoltà madri. Sono stati fatti notevoli sforzi di progettazione con la creazione di un laboratorio urbanistico volto a evidenziare le soluzioni migliori di dislocazione al centro della città (ex artiglieria) dei locali e delle strutture dell’università”.
 Eppure, nonostante tutti questi sforzi - sembra dire il documento - la corsa dell’ateneo nuorese sembra arrestarsi in questi giorni soprattutto, ma i primi segnali c’erano già dagli anni scorsi. “Un forte rallentamento - conclude la nota dell’Aisa - si è avuto per ragioni politiche durante la passata legislatura a causa della mancata erogazione dei fondi strutturali e di finanziamento o di clamorosi ritardi. Nell’attuale finanziaria tuttora in discussione i fondi di funzionamento sono in un capitolo unico e indifferenziato. Questo potrebbe creare dei problemi quando gli stessi fondi non siano adeguati alle aspettative di bilancio, dal momento che ogni sede gemmata ha bisogno di soluzioni particolari a seconda delle reali esigenze. Pertanto si richiede nello specifico un capitolo a parte per il polo nuorese”. (v.g.)
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Nuoro
«Università, ora tocca alla Regione»
A Maida non piace il terzo polo e per le risorse rinvia a Cagliari
Ma sul taglio dei fondi Porru è ottimista: «I giochi sono aperti»
 NUORO. Un unico sistema universitario sardo con Nuoro come centro di eccellenza nel campo della formazione accademica ambientale. Se non è il terzo polo tanto atteso, poco ci manca. Ma ad Alessandro Maida, magnifico rettore dell’ateneo sassarese, il termine “terzo polo” non piace. Nel delineare la sua personale visione del futuro del consorzio universitario nuorese, preferisce usare termini più soft come “sede” o “centro”. Un centro che deve imparare a dialogare meglio con la Regione perché “l’università di Sassari, a Nuoro, ha fatto la sua parte”. Come dire: da questo momento in poi anche la giunta regionale faccia la sua.
 Maida lo ripete con convinzione al termine del suo intervento nella sede dei corsi di laurea in Scienze ambientali e Forestali, a Sa Terra Mala. Parla in una sala gremita da studenti e docenti, con il presidente del Consorzio universitario, Bachisio Porru, e alcuni presidi, a fare gli onori di casa per accogliere il vescovo di Nuoro, Pietro Meloni, in visita pastorale nel quartiere di Badu ‘e Carros accompagnato dal parroco don Pietro Borrotzu. Una visita che cade in un momento delicatissimo per l’università barbaricina.
 Giunge nel mezzo della polemica per il taglio dei fondi regionali destinati a vari enti di promozione culturale tra cui l’ateneo nuorese. Fino all’altro giorno da Cagliari sembravano giungere solo brutte notizie in questo senso: taglio brutale di risorse finanziarie del settore e, per giunta, un mancato stanziamento di risorse destinate in modo specifico al Consorzio universitario nuorese.
 Ma i giochi non sono ancora definiti. Il presidente Porru lo chiarisce da subito alla platea raccolta a Sa Terra Mala: “Proprio in queste ultime ore sembra che alla Regione si sia aperto uno spiraglio positivo per la questione dei finanziamenti. Sembra che non ci sia più quel fondo indistinto dal quale diverse sedi dovrebbero attingere”.
 Resta dunque da vedere se la buona notizia potrà tradursi in realtà ma “per adesso - spiega Porru - il taglio delle risorse è ancora un problema ipotetico. Comunque sia non potremmo mai accettare che il Consorzio universitario non sia più titolare di risorse dirette provenienti dalla Regione. E poi c’è anche lo Stato che deve essere richiamato ai suoi impegni nei nostri confronti. Lo Stato deve assumersi le sue responsabilità e la Regione deve onorare gli impegni presi”.
 La sfida per il futuro dell’ateneo barbaricino, nei prossimi giorni, si giocherà dunque su due fronti: con lo Stato e con la Regione. Ma è con quest’ultima - sostiene il rettore Maida - “che si dovrà aprire un tavolo di discussione per arrivare alla creazione di un unico sistema sardo di formazione e ricerca universitaria. All’interno di questo sistema, le varie sedi dovranno avere ciascuna un ruolo specifico, una specializzazione. Nuoro dovrà sviluppare quella ambientale. Bisogna puntare a questo, non alla duplicazione dei corsi perché questo porta allo spreco di risorse”.
