E allora, perché non approfittare di tanta saggezza e conoscenza per arricchirci un pochino anche noi?
L’idea è venuta a quelli della “Sezione di Greco”, del dipartimento di Filologia classica, glottologia e scienze storiche dell’antichità e del medioevo dell’Università di Cagliari, che, insieme alla Soprintendenza archeologica cittadina, hanno programmato una serie d’appuntamenti interamente dedicati proprio al grande intellettuale dell’antichità: Erodoto.
Ma non si parlerà della sua storia, né di alcuni aspetti peculiari del suo carattere. Piuttosto sarà lui a parlare alla gente: per mezzo dei suoi scritti, e della voce prestata dall’attore Gaetano Marino.
L’iniziativa si chiama “Se una notte... Storie dalle storie di Erodoto”, appuntamento con le letture erodotee, inserito nella Settimana della cultura, dal 17 al 20 maggio sempre alle 18.
«L’attenzione - si legge in una nota degli organizzatori - che il mondo contemporaneo dedica alle proprie radici, ed alla storia dell’uomo, attualmente è riservata soprattutto agli aspetti della cultura materiale».
Ritrovamenti archeologici sensazionali per antichità e pregio, ma anche scoperta di vecchi cunicoli o strade, sono immediatamente fonte d’attrazione.
Non è così invece per i documenti letterari: quando anch’essi vantino un’antichità uguale o superiore a quella di altri ritrovamenti, la loro importanza appare sempre di un gradino inferiore. «Eppure - dicono gli organizzatori - i vecchi documenti letterari possono offrire, più di altri ritrovamenti, la prodigiosa sensazione di un incontro a tu per tu con l’intelligenza, l’esperienza, le conoscenze e le emozioni di uomini vissuti in epoche affascinanti e remote, e in ambiti sociali e culturali irrimediabilmente perduti».
Diverse città d’Italia, prima di Cagliari, hanno sperimentato questo tipo d’incontri con il passato, mettendo le opere di antichi autori a disposizione di un pubblico quanto mai ampio. E’ stato così per Sofocle, Platone, Virgilio, Omero.
L’Università e la Soprintendenza archeologica hanno deciso invece di puntare su Erodoto, e su un suo testo in particolare: “Le storie”, forse poco noto, ma che, si legge ancora nella nota, «si presta particolarmente per far vivere al visitatore del Museo l’esperienza di uno straordinario tuffo nel passato».
L’iniziativa, finanziata dalla Fondazione Banco di Sardigna, prevede l’ingresso gratuito.
Per prenotazioni si può chiamare allo: 070/60518245.
Sabrina Zedda
Nel maggio del 2003 uscì un altro degli innumerevoli, affascinanti libri di Bernardini: “Nonno perché non ci sgridi mai?”. È dedicato ai suoi sette nipotini: Mara, Emiliano, dal nome di Zapata come il Milianu di “Sos sinnos” di Pira, Mariavincenza, Simone, Francesca, Marta e Paola. Tra vissuto autobiografico e qualche sconfinamento nel fantastico il maestro parla di un quotidiano all’insegna del proverbiale imparare da parte dei vecchi nel contempo che insegnano ai bambini tolleranza, rispetto e amore. C’è sempre qualche punto della primavera per ricominciare con i progetti. Oggi, 14 maggio 2005, a Siniscola, dove è nato 87 anni fa, la Sinilandia di tanti suoi racconti, festeggiano Albino Bernardini. “Una vita per l’infanzia” recita il nome del convegno organizzato dal Comune, dalla direzione didattica e dalla biblioteca. Dopo saluti e relazioni, insieme al festeggiato saranno i bambini a tenere banco, con lettere, poesie e canti.
È stato un maestro rivoluzionario. Ha insegnato, ai bambini ma anche ai grandi, che con i metodi repressivi, con la bacchetta, non si ottiene niente. Magari oggi viene più facile sostenerlo. Ma allora, quando Bernardini iniziò a insegnare prima in terra di Barbagia, a Bitti e a Lula, il parlare ex cathedra da parte del maestro era la norma. Stava alla base del metodo cosiddetto educativo. In realtà povere e degradate, maestri e maestre elementari mascheravano nell’arroganza, nel non amore, nella diseguale distribuzione di cazzottos, pedate e bastonate, la loro ignoranza, il vuoto pedagogico. Erano funzionali a una scuola che doveva perpetuare la divisione in classi e caste. Il comunista mastru Bernardini, discepolo di Freinet e Piaget, rivoluzionò quel mondo assurdo. A scuola oltre che per imparare ci si doveva stare con gioia, con la concordia.
