Giovedì 9 giugno 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
09 giugno 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 18 – Cagliari
Università. La facoltà di Scienze Politiche andrà alle urne martedì 14 giugno
Bis anche a Lettere: rieletto Giulio Paulis
Un risultato che non lascia dubbi. Giulio Paulis è stato rieletto preside della facoltà di Lettere ottenendo, nella votazione di ieri, quasi l'unanimità: su 77 votanti, 71 sì, due schede con altri nomi, e quattro bianche. Cagliaritano, classe 1947, Paulis resterà alla guida del polo universitario umanistico per il triennio 2005-2008. «Sono soddisfatto per il risultato, che è un segnale che va verso la continuità ? ha detto dopo la sua conferma ? E' anche un riconoscimento del lavoro svolto in questi tre anni, rivolto alla ristrutturazione dei corsi, secondo i requisiti minimi richiesti dalla riforma. Siamo riusciti nel triennio a raggiungere i parametri di docenti e strutture, per corso di laurea, che venivano chiesti. Ora ci prepariamo per la nuova sfida». L'erogazione dei fondi alle Università e alle facoltà avverrà seguendo dei parametri di valutazione della qualità dei corsi: media voti, crediti raggiunti dagli studenti, numero di laureati e media della votazione delle lauree. «Sono gli indicatori di qualità che serviranno a distribuire le risorse economiche. In questo campo non siamo ancora riusciti ad applicare la riforma, che punta per esempio a un rispetto dei tempi. Chi si è iscritto ai nuovi corsi doveva aver già raggiunto la laurea. Questo non è avvenuto in pieno. Il nostro impegno deve andare in questa direzione». Intanto il numero degli iscritti non cala ("Restiamo nella media"), anche se i corsi universitari Beni culturali e Operatore culturale turistico non hanno coperto i numeri di posti disponibili. Altro capitolo gli spazi: «Speriamo entro due anni di poter usufruire dell'edificio attualmente occupato dal corso di Scienze della terra, che si dovrà trasferire a Monserrato, alla cittadella». Spazi importanti per una miglior offerta didattica. PROSSIME ELEZIONI Restano da effettuare altre due elezioni. La facoltà di Scienze Politiche andrà alle urne il 14 giugno. Preside uscente Raffaele Paci, che dovrebbe essere rieletto senza avversari. Circa 60 gli aventi diritto al voto. In Lingue e Letterature straniere non ci sarà l'ipotizzato duello tra l'attuale preside, Ines Loi Corvetto, e la ex Giancarla Marras: «Ho letto con stupore il mio nome tra i possibili candidati. Non so chi lo abbia fatto, perché non sono interessata alla presidenza. Inoltre sono in linea con l'attuale preside».
Matteo Vercelli
 
 
2 - L’Unione Sarda
Pagina 18 – Cagliari
Università/2. Voto bulgaro, Gavino Faa confermato alla guida della facoltà di Medicina
Un preside di ferro in guanti di velluto
«La mia forza? Premiare chi merita e isolare i baroni»
Duecendodue voti a favore, cinque bianche, quindici nulle. Rieletto. A capo della facoltà di medicina, anche per il prossimo triennio, ci sarà Gavino Faa, 52 anni, specialista di epatologia innamorato del suo lavoro. Gli elettori, deposta la scheda nell'urna, corrono a fargli i complimenti. Lui, piccoletto, mobilissimo, baffi argentati e sorriso scintillante, si concede un gesto di scongiuro. Ma dallo spoglio non si aspetta sorprese: una candidatura alternativa non c'è stata. Rivoluzione silenziosaNessuno ha provato a contendere a Faa una carica ottenuta su investitura diretta del super rettore Mistretta, consolidata attraverso una politica del pugno di ferro in guanto di velluto che ha scardinato vecchi feudi baronali e relative consuetudini nepotistiche, consacrata da un consenso che vede allineati studenti, ricercatori e docenti. Di lui si dice che la sua vera forza sia la grande capacità di procacciare finanziamenti: dote preziosissima, in un triennio partito con lo scandalo Glaxo e contrassegnato da stanziamenti ministeriali ridotti ai minimi storici. Altri ne sottolineano la gestione sobria e cristallina del potere. Altri ancora la capacità di aver portato la facoltà dal trentesimo al