Mercoledì 1 giugno 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
01 giugno 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 - L’UNIONE SARDA
Cronaca di Cagliari Pagina 20
Un santuario dei cetacei tra la Sardegna e il Nord Africa
Un santuario dei cetacei tra la Sardegna e il Nord Africa, un'area di protezione ambientale nel cuore del Mediterraneo per conoscere e tutelare i piccoli e grandi mammiferi del mare. Ma anche un grande laboratorio d'acqua per "far ricerca", spiare i comportamenti dei delfini e valutare quale sia, realmente, il loro rapporto con le attività di pesca. In pratica, quanto i tursiopi (la specie più costiera dei piccoli delfinidi) interagiscano con gli attrezzi calati in acqua per la cattura di triglie, saraghi, scorfani danneggiandoli e sottraendo le prede ai pescatori. Un fenomeno ormai sempre più diffuso e che gli operatori della piccola pesca denunciano da anni. La biologa«Un fatto - conferma Federica Maggiani, biologa del Dipartimento di Biologia sperimentale e responsabile scientifica dell'indagine sui cetacei del Canale di Sardegna - che si verifica in modo analogo anche in Nord Africa, come ci è stato raccontato in questi giorni dai pescatori e dai ricercatori tunisini». Dunque il santuario. Per ora è solo un pensiero. Un'ipotesi suggestiva. Ma è anche un progetto che potrebbe veder la luce piuttosto in fretta, visto che nel Bacino esiste già un altro santuario, quello racchiuso tra la Liguria, la Toscana, il nord Sardegna e il Principato di Monaco. Il progetto«Dopo l'esperienza ormai consolidata del santuario del Mar Ligure - spiega il preside della facoltà di Scienze, Roberto Crnjar - l'attenzione si è ora spostata sul Canale di Sardegna, un'area poco indagata e su cui ci sono disponibili pochissimi dati, ma su cui noi come anche la Francia, la Spagna e la Tunisia contiamo possa essere istituito il secondo santuario dei cetacei del Mediteraneo, oppure il prolungamento di quello già esistente. La Sardegna sarebbe non più coinvolta con la sua sola costa settentrionale, ma diventerebbe complessivamente protagonista di questo importante progetto di tutela e ricerca del mare e dei cetacei in particolare». Per Crnjar, «l'Isola non deve più lasciarsi scavalcare e anzi, la Regione, la Provincia di Cagliari e la nuova Provincia del Sulcis, così come i paesi rivieraschi e l'Università dovranno diventare i veri artefici del progetto scientifico di salvaguardia». Il CanaleIntanto nei giorni scorsi è rientrata a Cagliari la spedizione dei biologi guidati da Federica Maggiani. «Durante l'attraversata abbiamo incontrato numerosissimi cetacei, branchi numerosi di tursiopi, delfini comuni e stenelle. Proprio dei tursiopi ci ha colpito il fatto che, a dispetto della loro abitudine costiera, alcuni branchi cacciavano in mezzo al Canale, a settanta miglia dall'Isola e cinquanta da Biserta, dove abbiamo calcolato una profondità di seicento metri. Purtroppo le condizioni meteo non sono sempre state favorevoli e l'avvistamento di balenottere e capodogli è rimasto un sogno. Importanti sono stati il confronto con i colleghi tunisini e i dati raccolti tra i pescatori locali e africani». A. Pi.
 
