Sabato 7 maggio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
07 maggio 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 17 – Cagliari
L'annuncio del rettore Mistretta: «Resta qualche inghippo burocratico ma ormai è cosa fatta»
Entro due mesi al via la facoltà di Architettura
Un mese, massimo due, e la nuova facoltà di Architettura sarà realtà. Il rettore Pasquale Mistretta lo ha ufficializzato intervenendo alla presentazione della manifestazione "Cagliari architettura": insomma l'anno accademico 2005-2006 vedrà l'esordio di una facoltà attesa da diverso tempo in città. Per questo sono già stati introdotti, nel piano d'offerta formativa, i corsi di Architettura delle costruzioni (quinquennale) ed Edilizia (triennale, che andrà a sostituire Ingegneria edile): cambi che serviranno a evitare spiacevoli sorprese quando la facoltà prenderà il via ufficialmente. «Spero che si possa concretizzare entro uno o due mesi al massimo ? ha anticipato Mistretta ? C'è molto interesse intorno all'architettura. Il nucleo di valutazione per l'istituzione della nuova facoltà concluderà il suo percorso a breve. Poi ci saranno i passaggi in consiglio di amministrazione e in senato accademico e soprattutto nel comitato regionale. Con il prossimo anno accademico si potrà parlare di facoltà di Architettura». Alcuni locali sono già a disposizione, altri saranno ricavati da Ingegneria: «I soldi ci sono, basta superare qualche inghippo burocratico», ha spiegato il rettore. Insomma tutto sembra andare nella direzione giusta. la mostra L'occasione per parlare di architettura e della nuova facoltà è stata offerta dalla presentazione della mostra di trenta disegni dell'architetto Carlo Aymonino, che rimarranno esposti nella sala delle mostre temporanee della Cittadella dei musei fino al 15 maggio. Ma l'appuntamento più importante è fissato per venerdì 13 maggio, con la conferenza che lo stesso Aymonino terrà, dalle 16,30, nell'aula magna del Dipartimento di Architettura, in via Corte d'Appello 87, alla presenza del critico Francesco Moschini. «Sarà l'occasione per discutere di architettura con uno vero mito del settore ? ha sottolineato Antonello Sanna, professore del Dipartimento e coordinatore della mostra ? Per noi è importante parlare di architettura, perché Cagliari e la Sardegna ne hanno bisogno». Sulla stessa linea anche Carlo Aymerich, docente in Ingegneria: «Sarà un momento di condivisione utile soprattutto per i giovani, che potranno dare il loro apporto nella gestione degli ambienti della città, che in alcuni casi sono stati danneggiati». Numero chiusoMistretta non si è limitato a parlare della nuova facoltà, ma ha toccato anche due argomenti caldi nell'attuale panorama dell'ateneo cagliaritano: il piano d'offerta formativa dell'Università e la rivoluzione amministrativa. «Il numero chiuso non va contro gli studenti ? ha detto il rettore, dopo le critiche mosse dagli universitari sui troppi corsi con posti limitati ? Dobbiamo puntare a un'offerta di qualità, con un numero di docenti congruo e un rapporto con gli studenti giusto». Sulla riorganizzazione della macchina universitaria il rettore ha sottolineato che «si sta concludendo l'assegnazione delle cariche nelle quindici aree dirigenziali» e che questo passaggio permetterà un funzionamento migliore di tutti gli ingranaggi, «con le persone giuste al posto giusto, che rispondano alle esigenze degli studenti e dell'intero ateneo per un parlare finalmente di burocrazia funzionale».
Matteo Vercelli
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 17 – Cagliari
Università. Interrogazione del deputato, il libro era stato sequestrato dalla Procura
Nuovo allarme antisemitismo
Anedda: «Ancora in uso il testo d'esame razzista»
Il ministero dell'Università approva l'antisemitismo? A chiederselo è il deputato di Alleanza nazionale Gianfranco Anedda, in un'interrogazione parlamentare depositata nei giorni scorsi. La domanda sembra provocatoria ma è tutt'altro che insensata: a fine gennaio il politico aveva segnalato che all'Università di Cagliari, nella facoltà di Scienze della Formazione, gli studenti dovevano preparare l'esame di Storia della filosofia su un testo dal netto sapore antisemita indicato - oltre che scritto - dal docente Pietro Melis. Reazioni di sdegno in tutto l'ateneo, inchiesta penale dopo la denuncia di un ebreo cagliaritano, commenti scandalizzati sui quotidiani nazionali. Poi, il silenzio. Però: «Tale pubblicazione - scrive Anedda - risulta ancora oggi raccomandata e sostanzialmente imposta dall'autore, titolare della cattedra, agli studenti, nonostante le proteste del corpo insegnante e il sequestro dello scritto disposto dall'Autorità giudiziaria». È da questa situazione paradossale che nasce l'interrogativo del parlamentare sulle posizioni ministeriali in fatto di antisemitismo: Anedda conclude l'interrogazione chiedendo di sapere «se e quali iniziative siano state assunte dal ministero e i motivi della eventuale inerzia che potrebbe essere interpretata quale adesione alle opinioni espresse dal professor Pietro Melis». Il libro«È giusto dichiararsi antisemiti nei confronti degli ebrei credenti, né ci si può dolere del fatto che questi siano finiti nelle camere a gas naziste». Questo sosteneva - e sostiene - il saggio "Scontro tra culture e metacultura scientifica: l'Occidente e il diritto naturale", scritto dal professore e inserito in una pubblicazione dell'Università: gli Annali di Scienze della Formazione. Un testo che a pagina 13 spiega: «Il cosiddetto tempio ebraico era in realtà un grande mattatoio, dove i cosiddetti sacerdoti cospargevano continuamente l'altare del sangue degli animali ancora vivi». Ed è proprio «in considerazione di ciò», secondo il professore, che sarebbe lecito l'antisemitismo e non ci si potrebbe dolere delle camere a gas. Tre mesi fa il primo a scandalizzarsi pubblicamente fu il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che aveva ricevuto una copia dello scritto con questo biglietto d'accompagnamento: «Il mio saggio, inviato a 140 biblioteche italiane e straniere, sia come marchio indelebile sulla vostra pelle per ciò che ho scritto nelle pagine 12-16. Sulla base del diritto naturale non dovrebbe essere reato giustiziare un ebreo credente o un islamico». In seguito il professor Melis spiegò che la sua voleva essere una provocazione e cercò di rassicurare gli ebrei: «Odio le tecniche di macellazione prescritte dalla loro religione, non loro». L'inchiestaNel frattempo però, dopo la denuncia di Giacomo Sandri, sul professore aveva cominciato a indagare il sostituto procuratore Danilo Tronci, che oltre a ipotizzare il reato di istigazione all'odio razziale aveva disposto il sequestro del libro. Un provvedimento eseguito rapidamente, ma non integralmente. Qualche copia del saggio - per il quale il rettore Pasquale Mistretta e il preside Alberto Granese si erano dovuti scusare col rabbino Di Segni - deve essere rimasta in circolazione. Titolo nuovo, pagine vecchieChe le fotocopie fossero ancora in vendita nella zona della facoltà (a 1,50 euro) lo aveva già dimostrato l'Unione Sarda alcuni giorni fa. Non solo: è ancora indicato come testo d'esame. A scoprirlo, e denunciarlo, è sempre Sandri: nel programma ora il sito internet della facoltà indica un'altra pubblicazione di Melis, "Geometria del diritto naturale", ma chi lo chiede in copisteria ottiene solo il vecchio "Scontro tra culture e metacultura scientifica". La spiegazione: sarebbe il professore a indicare i testi da dare agli studenti, e per Storia della filosofia i titoli sono sempre quelli. Eppure il senato accademico, dopo il polverone sollevato dalle proteste del rabbino e dalla prima interrogazione di Anedda, aveva deliberato di affiancare il professore in sede d'esame con il preside e un altro docente. Vuol dire che i due colleghi di Melis ascolteranno gli studenti spiegare, secondo quanto hanno studiato sui testi universitari, che non ci si deve dolere delle camere a gas.
Celestino Tabasso
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 30 – Provincia di Cagliari
Capoterra. Marongiu interviene sull'edilizia e invita l'assessore a rientrare in giunta
«È finito il tempo della speculazione»
Studio dell'Università per sbloccare le aree ipervincolate
A quasi un mese dalle dimissioni dell'assessore Raffaela Serra (consegnate pochi giorni dopo le scritte sui muri e le minacce di morte indirizzate anche al responsabile degli uffici Giancarlo Suelzu), è ancora il sindaco Giorgio Marongiu a guidare il più delicato e complesso dei dicasteri comunali di Capoterra. Un assessorato che sembra tirarsi dietro grane e problemi per chi lo occupa e lo gestisce, visto che anche in passato, a metà degli anni Novanta, la cittadina si era trovata nel vortice di bombe, attentati, violenza. L'assessorato«Spero che Raffaela Serra torni al suo posto, ha ben lavorato e bisogna completarlo, questo lavoro, portando in aula, per l'approvazione il Piano urbanistico comunale». È un invito più che esplicito, quello del sindaco Giorgio Marongiu, rivolto all'ex assessore. «Aspetto che i diesse facciano una determinazione», dice, confidando in un ripensamento del partito e dunque direttamente di Serra. Ma a Capoterra, dalle parti del centrosinistra non sono convinti che le speranze del sindaco possano essere soddisfatte in tempi brevi. Anzi, proprio dalle parti del centrosinistra si vocifera con insistenza che il rientro in pista dell'assessore potrà avvenire solo quando Giorgio Marongiu riuscirà a portare il documento urbanistico all'attenzione dell'assemblea civica per essere discusso da maggioranza e opposizione. Solo allora, anche se prima dell'approvazione, l'assessorato potrebbe riavere un "capo". Il sindacoUna cosa è certa. Giorgio Marongiu giura che nessun nome è mai stato neppure ipotizzato come sostituto di Raffaela Serra. «Ha ben lavorato, quel posto è suo». Ma intanto è il sindaco, in questi giorni, a dover fare i conti con un malcontento diffuso. È stato lui a presentare ricorso al Tribunale amministrativo regionale per tentare di correggere quel Piano di assetto idrogeologico imposto dalla Regione e che a Capoterra l'opposizione di centrodestra contesta apertamente da molti mesi e che la stessa maggioranza di centrosinistra (nonostante per molti mesi abbia preferito il silenzio ad una chiara e netta contrapposizione politica) trova «rigido e penalizzante» ma anche «sbagliato». L'indagineNon solo Tar, però. L'amministrazione comunale ha stipulato una convenzione con il Centro interdipartimentale di Ingegneria e Scienze ambientali e il Centro di ricerca e formazione per l'ottimizzazione delle reti dell'Università di Cagliari (Crifor-Cinsa) diretto dal professor Giovanni Secchi. Un organismo che nella cittadina riscriverà la mappatura del centro urbano e delle aree a rischio di esondazione (per liberare le zone oggi ipervincolate e dunque bloccate) ma che probabilmente interverrà anche più in generale nel Pai regionale al di là della specificità capoterrese. L'ediliziaMarongiu intanto risponde per le rime a chi lo accusa di voler bloccare l'urbanistica. «Ma se nel Puc pensiamo a 35 mila abitanti - dice -, come si fa a parlare di edilizia ferma, dove dovrebbero andare a vivere i nostri nuovi concittadini se non nelle nuove case. Questo non vuol dire che metteremo di nuovo il territorio in mano alla speculazione edilizia». Sta di fatto che i vincoli, ora, a Capoterra-centro, esistono eccome. Proprio dove secondo il Piano urbanistico dovrebbe nascere lo sviluppo.
Andrea Piras
 