 “Questo - ha aggiunto in conclusione il rettore dell’ateneo turritano - è uno degli obiettivi che dobbiamo raggiungere. Dobbiamo creare un unico sistema universitario sardo. Il nostro interlocutore principale sarà dunque la Regione. Anche perché è difficile che lo Stato ci possa dare risposte ulteriori rispetto a quelle che già ci dà”.
 La battaglia per far decollare finalmente l’università nuorese, insomma, si preannuncia lunga e difficile. Monsignor Meloni, dal canto suo, assicura tutto il sostegno della diocesi che rappresenta: “La comunità e il clero barbaricino sono con voi in questo cammino - dice rivolto ai docenti e studenti raccolti a Sa Terra Mala -. Ritengo che la scelta di orientare questa università verso corsi di laurea fortemente innestati nel territorio sia una scelta preziosa”.
 “La presenza dell’università a Nuoro - ha aggiunto don Borrotzu - è un fatto importante per lo sviluppo del territorio. Un territorio che sta vivendo una crisi profonda. L’università in questo contesto può veramente svolgere un ruolo chiave nella promozione del territorio”.
Valeria Gianoglio
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Nuoro
Il preside Micera: «I docenti stabili sono insufficienti»
 NUORO. Servono un nucleo stabile di docenti e nuovi strumenti di ricerca. Tutte qua, secondo Giovanni Micera, il preside della facoltà di Scienze di Sassari (da cui dipendono i corsi nuoresi di Scienze ambientali e forestali), le due grosse carenze dell’ateneo barbaricino. I due grossi ostacoli che ne impediscono il decollo e chissà, magari in prospettiva, anche la sua definitiva consacrazione a terzo polo universitario sardo.
 “Il numero di docenti stabili di cui disponiamo non è assolutamente sufficiente - ha spiegato ieri Micera davanti al vescovo Meloni in visita pastorale all’università - così siamo spesso costretti a ricorrere a docenti esterni o provenienti da Sassari. E’ auspicabile, invece, che vengano reperite nuove risorse per l’organico. Bisogna considerare il fatto che, affinché i corsi di laurea vengano accreditati dal ministero, occorre rispettare dei requisiti minimi che riguardano anche l’organico a disposizione”.
 Allo stato attuale, ad esempio, il corso di Scienze Ambientali dell’ateneo barbaricino è ben al di sotto di questi requisiti minimi imposti dal ministero. Per rientrare nei vincoli servirebbero venti docenti stabili, in loco. “Incardinati” si chiamano in gergo. E invece il corso ne ha a disposizione solo cinque. Gli altri provengono da fuori. “Nonostante queste evidenti carenze - ha concluso Micera - vi è un certo fervore di attività di ricerca. Spesso queste attività sono condotte in stretta collaborazione con gli enti locali. Stanno decollando inoltre le collaborazioni internazionali. E’ un fatto positivo ma l’attività di ricerca va incentivata con maggiori risorse e strumenti a disposizione. Non si può pensare che siano sufficienti quelle disponibili”. (v.g.)
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari
Nuovo stop all’ospedale veterinario
La commissione Urbanistica del Comune chiede delle verifiche
Il progetto continua a subire rinvii L’assessore Nanni Moro però rilancia: «Il polo veterinario va avanti»
 SASSARI. Il progetto dell’ospedale veterinario rischia di agonizzare sotto il peso delle richieste dei consiglieri comunali. La commissione urbanistica ha imposto lo stop alla costruzione della struttura. Vuole capire quale sarà il futuro dell’area. Secondo i commissari nell’edificio che sorgerà alle spalle della facoltà non ci può essere posto per i parcheggi pubblici, che ogni opera pubblica deve fornire. L’università dovrebbe cedere, quasi come compensazione, un’altra area. Palazzo Ducale avrebbe già individuato anche l’oggetto dei suoi desideri, lo spiazzo in terra battuta in via dei Mille dove ora sostano le auto.
 In cambio ci sarebbe il via libera della commissione al progetto. L’escamotage si chiama «urbanistica contrattata». Una forma sofisticata di baratto. Ma la commissione sembra essere in parte smentita dall’assessore Moro che, comunque, sceglie una linea morbida.