Quanti ostacoli, quanta burocratica diffidenza, quanti intralci dovette affrontare e superare il maestro. Lo fece sempre con coraggio, molto affidandosi alla capacità di trasmettere “giusta ribellione”. I fautori del vecchio metodo tra cui gli stessi padri e madri degli alunni, dovettero riconoscere a un certo punto che la scuola di mastru Bernardini era tutt’altra cosa. Insegnava il rispetto dell’uomo, come costruirlo. Sia che il maestro organizzasse la squadra di calcio “Scintilla”, così come fece a Bitti dove il derby non poteva non essere con l’altra compagine legata alla parrocchia (non guasta mai un po’ di don Camillo e Peppone). Sia che a scuola e fuori insegnasse, rendendone partecipi gli alunni, quella cosa fondamentale che è l’arte del racconto. Mastru Bernardini è l’inventore di molte storie senza finale o a più finali, affidati, dopo lo svolgimento della trama narrativa, ai lettori dei suoi libri o dei suoi articoli di giornale: adulti e soprattutto bambini. Le storie sono quelle della volpe Grodde e del cane Bobby ammesso anche lui a frequentare la scuola, della banda del bolide, uno dei tanti carreddos delle nostre infanzie, e di tanta altra gente comune, gli amici e coautori pedagogisti Alberto Granese e Tonino Mameli, ma anche l’ortolano e il meccanico, il pastore e lo scienziato, la balia e la nonna. Vasta la latitudine dell’insegnare-raccontare di mastru Bernardini: da Sinilandia a Olzopoli, nome di finzione per Olzai, dove ha fondato il premio di letteratura per l’infanzia. Da Lula a Pietralata e tante altre città e paesi dell’Italia e del mondo.
Quando si parla di mastru Bernardini si fanno i nomi di Paulo Freire, quello della pedagogia degli oppressi e dei bambini delle favelas, di don Lorenzo Milani che insieme ai ragazzi di Barbiana scrisse una lettera di contestazione della scuola, la famosa “lettera a una professoressa”, di Danilo Dolci che fu anch’egli in quella stessa Lula dove il metodo di insegnamento avveniva all’insegna di tutto ciò che “le bacchette simboleggiano”, per dirla ancora come Gianni Rodari. Fondata sull’indignazione contro questo tipo di scuola, la rivolta di mastru Bernardini è dapprima rabbiosa, di denuncia. “Può”, nella sua carica di generosità passare “persino alla furia” rivolta contro preti, insegnanti e tutto quanto rappresenta “zero in pedagogia, zero in psicologia, in diplomazia e condotta”. Ci sono scontri controproducenti, sconfitte cocenti prima di riuscire a impostare il metodo della compartecipazione tra maestro e alunni.
Prima di diventare maestro, il giovane Bernardini fu per tre anni studente in una scuola professionale a Chiavari. Ritornato in Sardegna frequentò le magistrali a Nuoro, senza terminare. Fece l’apicoltore a Sinilandia, fino a quando non lo chiamarono soldato, mandato in guerra contro la Francia e poi a combattere albanesi, greci e jugoslavi. Era partito per servire la patria, convinto della giustezza dei proclami del duce, quello che voleva spezzare le reni alla Grecia e immolare “qualche migliaio di morti” sulle trattative della pace. Invece conobbe in graduale crescendo la stupida criminalità dei comandanti che fucilavano i soldatini disertori, l’orrore insensato dei massacri di popolazioni inermi e il terrore della ritirata, inseguiti dai partigiani. Quando venne l’8 settembre, il “tutti a casa” lui lo interpretò alla lettera: fuggì, disertò. Mai più fascismo. Solo la volontà di combatterlo, specialmente quello che perpetuava un’idea antica e sbagliata di scuola, quella scuola dove Albino Bernardini sarebbe rientrato per restare, tutta una vita. Dalla Sardegna passò in Val D’Aosta, direttore di campeggi, e poi a Pietralata e poi in “un viaggio lungo trent’anni”, titolo del suo ultimissimo libro, fu in Svizzera, Polonia, Usa. Ha ricevuto più di 15000 lettere dai bambini di tutta l’Italia e sempre ha risposto. Fu anche in Unione Sovietica per visitare nidi d’infanzia, scuole materne e scuole dell’obbligo, istituti magistrali e tanti altri”. Ne ricavò un diario di viaggio.