 
4 – L’Unione Sarda
Pagina 27 – Oristano
Università
Tecnologia alimentare, convegno
Costruire un collegamento continuativo tra le Università e le imprese per trasferirvi conoscenze, tecnologia ed innovazione tramite il lavoro dei neolaureati. È l'obiettivo, molto sperato e finora poco praticato, discusso ieri nella sala parrocchiale San Sebastiano in un convegno organizzato dal Consorzio uno, l'organizzazione privata finanziata annualmente dalla Regione, convenzionata con le Università di Sassari e Cagliari (800 ragazzi frequentano 7 corsi universitari in città) e dal titolo "Ruolo del tecnologo alimentare nelle imprese della Sardegna". Un tentativo per cercare un collegamento tra due mondi vicini ma non connessi. Da una parte l'Università di agraria tiene due corsi di laurea di tre anni ad Oristano: quello di Tecnologie alimentari e quello di Viticoltura ed enologia, frequentati da 100 giovani che non sanno, una volta laureati, se riusciranno poi a trovare un lavoro. Dall'altra parte le imprese e le cooperative agroalimentari o agricole di piccola dimensione tranne poche eccezioni, non hanno ancora la cultura della "tecnologia e dell'innovazione", e dunque neanche la figura professionale nella loro aziende, fondamentali per essere competitivi nei mercati. Antonio Barberio, sindaco e presidente del Consorzio Uno ha incitato a continuare ed ad insistere sul tema. Il direttore del Consorzio 1 Eugenio Aymerich ha accolto con entusiasmo la proposta di Antonio Carta, presidente regionale della Lega delle coop di sottoscrivere una convenzione con le Università. Per stabilire concrete alleanze tra imprese come la Tre A, la Cao di Fenosu (a breve diventerà lo stabilimento tecnologicamente più avanzato del settore ovino), le cantine sociali, le coop ortofrutticole del Terralbese e quelle delle produzioni biologiche. «In una delle più famose università private, la Bocconi di Milano, è stato istituito uno "sportello" che aiuta i laureati ai fini dell'occupazione», ha detto Gavino Delrio, preside della facoltà di Agraria. Il presidente del corso di Tecnologie alimentari Antonio Farris, viste le piccole dimensioni delle imprese, ha proposto la figura del tecnologo "consulente" di diverse imprese. Intendendo per tecnologo un esperto in tecniche di produzione delle materie prime.
Gabriele Calvisi
 
