Martedì 15 marzo 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
15 marzo 2005
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
Ufficio Stampa

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 14 – Cultura
Archeologia. Risalirebbero a tremila anni fa i primi vagiti dell'alfabetizzazione dei Sardi
La magia della scrittura nell'emporio di Sant'Imbenia
E a Nuraghe Appiu gli studiosi scoprono segni di grande interesse
È stato sostenuto autorevolmente che l' acquisizione della scrittura avviene nella cerchia della città, poiché l'ambito urbano, con la sua complessità di funzioni e di gerarchie, impone l'uso della scrittura. Perciò la Sardegna nuragica, che non raggiunse il grado urbano, fermandosi semmai alle soglie nel livello preurbano, è una civiltà priva di scrittura. Si deve notare, tuttavia, che la civiltà nuragica propriamente detta tramonta intorno al principio del I millennio a.C., quando cessa la costruzione dei nuraghi e si inaugura una nuova civiltà, che studiosi come Lilliu, Lo Schiavo, Santoni, Tronchetti attribuiscono al popolo dei Sardi. Questi Sardi nella Prima Età del Ferro, ossia dal IX secolo a.C., sulla scia dei rapporti che i loro antenati nuragici avevano intrattenuto con i Micenei e i Ciprioti verso il 1350 - 1000 a.C., entrano in contatto con popolazioni orientali (Aramei, Filistei, Fenici) e con i Greci dell' isola di Eubea. Presso Porto Conte lo scavo della Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro nell'insediamento di Sant' Imbenia ha rivelato il primo esempio di Emporio indigeno, cioè un luogo attrezzato per lo scambio "internazionale": e infatti gli archeologi hanno acquisito coppe greche per bere il vino, ma anche vasellame prodotto in Fenicia, oggetti egiziani ed altro. Attraggono la nostra attenzione due coppe con segni alfabetici semitici incisi sulla superficie dei vasi prima della cottura. Dunque a Sant' Imbenia Sardi e Orientali convissero insieme e gli indigeni videro con i loro occhi quegli uomini dalla pelle bruna tracciare dei segni che significavano dei suoni: era la magia della scrittura. Non è possibile che i Sardi in questi empori misti prendessero a comprendere la grande importanza della scrittura alfabetica e la usassero a loro volta? Una prima risposta a questo interrogativo viene dallo scavo del Nuraghe Appiu, sull'altopiano di Villanova Monteleone, ad una ventina di chilometri a sud di Sant' Imbenia, su un altopiano che domina il vicinissimo mare sardo e la baia di Pòglina. Un giovane sindaco, Sebastiano Monti, ha puntato sull' archeologia e, ormai da quattro anni, i fondi della Legge Regionale 37 sul lavoro sono destinati in buona parte a questa nuova avventura archeologica, con l' attività di un gruppo di Villanoviani, diretto dalla Soprintendenza di Sassari con il direttore archeologo Francesco Guido e Gabriella Gasperetti e due giovane archeologhe sul campo, Valentina Porcheddu e Nina Logias. Il nuraghe Appiu è un edificio di architettura complessa con una altissima torre centrale e un bastione con almeno tre torri raccordate da cortine curvilinee, eretto con blocchi di pietra vulcanica locale. Sul pianoro a nord e a est del nuraghe si estende il vastissimo villaggio caratterizzato da edifici pluricellulari, tendenzialmente quadrangolari, del genere di quelli attestati nel villaggio di Genna Maria (Villanovaforru), di Su Nuraxi (Barumini), Palmavera (Alghero) e in altri nella fase della Prima Età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.). I materiali archeologici rinvenuti sono abbondantissimi e consentono di ricostruire una florida comunità indigena fissata nel sito del precedente insediamento dell' età del Bronzo, della seconda metà del II millennio, che espresse il gigantesco nuraghe. Lo studio dei materiali è stato avviato tempestivamente in relazione alla stesura di un volume sulla storia e l' archeologia del nuraghe Appiu. Uno, tra le migliaia di oggetti scoperti, ha colpito in particolare l' attenzione di Valentina Porcheddu e su questo va preparando uno studio