Giovedì 26 maggio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
26 maggio 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 16  – Cagliari
Giurisprudenza
Il processo penale simulato
Gli studenti di giurisprudenza svestono i panni che sono abituati a indossare ogni giorno e, per una settimana, diventano avvocati e pubblici ministeri impegnati in un difficile processo nell'aula di Corte d'assise d'appello. Lasciati i libri sulla scrivania di casa ventiquattro ragazzi si trasformano in legali agguerriti che sostengono tesi accusatorie e difensive, chiedono condanne e assoluzioni. Tutto perfetto fin nei minimi particolari, tanto da sembrare vero. Invece è tutto finto. È un processo penale simulato: si potrebbe definire una sorta di pratica per chi, dopo l'esame scritto, ha necessità di fare le guide per arrivare alla patente. Nata da un'idea dell'Elsa (European law association) in collaborazione con la cattedra di procedura penale dell'avvocato Leonardo Filippi, l'iniziativa cominciata lunedì a palazzo di giustizia «punta a far toccare con mano a chi ancora studia cosa significa dar vita a un processo», sottolinea Davide Cicu, sindaco dell'Elsa: «Il penale è quel ramo del diritto che rappresenta il processo per eccellenza nell'immagnario collettivo. Quindi coi giudici, i pm, gli avvocati. Il rischio di limitarsi a studiare è quello di conoscere gli istituti e non saperli applicare. In questo modo invece chi partecipa applica la teorica alla pratica». Quattro le squadre concorrenti: tra un «signori della Corte» e un «mi oppongo» si sono date battaglia senza esclusione di colpi. In finale, dopo la valutazione di una commissione composta da magistrati (tra cui Fiorella Pilato, presidente dell'Anm), avvocati, professori di diritto e dottori in legge, sono arrivate due formazioni: la Padovani e l'Antolisei, nomi scelti in onore di due notissimi penalisti. I sei studenti della prima squadra sosterranno le tesi della difesa; gli altri sei quelle dell'accusa. La finale è in programma sabato alle 9,30 nell'aula della Corte d'assise d'appello al secondo piano del palazzo di giustizia. «Chi vince avrà l'opportunità di partecipare alla competizione nazionale in programma la prossima primavera», conclude Cicu. (an. m.)
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 40 – Cultura
Domani e sabato un convegno di studi a Cagliari per il bicentenario della nascita
Dalla Sardegna all'Europa, l'eredità di Giuseppe Mazzini
Avrà un prologo dal sapore celebrativo con il ripristino nell'antica sede della Società degli Operai della lapide che la città gli dedicò nel 1872, (domattina alle 10) il convegno di studi sul bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini che domani pomeriggio e sabato mattina si terrà a Cagliari. Organizzato dal Dipartimento storico politico internazionale dell'Età moderna e contemporanea e dal Comitato di Cagliari dell'Istituto di Storia del Risorgimento, riunirà numerosi storici delle università italiane intorno agli argomenti e ai valori più interessanti e attuali del pensiero mazziniano. "Giuseppe Mazzini e la sua eredità dalla Sardegna all'Europa ed oltre" il tema centrale. L'appuntamento per domani pomeriggio, è nella facoltà di Scienze politiche, Aula A. Si comincia alle 16,15, col saluto del sindaco Emilio Floris, del presidente del consiglio regionale Giacomo Spissu, del rettore Pasquale Mistretta, e del preside della facoltà di Scienze Politiche Raffaele Paci, padrone di casa. E si entra subito nel vivo, con l'introduzione di Maria Corona Corrias, direttore del Dipartimento. Dopo di lei interverranno Arturo Colombo (Università di Pavia), Antonio Zanfarino (Firenze), Giuseppe Monsagrati (Roma), Franco della Peruta (Milano). Presiederà la sessione di lavori Giuseppe Talamo, presidente dell'Istituto per la Storia del Risorgimento. Sarà Sandro Rogari (preside della Facoltà di Firenze) a presiedere la sessione che dalle 18 coinvolgerà Luigi Lotti, Firenze, Salvo Mastellone, Firenze, Carlo G. Lacaita, Milano, Ginevra Conti Odorisio. Il convegno prevede gli Interventi programmati di Marinella Ferrai Cocco Ortu, (Archivio di Stato di Cagliari) e