 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Martelli attacca l’Università «confida in piccoli intrallazzi» 
GABRIELLA GRIMALDI
 SASSARI. Valentino Martelli ne ha per tutti. Riguardo alla polemica fra Università sassarese e assessorato regionale alla Sanità sulla costituenda azienda mista non risparmia frecciate, e “spara” in tutte le direzioni.
 E mentre fra gli operatori sassaresi rispunta la rivalità sui trapianti, i medici ospedalieri invece prendono posizione contro le affermazioni «false» del preside di facoltà Rosati.
 Di Nerina Dirindin il cardiochirurgo cagliaritano dice che «in un anno non è riuscita a far capire chiaramente quale sia l’indirizzo che intende dare alla sanità sarda. Eppure non mi sembra così difficile mettere a fuoco alcuni concetti fondamentali dai quali partire per riformare il settore». E Martelli elenca i punti critici che lasciano indietro la sanità isolana in un’ideale classifica dell’eccellenza. «I sardi sono ancora costretti a sottoporsi a umilianti viaggi della speranza per due patologie - spiega -: il cuore e le terapie oncologiche. Per quanto riguarda il settore cardiologico si dovrebbe dare priorità alla creazione di quattro centri di unità coronarica con emodinamica e puntare con decisione, valorizzandoli, sui due centri di cardiochirurgia. Niente di tutto questo è stato fatto».
 «La seconda emergenza è la radioterapia: abbiamo malati di cancro costretti a migrare perchè non ci sono macchinari e personale. L’assessore dovrebbe dare i quattrini per risolvere questi problemi. Un pastore sardo che sta tutto l’anno nel Supramonte lo avrebbe capito immediatamente, lei che arriva dall’università di Torino, no. Come tutti i docenti: teoria tanta, senso pratico sottozero».
 Ma anche la categoria dei medici universitari non ne esce meglio. «In questa querelle stanno dimostrando le loro incongruenze - dice -. Basti pensare che a Cagliari abbiamo tre cattedre di reumatologia e una di cardiochirurgia. L’università guarda al passato confidando su piccoli intrallazzi. Il risultato è che oggi in Sardegna l’assistenza universitaria è molto peggiore di quella ospedaliera».
 Più specificamente sul progetto dell’azienda contenuto nel protocollo d’intesa firmato il 27 aprile interviene Pinotto Dettori, direttore della clinica chirurgica. «Questo progetto ci ha colti impreparati - commenta -. In un primo momento sembrava che le aziende fossero due, poi l’assessore aveva detto a chiare lettere e in più occasioni che sarebbe stata una e una sola. Adesso, con questo riferimento al presidio ospedaliero del Santissima Annunziata la confusione è notevole. Tuttavia credo sia prematuro prendere posizione. Per fortuna in calce al documento c’è la clausola che per i successivi aggiustamenti sarà sentito il consiglio di facoltà».
 «Era sicuramente da rigettare - prosegue il direttore della clinica - la versione iniziale, in virtù della quale l’università avrebbe dovuto rinunciare a discipline storicamente portanti. Poi alcune parti sono state ritoccate ma resta ancora da lavorare. Ad esempio sulla supposta separazione tra l’emergenza (che rimarrebbe al Santissima Annunziata) e l’assistenza di “elezione”. Non è possibile in pratica immaginare l’attività di chirurgia vascolare slegata dall’emergenza».
 Altro tema scottante, quello dei trapianti. «Sembra dal progetto che i trapianti siano riconducibili solo al presidio ospedaliero perchè inscindibili dall’emergenza. In realtà però si era ipotizzato che i trapianti di fegato andassero all’università. Anche di questo parleremo in facoltà».
 Ai trapianti fa cenno anche Nicola D’Ovidio, primario del reparto ospedaliero di chirurgia d’urgenza. «Ho paura che la marcia indietro della facoltà sia in qualche modo collegata alla questione dei trapianti. Ma bisogna ipotizzare realisticamente che i trapianti epatici, cominciati a Cagliari, resteranno lì anche perchè l’assessore ha detto che un centro basta e avanza. I trapianti di rene li abbiamno sempre fatti nel mio reparto e non vedo perchè non dovremmo continuare a svolgere questa attività».
 «Per quanto riguarda il piano a prima vista non mi sembra male. Ci sono alcuni punti da chiarire, come a esempio il numero delle aziende, ma nei prossimi giorni ne sapremo di più».
 A favore dell’operato dell’assessore, e contro quello dell’università, i medici ospedalieri riuniti nelle categorie di rappresentanza. «La sanità sassarese non è di serie C e gli utenti possono rivolgersi con fiducia a tantissime strutture - si legge in un comunicato firmato dalle maggiori sigle sindacali -. La ristrutturazione della rete ospedaliera proposta dalla dirigenza Asl è stata fatta propria dall’assessore Dirindin e dal presidente del Consiglio regionale Renato Soru.
 «Prevede un’azienda ospedaliero-universitaria e un presidio ospedaliero (il Santissima Annunziata) con posti letto e unità operative che valorizzano le diverse vocazioni. I medici ospedalieri hanno sempre chiesto alla regione e alla dirigenza Asl di difendere i principi ispiratori del sistema sanitario nazionale che mettono al centro il cittadino; l’apporto della facoltà all’assistenza e la sua attività formativa devono essere orientate secondo i dettami del sistema sanitario. Secondo il nostro parere il documento firmato a Cagliari va in questa direzione. L’azienda e il presidio, con la conquistata simmetria giuridica, dovranno collaborare sviluppando le sinergie sull’ assistenza e la formazione. Non è più tempo di polemiche, ma di mettersi a lavorare al servizio della città».
 