frontale: si tratta di un manico in terracotta appartenente ad una brocca a corpo tondeggiante detta dagli archeologi "askoide", ricamente decorato da cerchietti concentrici ottenuti con un punzone in osso. Queste brocchette, che dovevano contenere un liquido prezioso (c'è chi pensa ad un antichissimo filu 'e ferru, l' Acquavite dei Sardi, o al Mirto), furono esportate in tutto il Mediterraneo: da Huelva e Gadir sull' Oceano Atlantico spagnolo a Cnosso di Creta, a Cartagine, a Mozia in Sicilia, a Vetulonia e Populonia e in altri centri dell' Etruria tirrenica. Il manico della brocca "askoide" di Villanova Monteleone ha una particolarità: alla base dello stesso, presso l' attacco sul corpo, è inciso, profondamente, prima della cottura, un grande segno a X, che rappresenta la lettera fenicia taw o meno probabilmente il segno alfabetico greco a croce di Sant' Andrea che può valere, a seconda degli alfabeti, ch o ks. Dunque un Sardo ha appreso dai Fenici l'esistenza di un codice scrittorio ed ha utilizzato uno dei segni per marcare, in una posizione visibilissima, una brocchetta di tipo speciale. Cosa può significare tale segno ? Vi sono studi recentissimi sui cosiddetti "pre-firing marks" (i marchi incisi prima della cottura dei vasi) che evidenziano il valore di tali marchi nella sfera della produzione, in quella della distribuzione e infine in quella del consumo dell' oggetto. In Sardegna una quarantina di anni addietro l' archeologo dell' Università di Cagliari Giovanni Ugas scoprì nella sua natìa Monastir, nel villaggio indigeno di Monte Olladiri, tra i numerosissimi oggetti in ceramica, due manici di brocchette "askoidi" dell' iniziale VIII sec. a.C., simili a quello del nuraghe Appiu, e recanti due diversi segni alfabetici: uno zayin fenicio (o uno zeta greco) e il segno vau (digamma) greco piuttosto che l' assai diverso waw fenicio. Secondo Giovanni Ugas poteva trattarsi di marchi di carattere numerale, tuttavia altre soluzioni sono possibili eventualmente in rapporto al destinatario (futuro proprietario) della brocchetta. Naturalmente l' acquisizione da parte di indigeni del nord e del sud della Sardegna di segni alfabetici non significa ancora che i Sardi avessero appreso l' alfabeto e fossero in grado di tramandare un messaggio scritto. Si deve ricordare ad esempio che i Laziali dell' Osteria dell' Osa (antica Gabii), nell' iniziale VIII sec. a. C., tracciarono su un vaso indigeno la sequenza di cinque segni alfabetici greci, la più antica iscrizione greca al mondo, e poi rimasero per alcuni secoli muti senza alcun nuovo messaggio scrittorio. O ancora gli antenati degli Etruschi, i Villanoviani, a Bologna vergarono sui loro vasi delle semplici coppie di lettere greche, verso l' VIII sec. a.C. Così andarono le cose anche nella Sardegna di quei tempi: erano arrivati gli Orientali recando nella propria sacca da viaggio l' alfabeto. I Sardi più aperti alle suggestioni che venivano dal mare iniziarono a compitare le parole e, in qualche caso, a scrivere le lettere. Sono i primi vagiti dell' alfabetizzazione dei Sardi. Ora dobbiamo attendere la prosecuzione dell' importante scavo del villaggio del Nuraghe Appiu di Villanova Monteleone: dalla terra degli antichi potrebbe venire alla luce qualche altro documento che illumini la storia della scrittura di tremila anni fa.
Raimondo Zucca
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 18 – Cagliari
Denuncia anche sulle mense: solo un pasto prepagato su quattro viene consumato
Dove vanno i soldi degli studenti
Dossier dell'Udu: oltre 10 mila gli affitti irregolari