di Marco Pignotti (Di.S.PI). Sabato mattina alle 9 il convegno si sposta nell'Aula verde della Cittadella dei Musei. La prima sessione, presieduta da Franco della Peruta, presidente del Comitato nazionale celebrazioni mazziniane, vedrà (alle 9) la partecipazione di Sandro Rogari, Cosimo Ceccuti (Firenze), Bianca Montale (Università di Genova). Alle 11, sotto la presidenza di Luigi Luigi Lotti, presidente dell'Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea, interverranno Leopoldo Ortu e Francesco Atzeni (dell'Università di Cagliari), Aldo Borghesi (ISSRA di Sassari). Interventi programmati di Laura Pisano e Domenico Selis (Di.S.PI.). Le conclusioni sono di Tito Orrù, presidente del Comitato di Cagliari dell'Istituto per la Storia del Risorgimento. Quanto alla cerimonia in programma domattina nella sala conferenze della Società degli Operai (Via XX settembre 20) l'appuntamento è per le 10, col saluto di Marco Caocci (presidente della Società) e di Marinella Ferrai Cocco Ortu. Interverranno Franco della Peruta, Giacomo Spissu, Giuseppe Talamo e Luigi Lotti. A mezzogiorno l'inaugurazione della lapide e il discorso del professor Orrù. Un programma intenso, per un convegno che non intende essere meramente celebrativo. «Impostarlo non è stato facile», ammette la professoressa Corona Corrias. «Bisognava fare i conti con la smisurata bigliografia mazziniana, con le centinaia di studi che lo riguardano, con la sua immensa produzione: l'edizione nazionale degli scritti mazziniani ha superato i cento volumi, per npn parlare delle migliaia di lettere». Un compito arduo, che ha visto in Tito Orrù e in Arturo Colombo i collaboratori più stretti e attivi. Tra i tanti motivi per celebrare Mazzini, racconta il direttore del Di.S.P.I. i sardi ne hanno uno in più. «È la gratitudine per l'attenzione che ci ha sempre dimostrato». E cita, tra i tanti, lo scritto La Sardegna, del 1861, nato da voci inquietanti secondo le quali l'isola avrebbe potuto essere ceduta alla Francia. In quella occasione Mazzini intervenne personalmente per ostacolare «quel nuovo smembramento sì grave». Altro motivo d'interesse legato a Cagliari, la fondazione nel 1855 della Società degli Operai, «che tanto importanza ha avuto nel tessuto sociale dei lavoratori cagliaritani».
 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 16 - Sardegna
Il nobel Engle al convegno di Olbia 
L’economista farà una relazione sui mercati finanziari
  OLBIA. Il premio Nobel 2003 per l’economia Robert Engle arriva in città per partecipare alle tre giorni di studi “Frontiers in time series analysis” che si svolgerà dal 29 al 31 maggio nell’aula magna del corso di Economia e imprese del turismo. Al convegno, che si pone come obiettivo quello di incoraggiare il confronto e la discussione tra gli studiosi nei campi dell’analisi delle serie temporali, parteciperanno anche altri relatori di fama scientifica internazionale.
 I lavori saranno divisi in sessioni, all’interno delle quali gli studiosi invitati esporranno le relazioni su uno specifico argomento. Robert Engle, che ritorna per la prima volta in Italia dopo la consegna nel 2003 del premio Nobel, parlerà della volatilità nei mercati finanziari, tema per il quale ha ottenuto l’importante riconoscimento; l’intervento di Siem Jan Koopman, della libera università di Amsterdam, verterà invece sui modelli State Space mentre Jesus Gonzalo, dell’università Carlos III di Madrid, illustrerà la linearità delle serie temporali. Nella tre giorni di studi è prevista anche una sessione poster, nella quale circa venti autori presenteranno in contemporanea il loro lavoro alle persone interessate, tramite poster affisso alle pareti della facoltà, seguendo una prassi ormai consolidata nei convegni internazionali.
 “Frontieres in time series analysis”, evento di alto valore scientifico e di grande interesse per il mondo accademico, è stato organizzato dalla facoltà di Economia dell’Università di Sassari, non nuova ad iniziative di questa portata: già nel 2004, infatti, aveva organizzato una conferenza internazionale di econometria alla quale presero parte studiosi di fama mondiale. (se.lu.)
 