 «A me interessa che il progetto del polo veterinario vada avanti a tappe forzate - dichiara l’amministratore -. È importante che la facoltà sia subito dotata di questo strumento. Rischiamo che uno dei nostri centri di eccellenza sia retrocesso a università di seconda serie. Sono certo che si troverà anche un accordo per l’area di via dei Mille. È un’idea che mi piace, ma dovremo aprire un altro tavolo di confronto in un secondo momento. Sono convinto che l’ateneo e l’amministrazione troveranno l’accordo anche per questa proposta. Abbiamo un piano urbanistico che è già in fase avanzata e dove si potrà inserire anche il progetto dei parcheggi».
 Palazzo Ducale punta su questi posti auto per dare nuovo ossigeno a una città asfissiata dal traffico. Per gestire la struttura si è già offerta una cooperativa di tassisti, che ne vorrebbe fare una specie di base operativa da cui trasportare nuovi clienti: un progetto decisamente innovativo per la città.
 Per ora il rettore dell’università Alessandro Maida sceglie la diplomazia. Prende tempo e cerca di capire meglio la posizione del Comune. «Bisogna conoscere più a fondo la proposta - afferma Maida -. Non c’è nessuna contrapposizione tra l’ateneo e l’amministrazione e da sempre siamo aperti al dialogo e alla collaborazione. Vogliamo valutare l’opportunità delle richieste che arrivano dalla commissione». In realtà i parcheggi sono previsti nel progetto del policlinico per animali, ma sembra non bastare. Per questa mattina i consiglieri hanno programmato un sopralluogo nell’area dove sorgerà la struttura veterinaria. Il più allarmato è il preside della facoltà Sergio Coda. C’è paura per un nuovo stop a un piano che attende da sette anni di essere approvato. «Spero che non sia un altro tentativo di rallentare il via libera a una struttura indispensabile per noi - dice Coda -. In futuro senza il polo veterinario l’Europa non darà più validità alle nostre lauree». L’iter del progetto era iniziato nel 1993, quando l’ateneo aveva presentato il progetto al Comune e aveva stanziato oltre quattro miliardi di vecchie lire per realizzarlo. La pratica era ferma dal giugno del 2004. Il Comune l’aveva bloccata perché mancavano la relazione geologica e il nullaosta dei beni paesaggistici.
 L’ospedale, che nasce come uno strumento didattico, sarebbe aperto a tutta la città e a tutte le specie animali. Nel piano sono previsti un pronto soccorso e reparti di radiologia, ginecologia, ostetricia, medicina, anatomia patologica, chirurgia e malattie infettive. Un centro all’avanguardia che rischia di restare sulla carta. (l.r.)
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 11 - Sardegna
Ricerca medica: Cagliari fa l’asso pigliatutto
Regione, l’università di Sassari deve accontentarsi solo del 20% dei fondi
 SASSARI. Pochi giorni fa, all’inaugurazione dell’anno sanitario, l’assessore regionale Nerina Dirindin sostenne che i sistemi sanitari di Sassari e di Cagliari dovranno avere le stesse opportunità e che le due Facoltà mediche debbano andare avanti di pari passo. Discorso applauditissimo dalla platea di medici, ma fortemente in contraddizione con gli atti della giunta Soru e con l’ultimo in particolare. L’assessore infatti quattro giorni prima aveva assegnato l’80,3% dei fondi destinati alla ricerca medica all’Università di Cagliari e un misero 19,7% alla Facoltà medica di Sassari. Una distribuzione altamente squilibrata e oltretutto immotivata sul piano della qualità. Su questo tema riportiamo di seguito la protesta dei cattedratici di Sassari.