A Cagliari abbonda l'oro nero, ma il petrolio non c'entra nulla. L'oro è quello che gli studenti fuori sede e le loro famiglie versano ogni anno per gli affitti. Il nero è quello dei contratti, che nella maggioranza dei casi non sono registrati o non sono regolari o più semplicemente non esistono. La denuncia è dell'associazione Don Chisciotte - Unione degli Universitari, che nei giorni scorsi ha messo insieme un dossier sul business degli studenti inquilini. Lo esporrà oggi pomeriggio alle 17,30 nel cineteatro "Nanni Loy"di via Trentino durante il convegno «Contratti regolari, affitti meno cari»: un appuntamento organizzato non solo per informare gli iscritti all'ateneo su quanto sia cospicua l'economia che ruota intorno ai loro posti letto, ma anche per suggeriri «come sopravvivere alla giungla degli affitti». E se dormire costa, c'è più di qualcosa da dire anche sul cibo. Per l'esattezza sulle mense universitarie, che l'Udu sottopone a una radiografia pubblicata su un numero unico distribuito tra le facoltà. Dai costi per l'Ente per il diritto allo studio all'indice di gradimento tra gli studenti, il servizio di ristorazione universitario viene esaminato criticamente sotto più punti di vista. Un capitolo a parte, infine, è dedicato al problema delle borse di studio, che l'Ersu non può garantire a tutti gli aventi diritto. Le caseLo studio dell'Udu quantifica in oltre venti milioni di euro all'anno il giro d'affari degli appartamenti affittati a studenti senza contratto o con contratti non regolari, «con un'evasione fiscale che raggiunge la cifra stanziata dalla Regione Sardegna per il diritto allo studio. Vale a dire che se i padroni di casa registrassero regolarmente i contratti, si potrebbero ricavare duemila borse di studio». La vita da inquilino senza contratto (è il 52 per cento degli intervistati a farla) ha due svantaggi. Il primo è la precarietà: a molti iscritti all'ateneo «è capitato di dovere forzatamente cambiare casa per l'arbitraria decisione del proprietario, con le enormi difficoltà che esistono nel mercato cagliaritano. Se non si trova una sistemazione, l'unica soluzione è quella di tornare al paese d'origine, col conseguente rallentamento degli studi». E i disagi non sembrano compensati dalla convenienza economica, se è vero che «il canone medio per una camera singola è di 170 euro, mentre per un posto in camera doppia si scende al 132 euro. Il canone annuo medio degli appartamenti della nostra indagine è di 86 euro a metro quadro, vale a dire quasi il doppio del prezzo fissato dal Comune di Cagliari». E senza largheggiare troppo con gli spazi: «Mediamente gli appartamenti presi in considerazione sono abitati da quattro componenti». A tavolaSe il letto cigola, il piatto piange. Dall'analisi dell'Udu risulta che a mangiare a mensa è solo un quarto degli studenti che ne avrebbero diritto. Questi, spiega la pubblicazione "L'ottavo", sono indicati come prepaganti nei bilanci dell'Ersu: sono gli iscritti che godono della borsa di studio, dalla quale l'ente detrae una quota in denaro che corrisponde a 200 pasti. In sostanza: una parte della borsa di studio viene erogata sotto forma di primi, secondi e contorni, ma solo un borsista su quattro vuole mangiarli. Gli altri rinunciano, pur essendo il pasto già pagato e non gratuito, che non è la stessa cosa. Quanto ai costi per l'ente, le tabelle pubblicate dall'Udu (che ha come fonte il bilancio consuntivo di esercizio 2003 dell'Ersu) indicano cifre abbastanza alte. Se la contribuzione media dello studente è di 2,23 euro, «il costo totale del singolo pasto, coperto dall'ente, è molto più elevato: si va dagli 11,28 euro di un pasto consumato in via Premuda ai 5,58 auro di piazza Michelangelo». In quest'ultima e più economica mensa nell'arco dell'anno sono stati serviti 153.942 pasti, in via Premuda 268.046, a Monserrato (dove il costo del pasto per l'ente è di 11,20 euro) ne sono stati serviti 51.583. Numeri destinati a calare, data la tendenza sempre più marcata di non mangiare in mensa. In conclusione: «Su un totale di 1.222.800 pasti pagati in anticipo ne vengono consumati effettivamente solo 283.804». Le borseUltimo capitolo sui soldi degli studenti: le borse di studio. Secondo lo studio dell'Udu su un totale di 7.621 domande sono 5.489 gli studenti ai quali è stato riconosciuto il diritto alla borsa. Solo 3.768 però l'hanno ricevuta effettivamente, gli altri «si sono dovuti accontentare di un pasto al giorno».
Celestino Tabasso
 