 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 8 - Sardegna
MATEMATICA CENERENTOLA 
Un liceale su dieci sceglie la facoltà di medicina
  La matematica è la Cenerentola fra le materie che i liceali desiderano studiare, all’ultimo posto dopo le cosiddette scienze dure (fisica, chimica e scienza naturali) e con un ampio distacco rispetto alla medicina. Ma anche quest’ultima disciplina la sceglierebbe in realtà soltanto uno studente su 10.
 E’ quanto risulta dal sondaggio realizzato dall’agenzia di giornalismo scientifico Zadigroma per l’università di Roma Tor Vergata. Il sondaggio è stato condotto su 201 studenti di otto scuole medie superiori monitorete a Napoli, Roma e Bologna.
 
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 44 - Cultura e Spettacoli
Intervista con il presidente dell’istituzione, Antonello Arru, domani a Sassari per un convegno 
«Reti sociali per lo sviluppo»
I nuovi obiettivi della Fondazione Banco di Sardegna 
Dai mutamenti voluti da Amato sino ai piani per aiutare le realtà della Sardegna di oggi
 PIER GIORGIO PINNA
«Non buttiamo certo i soldi dalla finestra, ma con i nostri fondi puntiamo a un fine sociale: lanciare reti di coesione e solidarietà, contributi allo sviluppo dell’isola». Antonello Arru, presidente della Fondazione Banco di Sardegna, è deciso a raggiungere il suo obiettivo con un lavoro costruito giorno dopo giorno. Avvocato e docente universitario, nato a Nuoro, divide gli impegni tra Sassari e Cagliari, dove insegna procedura penale. Ha cinquantacinque anni e da tre guida quest’istituzione tanto centrale da venire considerata punto di riferimento obbligato nell’economia come nella cultura. Un ruolo che lo stesso Arru avrà modo d’illustrare domani. Nel pomeriggio parteciperà infatti al convegno sui legami tra Fondazione e città di Sassari (Camera di commercio, via Roma, inizio ore 17.30). Occasione per un’intervista sui nuovi programmi.
 - Presidente, la Fondazione è nata nel 1992 dopo il varo della Legge Amato: che cosa è cambiato da allora?
 «Oggi il quadro è del tutto differente. All’epoca l’idea di Amato era tesa a conseguire due risultati. Da una parte, inserire queste istituzioni nel mercato. Dall’altra, trasformarle in società per azioni. Un modo per recuperare ritardi».
 - In che senso?
 «Nel Centrosud, prima di questa svolta, c’era un quadro poco edificante. Il Banco di Napoli e quello di Sicilia venivano spesso ricapitalizzati dal Tesoro con potentissime siringate di denaro pubblico. Il Banco di Sardegna non si trovava in queste condizioni: ha sempre seguito logiche finanziarie accorte. Prima delle ispezioni di Bankitalia e delle difficoltà nella fase che ha preceduto la trasformazione, non aveva mai avuto bisogno di stanziamenti-tampone».
 - Tuttavia le cose in seguito sono mutate.
 «Il fine di Amato era separare la gestione creditizia non dalla politica alta, ma dalla politica del contingente. Di qui la scelta che ha portato a dividere le strade della Fondazione da quelle del Banco di Sardegna. Stabilendo, tra l’altro, la regola dell’incompatibilità della doppia carica: Fondazione e Banco dovevano avere un proprio presidente distinto».
 - Una linea che ha condotto a fissare anche altre norme divenute le basi delle strategie di oggi.
 «Certamente. Per esempio quella per cui la nostra Fondazione è inibita dal partecipare alla gestione del Banco: in sostanza non possiamo detenere pacchetti di controllo né svolgere attività di gestione creditizia diretta. Di qui, a suo tempo, la vendita del 51% del capitale azionario».
 - Con il restante 49% rimasto alla Fondazione sono però possibili relazioni importanti con il Banco: quali, con esattezza?
 «L’aspetto di maggior rilievo consiste nella possibilità di concorrere a designare il presidente e sei membri del consiglio d’amministrazione del Banco. Una chance che, se esercitata in modo sapiente, permette funzioni non secondarie nell’orientamento dell’attività bancaria nel suo complesso».
 - Si arriva così al presente e ai temi che saranno affrontati nel convegno sassarese: quali sono adesso le finalità della Fondazione?
 «Ci muoviamo lungo quattro direttrici principali. Diamo innanzitutto contributi alla ricerca scientifica. Finanziamo attività culturali e artistiche. Incoraggiamo gli interventi in difesa della salute dei sardi. E infine siamo ben presenti nel campo della solidarietà sociale. In quest’ultimo àmbito, però, dobbiamo sottrarre al totale dei denari disponibili il 15% delle risorse, per legge destinato al Fondo italiano di sostegno al volontariato».
 - Ma in questo modo non vengono a mancare preziosi investimenti per un’isola che attraversa già una crisi gravissima?
 «No. Dall’ente incaricato del coordinamento su scala nazionale i soldi, nello stesso ammontare, vengono poi fatti di nuovo arrivare in Sardegna. E la loro gestione è qui rivalutata da parte di chi conosce le esigenze del territorio».
 - A quanto ammontano di solito i fondi erogabili?
 «Nel 2004 abbiamo concesso contributi per un totale di quasi dieci milioni di euro. Per quest’anno prevediamo un impegno grosso modo equivalente».
 - Quali i criteri seguiti nella suddivisione?
 «Lo scopo ultimo è puntare alla quadratura del cerchio tra le opportunità offerte dal bilancio e il moltiplicarsi delle iniziative da incoraggiare».
 - E più nel dettaglio?
 «Il 60% dei quattrini a disposizione è stabilmente destinato a macroinvestimenti. Oltre due milioni di euro alle iniziative istituzionali delle università di Cagliari e Sassari. Altre centinaia di migliaia vengono di volta in volta stanziate per ricerche ad hoc sviluppate nei due atenei sardi. Altre ancora sono riservate alle attività del Museo d’arte nuorese, del Lirico di Cagliari e degli Enti concerti di Sassari, Oristano e Nuoro. Il restante 40% va invece a progetti mirati. E, com’è naturale, questi ultimi cambiano di anno in anno».
 - Si è parlato in proposito, con alcune riserve, di contributi a pioggia.
 «Basta intendersi sul significato delle parole. Diamo valore positivo a ogni misura adottata nell’isola per lo sviluppo di tutte le aree. Non si può guardare alla Sardegna centrale, o alle zone più spopolate e svantaggiate, con gli occhi spocchiosi del cittadino che ha di più. Tra le nostre funzioni, rilanciare l’economia e il sociale resta quella predominante».
 - Come dimostra il convegno di domani, la Fondazione ha sempre avuto particolare riguardo per Sassari: quanto pesano gli investimenti in questo territorio?
 «Va fatta una premessa. Parliamo non solo della città, ma di un’area molto più estesa che va dal Goceano alla Gallura. Se questa è la scala di riferimento, la mia risposta è positiva: in una prospettiva ampia Sassari è nel cuore e nelle tradizioni della Fondazione».
 - Con qualche distinguo, sembra di capire.
 «Sicuro. Esistono differenze delle quali tener conto. In questo senso le esaltazioni campanilistiche rischiano di far erigere fortini. Invece, lo ripeto, il nostro obiettivo è un altro: creare una rete di coesione sociale e favorire il rilancio di tutta la Sardegna».
 