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Nessuna critica all’assessore Dirindin per i tagli ma polemiche sulla minaccia della facoltà di Medicina 
«Il ricatto sulle lauree brevi è un’arma spuntata»
  SASSARI. Sul futuro della sanità a Sassari e in particolare sull’allarme lanciato dal preside della facoltà di medicia Giulio Rosati circa la compromissione dei corsi di laurea, dicono la loro gli infermieri del Nursind. «Eccoci arrivati al dunque della riorganizzazione della sanità sassarese con i nodi che vengono al pettine di chi nell’ottica di tagli e razionalizzazioni deve ora compiere scelte inevitabilmente per qualcuno dolorose - dice Sandro Nuvoli, segretario territoriale -. Già durante l’affilatura della mannaia assessoriale, si sono levate voci in difesa dei corsi di laurea (breve) e scuole di specializzazione che sarebbero penalizzati dalla prevista chiusura di alcuni reparti universitari, “doppioni” dei corrispondenti ospedalieri con le conseguente riduzione dei posti letto attualmente gestiti dall’ateneo.
 Francamente non si vede scandalo alcuno nel voler eliminare il costoso esubero di offerta di ospedalizzazione nel territorio. Entrando nello specifico dei corsi di laurea per infermiere ed ostetrica, riguardo la presunta necessità di doverne sfornare un congruo numero ogni anno, vogliamo evidenziare l’attuale situazione occupativa dei professionisti sardi laureati negli anni scorsi, i quali a centinaia, “godono” nell’isola di situazioni di precariato pluriennali. In questo quadro perciò il ricatto della chiusura delle scuole appare quantomeno un’arma spuntata, fino a quando il riassorbimento di questo piccolo esercito».
 