Difficile, in tutto il mondo, fondare una scuola veramente nuova. Non per questo mastru Bernardini ha mai smesso di proporla, di continuare a raccontare un mondo di esperienze con quella sua scrittura “bella, serena, consapevole”. Ha conservato l’energia della parola e alla parola data ci tiene: “de vitzchesu”, dice ai bittesi, una delle sue patrie, il paese della moglie Vincenza. “De sardu”, dice ai sardi di tutto il mondo, e a tutti i maestri come lui di buona volontà. Nel 1972, Vittorio De Seta, il grande regista di “Banditi a Orgosolo” ricavò un film televisivo, “Diario di un maestro”, da “Un anno a Pietralata”. Fu un successo, con l’attore Bruno Cirino capace di rendere bene mastru Bernardini.
Dovrebbe partire a breve una specie di mini ambulatorio per universitari. Due medici di base saranno a disposizione dei ragazzi fuori sede per indirizzare i pazienti dagli specialisti. Tutti potranno avere il certificato medico per frequentare il Cus con soli 5 euro, oggi se ne pagano 50. Un ateneo che ha punte di eccellenza, ma soffre di carenze croniche. La facoltà di Lettere esplode e potrebbe correre il rischio di andare via dal cuore della città. Da anni l’università aspetta il via libera per acquisire l’ex mattatoio e trasformarlo in un’ala di lettere. Gli studenti del corso di specializzazione Sis hanno passato quasi tutto l’inverno a fare lezioni senza aule, ospitati in locali di fortuna. “Casi difficili contro cui ci siamo scontrati - spiega il candidato del Forum all’Ersu, Simone Campus - e che in parte abbiamo contribuito a risolvere. Nelle nostre liste presentiamo studenti che arrivano da tutte le facoltà. L’obiettivo è creare una rete di informazione che porti alla luce i problemi dei tanti corsi di laurea”.
I ragazzi del Forum hanno finanziato la loro campagna con una megacolletta. Tante le proposte per migliorare l’università. Per aumentare il numero dei pasti serviti nelle mense propongono una convenzione con i ristoranti. Ogni pranzo costa all’Ersu 18 euro. Chiedono più posti letto nelle case dello studente.
Oltre 17mila gli iscritti in città, ma l’università non è solo Sassari, l’ateneo si è ramificato a Nuoro, Oristano, Alghero e Tempio, dove sono stati istituiti nuovi corsi di laurea. Tra le proposte anche l’istituzione del “rappresentante della casa”, un portavoce che raccolga e faccia da tramite tra chi vive negli edifici assegnati dall’Ersu e i vertici del consiglio d’amministrazione universitario. “La nostra lista nasce dal mondo delle associazioni - dichiara il rappresentante della lista Giuseppe Bertotto - e non ha colore politico. Siamo in 200 e vogliamo che l’università diventi una risorsa strategica per il territorio”.
Sognano uno studente ipertecnologico con stanze cablate, una rete wi-fi, con cui ci si può collegare a internet gratis e senza fili, e un computer portatile per ogni universitario. Ma hanno anche una loro ricetta per fare risparmiare all’ateneo migliaia di euro. Puntano sul freeware, i programmi gratuiti che esistono in rete e hanno le stesse funzioni di Microsoft Office, da installare su tutti i pc.
Luca Rojch
Contestazioni e appunti in qualche modo previsti dallo stesso documento perché in calce lo stesso presidente della giunta regionale Renato Soru aveva aggiunto a penna «salvo verifica del consiglio di facoltà». Poi erano seguite le firme, oltre che dello stesso Soru, dell’assessore alla Sanità Nerina Dirindin, del rettore sassarese Alessandro Maida, del preside della facoltà Giulio Rosati e del presidente del corso di laurea in medicina Giuseppe Delitala. La verifica del consiglio è sfociata dunque nelle richieste di modifica che l’università formula riguardo a diversi punti dell’accordo.