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 43 - Cultura e Spettacoli
Un repubblicanesimo democratico dai tratti etici che trova pochi spazi nell’Italia dell’era berlusconiana 
La scomoda lezione di Giuseppe Mazzini
Da domani a Cagliari un convegno di studi sul pensatore risorgimentale 
 CAGLIARI. Duecento anni fa, il 22 maggio 1805, nasceva a Genova Giuseppe Mazzini. Per il bicentenario sono state organizzate manifestazioni, convegni e mostre in molte città italiane. Uno di questi appuntamenti si tiene a Cagliari, organizzato dall’Università e dall’Istituto di storia del Risorgimento. L’apertura è prevista per domani alle 16 nell’aula A della facoltà di Scienze politiche. Aprono il sindaco Emilio Floris e il presidente del consiglio regionale Giacomo Spissu. Poi le relazioni, tra le quali quella su «Mazzini politico» di Franco Della Peruta, presidente del comitato nazionale per le celebrazioni mazziniane.
 Dopodomani dalle 9 il convegno si sposterà nella Sala Verde della Cittadella dei Musei. Tra i relatori Leopoldo Ortu, dell’Università di Cagliari, che affronterà il tema del rapporto tra Mazzini e la Sardegna. Francesco Atzeni (Università di Cagliari) parlerà, invece, della cultura politica dei democratici sardi tra Otto-Novecento, e Aldo Borghesi (Issra di Sassari) di mazziniani e sardisti nel primo dopoguerra.
di Leandro Muoni
Il convegno che si apre domani a Cagliari è un momento importante delle celebrazioni che si tengono in tutta Italia per il bicentenario della nascita di Mazzini. Celebrazioni che, per la verità, si tengono un po’ in sordina. Forse perché l’apostolo della nuova Italia e dell’Italia unita non è mai stato veramente amato né compreso nel nostro Paese. Oggi, poi, gli spazi di manovra del repubblicanesimo unitario e del mazzinianesimo si sono ulteriormente ridotti, soprattutto per l’intemperante clima federalistico cavalcato dalla Lega.
 Il magistero culturale di Mazzini è stato immenso, per molti aspetti profetico. Aspetti che oggi sembrano tornati di estrema attualità, almeno a livello di prospettiva teorica e allo stesso tempo - se così può dirsi - di utopia concreta, su temi capitali come la nazione, la democrazia, l’Europa, la fede nel progresso solidale, la stessa questione sociale. Senza dimenticare nemmeno certe sue antiveggenti analisi e anticipazioni dei guasti dei regimi totalitari.
 Mazzini è stato davvero uno degli interlocutori europei di punta nel dibattito ottocentesco intorno al problema del movimento democratico: un interlocutore da considerarsi alla pari con figure come Marx, Lassalle, Proudhon, Carlyle, Tocqueville. E Mazzini è anche il «patriota», il «cospiratore», il «rivoluzionario» che alcuni commentatori odierni in vena di paradossi polemici, e in qualche misura magari ideologicamente autoassolutori, hanno accusato di essere responsabile dell’istigazione di atti terroristici.
 Insomma, la sua eredità è davvero imponente: ma soprattutto, e decisamente, più operante nel bene che nel male.
 Allora perché si continua a parlarne così poco, se non anche con un atteggiamento di circospezione e anzi di sufficienza e di distanza?
 Innanzitutto perché, in buona misura, il quadro ideologico-politico delle interdizioni mazziniane è rimasto pressoché inalterato. Ma in gran parte anche perché oggi nel nostro Paese, a dispetto di un ritrovato spirito di momentanea riconciliazione nazionale di fronte a recenti congiunture internazionali, in realtà viviamo in una dimensione quotidiana ben poco improntata ad un’etica della responsabilità e della solidarietà, ma anzi fondamentalmente atomistica, egoistica e particolaristica.
 Lasciamo pure andare la naturale idiosincrasia per certe tipiche fissazioni mazziniane, come l’idea di una «missione» morale e sociale affidata dalla storia ad ogni singola entità nazionale, idea che obbiettivamente appare oggi troppo «forte» per i nostri palati moderni e neoglobali, e forse perfino inquinata dalle ipoteche e dalle infauste memorie dello stato etico.
 Epperò non si dica, per favore, che l’energico impulso applicato ad una concezione solidale della statualità stessa, e alla responsabilità individuale nell’organizzazione della vita collettiva del popolo-nazione, dove i fini non sono semplicemente ed esclusivamente commisurati agli interessi, sia da giudicarsi soltanto un’affermazione romantica, per non dire retorica.
 Recentemente Giuseppe Galasso ha ricordato, sulle colonne del «Corriere della sera», l’attualità storica perfino insospettata del pensiero di Mazzini, sottolineando i torti di quella che in qualche misura può ben definirsi la congiura del silenzio ordita contro di lui.
 E in effetti oggi, soprattutto agli occhi di chi veda e intenda, risalta tutta la modernità dell’insegnamento mazziniano: risalta, in particolare, nelle pagine e nei luoghi dove si illustra il valore dello spirito europeo e il significato storico dell’Europa, colti nella sintesi dialettica, anzi nella reale «alleanza» delle patrie nazionali (la cosiddetta «santa alleanza dei popoli» contrapposta alla «santa alleanza dei principi»). Quell’Europa che non a caso sarebbe stata in seguito ribattezzata l’«Europa dei popoli», nel linguaggio prediletto dall’«apostolo delle nazioni» (delle «nazioni», si badi bene: al plurale).
 Mentre l’«apostolo», da parte sua, prendendo spunto dalle parole di Goethe, si era già fatto originale annunciatore e prefiguratore delle basi di un autentica «letteratura europea»: «Nessuno fra i popoli potrà dirla propria; tutti avranno contribuito a fondarla».
 S’è detto tante volte dell’idea di nazione come di un elemento non solo costitutivo ma anche innovativo del pensiero del Mazzini. La cosa è estremamente interessante: perché la nazione non è in Mazzini quella realtà riduttiva e barbaricamente regressiva cui oggi si allude quando si esalta, magari, l’etnia o l’autarchia identitaria. Quando oggi si parla dell’«Europa dei popoli», contrapponendola magari all’«Europa degli stati nazionali», troppo spesso si agitano mascherati interessi territoriali e regionali di tipo particolaristico, dietro ai quali si rivendica il monopolio della legittima rappresentatività del corpo sociale, prescindendo da un fondamentale quadro intermedio di armonizzazione fra le istanze dell’Europa «delle realtà sopranazionali» o - come si dice più ruvidamente - «dei mercati» e quelle dell’Europa «delle minoranze locali».
 E questo fondamentale quadro intermedio, indispensabile e ineliminabile, non può che essere, tuttora, il livello degli stati nazionali, delle macronazioni, delle grandi patrie storiche, oltre il pur prezioso e pio e nutriente recinto dei «dialetti» e delle «matrie».
 Come ha dimostrato Maurizio Viroli, in un lucido studio sul ruolo del patriottismo e del nazionalismo nella storia, il lascito più importante del Mazzini è proprio la sua idea repubblicana e democratica della nazione, anzi della patria. Il suo fu a rigore «patriottismo» e non «nazionalismo», tanto meno nazionalismo etnico e autarchico. Così egli stesso ce lo descrive, con la brevità e la forza dei classici: «Adoro la mia patria, perché adoro la Patria; la nostra libertà, perché credo nella Libertà; i nostri diritti, perché credo nel Diritto».
 