2 - L’UNIONE SARDA
Cultura Pagina 41
I due orologi cosmici che danno ragione a Einstein
Perché la scoperta dei radioastronomi cagliaritani è importante: la doppia pulsar diventa un laboratorio
Abbiano chiesto a Nichi D'Amico, professore ordinario di Radioastronomia presso il Dipartimento di Fisica della Facoltà di Scienze dell'Università di Cagliari e Direttore dell'Osservatorio Astronomico di Cagliari, di spiegare l'importanza del sistema dei due pulsar scoperto da radioastronomi cagliaritani. D'Amico dirige infatti il gruppo di ricerca italiano, che si occupa da diversi anni di attività sperimentale nel campo delle radio pulsar con il radiotelescopio australiano di Parkes e con i radiotelescopi nazionali dell'Istituto di Radioastronomia di Bologna. Il sistema di due pulsar denominato "J0737-3039", scoperto verso la fine del 2003 dai radioastronomi cagliaritani e dai loro partner internazionali, ha confermato il suo enorme potenziale come laboratorio cosmico di precisione per verificare la Teoria della Relatività Generale di Einstein. Grazie all'estrema stabilità del periodo di rotazione di una delle due stelle che compongono il sistema, si è potuto misurare, tra le altre cose, il restringimento dell'orbita che è risultato in perfetto accordo con le previsioni della Relatività Generale. I radioastronomi cagliaritani e i loro partner internazionali avevano scoperto nel 2003 (www.ca.astro.it/press/) il debole segnale radio impulsivo proveniente da un particolare tipo di stella di neutroni, una "pulsar" (denominata PSR J0737-3039), e avevano dimostrato che questa pulsar doveva essere in orbita attorno ad un'altra stella di neutroni (il nome di queste stelle deriva dal fatto che la loro materia è principalmente costituita da tale tipo di particelle nucleari ? si tratta di stelle estremamente compatte, con un diametro di circa 20 km, ma con una massa simile a quella del Sole). L'osservazione della variazione altamente "relativistica" dei parametri orbitali indicava questo sistema come un laboratorio cosmico unico nel suo genere e particolarmente adatto alla verifica delle leggi della Gravitazione. La scoperta era stata pubblicata sulla rivista Nature il 4 dicembre 2003 e aveva riscosso un notevole interesse nella comunità scientifica. Secondo l'Istituto americano Thomson-ISI, nel 2004 l'articolo di Nature avrebbe registrato il più alto numero di citazioni (http://www.esi-topics.com/nhp/2005/january-05-NicoloDAmico.html). Poco dopo la scoperta originaria, il nostro gruppo aveva iniziato una intensa campagna di osservazioni di follow-up con l'intento di ottenere misure accurate di effetti di Relatività Generale che solo in questo sistema si possono ottenere su tempi relativamente brevi. Durante queste osservazioni era stato identificato anche il segnale impulsivo proveniente dalla stella di neutroni compagna, che è quindi anch'essa una pulsar. Il sistema costituiva la prima "pulsar doppia" mai osservata. Una delle teorie fondamentali della fisica moderna è la Relatività Generale formulata da Einstein ai primi del secolo scorso. La teoria di Einstein ha decisamente soppiantato la teoria classica di Newton, che pure descrive molto bene la maggior parte dei fenomeni osservabili nella quotidianetà. E infatti, nonostante la