i numeri del rapporto udu
Ecco le cifre più significative contenute nel dossier Udu sui costi del diritto allo studio. 12 mila gli universitari di Cagliari (su 38 mila) che vivono in affitto. Meno di mille abitano nelle case dello studente. 52 la percentuale di studenti che vivono in affitto senza aver firmato una scrittura privata. Dato l'alto numero di contratti non conformi alle norme le locazioni non regolari sfiorano il 90 per cento. 132 euro la cifra media mensile per un posto letto in una camera doppia. L'Udu calcola un canone medio di 170 euro per una singola. Mediamente gli appartamenti hanno quattro inquilini. 9,36 euro Il costo m
edio (per l'Ersu) di un pasto nelle mense. In via Premuda il costo è 11,28 euro, a Monserrato è di 11,20, in piazza Michelangelo è di 5,58. A Nuoro è di 7,27 euro. 32 è la percentuale degli studenti esclusi dalle borse di studio pur avendone diritto. 9 milioni è lo stanziamento per le borse di studio nello scorso anno accademico.
 
 
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 18 – Cagliari
Ma l'Ersu aggiunge posti a tavola
Si fa presto a dire che il servizio mensa non è soddisfacente, e il numero delle borse di studio nemmeno. Si fa presto e, viste le cifre, si fa anche bene. Ma «i freddi numeri vanno letti con attenzione». Davanti al dossier Udu il presidente dell'Ersu, Christian Solinas, ha da replicare qualcosa. Cominciamo da quei tre su quattro che preferiscono mangiare altrove. «Primo: non decido io di destinare una parte delle borse di studio al pagamento dei pasti, c'è un decreto del presidente del Consiglio dei ministri che fissa l'intensità degli aiuti, con una parte corrisposta in servizi e non in denaro. Secondo: distinguerei tra chi non è soddisfatto della mensa e chi non ci andrebbe comunque». I primi si possono recuperare? «Ci stiamo muovendo in questo senso. Intanto cercando sedi più vicine alle facoltà, in particolare al polo giuridico-economico e a quello ingegneristico. Quanto alla qualità dei pasti, dobbiamo concentrarci su politica controlli: nella previsione astratta dei capitolati d'appalto tanto le derrate quanto la preparazione sono di primissima qualità. Ma nel passaggio dai capitolati alla qualità concreta possono esserci delle differenze: su questo siamo chiamati a controlli più rigorosi. Ma abbiamo già cominciato, vedi via Premuda». Dove un pasto costa 11,28 euro, contro i 7,27 di Nuoro. «Già, ma il costo che fa la differenza è quello del personale, che noi assumiamo secondo i contratti collettivi regionali. I costi vanno abbattuti? Verissimo, ma le economie che potevamo fare le abbiamo fatte. Ora possiamo razionalizzare in modo più ampio e per esempio pensare di trovare nuovi fruitori per le nostre mense: ampliando il numero dei pasti possiamo fare più economie, a patto che l'organico di oggi sia sufficiente». Borse di studio: 32 aventi diritto su 100 hanno solo il diritto, non la borsa. «Vero, ma prima come andava? Il 2004 si chiude in modo più che positivo: il numero delle borse di studio erogate è cresciuto nonostante un taglio del 30 per cento nei trasferimenti ministeriali. Questo non significa che il problema non esiste». Soluzioni? «La più intuitiva è l'aumento delle borse, visto che la fascia del bisogno è in continua crescita in tutta la società sarda». Ma i soldi sono pochi. «Si può usare il denaro come fondo di garanzia per prestiti d'onore agli studenti, che li restituiranno dopo la laurea e un "periodo di grazia"». Chi studia per diventare notaio potrà restituire il prestito senza problemi, ma il povero umanista... «Sì, ma la terza soluzione è la meno accettabile: inasprire i requisiti per avere diritto alla borsa. Spero che non vada mai in porto». (c. t)
 
 
4 – L’Unione Sarda
Pagina 18 – Cagliari
La XV Settimana scientifica
Ora il rettore Mistretta lancia l'allarme: «La ricerca è a rischio»
Il primo messaggio è che la ricerca universitaria è a disposizione del sistema territoriale, perché l'Università non è un mondo chiuso in se stesso. Il secondo è un allarme lanciato dal rettore di Cagliari, Pasquale Mistretta: riguarda la preoccupante situazione dei giovani ricercatori sardi alle prese con un futuro incerto a causa della riforma, con le poche risorse che si stanno investendo per la ricerca e in più penalizzati dalla posizione geografica della Sardegna. Per far arrivare questi messaggi al di fuori delle mura degli atenei, anche a Cagliari è stata inaugurata ieri la quindicesima edizione della Settimana scientifica, che coinciderà anche con sei giorni di orientamento per i futuri studenti universitari. Fino a sabato la cittadella di Monserrato apre le sue aule, la biblioteca, così come saranno a disposizione di tutti i musei e i dipartimenti delle facoltà cagliaritane. ALLARME RICERCA È stato il rettore dell'ateneo di Cagliari, Pasquale Mistretta, ad aprire la Settimana della cultura scientifica e tecnologica, intervenendo nell'aula magna Alberto Boscolo della cittadella universitaria. «Proseguiamo nella strada dell'apertura del sistema universitario al territorio ? ha detto Mistretta ? Per questo, per esempio, abbiamo organizzato per mercoledì sera un incontro dibattito sulle politiche della ricerca e di tutto quello che ruota intorno, partendo dal confronto con le categorie imprenditoriali e quelle politiche». Categorie che non erano presenti all'inaugurazione di ieri: «Ho preferito non insistere con gli inviti, visto quello che è accaduto di recente a Sassari», ha ironizzato il rettore. Dunque una presentazione più intima, davanti a docenti e ricercatori. L'occasione per parlare dell'impegno che il rettorato di Cagliari metterà nel difendere il corpo docente, alle prese con il fermento dovuto alla riforma dell'ordinamento giuridico: «La realtà sarda è più complessa rispetto al resto d'Italia ? ha sottolineato Mistretta ? Siamo una realtà circoscritta geograficamente. Nel resto della Penisola le opportunità di entrare nel mondo universitario sono maggiori anche grazie a un gioco di rete tra atenei. In Sardegna questo non è possibile». Per questo il dibattito, condito da polemiche, scioperi e manifestazioni, sul Ddl della Moratti, non va sottovalutato: «C'è l'appoggio da parte di tutti i rettori, e una lotta per ottenere dal Crui fondi per la ricerca». Ricerca che deve essere accompagnata anche dalla cultura umanistica: così nel suo intervento Mistretta non ha lesinato riferimenti a Prometeo. Dopo il rettore è intervenuto il preside della facoltà di Farmacia, Francesco Di Chiara, che ha illustrato un nuovo possibile percorso professionale nell'Università: partendo dal dottorato, passando per un master, fino a un corso di studi che dura soli due anni. Inoltre Di Chiara ha evidenziato la necessità di distribuire equamente le risorse tra le aree di eccellenza dell'ateneo cagliaritano. ORIENTAMENTO La cittadella universitaria sarà invasa questa settimana da oltre otto mila studenti delle quarte e quinte classi delle scuole superiori di tutta la Sardegna. Uno stand dell'ufficio orientamento servirà per dare tutte le informazioni possibili, sulla selva di corsi presenti nelle facoltà.
Matteo Vercelli
 