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Firmata la convenzione tra Regione ed Fds 
Via alla metropolitana che porterà gli studenti al policlinico dell’ateneo
  CAGLIARI. E’ stata firmata la convenzione tra l’Assessorato regionale dei Trasporti e la gestione Ferrovie della Sardegna per l’avvio dei lavori per il secondo lotto della metropolitana leggera di Cagliari. L’importo complessivo è di circa ventiquattro milioni di euro, finanziato con il Programma operativo regionale Sardegna, approvato dalla Commissione Europea.
 I lavori - è spiegato in una nota - costituiscono un ampliamento funzionale di quelli in esecuzione nel tratto tra Cagliari e Monserrato e riguardano una estensione di circa 1.700
metri, dalla fermata di Gottardo sino al Policlinico-Cittadella Universitaria, a di Monserrato.
 L’opera sarà completata entro la fine del 2008, e dopo alcuni mesi di verifiche e collaudi, potrà essere inaugurato il nuovo servizio di trasporto metropolitano, particolarmente atteso dagli studenti universitari della Cittadella, dagli utenti del Policlinico e da tutti coloro che lavorano in quelle strutture. Il progetto è stato lanciato negli anni Novanta sotto forma di scheda progettuale e ha trovato grande impulso con l’apertura del policlinico universitario. Attualmente la difficoltà dei collegamenti è ancora una realtà.
 
 
 
 
8 – Corriere della sera
«Vado a fare il sindaco di Venezia». Cambio alla facoltà del San Raffaele. Il nuovo preside: cercherò di essere all’altezza
Lezioni di filosofia? Cacciari lascia, in cattedra Galli della Loggia
Il «nuovo»: «Fate troppi esami in questa università: voglio ridurne il numero e aumentare i crediti». Applausi scroscianti. Il «vecchio»: «Sono un po’ geloso di tutti questi consensi, ma l’arrivo di un amico, in questa facoltà, mi riempie di gioia». L’addio a Massimo Cacciari, ora sindaco di Venezia, il benvenuto a Ernesto Galli della Loggia. Tra commozione (di chi lascia), entusiasmo (di chi arriva) e tante novità per la facoltà di Filosofia dell’Università Vita Salute San Raffaele. Galli della Loggia, che dal prossimo anno accademico sarà preside di facoltà, si è presentato ieri agli studenti nella sede di Cesano Maderno. L’introduzione: «È difficile succedere a Cacciari, così amato e rimpianto. Cercherò di emularlo». La continuità: «Sono uno storico, ma non ho nessuna volontà di cambiare la vocazione della facoltà». Le idee: «Due corsi biennali specialistici: uno a indirizzo storico politico, uno teoretico». E nuovi insegnamenti come biopolitica, antropologia, tradizione e storia dell’identità cristiana, geopolitica dei grandi spazi e dei grandi agglomerati di civiltà. Le aspirazioni: «Dobbiamo essere presenti nel dibattito culturale milanese».
Spazio, quindi, agli studenti e, per ultimo, al rettore dell’ateneo, don Luigi Verzé. «Non è un cambiamento, ma una dilatazione naturale del cammino che abbiamo cominciato. Il nome di della Loggia? Mi è arrivato direttamente dallo Spirito Santo. A Cacciari invece ho detto: "Tu devi restare qui". Anzi, porteremo la facoltà di filosofia non solo a Milano, ma anche a Venezia. Insomma, non sarà Venezia a portarci via Cacciari, ma il contrario. Magari passando per Verona».
E i progetti del San Raffaele continuano: don Verzé ha annunciato la nascita della facoltà di teologia e ascetismo. Infine, vicino all’ateneo nascerà un campus universitario per gli studenti. Sindaco di Venezia e sindaco di Cesano si sono messi d’accordo.
Annachiara Sacchi
 