 I ricercatori sassaresi condividono appieno le perplessità espresse dal collega prof. Eusebio Tolu, riportate sulle pagine della Nuova Sardegna di qualche giorno fa, circa i progetti di ricerca di educazione sanitaria finanziati dalla Regione Sarda. Il rapporto di 5 a 1 dei progetti approvati, in favore di Cagliari, appare ingiustificato oltre che scandaloso. In qualità di ricercatori del settore non si può non sottolineare tale sperequazione e fare proprie le considerazioni critiche espresse dal Senato accademico dell’Università degli studi di Sassari, nell’adunanza del 23 febbraio e unanimemente condivise dal Consiglio di facoltà di medicina e chirurgia, qui di seguito riportate:
 1. Il numero sorprendentemente esiguo, rispetto al numero complessivo dei progetti finanziati, dei progetti approvati tra quelli presentati da ricercatori dell’Ateneo sassarese e, più in generale, delle strutture sanitarie della Provincia di Sassari. Su 66 progetti finanziati, 53 (80,3%) sono stati presentati da ricercatori dell’area cagliaritana e soltanto 13 (19,7%) da ricercatori dell’area sassarese, con una sproporzione mai registrata in passato;
 2) Il mancato finanziamento, fatto anche questo mai verificatosi in passato, di progetti triennali in itinere già approvati e in parte finanziati, la cui prosecuzione era vincolata al rinnovo del finanziamento previsto nei rispettivi piani finanziari;
 3) l’assenza di qualsiasi informazione formale sui criteri adottati nella nomina della Commissione delegata alla valutazione dei progetti, che annovera la totale assenza di rappresentanti dell’Università di Sassari;
 4) la discutibile corrispondenza dei contenuti dei progetti finanziati con le disposizioni di cui al bando emanato dall’Assessorato alla sanità e assistenza sociale in data 1 aprile 2004, che stabiliscono l’esclusiva ammissione di ben specificate materie;
 5) la corrispondenza, al contrario, dei contenuti di molti progetti non finanziati, tra cui i predetti progetti in itinere, alle materie ammesse;
 6) la difficoltà di accesso ai giudizi espressi dalla commissione, non consultabili per via telematica ma soltanto nella sede del competente assessorato a Cagliari;
 esprime forti perplessità sull’iter seguito ai fini della selezione dei progetti da ammettere a finanziamento e, tenendo conto dell’attenta valutazione dei progetti da proporre alla Regione effettuata in via preliminare dalla Commissione ricerca di codesto ateneo, ritiene che tale selezione sia stata ingiusta e discriminatoria nei riguardi dei ricercatori dell’Università di Sassari. Il Senato accademico invita pertanto il Magnifico rettore a chiedere all’assessore dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale chiarimenti in merito ai criteri usati dalla commissione ai fini del finanziamento e non finanziamento dei singoli progetti sottoposti a valutazione.
Giuseppe Madeddu, Giuseppe Delitala, Francesco Carta, Giuseppe Dettori, Giulio Cesare Canalis, Alessio Pirino, Francesco Melis, Andrea Montella, Pietro Cappuccinelli, Mario Trignano, Fausto Dore, Francesco Meloni, Giuseppe Murgia, Pietro Soro, Corrado Rubino, Francesca Cottoni, Decio Cerimele, Antonio Satta, Antonio Farris, Francesco Tanda, Giuseppe Susini, Maurizio Longinotti
 
 
8 – Corriere della sera
il catalogo è questo
I tre secoli di storia dell’Alessandrina
di EDOARDO SASSI
Con tre secoli di storia e oltre un milione di volumi, la Biblioteca universitaria Alessandrina è una delle principali realtà culturali di Roma: con la Biblioteca Nazionale, un punto di riferimento imprescindibile per studenti, laureandi e studiosi. Nata nel clima di grande fermento culturale del Barocco, deve il suo nome ad Alessandro VII Chigi, che volle dotare Roma - sul modello di altre capitali - di un’importante biblioteca universitaria, seconda per prestigio solo alla Vaticana. La sede originaria era nel complesso monumentale del Palazzo della "Sapienza" e della chiesa di Sant'Ivo, opera di Francesco Borromini (al genio del Barocco, che già aveva realizzato quello della Vallicelliana, si deve anche il progetto della scaffalatura del grande salone seicentesco che ospitava i libri). Il 6 novembre 1670 l'Alessandrina apriva "a pubblico uso e comodità": aveva già 35 mila volumi e un catalogo. Da allora, però, le sue vicende seguirono fasi alterne di crescita e decadenza, legate all'interesse o all'incuria dei pontefici. Occupò sempre comunque un posto di rilievo tra le biblioteche romane, fino al definitivo rilancio avvenuto con l'Unità d'Italia (nel primo decennio del secolo si arricchì di due importantissime raccolte, la Leopardiana e la Carducciana). Altra tappa chiave per la storia di questa istituzione è il 1935, data del trasferimento dell'Alessandrina nella nuova Città universitaria dell'architetto Marcello Piacentini. Purtroppo l'originario impianto piacentiniano è andato in gran parte perduto durante i lavori degli anni Ottanta. Resta però l'eccezionale patrimonio, a partire dai 40 mila volumi del Fondo Antico un tempo nel salone borrominiano, cui vanno aggiunti una sezione rari, un fondo manoscritti, incunaboli, carteggi e 16 mila periodici. La biblioteca, diretta da Maria Concetta Petrollo è aperta da lunedì a venerdì (8.30-19.45) e il sabato (8.30-13.30; tel. 06.4474021, www.alessandrina.librari.beniculturali.it).