dodicesimo posto della classifica degli atenei italiani stilata dal Censis. Lui minimizza: «Il mio vero obiettivo era di riavvicinare la facoltà alla città, che la percepiva come un corpo estraneo. Questo, naturalmente, significava anche staccarla dalle oligarchie cittadine. La mia forza è stata quella di non fare guerre ma una rivoluzione silenziosa, rispettando due regole: meritocrazia per gli studenti, meritocrazia per i ricercatori». Chi non viaggia è perdutoConferma anche per il presidente del corso di laurea, Amedeo Columbano, uno cui i bene informati pronosticano un futuro da rettore. Ai ragazzi, sia Columbano che Faa danno un consiglio: viaggiare, spostarsi, confrontarsi con altre realtà scientifiche. Anche se per i sardi costi e difficoltà si moltiplicano, determinando una stanzialità che rappresenta un punto di debolezza: «Io - racconta Faa - sono cresciuto perché ho dovuto viaggiare. A Masullas, dove sono nato, non c'erano le scuole medie, così sono venuto a Cagliari. Dopo la laurea, per la specializzazione, sono dovuto andare a Roma, ed è stata la mia fortuna. Poi sono stato in Belgio. Se avessi trovato tutto sotto casa, non sarei dove sono ora». Columbano si è formato in Canada: «Tre anni fondamentali». La facoltà di Medicina incoraggia i ragazzi a trascorrere all'estero dei periodi di studio: «Tutto sta a scegliere bene i professori, non mandare lo studente allo sbaraglio. È un piacere immenso quando i docenti, magari belgi o inglesi, ci chiedono di poter trattenere i nostri ragazzi perché sono bravi». Però viaggiare costa. Un tempo la Regione aveva una convenzione con l'Alitalia che garantiva uno sconto del 30 per cento a docenti e allievi. Si potrebbe avviare una battaglia per stipularne una nuova? «Ho sondato», sospira Faa, ma in Regione dicono di non avere fondi». Il programmaPer il secondo mandato, il preside ha un programma ambizioso: affidare l'Anatomia patologica al professor Bucarelli, richiamato da Sassari, mettendo così fine a un conflitto che da poco ha richiesto l'intervento della magistratura; battersi per una maggiore ricettività studentesca; aprire un'aula informatica con 40 computer a disposizione degli studenti. (m. n.)
 
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 25 – Provincia di Cagliari
Monserrato La Regione smentisce Vacca Nessun via libera al ponte sulla 554
Nessun via libera della Regione per il ponte sulla 554: tutta colpa dell'impatto ambientale. Soltanto pochi giorni fa, precisamente lunedì, sembrava che la maxi opera milionaria dello svincolo tra la città e l'università fosse pressoché pronta a partire. A farlo credere non solo indiscrezioni ma soprattutto la dichiarazione in Consiglio comunale del sindaco Antonio Vacca che disse di aver saputo per vie ufficiose che le controdeduzioni alle osservazioni della Regione erano state accettate dal Comitato tecnico regionale all'Urbanistica. Invece ieri sera tutto si è nuovamente capovolto. Un comunicato stampa a firma del presidente del Comitato tecnico regionale all'Urbanistica, ha precisato: «Il Comitato visti i chiarimenti forniti dal Comune di Monserrato, che non hanno consentito di superare le perplessità precedentemente manifestate in relazione alla continuità territoriale tra l'abitato e l'area dell'insediamento universitario, ha preso atto della scelta del Comune di voler privilegiare la funzionalità dell'opera e la risoluzione dei problemi di traffico extraurbano, rispetto alle condizioni di migliore armonia con il contesto urbano». Condizioni che «parrebbero allo stato attuale non conciliabili, e per le quali l'organo tecnico non ha potuto fare altro che prenderne atto, non competendo ad esso nessun potere di nulla osta o diniego». Risultato: le osservazioni del Comune non sono sufficienti per dare il via libera all'opera. Quindi, tutto da rifare? Non proprio. Questa volta, stando alla relazione istruttoria del Comitato tecnico per rilasciare al Comune l'approvazione della variante urbanistica bisognerà, attendere una valutazione di impatto ambientale. Al via perciò a un'altra procedura.