 
9 – Corriere della sera
Un libro del glottologo Mario Negri fa cadere le ultime riserve: dopo quasi quattro millenni il «tempo del Minotauro» esce dalle nebbie del mito
Svelata la lingua segreta del re Minosse
Un altro capitolo sembra aprirsi nella grande avventura della decifrazione delle scritture scomparse: nella specie, delle scritture cretesi, le più antiche documentate nel continente europeo. In un libro in uscita di cui è autore il glottologo Mario Negri, Scrivono palazzi e labirinti (editore Dell’Orso di Alessandria) apprendiamo la notizia della decifrazione della scrittura «lineare A». Anche se la prudenza è d’obbligo (in questo caso peraltro, gli auspici sembrano ottimi), l’avvenimento, se confermato, potrebbe aprire nuove prospettive negli studi sulla storia della prima Europa. Ma prima di addentrarci nell’argomento, e per consentire ai non addetti ai lavori di comprendere l’importanza dell’evento, sono necessari alcuni cenni alla storia nella quale esso si inserisce. Una storia straordinaria e appassionante, che ebbe inizio nel 1900, quando l’archeologo Arthur Evans, non appena Creta venne liberata dal dominio turco, iniziò gli scavi là dove sorgevano le rovine del Palazzo di Cnosso, e nel giro di una settimana rinvenne alcune tavolette sulle quali si trovavano tracce in tre scritture sconosciute, da lui chiamate rispettivamente «geroglifico cretese», «lineare A» e «lineare B». Chi aveva usato quelle scritture? Al momento, quel che si sapeva della storia dell’isola veniva dai resti materiali e dal mito: il re Minosse, per nutrire il Minotauro, nato dall’unione mostruosa di sua moglie Pasifae con un toro, imponeva periodicamente agli ateniesi un atroce tributo, il fiore della sua gioventù, destinato a finire nelle fauci del mostro. Sino al giorno in cui Teseo, l’eroe attico per eccellenza, non riuscì a ucciderlo, con l’aiuto di Arianna, la figlia di Minosse, che si era innamorata di lui. Atene, finalmente, era libera dalla dominazione straniera.
La scoperta delle scritture sconosciute (ovviamente se decifrate) gettava nuova luce sulla storia della Grecia minoica. Ma la decifrazione si rivelò più difficile del previsto: a tutt’oggi (a prescindere dalla notizia di cui qui si parla) è stata decifrata solo la «lineare B», l’ultima delle tre scritture, in ordine cronologico. Secondo la datazione più comunemente accettata, infatti, il geroglifico fece la sua comparsa attorno al 2000 a.C., la «lineare A» attorno al 1750, e la «lineare B» attorno al 1450. Ma la decifrazione della «lineare B» (avvenuta nel 1952 ad opera di Michael Ventris) segnò un momento fondamentale negli studi sul Mediterraneo. Questa scrittura - rivelò Ventris - nascondeva una lingua greca. La civiltà fiorita a Creta e nella Grecia peninsulare a partire dal XV secolo a.C. (che risultò essere il suo maggior centro politico) era civiltà greca. La storia della Grecia iniziava molto prima di quanto si era sempre pensato.
Ma restava - oltre al mistero del geroglifico - il problema della «lineare A», della quale la «lineare B» è chiaramente un’evoluzione. Ritenendo che i valori fonetici delle due scritture (ambedue sillabiche) fossero gli stessi, negli anni Cinquanta e Sessanta studiosi come Peruzzi e Georgiev si misero all’opera, seguendo questa pista. Ma i risultati furono deludenti. Limitiamoci all’esempio più evidente: su due asce rituali era stato possibile leggere idamate, interpretabile subito come Ida (il monte sacro più alto di Creta) Madre. Ma mater (madre) è parola indoeuropea, e nel minoico non ci sono altre tracce di indoeuropeo.
A partire dalla metà degli anni Settanta, dunque, si è venuta affermando una linea «negativa», che revocava in dubbio l’applicabilità dei valori fonetici della «lineare B» alla «lineare A». Sostenitori di questa linea, in particolare, sono stati Louis Godard e Jean-Pierre Olivier, gli autori dell’edizione a tutt’oggi definitiva dei testi in «lineare A», di cui riportarono foto e facsimili (non trascrizione e traduzione). La Creta del secondo millennio, insomma, continuava a parlare solo con la voce dell’archeologia e del mito, non della filologia.
A questo punto della storia, ha inizio la ricerca di Mario Negri e Carlo Consani, studiosi di scuola rispettivamente milanese e pisana, che oggi ritengono di aver decifrato la «lineare A». Sembrava strano, ai due studiosi, che copiando una scrittura, come fecero i micenei dai minoici, se ne stravolgessero completamente i valori fonetici. Dunque, si accinsero a dimostrare, caso per caso, la sussistenza del principio «omografia / omofonia» (stessi segni / stessi valori fonetici). Il metodo si fondava su diverse strategie, di cui qui si dà un esempio: quello delle «sigle», ossia delle iniziali usate come ideogrammi. Per esempio, la sillaba iniziale NI vale in entrambe le scritture per «fico». Quindi si doveva pensare che la parola minoica per fico (in greco, sykon ), iniziasse per NI. Una glossa testimonia che a Creta il fico si chiamava nikuleon . Ecco la parola minoica conservata nella sigla NI.
Con questa e altre strategie Negri e Consani ritengono di aver dimostrato la validità del principio «omografia / omofonia» per circa un terzo del sillabario minoico, che conta circa novanta segni. E nel 1999 hanno pubblicato l’intero corpus in «lineare A» con trascrizione e, ove possibile, traduzione, e con prefazione di Giovanni Pugliese Carratelli (Carlo Consani-Mario Negri, Testi minoici trascritti, con interpretazione e glossario , Roma, CNR,1999). Mario Negri, poi, con la collaborazione di Giulio M. Facchetti, trae le conseguenze linguistiche delle ricerche sopra descritte in Creta minoica , (Firenze, Olschki, 2003), e soprattutto nell’ultimo Scrivono palazzi e labirinti .
Dai testi minoici, segnalano poi i due autori, sembrerebbero riemergere i nomi della divinità suprema ( Ataijowaja ), di Demetra ( Damate ), del labirinto ( dubure ), del sesamo (sasama), del cumino ( kumina ), del vino dolce ( karoine ), forse della menta.
Quali conseguenze gli storici potranno trarre da questa scoperta con riferimento alla storia cretese è troppo presto per dire. Come dicevo in partenza, inoltre, di fronte a simili notizie, anche quando si presentano sotto i migliori auspici, la prudenza è d’obbligo. Sarà l’intera comunità scientifica a dare il verdetto. Ma l’entusiasmo suscitato dalla notizia è grande, così come la speranza di una sua conferma definitiva. Ed è motivo di non poco orgoglio sapere che coloro ai quali sono affidate queste speranze lavorano nelle nostre bistrattate università.