 
 
 
9 – Corriere della sera
Industria e patriottismo economico
NON SI CRESCE SENZA INGEGNERI
di FRANCESCO GIAVAZZI
«Dobbiamo abbandonare l'economia materiale», suggeriva ieri su queste colonne Giulio Tremonti, «il futuro è nelle attività immateriali», cioè finanza, servizi, comunicazione. È sbagliato, per due motivi. Innanzitutto - come ricorderei a Tommaso Padoa-Schioppa ( Corriere , 28 febbraio) - non siamo a Londra: non abbiamo la tradizione di un impero, né la nostra lingua è l'inglese. Puntare sulla finanza (dopo che ieri il Parlamento ha confermato una struttura di regolamentazione che non ha simili in Europa per la sovrapposizione di responsabilità in conflitto l'una con l'altra) o pensare di attrarre le multinazionali grazie al clima mite della Riviera (come suggeriva Paolo Scaroni, Corriere , 2 marzo) sono sogni pericolosi. È vero che in Italia investire nei servizi rende il doppio che nell'industria (il 25% contro il 10%, secondo i dati di Mediobanca), ma non perché le nostre imprese non sappiano più produrre motori, ingranaggi, oggetti di design industriale, e sono improvvisamente diventate bravissime nel produrre servizi. Televisioni, banche, autostrade, il gas dell’Eni (ma anche gli edicolanti e i notai) guadagnano solo perché sono blindati da una regolamentazione scritta per proteggerli ai danni dei consumatori (osservate come si muove in Borsa il titolo della società Autostrade ogniqualvolta il governo rivede le tariffe, e confrontatelo con ciò che accade a Londra quando il governo mette all'asta, anziché regalarle, le frequenze televisive). Purtroppo è un’Italia che cresce a danno di quelle aziende che, con grande fatica, cercano ancora di esportare e competere sui mercati internazionali.
Si avvicinano gli esami di maturità: per i ragazzi è il momento di decidere la facoltà cui iscriversi. Le scelte sono sconsolanti. L'anno scorso, a fronte di 14.289 iscritti a corsi di laurea in scienza delle comunicazioni, le matricole in matematica e fisica erano meno di 4 mila, quelle in chimica 2.347. Come ha scritto Guido Guerzoni sul primo numero di Zero , la bella rivista diretta da Giuliano da Empoli, «grazie alla retorica della creatività e della società dell' entertainement abbiamo un fisico per ogni partecipante alle selezioni del "Grande fratello"». All'università di Bari, su 9 mila iscritti, solo in 50 hanno scelto matematica, 62 chimica e 2 mila giurisprudenza. Al Politecnico di Milano i più si iscrivono al corso di ingegneria gestionale, vogliono tutti diventare manager: progettare il disco di un freno, anche se per le Ferrari, è considerata un'attività passé . Ma chi ci consente di pagare il petrolio che importiamo? Certo non le banche, le assicurazioni, gli avvocati e tutte le aziende che producono servizi che si vendono esclusivamente sul mercato interno.
Fortunatamente c'è un’Italia diversa. All'università di Pavia gli iscritti a facoltà scientifiche sono uno su quattro, a giurisprudenza solo il 10%, a scienza delle comunicazioni il 4%. E molti fra loro provengono dal Mezzogiorno, avendo capito che una società fatta solo di avvocati, notai, commercialisti e comunicatori non ha futuro.