 
5 – L’Unione Sarda
Pagina 21 – Cagliari
via ospedale Un master di gestione della Sanità
È in programma questa sera il terzo master dedicato alla Gestione della sanità, organizzato dalla Scuola di formazione politica "Pro libera civitate onlus" e dalla Scuola di specializzazione in igiene e sanità pubblica della facoltà di Medicina dell'Ateneo cittadino. L'iniziativa è in programma alle 18 nell'aula Costa dell'Istituto di anatomia patologica, in via Ospedale 46. Del comitato scientifico fanno parte Paolo Contu, Gavino Faa, Luigi Minerba, Francesco Sitzia e Vittorio Dettori. Sono invece sei gli autori del progetto.
 
 
6 – L’Unione Sarda
Pagina 39 – Sassari
Guerra per l'area fra Comune e Ateneo
Ospedale di Veterinaria: il progetto va in freezer
Tutto bloccato. Lo sviluppo e la sopravvivenza della facoltà di Veterinaria dell'Università di Sassari si giocano con un assurdo braccio di ferro fra l'Ateneo e il Comune. Da una parte il progetto dell'Università per costruire l'ospedale veterinario, con pronto soccorso, reparti di radiologia, ginecologia, ostetricia, medicina, anatomia patologica, chirurgia e malattie infettive. Una struttura indispensabile per la Facoltà affinché i suoi laureati siano riconosciuti a livello europeo. Dall'altra parte ci sono le richieste della commissione Urbanistica di Palazzo Ducale, che davanti alle tante inesattezze del progetto presentato dall'Università vuole vederci chiaro. E prima di dare il via libera al piano vorrebbe almeno contrattare e ottenere in cambio un'area abbandonata che l'Università possiede in viale Italia, di fronte all'ospedale civile. Il tira e molla fra Comune e Ateneo va avanti già da un paio di settimane, con la commissione Urbanistica che spulciando il progetto rileva di volta in volta errori e dimenticanze che non possono essere accettati. Il piano originario risale a una decina di anni fa, e subì un primo stop dalla Giunta guidata da Anna Sanna. Anche in quel caso il Comune chiese all'Università di rivedere il progetto apportando alcune correzioni essenziali. Oggi come allora, il nodo per dare l'ok al piano urbanistico è una strada inserita nel piano di lottizzazione. Già ne 1996 il Consiglio comunale approvò i disegni dell'Ateneo a condizione che questa stradina rimanesse di uso pubblico. Quella via permette l'accesso non solo all'ospedale veterinario ma anche all'Istituto zooprofilattico in costruzione proprio a ridosso dell'area universitaria. Nei progetti dell'Atene, la strada della discordia è stata presentata nuovamente come privata, ad uso esclusivo della Facoltà. Un particolare che la Commissione non ha potuto accettare. Risultato, tutto il fascicolo sul piano per la costruzione dell'ospedale veterinario è stato bloccato e rispedito agli uffici tecnici. All'Università sarà chiesto di modificare per l'ennesima volta il progetto: o così, o non si passa. ( v. g.)
 
 
7- L’Unione Sarda
Pagina 40 – Gallura
Tempio. Per due facoltà una fine annunciata dopo cinque anni di attività
L'Università rischia di chiudere
Tagli della Regione, per il Comune peso insostenibile
Prima un allarme ignorato, poi la resa. L'Università chiude i battenti, dopo soli cinque anni di attività, a causa della drastica riduzione dei fondi. La scure della Regione non colpisce solo il mondo del lavoro e i corsi professionali, ma anche quello degli studi. A confermare la fine dei due corsi di laurea "Tecniche erboristiche" e "Tossicologia degli inquinanti ambientali" è il sindaco Antonello Pintus, molto amareggiato dal rapporto con la Giunta regionale: «Inizialmente ci erano stati promessi circa 400mila euro ? premette il primo cittadino ? che già di per sé non è una cifra adeguata, se si pensa che fino al 2003 avevamo ottenuto 750mila euro. In seguito c'è stato detto che ci sarebbe stato un taglio del 30 per cento sui trasferimenti precedenti. Così, abbiamo pensato che tale riduzione sarebbe stata applicata sull'importo di 750mila euro, ma così non era. La somma che ci era stata determinata era 325mila euro decurtata del 30 per cento». Una condizione definita inaccettabile dal Comune che, avendo già messo a disposizione una cifra considerevole per consentire lo svolgimento dell'attuale anno accademico, non può sobbarcarsi ulteriori oneri. Questo a prescindere da chi vincerà le prossime elezioni per il rinnovo del consiglio cittadino. Se si pensa che il solo costo del personale docente, tra stipendi e rimborsi, sfiora i 360mila euro, si capisce che il mantenimento dei due corsi di laurea diventa insostenibile anche per la più oculata delle amministrazioni. Dopo la Stazione sperimentale del sughero, l'Ispettorato agrario e l'Ufficio della Camera del commercio, ora l'Università a chiudere un cerchio sconfortante. Comunque, a soffrire per la cronica carenza di finanziamenti non è solo il centro gallurese o le sedi gemmate, ma anche i due atenei isolani di Cagliari e Sassari. Motivo per cui i rettori non possono in alcun modo sostenere le sedi periferiche. La stessa fine prematura dell'esperienza universitaria tempiese, comporta anche l'inosservanza della convenzione decennale stipulata con il rettore di Sassari, Alessandro Maida. Era per l'esattezza il 12 gennaio del 2000, quando nello stracolmo auditorium della biblioteca comunale si svolse l'inaugurazione ufficiale dei corsi con la firma dei rispettivi impegni. Allora nessuno pensava che in un futuro di così breve termine sorgessero difficoltà insormontabili. Il decentramento dei corsi di laurea risponde alle richieste peculiari di un territorio unanimemente riconosciute, ma che ora si affossano nella generale indifferenza. Si parla tanto di competitività e di qualità nella formazione, per cui si impone la necessità di reperire, a livello europeo, quei fondi che Bruxelles destina anche agli istituti scolastici. Per ottenerli serve un Piano credibile.
Francesco Cossu
 