Informazioni: Mario Negri, «Scrivono palazzi e labirinti», editore dell’Orso, Collama Ellada,tel. 0131.252349, www.ediorso.it; Carlo Consani-Mario Negri, «Testi minoici trascritti», con interpretazione e glossario, Roma, CNR, 1999 (con prefazione di Giovanni Pugliese Carratelli); Giulio M. Facchetti-Mario Negri, «Creta minoica», Firenze, Olschki, 2003; Louis Godart-Jean-Pierre Olivier, «Recueil des inscriptions en linéaire A», 5 voll., Paris, Geuthner, 1976-1885 (edizione completa dei testi in lineare A); Louis Godart, «L’invenzione della scrittura», Einaudi, 1992-2001. Informazioni sulla scrittura cretese sul sito: www.scritturedimenticate.iulm.it.
 
 
 
10 – Corriere della sera
Il ministro ex collaboratore di Mandela controcorrente: escludere i loro atenei sarà di aiuto
Appello degli scienziati: non boicottate Israele
La più importante associazione di ricercatori Usa: basta con le contestazioni
MILANO - L’immagine di partenza è cruda. La morte di una bimba palestinese di 13 anni, Iman al-Hams, uccisa lo scorso ottobre dall’esercito israeliano, accostata alla morte di Johnny, un bimbo di colore nel Sudafrica dell’apartheid che Desmond Tutu commentò così: «Ero pieno di rabbia furente contro un sistema che poteva fare questo a un bambino...». Il «negro» Johnny e la palestinese Iman: un’immagine cruda per accusare lo Stato di Israele («è razzista») e sostenere che il boicottaggio delle università israeliane lanciato dai docenti inglesi è sacrosanto: «Come il boicottaggio contro l’apartheid. Quello aiutò neri e bianchi in Sudafrica. Palestinesi e israeliani trarranno simili benefici». Chi lo sostiene (sul quotidiano inglese Guardian, lo stesso che ha lanciato la campagna dei professori britannici contro Gerusalemme) il razzismo lo ha conosciuto sulla propria pelle: Ronnie Kasrils, ministro sudafricano ed ex capo dell’ala militare dell’African National Congress, il partito di Nelson Mandela. Ma ha ragione? «Sacrosanto affermare che la morte di un bambino è una tragedia - sottolinea Victor Magiar, tra i fondatori del gruppo Martin Buber Ebrei per la pace e assessore per la cultura della Comunità ebraica romana - ma perchè non parlare anche dei bambini israeliani uccisi dai terroristi palestinesi sugli autobus?».
Ma è soprattutto il parallelo tra Sudafrica e Israele che non piace a Magiar: «In Israele non c’è discriminazione razziale. C’è un conflitto tra due popoli. In gioco ci sono l’esistenza di Israele e l’autodeterminazione del popolo palestinese, non l’esistenza di un regime di apartheid. Leggere in termini razziali lo scontro in atto, come fa Kasrils, è avere una visione razzista di Israele e degli ebrei. Insomma il razzista è lui». E boccia l’appello al boicottaggio perchè le università israeliane «sono tra le più libere del mondo».
Il boicottaggio come strada per la pace non piace nemmeno a una delle più importanti associazioni di scienziati, la American Association for the Advancement of Science, il cui portavoce Alan Leshner (della rivista Science) chiede «un immediato ritiro» dell’appello dei docenti britannici sottolineando l’importanza della comunicazione tra i ricercatori: «Il boicottaggio è contro il ruolo positivo della libera ricerca scientifica».
Difficile infatti immaginare che bloccare le idee sia sinonimo di democrazia. David Bidussa, storico e appartenente alla «famiglia» degli intellettuali di sinistra della comunità ebraica milanese: «Per cambiare un sistema politico giudicato non democratico bisogna fare circolare le idee soprattutto lì dentro». Ma non condivide il merito politico del ragionamento di Kasrils: «L’apartheid cadde non per il boicottaggio ma per la crescita della coscienza politica dei bianchi sudafricani. E poi vorrei ricordare che il boicottaggio rafforza il sentimento etnocentrico di chi è boicottato. Serve in questo momento in Medio Oriente?».
Identico il ragionamento di Stefano Levi Della Torre, pittore, saggista, docente universitario, anche lui «ebreo di sinistra»: «Il boicottaggio delle università è sbagliato e rafforza la demagogia della destra israeliana. Ed emargina la sinistra». Nelle sue parole si legge la preoccupazione: «La propaganda antisionista è falsa perchè in Israele la sinistra è sionista. E il sionismo è articolato. Una critica non articolata è sospetta: c’è in ballo l’esistenza di Israele. E dare aiuto alla demagogia di destra, permettere la sua enfatizzazione alimentando il vittimismo aiutano solo la destra». Eppure Levi Della Torre non ha mai lesinato critiche al governo israeliano: «C’è un terrorismo palestinese. Ma io non ho remore di parlare anche di terrorismo di Stato. Su questo non bisogna essere reticenti. Ma per fare dei passi avanti è indispensabile aumentare i rapporti e aumentare l’esattezza della critica sui fatti concreti. L’ultrasinistra in Italia fa esattamente il contrario: diminuisce i rapporti e diminuisce l’esattezza della critica. Quello che non serve».
Roberto Delera
 
 
 