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Di corsa verso la facoltà di Architettura 
Annuncio del rettore alla mostra dedicata all’architetto Carlo Aymonino
C’è ancora da superare l’esame del comitato della Regione, poi si apre a 300 studenti 
 CAGLIARI. Tra due mesi anche l’Università degli studi di Cagliari potrebbe avere la facoltà di architettura, che accorperà il dipartimento omonimo e alcune classi di ingegneria del territorio. Lo ha affermato il Rettore dell’Università di Cagliari, Pasquale Mistretta, durante la presentazione della mostra “La bella Architettura”, dedicata a Carlo Aymonino. Aymonino, uno dei massimi interpreti dell’architettura italiana sarà a Cagliari venerdì 13 maggio, alle 16,30, per una conferenza al dipartimento di architettura, in via Corte d’Appello. L’iter per la costituzione della nuova facoltà, già avviato da qualche mese, è stato interrotto verso Pasqua per via di alcune scadenze.
Le scadenze, come ha spiegato lo stesso Mistretta, sono relative all’offerta formativa, ai dottorati di ricerca ed alla facoltà di Medicina. «Il nucleo di valutazione ha quasi terminato il proprio compito - ha riferito il rettore dell’ateneo cagliaritano - poi la pratica arriverà al comitato regionale, composto dai rettori delle due Università sarde, da un rappresentante degli studenti e dal presidente della Regione, e se questa avrà successo anche Cagliari avrà la sua facoltà di Architettura».
 I locali che verranno utilizzati saranno gli stessi in cui ora opera il dipartimento, in via Corte d’Appello, nel quartiere cagliaritano di Castello, a cui si aggiungerà la ristrutturazione di una parte del Portico degli Ebrei e un’altra struttura messa a disposizione nella Facoltà di Ingegneria. «Abbiamo espletato tutte le pratiche con il ministero per ciò che riguarda l’offerta formativa - ha aggiunto Mistretta - in modo da non trovarci impreparati nel momento in cui spero si dia il via libera alla nascita della nuova facoltà. Per questo sono stati già messi a punto l’offerta formativa, ed i requisiti di docenti e studenti».
 Due i corsi che hanno subito un cambiamento della titolarità. Il primo quinquennale si chiamerà Architettura delle costruzioni, mentre il secondo triennale con l’aggiunta dei due anni di specializzazione sarà Edilizia, invece dell’attuale Ingegneria edile. Entrambi saranno a numero chiuso per centocinquanta studenti ciascuno.
 «Questa scelta - ha aggiunto il rettore - deriva nel primo caso da una quota stabilita in ambito nazionale ed europeo, mentre per il triennio è stata una scelta necessaria per definire i requisiti minimi (accettazione dei corsi e risorse statali). Non si tratta di una politica restrittiva dell’Università, che viene considerata anzi di massa per scelta. Abbiamo le tasse più basse d’Italia - ha spiegato ancora il rettore -, abbiamo corsi e facoltà decentrate e cerchiamo di dare agli studenti i servizi migliori compatibilmente alle risorse che provengono anche dallo Stato. Il miglior risultato possibile e la più ampia offerta, con uno sguardo attento alla qualità della docenza per essere competitivi a livello italiano ed europeo».
 Nell’ultimo anno nell’università di Cagliari si sono laureati 4 mila e quattrocento studenti ed è cresciuto il numero di donne che si iscrivono e frequentano l’ateneo. «Mi resta un cruccio che avrò anche quando sarò andato via - conclude Mistretta - non aver potuto dire si a tanti ragazzi che meritavano, ma non avevo le condizioni per farlo».
 Per quanto riguarda il mondo del lavoro e le offerte che vengono dall’università, il rettore ha voluto ricordare gli ottantatré posti di dottorando di ricerca che erano disponibili nell’ultimo bando di gennaio e febbraio e ha definito lo studio come valore aggiunto per l’inserimento lavorativo.
 