Relatività Generale abbia conseguenze drammatiche sul comportamento del mondo fisico e sulla struttura ed evoluzione dell'Universo, i fenomeni in cui le due teorie si discostano sono osservabili solo in condizioni fisiche estreme. Questo d'altra parte è il motivo per cui la teoria newtoniana "funziona bene" per spiegare molti dei fenomeni fisici a cui assistiamo giornalmente. Il nuovo sistema binario non solo contiene due pulsar, due oggetti che emettono un segnale periodico impulsivo la cui stabilità è paragonabile a quella dei migliori orologi atomici, ma è in assoluto il sistema binario più "relativistico" oggi noto. Un sistema binario così relativistico (le due pulsar ruotano una attorno all'altra alla velocita di circa lo 0.1% della velocità della luce!) dotato di due orologi cosmici di questa portata, non solo permette una verifica senza precedenti dell'accuratezza della teoria di Einstein, ma consente anche di verificare l'eventuale esattezza di altre teorie della Gravitazione, alternative alla Relatività Generale, ma che si distinguono da questa solo nel caso di effetti fisici estremi che solo questo sistema binario consente di osservare. La doppia pulsar, come si sperava, si è rivelata un laboratorio cosmico di eccezionale importanza che conferma la Teoria della Relatività di Einstein. Grazie all'estrema precisione delle misure, si è potuto misurare il "restringimento" dell'orbita, in perfetto accordo con le previsioni della Relatività Generale. Un importante contributo scientifico che cade nell'Anno Mondiale della Fisica, istituito a cent'anni dalla prima formulazione della teoria di Einstein. Quella che è stata annunciata in questi giorni al Convegno annuale dell'American Astronomical Society a Minneapolis è una conferma importante di alcuni aspetti della Teoria della Relatività Generale di Einstein, che emerge dai risultati di uno studio condotto dalla fine del 2003, epoca della scoperta, fino ad ora. Secondo la teoria di Einstein una massa in rapido movimento genera una deformazione ondosa del campo gravitazionale che si propaga nello spazio e in linea di principio può essere rivelata a grande distanza. Due stelle di neutroni che ruotano velocissime una attorno all'altra, devono, per effetto della Teoria della Relatività, perdere rapidamente energia sottoforma di onde gravitazionali, e cambiare la loro orbita che, in poco tempo, deve "restringersi " sensibilmente. La misura di questo effetto rappresenta in sostanza una prova indiretta della effettiva esistenza delle onde gravitazionali. Dalla fine del 2003 è continuato un incessante lavoro di sorveglianza del fenomeno, grazie a tre grandi radiotelescopi installati in Australia, Stati Uniti e Inghilterra, portato avanti in una collaborazione internazionale che vede ora, oltre all'équipe iniziale italo-anglo-australiana, anche un partner statunitense. Le misure ottenute in questi ultimi 18 mesi, estremamente accurate, permettono ora di quantificare l'avvicinamento dei due astri in soli 7 millimetri al giorno, che porterà le due pulsar a collidere tra circa 85 milioni di anni. Il restringimento dell'orbita e l'entità del fenomeno sono in perfetto accordo con i valori calcolati per questo sistema stella con la Teoria della Relatività Generale. Nichi D'Amico
 