11 – La Sicilia
lotta al racket.   Il Senato accademico ha approvato l'iniziativa degli studenti coraggiosi
Manifesto contro il pizzo, sì dell'Università
PALERMO. L'iniziativa dei ragazzi aderenti all'associazione ''Addiopizzo'' arriva nei piani alti dell'«intellighenzia» palermitana.
Il senato accademico dell'Università di Palermo, infatti, ha approvato, nella seduta di lunedì pomeriggio, all'unanimità, il manifesto sul consumo critico contro il pizzo redatto dal comitato «Addio Pizzo».
L'annuncio dell'approvazione è arrivato dal rettore dell'Università, Giuseppe Silvestri, che, ieri pomeriggio, è intervenuto alla presentazione del libro «Non ti pago - storie di estorsione mafiosa e antiracket», svoltasi a Palazzo Steri.
Con il manifesto sul consumo critico il comitato invitava i cittadini palermitani a scegliere, per i loro acquisti, i negozi che hanno il coraggio di dire no al racket.
Il rettore, che ha ricordato l'importanza dell'iniziativa, ha aggiunto: «Con i colleghi stiamo pensando a riduzioni delle tasse universitarie per i giovani, figli delle famiglie vittime delle estorsioni e a premi per le tesi di laurea che sviluppino un' analisi del fenomeno estorsivo».
Al dibattito, che è seguito alla presentazione del libro hanno partecipato il magistrato della Dda di Palermo Maurizio De Lucia, il procuratore di Palermo Piero Grasso, Gaetano Grasso, presidente della Fai, Federazione Italiana Antiracket e il deputato Ds Giuseppe Lumia.
Il senato accademico, dunque, ha ritenuto di voler premiare quel gruppo di ragazzi coraggiosi, la maggior parte dei quali universitari iscritti in diverse facoltà palermitane, che, nel giugno dello scorso anno, diedero vita ad una iniziativa senza precedenti. Una sfida alla mafia nel campo dei taglieggiamenti, uno degli affari illeciti più corposi nelle ''entrate'' dei boss. I giovani di ''Addiopizzo'' avevano tappezzato i muri della città, e poi anche di alcune cittadine della provincia, con adesivi anti-pizzo.
La città era stata tappezzata con centinaia di manifesti con la scritta «chi paga il pizzo è un popolo senza dignità». Sempre loro, nei giorni scorsi, hanno fatto pubblicare su un quotidiano quasi 4.000 nomi di cittadini comuni e non che hanno deciso di dire a voce alta no al pizzo.
«Era un momento non previsto - ha spiegato ancora Silvestri - adesso dovremo continuare questo dialogo iniziato ieri».
Leone Zingales
 
12 – La Sicilia
catania: il mancato conferimento della laurea honoris causa al cantautore
Dopo il no a Battiato una (poco accademica) valanga di polemiche
Mario Barresi
Catania.  Come volevasi dimostrare. La notizia della mancata attribuzione della laurea honoris causa a Franco Battiato, pubblicata ieri dal nostro quotidiano, ha scatenato una lunga serie di polemiche. A tutti i livelli. Brevissima sintesi dell'unica puntata precedente: lunedì mattina il Senato accademico dell'Università di Catania, dopo la dichiarazione di voto contrario del rappresentante degli studenti Giacomo Bellavia (Alleanza universitaria) non ha conferito la laurea in Lettere al cantautore - proposta del preside di Lettere, Nicolò Mineo - in assenza della necessaria unanimità dei presenti. «Promise di andar via dalla città in caso di vittoria di Scapagnini - ha motivato Bellavia - offendendo Catania e i catanesi».
E ieri, rilanciati anche dai media nazionali, una serie di interventi. Pro e contro. Ci va giù pesante il presidente del della Provincia e del Consorzio universitario di Enna, Cataldo Salerno: «È una vergogna che uno studentello di destra possa avere bloccato il conferimento della laurea honoris causa a Battiato da parte della più antica Università siciliana». Proprio l'Ateneo di Enna aveva offerto a Battiato la direzione artistica del Dams. Anche ieri silenzio "istituzionale" del rettore di Catania, Ferdinando Latteri. Ma in compenso, dai microfoni dei tg, è più esplicito il preside Mineo: «È un segno d'intolleranza. Quello che è importante è che si tenga assolutamente distinto il campo culturale da quello politico, perché altrimenti faremmo davvero un'operazione che non è nella cultura dell'Università».
Due posizioni che innescano la replica dello stesso Bellavia: «Sono amareggiato per le reazioni di alcuni personaggi. Costoro non sono forse al corrente del fatto che, anche se “studentello di destra”, il voto è stato espresso da un rappresentante degli studenti in seno al Senato accademico? I voti degli studenti non hanno la stessa dignità degli altri autorevoli membri del Senato. Battiato ripristini un sereno rapporto con la città e i giovani, che lo apprezzano e ascoltano, me compreso, e saremo ben lieti di riconoscergli ogni tipo di tributo».
E da Roma arrivano i «complimenti» a Bellavia. Firmati da Ignazio La Russa, vicepresidente di Alleanza nazionale: «La minaccia di abbandonare la città in caso di vittoria della Cdl, se prima dell'esito del voto poteva forse essere utile a una decisione a lui favorevole, è giustamente risultata un boomerang per Battiato». Subito ripreso dal segretario regionale di Italia dei Valori, Salvo Raiti: «Del resto non ci si può aspettare di più da chi vede la cultura, specialmente se di fruizione popolare, come il fumo negli occhi». Per Gianni Villari (deputato regionale Ds) «ciò che è accaduto a Catania è semplicemente una vergogna, un segno di quanto il centrodestra catanese abbia vedute culturali ristrette». Per il deputato della Margherita, Giovanni Burtone, il gesto è stato invece «offensivo e lesivo dell'immagine stessa dell'Ateneo». Poi ancora il presidente del Consiglio nazionale degli studenti universitari, Uccio Muratore: «L'università ed il sapere non possono essere imbrigliati in logiche di appartenenza faziose». E Giorgia Meloni, presidente nazionale di Azione Giovani: «La pubblica campagna elettorale fatta a sostegno di Bianco ha reso Battiato portavoce di una sola parte di una città, non più di tutta».
E sul più bello la "chicca": la Confederazione degli studenti dell'Università Federico II di Napoli annuncia la decisione di chiedere al rettore il conferimento della laurea honoris causa a Franco Battiato. Chissà che ne pensa Umberto Scapagnini?
 
 
 
 
 
 
 

Questionario e social

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