 
  
8 – Corriere della sera
Antisemitismo: In Europa tira un brutto vento
«In Europa tira un brutto vento, l’aria in Francia e in Gran Bretagna, dove è ripartito il boicottaggio degli accademici israeliani, è irrespirabile. Finora in Italia il nuovo antisemitismo aveva fatto meno presa, ma se continuiamo a sottovalutare la minaccia il virus potrebbe dilagare. Penso soprattutto ai giornali di estrema sinistra, e agli ambienti accademici». Il professor Giorgio Israel, docente di Storia delle Matematiche alla Sapienza di Roma, sottolinea che si tratta di «un susseguirsi di episodi, non casi isolati». Contestazioni alle università di Pisa, Firenze, adesso Torino. Pesanti insulti ai calciatori del Maccabi durante una partita. Lei, docente ebreo all’università di Roma, è mai stato vittima di fatti analoghi?
«No, e finora neanche ne sono stato testimone. Spero che la Sapienza resti immune, come accade a molti atenei italiani, per fortuna. Ma le reazioni a quanto sta accadendo sono troppo tiepide, e non vedo perché il silenzio non dovrebbe incoraggiare gli estremisti».
Èpreoccupato?
«Molt o, l’antisemitismo è in crescita è chi dovrebbe fare qualcosa continua con il tradizionale atteggiamento: acquiescenza, se non compiacenza».
A chi si riferisce?
«Rettori, presidi, professori universitari. Non voglio fare nomi, perché si tratta di un atteggiamento culturale diffuso più che di colpe precise: il pregiudizio propalestinese e antiisraeliano è dominante, e questo legittima e rafforza i soprusi di pochi».
Compagni che sbagliano?
«È un lascito del ’68 del quale non ci siamo ancora liberati: il fatto che alcuni militanti si sentano in diritto di ridurre al silenzio persone che vogliono semplicemente esprimere opinioni, viene criticato blandamente, o neppure quello. Per un’aggressione di qualche facinoroso ci sono molti docenti che chiudono volentieri un occhio o tutti e due, perché pensano che i contestatori esagerano ma in fondo hanno ragione».
Che cosa si aspetta dai docenti?
«Dare una vera prova di antifascismo, al di là delle dichiarazioni rituali da 25 Aprile, condannando con più forza tipiche aggressioni squadriste come quella subita dalla collega torinese. Non è un caso che il suo collaboratore marocchino, e musulmano, sia stato ugualmente minacciato e tacciato di collaborazionismo. Chi cerca il dialogo viene messo ai margini, si vuole a tutti i costi radicalizzare lo scontro».
A quale scopo?
«Gli autonomi danno sfogo a un vitalismo giovanile ottuso e malsano, i professori non si ribellano perché non vogliono perdere posizioni di potere acquisite in decenni di comodo antisionismo di maniera».
Non può darsi che alcuni accademici siano legittimamente critici nei confronti di Israele?
«Certo, ma questo che c’entra con le aggressioni? Nessuno nega il diritto di criticare Sharon, ma l’impressione è che la situazione in Medio Oriente ormai non c’entri più nulla. Si parla di ritiro da Gaza, gli attentati islamici sono praticamente cessati, le nuove autorità palestinesi ricercano con determinazione l’accordo con Israele, e in Europa si scatena l’antisemitismo. Sharon è solo un pretesto per dare voce a un odio irragionevole».
Stefano Montefiori
 