Lo scorso anno alcuni fisici dell'università della California sono riusciti a controllare un esperimento di fusione nucleare, il primo passo verso il sogno, forse non più irrealizzabile, di un'energia pulita, in quantità praticamente illimitata e quasi gratis. È presto per farsi illusioni, ma se il progetto avanzerà la tecnologia delle nuove centrali elettriche potrebbe essere progettata dall'Enel: evidentemente i nostri ingegneri elettrotecnici, seppur sempre più rari, godono ancora di un'ottima reputazione. Così come i loro colleghi aerospaziali dell'Agusta Westland, l'azienda di Finmeccanica dove è stato progettato l'elicottero che un mese fa ha vinto la gara della U.S. Navy per la Casa Bianca.
giavazzi_f@yahoo.com
 
 
 
10– Il Mattino
Università, il ministro li convoca dopo lo sciopero ma è scontro
Moratti chiama, rettori verso il no
Adesioni oltre il 60 per cento, con punte che hanno toccato anche l’80 per cento: sono questi i dati diffusi dalla Cgil sulla giornata di sciopero nazionale nelle università. «La Moratti va bocciata» è il tam tam della protesta e spunta anche una nuova scadenza per un’altra forma di lotta: in piazza a Roma a metà marzo. Docenti in rivolta, ma non ci stanno più neanche i rettori, che forse oggi non parteciperanno all’incontro convocato dalla Moratti. «Se questa mattina passa l’emendamento della maggioranza per mantenere la legge delega per reclutare i professori, non risponderemo all’invito del ministro», ha detto il presidente dalla Crui (la conferenza dei rettori), Piero Tosi.
 
Università, la rivolta non si ferma
DANIELA LIMONCELLI
La Statale di Milano come l’ateneo di Padova circondate da una catena di professori. Occupazioni simboliche a Bari e a Siena. Deserta la Sapienza di Roma. Assemblee aperte a Bologna come a Napoli e a Cosenza. Esami a macchia di leopardo e volantinaggio a Salerno e a Genova. E ancora: sindacati in assemblea (l’Uspur unica dissidente). «La Moratti, va bocciata», è il tam tam della rivolta, e spunta una nuova scadenza: tutti in piazza a Roma intorno al 15 marzo se non si registra un’inversione di rotta. E in assemblea la Conferenza dei rettori appoggia in pieno la protesta: si dice pronta a dare forfait all’incontro convocato oggi dalla Moratti con il comitato di presidenza Crui. I rettori non sono infatti più disponibili a trattare. «Non andremo all’incontro con il ministro, sarebbe inutile, se passa oggi in commissione l’emendamento della maggioranza al provvedimento sullo stato giuridico. Decideremo oggi» lo dice chiaro il presidente della Crui, Piero Tosi. Poi, afferma, se così fosse, la Crui comunque non si fermerà: farà tutti i passi necessari con il Senato e con la Camera per far sentire le sue ragioni. «Se passa l’emendamento che rappresenta la negazione delle posizioni della Crui, non ci sono più margini di discussione tra i rettori e il ministro» conferma il rettore della Federico II di Napoli, Guido Trombetti, vice presidente della Crui. «L’impianto della legge - spiega - procura un grave vulnus al sistema delle università. Non potremo far altro che affidarci al Parlamento, Camera e Senato, sperando in un radicale cambiamento di rotta». Del resto, i rettori hanno già sancito alcuni «punti irrinunciabili» con determinata chiarezza, proprio ieri, in assemblea. Dopo, infatti, aver ribadito la completa sintonia con la protesta delle università, Tosi ha affermato: «Bisogna uscire dai fini elettorali del momento che inducono alla demagogia e andare oltre condividendo con il mondo universitario le soluzioni. Siamo disponibili a proporre ma vogliamo interlocutori affidabili». Punti irrinunciabili: l’istituzione di un terzo livello riconosciuto di ruolo docente per i ricercatori (con l’ingresso in ruolo su base meritocratica); netta distinzione tra regime a tempo pieno e definito; rifiuto di riconoscimenti simbolici del lavoro di docenza e ricerca svolto; più risorse. «Quest’anno - ha spiegato Trombetti - gli atenei hanno ottenuto 438 milioni di euro: 230 saranno utilizzati per il recupero di incrementi stipendiali, altri 50 saranno sottratti attraverso il decreto che accorcia da tre a un anno il periodo di prova dei ricercatori. Inaccettabile, poi, la proposta del governo di incrementare del 7% i finanziamenti agli atenei non statali con detrazioni ai danni del fondo di finanziamento ordinario delle università». Bollato dai rettori come «confuso e contraddittorio l’atteggiamento politico che non tiene conto delle esigenze unanimamente espresse dal mondo universitario». Meglio, hanno proposto, fermare tutto e rinviare a dopo le elezioni. Sono i rettori al fianco di tutto il mondo universitario che, ieri, ha visto protestare insieme associati, ricercatori, lettori e, in molti atenei, studenti. Ogni sede del sapere ha infatti attuato una diversa iniziativa di protesta, ma con un solo obiettivo: il ritiro del ddl sullo stato giuridico dei docenti. «C’è stata una partecipazione enorme» ha affermato Enrico Panini, segretario generale della Flc-Cigl e snocciola i dati: adesioni oltre il 60%, con punte oltre l’80%. «Siamo all’assoluta confusione - ha affermato - Si introducono norme come l’apertura di concorsi ad associato senza limiti numerici, ma senza soldi: evidente l’intento preelettorale». E l’opposizione, oggi, minaccia di non partecipare al voto finale sul ddl in commissione Cultura alla Camera e denuncia: «Nel decreto ci sono «finanziamenti a pioggia ad associazioni, enti, fondazioni sconosciute come i 180mila euro l’anno all’Audax di Sanrocchese di Gorizia».