Serena Sequi
 
 
4 – L’Unione Sarda
Pagina 40 – Cultura
Il numero è stato censito dal ministero dell'Interno: un dato che offre riflessioni
Sardi, minoranza linguistica più numerosa d'Italia
Sono 1 milione 269 mila e superano nettamente i friulani (700 mila) e altoatesini (290)
È quella sarda la minoranza linguistica più numerosa d'Italia. Lo afferma il ministero dell'Interno che recentemente ha diffuso le sue stime prudenziali sulla consistenza dei gruppi di lingua minoritaria presenti all'interno dei confini dello Stato. Secondo queste valutazioni i cittadini italiani di idioma sardo sono 1 milione 269 mila e superano nettamente i friulani (700 mila persone), gli altoatesini (290 mila), i francofoni (200 mila), gli occitani (178 mila), i provenzali (90 mila), i ladini (60 mila) con catalani, carinziani, sloveni, greci e albanesi che si attestano su poche migliaia. In sostanza il 5 per cento della popolazione insediata nel territorio italiano parla anche un'altra lingua oltre quella ufficiale. Queste cifre testimoniano l'interesse che il governo ha messo in atto all'indomani della approvazione della legge n°482 di tutela delle minoranze cosiddette "storiche", ancora poco conosciuta e scarsamente applicata proprio in Sardegna nonostante i suoi quasi sei anni di vita. Per dare il giusto valore a questi dati è necessario capire il funzionamento dell'articolo 3 della legge. Il riconoscimento della minoranza infatti non è automatico, né è legato alla territorialità. Così, un comune che intende valorizzare le politiche linguistiche deve in qualche modo dichiarare esplicitamente la sua appartenenza a una minoranza riconosciuta dalla legge. Per intedenderci, un comune sardo ha diritto a difendere la lingua sarda secondo la legge statale solo se rispetta il dettato del suddetto articolo e non per diritto naturale acquisito. Essere sardi e parlare sardo non basta. Tale procedimento si definisce della "delimitazione territoriale" e coinvolge anche le rispettive province, le quali devono collazionare, ratificare e inviare al Dipartimento degli Affari Regionali presso la presidenza del Consiglio del Ministri tutte le delibere dei singoli enti locali. Nei territori che hanno effettuato tale procedura, il ministero dell'Interno ha diffuso negli anni scorsi dei questionari da compilare a cura dei responsabili degli enti locali. I risultati ora cominciano ad essere noti e sono già stati pubblicati anche dal quotidiano giuridico-economico Italia Oggi il quale ha messo in evidenza anche le opportunità di sviluppo economico che tale legge mette a disposizione di regioni, province e comuni interessati. Il dato sardo fa riflettere, in particolare in questi giorni, visto che la Regione si accinge a dare il via a una grande ricerca socio-linguistica su tutto il territorio regionale affidata a una commissione bis di esperti che raccoglierà il testimone di quella convocata con scarso successo qualche anno fa. Altri compiti dell'organismo nominato dal presidente Soru (prima riunione prevista per il 21 giugno) sono quelli di avviare un'ortografia comune per le varianti e di scegliere la lingua ufficiale (ma solo in uscita a tutela della diversità dialettale interna del sardo) della nostra istituzione autonomistica. Questi almeno gli indirizzi politici dettati da Soru nell'ormai famoso discorso pronunciato (in parte in sardo) a Ozieri qualche mese fa. Indirizzi che nessun commissario nominato può mettere in discussione. Considerato che i sardi, almeno secondo le fonti autorevoli dello Stato, sono la minoranza linguistica più numerosa c'è da scommettere che i lavori di questa commissione saranno seguiti con molto interesse non solo in Sardegna, e ogni scelta sarà passata al microscopio. Sia le opzioni politiche che quelle tecnico-scientifiche. In particolare, agli aspetti linguistici va affiancata la necessaria conoscenza e il rispetto proprio della legge 482 che spesso nelle defatiganti polemiche che conosciamo (e che vorremmo abbandonare per entrare finalmente nelle questioni "pratiche" del bilinguismo, perché la guerra linguistica serve anche a non far lavorare chi ha le capacità e a far esistere chi non fa) viene accuratamente ignorata. La commissione non pùò fallire perché il fallimento sarebbe in primo luogo politico e, in secondo luogo, non sarebbe un fallimento della lingua sarda in quanto tale, ma dei singoli esperti chiamati a dare soluzione tecnica alle direttive presidenziali. Il dato del ministero dell'Interno va preso per quello che è senza trionfalismi da un lato, né stracciamento di vesti dall'altro. Non va usato per fare propaganda. È un dato certamente sorprendente per i numeri perché è ottenuto senza il concorso del catalano di Alghero, sassarese, gallurese e tabarchino che, come è noto, la scienza non classifica all'interno della lingua sarda (e il legislatore e il ministero l'hanno ben capito a differenza di altri). Inoltre, tanti comuni ancora in Sardegna non hanno delimitato, e ciò fa pensare che il numero sia suscettibile di aumento. Ovviamente significa molto dal punto di vista politico culturale perché testimonia perlomeno la volontà consistente della larga maggioranza dei sardi (e delle istituzioni che li rappresentano) di dare corpo finalmente a un bilinguismo effettivo, normale, naturale, senza polemiche o paure recondite. È dovere della Regione (che si fa normalmente scavalcare dal Ministero nella tutela della "sua" lingua), delle Amministrazioni Provinciali (in particolare quella di Cagliari che finora è rimasta ai margini) che hanno entrambe nei cassetti progetti finanziati grazie al lavoro volontario di qualcuno che ci crede veramente. E spesso sono questi volontari appassionati a essere isolati o emarginati a favore di lobbisti e affaristi. Ma cerchiamo di fare bella figura nell'Europa che tutela le minoranze. Secondo il governo, siamo la minoranza linguistica più grande presente nel territorio italiano. Di questo forse non tutti ci siamo resi conto. È un'occasione straordinaria di rivalutazione per chi ha sempre guardato con sospetto a questo mondo. È necessario fare di questa realtà uno strumento di progresso, di modernità, di sviluppo e di confronto con il mondo. In sardo possiamo dire cose nuove, interessanti, belle e anche "a la page". Un milione e 269 mila uomini e donne sono (siamo) chiamati a questa sfida.
Giuseppe Corongiu
 
 

5 – La Nuova Sardegna
Pagina 43 - Cultura e Spettacoli
«Tuteliamo la cultura dando finanziamenti a ogni iniziativa valida» 
L’assessore regionale Elisabetta Pilia interviene sull’allarme che arriva dall’Ente concerti di Sassari
 ELISABETTA PILIA *
Di cosa è fatta la cultura? Di idee, uomini e donne, prima di qualunque altra cosa. Poi di quello straordinario bagaglio di intelligenze, esperienze, motivazioni, capacità d’immaginazione che chi fa cultura mette in gioco per dare concretezza al proprio progetto culturale - qualunque esso sia. Credo che dovremmo farci più spesso questa domanda, senza per forza avventurarci in risposte di estrema complessità e difficile comprensione, ma semplicemente riflettendo su un tema che ci riguarda tutti, che dovrebbe riguardarci tutti. Per questo ho letto con interesse l’intervento di Antonello Mattone pubblicato sulla «Nuova» del 4 giugno scorso. Ciò che più mi ha colpito, nel discorso del vice presidente del De Carolis di Sassari, è la scelta di usare un approccio quasi ragionieristico per parlare della cultura e dello spettacolo in Sardegna, di richiamarsi immediatamente a cifre, conti, percentuali, a discapito di un’idea complessiva della cultura, dell’arte, dello spettacolo. E’ vero: in questi campi i numeri, le cifre, i bilanci sono importanti - ma non mi sembra si possa e si debba ridurre un discorso sulla cultura in Sardegna a questo, a una questione di soli conti e bilanci. E comunque, anche a volersi concentrare sui dati, è importante guardare ad essi nella loro interezza, senza dimenticare, per esempio, quale situazione di bilancio questa Giunta si è trovata ad affrontare nel momento in cui si è insediata.