 
 
9 – Corriere della sera
Daniela Santus presa di mira due volte dai centri sociali all’università
«Troppo amica di Israele» Docente contestata a Torino
Aveva invitato un diplomatico dello Stato ebraico. «Resterò al mio posto»
«Sono stati due episodi sgradevoli, quelli del 20 aprile e del 2 maggio all’Università di Torino. Sono stata contestata io, in quanto docente ebrea, e anche il viceambasciatore israeliano, Elazar Cohen, che avevo invitato per una lezione di economia, da un gruppo di giovani dei centri sociali, non dai miei 150 studenti, con i quali faccio lezione splendidamente: con essi affronto i problemi israeliano-palestinesi senza difficoltà. Ho invitato spesso diverse personalità, anche giordane alle mie lezioni... Un mio assistente è arabo... Di quelle contestazioni preferisco non parlare, perché voglio dialogo, non lo scontro». Cerca di smorzare il tono delle polemiche Daniela Santus, 40 anni, professore associato di Geografia culturale alla Facoltà di Lingue e letterature straniere di Torino, vittima del clima di «terrorismo psicologico» (antisemita), che si va diffondendo negli atenei italiani, per usare un’espressione di Riccardo Pacifici, vicepresidente e portavoce della Comunità ebraica di Roma. La docente il 20 aprile venne accusata di propaganda sionista dal Collettivo Universitario Autonomi (Cua), che interruppe la lezione, accese fumogeni e, pare, lanciò uova e pure pesanti insulti e minacce. Il 2 maggio la contestazione fu ripetuta, ma all’esterno dell’ateneo. Il Collettivo negò poi di essersi espresso in termini antiebraici, anche se rivendicò il diritto di «criticare duramente la politica di Sharon senza per questo essere giudicato antisemita».


LE REAZIONI - Immediate e di diverso segno furono le reazioni dei deputati Alberto Nigra (Ds) e Gianni Vernetti (Margherita), e del rettore Ezio Pelizzetti, che a nome dell’Università degli Studi di Torino rese pubblico un duro comunicato. Condannò «gli episodi di intolleranza, provocazioni e intimidazioni» e ribadì come «l’Università sia sempre stata e continuerà ad essere il luogo privilegiato del libero confronto delle idee, del dialogo e della reciproca tolleranza. L’ateneo non consente discriminazioni che intacchino la libertà di insegnamento». In realtà - come dimostra anche ciò che è successo giovedì nel campo dell’Ostiense, dove sono stati attaccati i giovani calciatori del Maccabi - il clima di «terrorismo psicologico» sembra diffondersi in modo allarmante. «Tira una brutta aria - ha detto ieri Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, commentando sia la vicenda torinese sia quella dei giocatori -. Si tratta di episodi di segno diverso, che però minacciano non solo gli ebrei, ma la società civile del nostro Paese e gettano le premesse per violenze maggiori e per il rinnovo di discriminazioni e odi che durante la Seconda guerra mondiale hanno imbarbarito l’Europa. Invitiamo tutte le forze che amano la democrazia a mobilitarsi contro queste minacce ed ad operare perché la vita civile dell’Italia non sia turbata da una cultura di odio, teppismo e guerra civile».