In primo luogo i componenti ritengono che nella bozza non sia chiarita e garantita la “missione” di assistenza, didattica e ricerca della componente universitaria come invece prescrive la legge nazionale 517. «In particolare l’articolo 3 - si è detto nel corso della riunione - parla di dipartimenti ad attività integrata, che sono il motore della vocazione aziendale, mentre nel documento dei famosi Dai non c’è traccia».
Vengono confermate in sostanza le obiezioni espresse dal preside della Facoltà Rosati anche in un’intervista rilasciata a questo giornale e che tante polemiche aveva scatenato. Gli universitari temono che, con la suddivisione dei dipartimenti fra azienda mista e presidio ospedaliero vengano meno alcune attività assistenziali essenziali per l’università. E cioè dermatologia, oncologia, cardiologia (tutte sedi di scuole di specializzazione) «mentre neuropsichiatria infantile verrebbe trasferita sul territorio, un errore perchè si farebbe soltanto psichiatria quando a Sassari attualmente si svolge assistenza in campo neurologico infantile, che è cosa ben diversa»). Ancora obiezioni sul fatto che il servizio di anestesia e rianimazione resterebbe solo al Santissima Annunziata («e cosa ne facciamo della rianimazione nuova di zecca del Clemente?»). Altre osservazioni, infine, sulla competenza o meno dell’assessore regionale di stabilire già da ora la costituzione e l’organizzazione dei dipartimenti e i requisiti minimi relativi alla validità dei titoli di studio a Medicina che, secondo il consiglio di facoltà, verrebbero messi in pericolo. Adesso non resta che attendere i risultati della prossima “missione” a Cagliari.
«L’importante è che l’azienda si faccia». A dirlo sono i circa 200 medici ospedalieri operanti in ambito universitario che giovedì si sono riuniti per esaminare la situazione. «L’attuazione dell’azienda comporta di sicuro un grande lavoro di mediazione fra la componente ospedaliera e quella universitaria. Rivalità e conflitti, personali e istituzionali, troppo spesso hanno frenato e continuano a frenare una sana crescita dei servizi sanitari sassaresi. È opportuno ricordare - continuano i medici che, in questa estenuante trattativa si sentono presi fra l’incudine e il martello - che lo spirito della legge che istituisce la aziende miste è quello di esaltare, non di mortificare, le rispettive professionalità e competenze. È peraltro auspicabile che vada perseguita l’applicazione sia della legge sulle aziende miste che del protocollo di intesa regione Sardegna-università». (g.g.)
Nel Centro troveranno posto raccolte di libri, riviste, giornali, supporti informatici e atti pubblici redatti nelle più importanti lingue minoritarie dell’Europa e del Mediterraneo. Si potranno inoltre consultare testi e documenti che, in materia, riportano le esperienze basche, catalane, irlandesi, galiziane, berbere, sarde e friulane. «Si tratta di una fondamentale base di partenza per affrontare le politiche linguistiche con rigore e conoscenza - spiega Giuseppe Corongiu, dirigente comunale del settore cultura e lingua sarda - è un altro mattone di una costruzione che deve crescere, affinché la nostra città si riproponga come centro d’eccellenza per la questione della lingua in Sardegna». La nuova iniziativa va ad aggiungersi ai due master di formazione sperimentale realizzati in collaborazione con la facoltà di lettere e filosofia dell’università di Cagliari, attivati nei giorni scorsi. «Abbiamo ricevuto una valanga di richieste d’iscrizione, che ha messo in seria difficoltà i funzionari comunali - dice Corongiu - Ho la certezza che la nuova amministrazione ci consentirà di andare oltre i numeri programmati. Il successo dell’iniziativa testimonia quanto il problema sia sentito dalla gente, nonostante politici e intellettuali continuino ad affermare il contrario». I master, rivolti ai funzionari della pubblica amministrazione e ai diplomati e laureati, sono gratuiti e verranno tenuti da docenti universitari. Per quanto riguarda le materie si va dal tema delle lingue minoritarie alla storia istituzionale della Sardegna, fino all’insegnamento vero e proprio della lingua. Alla fine del corso, un attestato di frequenza sancirà il livello di preparazione conseguito: «Si tratta di un titolo spendibile per l’assunzione negli sportelli linguistici - dice Giuseppe Corongiu - il cui numero, da qui a breve, verrà moltiplicato. Basti pensare che tra poco anche il nostro comune attiverà un ufitziu de sa limba sarda, con l’assunzione di tre giovani esperti».
Pablo Sole