 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Inaugurata la settimana scientifica, l’università si apre ai cittadini e al territorio
Più scienza per capire e fare
Il rettore Mistretta: «Non dobbiamo farci sopraffare»
 CAGLIARI. Cita Prometeo e Tommaso D’Aquino, passando anche per Umberto Galimberti. Nella giornata inaugurale della XV settimana scientifica, in programma contemporaneamente nei diversi atenei d’Italia, il rettore dell’università cagliaritana Pasquale Mistretta invita a una formazione che comprenda sì quella scientifica, ma non trascuri quella umanistica, l’unica capace di difendere le nostre convinzioni e di non “farsi sopraffare dai padroni”. E ancora: in un’università che s’apre al territorio e al futuro, dice Mistretta, le risorse occorre anche saperle trovare. Lamentarsi e poi scoprire che le casse dei dipartimenti conservano “microriserve”, datate anche quindici anni, non può certo giocare a favore.
 Sono questi i segnali più forti lanciati ieri dal rettore. Nel discorso che ha apeerto una settimana densa d’appuntamenti, s’è letta la volontà di proteggere l’ateneo: la qualità della didattica, certo, ma soprattutto il ruolo di docenti e ricercatori, minacciati in questo momento dal nuovo ‘stampo’ che la riforma Moratti vorrebbe dare alle università.
 Precisando che dal ministero sono comunque arrivati “segnali d’apertura”, il rettore ha poi voluto battere sulla strada della ricerca, un argomento che sarà affrontato più in dettaglio in una tavola rotonda in programma domani: «Per lungo tempo - ha detto Mistretta - si è creduto che l’università fosse molto gelosa delle sue cose, che volesse pensare al proprio orticello escludendo gli altri. Ora le politiche dell’ateneo percorrono una strada molto diversa: l’università s’apre alle imprese e al territorio e i risultati sono già molto apprezzati».
 Certo, il disagio portato dalla riforma fa sentire tutto il suo peso. È anche per questo che la valorizzazione delle risorse, l’integrazione con gli altri attori socio-economici diventa importante. Soprattutto in una realtà come quella sarda, dove, dice Mistretta, «le unità fisiche sono circoscritte, mentre in altre parti d’Italia i ricercatori possono far leva su una ben più ampia elasticità di spostamento». Si sa, le risorse sono poche, ma non per questo bisogna demordere: «I soldi per gli assegnisti di ricerca? Bisogna trovarli per forza», dice Mistretta. (s.z.)
 
 
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
VIA TRENTINO
Studenti portatori di handicap senza più l’accompagnamento
 CAGLIARI. Protesta, con un comunicato, degli studenti portatori di handicap che abitano nella Casa dello studente di via Trentino. A causa del mancato coordinamento tra la fine del servizio civile di leva e l’inizio del servizio di volontariato, alcuni dei dieci disabili non hanno più garantito l’accompagnamento: non possono frequentare le lezioni, o essere presenti agli esami. Gli studenti hanno protestato con il consiglio d’amministrazione dell’Ersu, ma dagli uffici del Corso non sono arrivate le attese risposte.
 
 
10 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Sardegna
Iscritti università La Sardegna al quinto posto
 CAGLIARI. Con 692 nuovi iscritti all’università ogni 100.000 abitanti la Sardegna è la quinta regione in Italia per numero di immatricolati nell’anno accademico 2004/2005, preceduta da Molise, Abruzzo, Lazio e Basilicata. Nell’anagrafe nazionale studenti - secondo dati pubblicati ieri dal quotidiano economico «Sole 24 ore» - figurano 11.075 immatricolati sardi, di cui il 14,45% fuori regione. La Sardegna è, invece, fra le ultime nella graduatoria in base alla quota dei laureati sulla popolazione adulta: con il 6,5% è solo diciasettesima, davanti soltanto a Veneto, Trentino e Val D’Aosta. La media nazionale dei laureati è del 7,6%, mentre quella degli immatricolati è pari a 528 ogni centomila abitanti.
 