CLIMA DIFFICILE - Questo clima aveva cominciato a manifestarsi, negli atenei, il 14 ottobre 2004, quando alla facoltà di Scienze politiche di Pisa fu impedito di parlare al consigliere d’Ambasciata d’Israele, Shay Cohen, da un collettivo di autonomi. Il 22 febbraio scorso è seguito un episodio analogo: all’Università di Firenze, l’ambasciatore di Gerusalemme, Ehud Gol, è stato accolto da fischi e insulti. E quel clima sempre più ostile ha spinto l’8 marzo scorso l’ateneo di Bologna a cancellare l’incontro tra l’israeliana Angelica Calò e la palestinese Samar Sakkar previsto per il giorno dopo sul tema «Sotto lo stesso cielo, l’impossibile convivenza».
E almeno in Italia (ma non solo) la convivenza, o il pacifico confronto di idee sul tema Israele-Palestina sembra stia diventando davvero difficile, se non impossibile. La prima a ribellarsi a questa ipotesi, però, è la stessa professoressa Daniela Santus, che (convertitasi all’Ebraismo dalla Chiesa Valdese col nome di Ruth) ha invitato al dialogo e a chiudere la questione «Anche se - sottolinea - vedere il proprio nome affisso sui cartelli non fa molto piacere. Questo non significa che io lasci Torino o questa università - ha detto al Corriere -. Resterò qui e continuerò a insegnare».


LA LETTERA - La precisazione nasce dal fatto che ieri il Foglio di Giuliano Ferrara ha annunciato di aver ricevuto una lettera della docente in cui essa accusa l’ateneo di averla lasciata sola davanti alle intimidazioni e di voler abbandonare la città e l’insegnamento per paura delle minacce. «Tutto falso - replica la Santus - non ho mai stilato una lettera simile né so chi possa averla inventata. Ancor più sicuro è che non ho mai pensato di spedirla al Foglio , che non leggo. Il mio errore in questa vicenda semmai è stato quello di aver invitato il viceambasciatore e di aver informato la Questura, non il rettore. Un’ingenuità, ma in quel momento ho pensato più all’autonomia didattica del docente che non ad altre conseguenze». Il quotidiano di Ferrara, a sua volta, così si giustifica: «La lettera ci è arrivata, con preghiera di diffusione, da David Meghnagi, coordinatore del Comitato accademico per la lotta all’antisemitismo di Roma». Ma la professoressa insiste: «Quella lettera non è mia e quindi mai l’ho consegnata a David Meghnagi».
Costantino Muscau
 
 
 
10 – Corriere della sera
Facoltà di Filosofia
San Raffaele, la presidenza offerta a Galli della Loggia
Ernesto Galli della Loggia potrebbe essere il nuovo preside della Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Dall’ateneo di Villa Borromeo, nel milanese, è arrivata l’offerta e il professore, titolare della cattedra di Storia dei movimenti e dei partiti politici all’Università di Perugia ed editorialista del Corriere della Sera , scioglierà la riserva all’inizio della prossima settimana. L’attuale preside, il filosofo Massimo Cacciari, tornerà a fare il sindaco a Venezia e per questo è obbligato dalla legge a entrare in aspettativa. L’esito delle elezioni amministrative nella città lagunare aveva immediatamente scatenato una serie di ipotesi sulla successione alla guida della «scuola di pensiero» della prestigiosa università privata milanese. Dal rettore don Luigi Verzé, la promessa di una scelta di alto profilo. Sui media erano comparsi i primi nomi: Panorama , scrivendo che «quel che il San Raffaele va cercando è un big della filosofia... laico e relativista con giudizio», schierava la terna di candidati interni Roberta De Monticelli, Michele Di Francesco e Massimo Donà, contrapponendola agli «esterni» Giulio Giorello, Bernard-Henry Lévy e André Glucksmann.
Con la chiamata di Galli della Loggia, il prete-manager conferma la sua decisione di voler trasformare le aule di Cesano Maderno in un laboratorio politico di ampio respiro: una facoltà di filosofia allargata all’area storico-politica, sul modello francese della Sorbona, fucina delle migliori menti della politica e della diplomazia d’Oltralpe. Una scuola, nei progetti di don Verzé, «capace di creare la nuova classe dirigente della polis », in cui il politologo - se accetterà l’offerta - lavorerà fianco a fianco con il preside uscente Cacciari (che manterrà comunque un ruolo di rilievo nelle attività dell’ateneo).
 
 
 
 

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