 
 

3 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 43 - Cultura e Spettacoli
Intervista con D’Amico, coordinatore dell’équipe che ha scoperto il più preciso «orologio» dell’universo 
«Così siamo arrivati a Einstein» 
L’evoluzione del progetto che fa capo all’Inaf di Cagliari 
«Le nostre speranze nel radiotelescopio che si sta costruendo a San Basilio» 
ROBERTO PARACCHINI 
La prima conferma era venuta da Joseph Taylor, nel 1974: dai laboratori di Princeton aveva detto che Einstein aveva ragione anche per le onde gravitazionali previste dalla teoria della relatività generale. Nel 1993 ricevette il premio Nobel proprio per quella scoperta che aveva richiesto a Taylor, e alla sua équipe, vent’anni di lavoro. L’altro ieri a Minneapolis, durante il congresso della Società astronomica americana, Ingrid Stairs ha dato notizia della seconda conferma dell’esistenza di queste onde, realizzata grazie a Nicolò D’Amico che ha guidato un gruppo internazionale di radioastronomi (italiani, americani, inglesi e australiani) che fanno capo all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) dell’osservatorio di Cagliari - da lui diretto - e alla cattedra di astrofisica dell’università del capoluogo sardo - da lui ricoperta.
 Nicolò D’Amico, 52 anni, originario di Palermo, a Cagliari dal 2001 dopo quindici anni nell’università di Bologna e alcuni in Australia. Professore, che differenza c’è tra la verifica della relatività generale condotta dalla sua équipe e quella di Taylor?
 «Anche in quel caso era stato analizzato un sistema binario, ovvero formato da due pulsar ruotanti una attorno all’altra, ma allora fu possibile osservare le pulsazioni solo da una delle due. E la conferma finale si ebbe in tempi molto più lunghi. La cosa interessante è che nel nostro sistema gli effetti relativistici sono più accentuati: siamo infatti riusciti a fare la stessa misurazione nel giro di un anno».
 Può tentare di tradurre questo tipo di osservazione in linguaggio comune?
 «Certamente. Chiariamo prima che le pulsar (acronimo dall’inglese di pulsating radio sources) provengono dall’esplosione di una super nova, da cui resta la stella di neutroni. Queste hanno un campo magnetico molto forte, sono estremamente compatte e hanno un campo gravitazionale elevatissimo e, per questo, in grado di produrre effetti relativistici. Il sistema individuato è stato chiamato PSR J0737-3039, distante circa duemila anni luce e formato da due stelle di neutroni estremamente dense e compatte. Per avere un’idea si pensi che queste pulsar hanno un diametro di circa venti chilometri e una massa pari a una volta e mezzo quella del sole che, invece, ha un diametro di 1.392.000 chilometri».
 Le pulsar su cui sono state fatte le osservazioni hanno anche loro la caratterisica di ruotare una sull’altra...
 «Esatto, noi le avevamo individuate nel 2003, anche se il progetto - lo studio di questi fenomeni - va avanti da una decina d’anni».
 Quando si sente parlare di relatività generale, si pensa alla curvatura dello spazio-tempo: la conferma riguarda questo aspetto della teoria einsteniana?
 «Sì. Partiamo pensando allo spazio curvo che si crea attorno alla massa delle pulsar proprio per la loro elevatissima densità (e anche questo è un concetto einsteniano). Poi immaginiamo di prendere in mano la massa e di agitarla velocemente, su e giù (simulando in tal modo quel che capita con le pulsar che girano una attorno all’altra a una velocità elevatissima di 2,4 ore a rotazione, strattonando in tal modo lo spazio curvo su e giù). A questo punto abbiamo una deformazione della massa che si propaga come un moto ondoso. L’emissione di onde gravitazionali fa perdere energia e porta alla contrazione che noi siamo in grado di registrare con precisione. Quel che rende importante questa misurazione è che le onde gravitazionali non sono mai state osservate direttamente, perchè debolissime, sino a Taylor e al nostro lavoro».
 Il progetto è frutto di una collaborazione internazionale...
 «Sì, quattro ricercatori a Cagliari e altrettanti in Inghilterra, un paio di persone in Australia (dove ci sono gli impianti utilizzati per le misurazioni) e gli Usa. In Australia, a circa seicento chilometri di Sydney esiste il radiotelescopio che è stato determinante per le nostre misurazioni: ha dimensioni simili a quello che si sta costruendo in Sardegna, vicino a San Basilio».
 Quali gli sviluppi possibili delle sue ricerche?
 «Il sistema consente di ottenere dei risultati su tempi molto brevi. Ricordiamo che la relatività non è solo una bellissima teoria, ma che ha anche tantissimi risvolti nella vita di tutti i giorni. Pensiamo, solo per fare un esempio, al sistema satellitare Gps: senza la relatività, che inserisce una serie di corettivi, non avremmo la precisione che caratterizza questo sistema».
 Le sue ricerche influenzano anche le ipotesi cosmologiche sull’universo?
 «Si inseriscono all’interno di alcuni aspetti della teoria delle stringhe: quella, schematizzando, legata al tentativo di unificare la teoria relativistica e la meccanica quantistica».
 Prima ha accennato al radiotelescopio che si sta costruendo presso San Basilio: che potenza avrà?
 «Sarà tra i maggiori nel mondo, in grado di registrare frequenze molto elevate, superiore per prestazioni anche a quello australiano. Utilizzerà tecniche particolari come una ‘superficie attiva’ con pannelli che si riaggiustano automaticamente. L’antenna avrà un’altezza di circa ottanta metri e il pannello un diametro di 64 metri».
 Quante ricercatori vi lavoreranno?
 «Dipende dal tipo di investimento che si vorrà fare. La struttura potrà funzionare con una ventina di persone, ma se lo si utilizza per tutte le potenzialità, si potrebbe arrivare a un centinaio. Mi sembra, però, che il governo centrale stia restringendo sempre più i finanziamenti per la ricerca di base, accentuando così la forbice con gli altri Paesi europei e mondiali».
 