 
11 – La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari
VETERINARIA
Ancora lungaggini per l’ospedale
 SASSARI. Tra misurazioni stradali e questioni linguistiche l’ospedale veterinario sembra essere finito in un vicolo cieco. La querelle tra università e amministrazione per la costruzione di una via che colleghi il policlinico per animali al resto della città sembra ora allargarsi anche all’istituto zooprofilattico. La struttura sanitaria sorge proprio alle spalle del polo universitario.
 La commissione Urbanistica ha riesumato una pratica del 1996 che prevedeva la creazione di un’arteria che attraversasse la facoltà e passasse per l’istituto zooprofilattico. Nelle carte approvate dal consiglio comunale nove anni fa una strada di uso pubblico doveva collegare via Vienna alla 131, così come ora chiede la commissione urbanistica. Ma per le ragioni portate avanti dal Comune è una vittoria a metà. «È chiaro che ora l’ateneo dovrà rispettare le regole che Palazzo Ducale ha dato in quel progetto - spiega il consigliere Mariolino Andria -. In altre parole dovrà nascere una strada a uso pubblico che va fatta pagare e gestire all’università».
 La strada in realtà esiste già e una parte della commissione la contestava perché troppo stretta. Ma dalla pratica del 1996 è emerso il contrario: la via non deve essere di quindici metri, ma di nove.
 Queste le dimensioni previste dall’amministrazione nella delibera. (l.r.)
 
 
12 – Corriere della sera
Università di Roma Tre, oggi la revoca del «bando» «Coca-Cola, solo un’operazione mediatica» Gli studenti al rettore: no, problema etico
ROMA - Compromesso all’università Roma Tre nella guerra delle bollicine. Il Senato accademico oggi comunicherà il cambiamento di posizione su Coca-Cola e merendine, non più escluse dalle macchinette dell’ateneo. Gli studenti cantano comunque vittoria per essere riusciti a parlare di «consumo critico». Bibite e snack non saranno dunque sostituiti da succhi bio e prodotti equo-solidali, ma semplicemente convivranno accanto a loro. Ieri, il rettore Guido Fabiani, dopo i ripensamenti e le polemiche di questi giorni, ha definito la vicenda del voto nel Senato accademico «frutto di una pretestuosa operazione mediatica» che «prescinde del tutto dalla sequenza dei fatti come sono avvenuti» e «non lascia ben valutare l’equilibrio dell’informazione attuale in Italia». Di questa operazione qualcuno, a dire del rettore, avrebbe approfittato per «strumentalizzare il tutto in funzione vistosamente anti-Roma Tre». Fabiani ha sostenuto che il «Senato ha risposto alla richiesta degli studenti di sostituire le macchine distributrici di bevande e snacks» con altre del commercio equo e solidale e, «nei bar interni delle facoltà di Lettere e Giurisprudenza», di «ampliare il paniere di offerta dei prodotti, prendendo atto delle intenzioni dei proponenti». E ha poi affermato che «nessuna decisione di sostituire i distributori è stata presa, non è stata menzionata nessuna marca in particolare, tantomeno si è fatto alcun riferimento ai presunti motivi "antiamericani" che la stampa ha voluto sollevare».
Per la «Rete universitaria dei movimenti» e «Ricomincio dagli studenti», il comportamento del rettore e di alcuni docenti è «in antitesi con quanto sostenuto in Senato affermando che la mozione sia stata condizionata dalla "stanchezza dei presenti e dal timore di creare scintille tra i ragazzi"». Le due organizzazioni hanno affermato che «non è possibile permettere la stipula di contratti con aziende che basano il loro margine di profitto principalmente sulla violazione dei diritti umani, sindacali e sul mancato rispetto dell’ambiente». Critici anche loro verso chi avrebbe «presentato la questione come una campagna esclusivamente contro la Coca-Cola. La nostra proposta - hanno concluso - era invece guidata dall’esigenza che in un luogo di formazione sia determinante la componente etica come guida nelle relazioni esterne». F. Fior.
 