 
 
 
13 -  Il Tempo
Riforma Università Tutti contro Moratti                                                                                        
di NATALIA POGGI
DA NORD a Sud, da est a ovest, dall’alto in basso (e viceversa): l’Università italiana, in toto, rigetta il disegno di legge Moratti sullo stato giuridico dei docenti universitari. Non lo voleva prima, non lo vuole adesso ritoccato «in senso peggiorativo» dagli emendamenti-bis della maggioranza. Ieri c’è stato lo sciopero nazionale: aule deserte (il 60% dei docenti non ha lavorato), giornata di mobilitazione di massa con cortei, catene umane e assemblee pubbliche di docenti e ricercatori. Dall’emiciclo della sede CRUI i magnifici rettori hanno lanciato il grido di dolore per un ddl «privo di strategie, disorganico, pasticciato e incompetente» e per un sistema universitario alla canna del gas «perchè i fondi servono a mala pena a pagare gli stipendi». «A questo punto chiediamo di lasciar passare il periodo elettorale - ha detto il presidente Tosi - e di riprendere il confronto con governo e forze di maggioranza dopo le elezioni. Così, forse, certe inziative di natura demagogica non avrebbero ragioni di essere. Vogliamo che sia ribadito che l’Università è la sede elettiva della ricerca e che i docenti hanno il diritto/dovere di fare ricerca». Preso atto che nel ddl è rimasta la distinzione tra tempo pieno e definito i Rettori ribadiscono, comunque, il no all’eccessivo precariato, l’immissione di ruolo degli attuali ricercatori e nessuna ope legis ma solo meccanismi di accessi meritevoli. I Rettori oggi pomeriggio incontreranno la Moratti durante un incontro che lo stesso ministro ha sollecitato: «Anche se i tavoli tecnici a questo punto non servono più - ha detto il presidente Tosi - Cerchiamo almeno di risolvere il problema dei ricercatori». «Non si capisce perchè da un lato si propugna il "tutti dentro" e per un altro ci si arrocchi contro il terzo livello di docenza - hanno detto i Rettori - Nei sistemi universitari europei si va in questa direzione. Il sistema anglosassone ha quattro figure accademiche, per esempio». Sottolineando che le riforme non si fanno a costo zero la Crui ha chiesto un incontro anche con la Commissione Cultura. «Per raggiungere un livello competitivo con il resto dell’Europa l’università italiana avrebbe bisogno di un investimento di 600 milioni di euro per dieci anni» hanno ribadito. Le Organizzazioni e le Associazioni della docenza universitaria ieri hanno chiesto, ancora una volta, il ritiro del ddl e si sono impegnati a proseguire il confronto con tutte le forze politiche e parlamentari. Inoltre hanno comunicato che la prevista manifestazione nazionale avverrà prima di Pasqua. Il grido di battaglia resta dunque: Non abbassare la guardia. E nelle singole università le iniziative di protesta si rincorrono. Ad esempio la Facoltà di Informatica della Sapienza ha deciso lo slittamento dell’inizio delle lezioni del secondo semestre al 14 marzo per consentire una frequenza regolare dei corsi. «Lo slittamento si é reso necessario in seguito al ritiro di molte delle domande presentate per tenere corsi per supplenza, con conseguente scopertura degli stessi. Il ritiro delle domande é avvenuto come forma di protesta contro il ddl Moratti».                                                                                                                                                            
 
 
 

Questionario e social

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