4 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 2 - Cagliari
Soccorso simulato al policlinico 
CAGLIARI. Oggi dalle 15 alle 17 nel parcheggio del policlinico universitario si terrà l’esercitazione simulativa di primo soccorso a chiusura delle lezioni dei professori Antonio Marchi e Antonio Satta. L’esercitazione si farà con i mezzi nonché le strumentazioni simulative più avanzate per il primo soccorso a disposizione oggi. L’esercitazione si terrà in collaborazione con la questura, la polizia di stato, la Croce Rossa. L’evento fa parte del programma per gli studenti che Medicina porta avanti da alcuni anni e che vede una stretta collaborazione tra la presidenza di Medicina e l’Anestesia di Gabriele Finco.
 
5 – LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 20 - Sassari
«Recupero e tutela delle biodiversità, una necessità per affrontare il futuro» 
SASSARI. La tutela del patrimonio genetico delle specie vegetali come strategia per contrastare la fame nel mondo e la distruzione dell’ambiente. L’analisi di questi temi è stata al centro del convegno dedicato venerdì ad “Agro-bio-diversità, potenziale economico, etico e culturale”, organizzato dalla Federazione degli ordini dei dottori Agronomi e dal Centro per la conservazione e valorizzazione della biodiversità vegetale dell’ateneo sassarese. Fra i relatori Josè Esquinas de Alcazar, segretario della Commissione governativa sulle risorse genetiche per l’alimentazione e l’agricoltura della Fao.
 Estensore, fra l’altro, del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione, ratificato da oltre 70 paesi, fra cui l’Italia ed entrato in vigore nel giugno dell’anno scorso. “Occorre mettere la diversità biologica agricola nel contesto della fame - ha detto Esquinas -. Il recupero e la tutela della biodiversità non sono nostalgia per il passato, ma una necessità per il futuro. Per andare di pari passo con l’aumento della popolazione, la produzione alimentare nei paesi sviluppati dovrà essere incrementata di oltre il 60 per cento nei prossimi 25 anni ma le possibilità di aumentare la superficie della aree destinate all’agricoltura sono limitate e la maggior parte dei sistemi produttivi naturali è già sfruttata al massimo della sua capacità”. Dunque se da un lato è necesario intensificare la produzione, incrementare la produttività e ottimizzare i sistemi naturali, dall’altro occorre farlo in modo sostenibile”.
 Temi che investono anche la Sardegna, custode di varietà biologiche agricole e naturali straordinarie. Nell’isola, come nel resto del mondo, sono stati i contadini i veri guardiani di questo patrimonio, che deve oggi essere salvaguardato. Di questo hanno parlato gli assessori regionali all’Agricoltura e alla Difesa dell’ambiente Salvatorica Addis e Antonio Dessì, insieme con il presidente della commissione Agricoltura del consiglio regionale Alberto Sanna. La Regione all’inizio di quest’anno ha elaborato un disegno di legge per la “Tutela, conservazione e valorizzazione dell’agrobiodiversità e della biodiversità vegetale della Sardegna”, che ha già avuto il via libera della giunta e ora attende il vaglio della commissione Agricoltura e dell’assemblea regionale. “L’obiettivo è quello della salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità e del sistema habitat - ha spiegato Salvatorica Addis - anche attraverso investimenti e finanziamenti che diano impulso e sviluppo all’attività di ricerca di strutture, come il Centro per la conservazione e la valorizzazione della biodiversità vegetale dell’università di Sassari”.
 In tutto il mondo la biodiversità è una risorsa essenziale per garantire la sicurezza alimentare, la sopravvivenza dell’umanità e lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura. “Centinaia di migliaia di varietà tradizionali di piante coltivate e sviluppate dai contadini attraverso tante generazioni sono state sostituite con un numero ridotto di varietà commerciali moderne - ha spiegato ancora Josè Esquinas - che sono estremamente uniformi, perché così le vuole il mercato. La perdita della biodiversità agricola limita per sempre la capacità delle generazioni presenti e future di affrontare i possibili cambiamenti nell’ambiente e nei bisogni umani”. “Ma il vero obiettivo della tutela delle risorse genetiche - ha aggiunto Innocenza Chessa, direttore del Centro per la conservazione e valorizzazione della biodiversità vegetale dell’università di Sassari - deve essere l’utilizzo del patrimonio disponibile, passando per il monitoraggio, l’acquisizione, la valutazione e la conservazione”.
 L’accesso, la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse genetiche hanno forti implicazioni di carattere sociale, economico, politico, culturale, giuridico e etico, come sottolineato da Nicola Sanna (presidente della Federazione regionale degli Agronomi), ed è necessaria una rete di cooperazione internazionale per garantire in tutto il mondo il medesimo diritto all’accesso e all’utilizzo del patrimonio genetico della biodiversità. Al tavolo del convegno anche Paolo Fois, docente di Diritto internazionale, che ha parlato di “Tutela e valorizzazione della biodiversità nell’Unione europea”; Eleonora Sirsi, docente di Diritto privato all’università di Pisa, che ha tracciato lo stato dell’arte della normativa nazionale e le iniziative regionali. Ma si è parlato anche dei diritti degli agricoltori, con la relazione di Pietro Sandali, (Coldiretti nazionale); di fondi strutturali europei per la valorizzazione economica delle risorse genetiche vegetali locali (Salvino Leoni), e di forestazione e utilizzo delle specie locali (Ugo Tanchis, funzionario dell’Ente Foreste).
Angela Recino
 
 

6 – CORRIERE DELLA SERA
L'università di Pavia non ha scelto il nuovo rettore
L'università di Pavia non ha scelto il nuovo rettore che succederà a Roberto Schmid. Alla prima votazione, infatti, nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta. In testa il fisico Angiolino Stella con 397 voti (41%), seguito da Dario Velo, economista, con 257 (27%). Seguono Gabriele Caccialanza, chimico farmaceutico con 151 voti (16%) e Gianmario Frigo, medico, con 131 (14%). La seconda votazione si terrà l'8 giugno e una eventuale terza, il 14. Se occorrerà, il ballottaggio è previsto per il 16 giugno.
 