 
13 – Corriere della sera
LETTERE
I ricercatori universitari
A proposito del dibattito sullo stato giuridico dei professori e ricercatori universitari volevo richiamare l’attenzione sulla profonda ingiustizia che si sta perpetrando nei confronti dei ricercatori e soprattutto dei «maturi».
Molti ricercatori, sicuramente tutti quelli che hanno «affidamenti» ufficiali di insegnamenti nei corsi di laurea principali, non hanno potuto partecipare e «vincere» i concorsi solo perché questi non sono stati banditi, o, peggio, ne sono stati dissuasi.
Nessuno ora vuole «regali», se ne è già abusato troppo fino ad oggi. I vecchi ricercatori, con almeno 15 anni di servizio, quelli a cui, per almeno 5 anni, le facoltà, ritenendoli meritevoli e capaci e che ora si vuole mettere ad esaurimento hanno affidato insegnamenti ufficiali nei corsi di laurea principali ritengono di essersi conquistati il sacrosanto diritto di veder riconosciuta la loro capacità ed i loro indiscussi meriti almeno con concorsi riservati prioritari a «professori associati confermati» tanti quanti sono gli affidamenti nei corsi di laurea principali.
Solo dopo ciò, verificate le reali necessità restanti, si potranno aprire i concorsi nazionali a tutti; faccio gentilmente presente, comunque, che questi nuovi concorsi, come insegna il recente passato, sicuramente non sono stati né saranno in futuro la panacea dei mali dell’università.
I ricercatori italiani, che sostengono la stragrande maggioranza del carico didattico delle università, soprattutto a Medicina, non vogliono essere costretti a morire per esaurimento e non possono accontentarsi del risibile titolo senza valore di professore aggiunto o aggregato: non è per questo che hanno speso la loro vita nell'università e non vogliono vedersi gettare via, quasi per un capriccio, anni di sacrifici e di concrete aspettative, ma vogliono lavorare sempre di più e meglio nell’università e per l’università.
Giulio Mazzilli
Ricercatore di Medicina
Docente Affidatario di Chirurgia Vascolare
Università di Verona
 
14 – Corriere della sera
Tra quattro anni l’istituto neurologico si trasferirà sull’ex Pirelli, accanto agli Arcimboldi e all’università Otto sale operatorie e 257 posti letto, il nuovo Besta alla Bicocca In un primo tempo l’ospedale si sarebbe dovuto realizzare sull’ex Maserati assieme all’Istituto dei Tumori
Non è più il 1959, quando Gio Ponti e Pier Luigi Nervi costruivano per la Pirelli il grattacielo che è diventato un simbolo di Milano, ma la Pirelli ha ricominciato a plasmare la città. L’altro ieri la notizia di acquisizione del gruppo Rinascente, poi ieri un altro exploit: Marco Tronchetti Provera e Carlo Puri Negri, amministratore delegato di Pirelli Real Estate, hanno partecipato alla presentazione del nuovo Istituto Neurologico Besta, che entro il 2009 sorgerà alla Bicocca su un’area ex Pirelli di 42 mila metri quadrati, con un finanziamento di 160 milioni di euro ripartiti tra l’Inail (120 milioni) e il ministero della Salute, che mette a disposizione 40 milioni per le attrezzature.
La nuova sede del Besta, quattro edifici collegati tra di loro di quattro piani fuori terra e due sotterranei, per un totale di 257 posti letto e con otto sale operatorie, va ad aggiungersi alla Scala-bis del Teatro degli Arcimboldi, all’università Bicocca dove ci sono già 27 mila studenti, alla sede della Deutsche Bank, e al Mirs della Pirelli stessa, dove si fa ricerca per produrre pneumatici di concezione avanzata. Poco lontano, il Cnr. Come ha detto Tronchetti Provera, là dove c’erano 30 mila operai s’insedia la nuova Milano tecnologica.
Alla presentazione hanno partecipato due ministri (Girolamo Sirchia e Roberto Maroni), il presidente della Regione, Roberto Formigoni, il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, l’assessore alla Sanità, Carlo Borsani, l’assessore comunale Giovanni Verga. Il progetto, ormai esecutivo (è anche stato scoperto il plastico), è stato illustrato dal commissario straordinario del Besta, Graziano Arbosti, e dal direttore scientifico Ferdinando Cornelio. Un pezzo di futuro, certamente. Fuori, un parco di 7.500 metri quadrati e un parcheggio di 13.760 metri quadrati con 300 posti per i dipendenti e altri 450, in un parcheggio comunale, per i visitatori. Dentro, 257 camere di degenza, singole o doppie, con isolamento acustico, un day hospital di 33 posti, una terapia intensiva con 12 letti, e tutte le apparecchiature più nuove, compresi gli acceleratori lineari per la cura dei tumori del sistema nervoso. Ci saranno anche una grande libreria scientifica con audiovisivi, un auditorium, un asilo nido per 30 bambini, e una foresteria con 45 camere (l’80% dei pazienti arriva da fuori regione e anche dall’Europa) dove alloggeranno familiari, convalescenti e ricercatori.
Il Besta, inaugurato nel 1924, aveva bisogno di tutto ciò. L’hanno detto il sindaco Albertini («E’ il quinto istituto neurologico a livello mondiale ed è uno dei punti di forza del "modello Milano", insieme con Niguarda e il Policlinico»), il ministro Sirchia («Valorizzare questo istituto era un dovere per l’Italia»), il presidente Formigoni («Gli ospedali devono essere il luogo di accoglienza dell’integralità della persona»), mentre l’assessore Borsani, pur soddisfatto, ha mostrato un pizzico di amarezza per un progetto abbandonato: quello che doveva veder sorgere sull’area ex Maserati, assieme al «nuovo» Besta, anche il «nuovo» Istituto Nazionale dei Tumori.
Antonella Cremonese
 
 

Questionario e social

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