7 – CORRIERE DELLA SERA
Ricerca, l’Università accusa le aziende
«In Italia si fa poca innovazione perché facoltà e imprese non seguono progetti comuni». Decleva: ci sono poche risorse. Il rettore Ballio: veniamo usati come grandi supermercati. L’imprenditore Rocca: più trasparenza negli atenei
Milano. «Le università vengono usate come grandi supermercati della ricerca. Le aziende comprano e tornano solo quando hanno bisogno». L’accusa è di Giulio Ballio, rettore del Politecnico. «In Italia - dice - di innovazione se ne fa poca perché atenei e imprese non seguono progetti impegnativi insieme». D’accordo con Ballio anche rettori e docenti degli altri atenei milanesi. Sull’altro fronte della barricata anche il mondo dell’impresa non lesina critiche all’università. «I docenti - dice Gianfelice Rocca, presidente del gruppo Techint e vicepresidente di Confindustria per l’Education - andrebbero scelti in base a criteri meritocratici. Con il commissariamento per chi non sa garantire una gestione trasparente».
 
8 – CORRIERE DELLA SERA
Rocca: gli atenei devono garantire più trasparenza e brevetti
Le accuse del mondo dell’università non lo scalfiscono. Anzi. Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria per l’Education e presidente del gruppo Techint, è il primo a fare autocritica. Per poi rilanciare: «Noi guardiamo in casa nostra per vedere che cosa non va. Ma anche l’università ha bisogno di uno scatto d’orgoglio». Allora è vero, le imprese non investono abbastanza in ricerca?
«In Italia gli investimenti in ricerca sono carenti. Sia pubblici, sia privati. La debolezza degli stanziamenti privati, poi, ha effetti particolarmente negativi. Perché fa mancare una sorta di volano per tutto il sistema».
Il risultato?
«Il 12 per cento dell’export italiano riguarda prodotti ad alta tecnologia. In Francia e Germania questa percentuale è doppia: 24 per cento».
Il rettore del Politecnico denuncia l’incapacità delle aziende a far sistema con l’università...
«E’ vero, il rapporto impresa-università non può essere episodico. Vero anche che le piccole imprese hanno particolari difficoltà a entrare in contatto con gli atenei».
Risentito?
«Per nulla. Credo che sia un errore interpretare queste osservazioni come accuse. Il mondo dell’impresa non ha paura di guardare alla realtà. Credo che lo stesso debba fare l’università».
Suggerimenti da dare agli atenei?
«Evitare la difesa di una corporazione burocratica dannosa. Nelle università qualcosa non funziona. Lo dimostrano i brillanti professori italiani all’estero che non riescono a rientrare nel nostro Paese. E poi la scarsa presenza di corsi in lingua estera e di studenti stranieri. Senza contare che i brevetti che escono dalle università sono troppo pochi».
Lei ha parlato più volte di abolizione del valore legale della laurea.
«Esatto, è questa la strada. Le università devono competere sul mercato. Poi saranno le famiglie a scegliere dove iscrivere i propri figli».
Chi deve stabilire le regole del gioco?
« Un’autority indipendente con il compito di valutare l’attività degli atenei. Ogni università dovrebbe avere un consiglio di amministrazione in cui siano rappresentati, tra gli altri, enti locali, fondazioni bancarie, associazioni delle imprese. I docenti dovrebbero essere scelti solo in base a criteri meritocratici. E per chi non è in grado di garantire una gestione trasparente dovrebbe essere previsto il commissariamento».
Tasse universitarie?
«Andrebbero aumentate. Introducendo, nello stesso tempo, prestiti d’onore per gli studenti meno abbienti».
I ricercatori lamentano precarietà e retribuzioni bassissime.
«La trasformazione in blocco dei ricercatori in docenti andrebbe contro ogni scelta meritocratica. Inoltre non lascerebbe speranze ai giovani che si stanno laureando ora».
Rita Querzé

Questionario e social

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