 E dunque: la giunta regionale sta lavorando per la cultura? Il presidente Soru e l’assessore Pilia hanno tagliato i finanziamenti, per cui non hanno a cuore lo spettacolo e la cultura - così si sente dire, così sembra dire Antonello Mattone. Le cose stanno diversamente. La giunta regionale ha dovuto avviare, e lo ha fatto con coraggio, un’operazione di risanamento delle casse regionali che non era rinviabile, la giunta regionale si è dovuta porre l’obiettivo di dimezzare un deficit che era diventato insostenibile per la Sardegna e per i sardi. Questo vuole dire non avere a cuore la cultura e lo spettacolo? No, credo sia vero esattamente il contrario: se non fossimo intervenuti su questo enorme buco di bilancio, avremmo rinunciato alla possibilità di finanziare e sostenere la cultura, l’istruzione, lo spettacolo non solo per questo anno, ma per molto tempo, per molti anni a venire. Appena insediati ci siamo trovati di fronte a una situazione pesantissima: a fronte di 5 miliardi e 100 milioni di euro di entrate, la Regione aveva spese per circa 6 miliardi e 300 milioni di euro, cioè un disavanzo di ben oltre 1 miliardo di euro, oltre il 20% delle entrate. In 3 anni l’indebitamento della Regione è cresciuto di quasi 7 volte. Se non avessimo cercato un rimedio a tutto questo, avremmo presto corso il rischio non solo di non potere finanziare i concerti estivi, le stagioni teatrali, i festival letterari, la lirica, le feste e le sagre, ma nemmeno la scuola, l’università, il mondo dell’istruzione, le biblioteche, i musei.
 C’entra tutto questo con la cultura? Secondo me sì. Una Regione che non può finanziare le scuole, le università, le borse di studio di specializzazione, le biblioteche, difficilmente potrà aiutare il mondo della cultura e dello spettacolo a crescere. Abbiamo dovuto salvare i finanziamenti all’istruzione, e non è stato facile, ma abbiamo creduto (crediamo) che questa fosse una premessa necessaria a qualunque discorso sullo spettacolo e sulla cultura, settori che non possono crescere in una regione in cui non sia garantito un alto livello di istruzione.
 C’è poi un altro elemento importante che voglio ricordare, e che non trova mai spazio negli interventi sui finanziamenti regionali. Si tratta dei fondi Por, ovvero il Piano operativo regionale: soldi europei messi a disposizione delle Regioni per lo sviluppo economico e dell’occupazione in tutti i settori. La scorsa giunta regionale, nel momento in cui la Sardegna si avvia a uscire dall’Obiettivo 1, è stata capace di spendere appena il 15% di queste risorse. Noi stiamo lavorando perché tutti i soldi che l’Europa mette a disposizione della nostra Regione vengano spesi bene e subito. E’ grazie al lavoro che stiamo facendo che possiamo finanziare 3000 borse di studio in 3 anni per consentire a neolaureati sardi di specializzarsi in Italia o all’estero, con una spesa complessiva di 45 milioni di euro. Ed è stato grazie a fondi Por che abbiamo potuto assegnare 15 milioni di euro ai Comuni nei quali si svolgono festival e manifestazioni culturali di particolare rilevanza. 15 milioni di euro per lo spettacolo.
 Un esempio: il Comune di Berchidda, con questi fondi europei, ha potuto acquistare computer, macchine fotografiche, materiali di proiezione, tribune, sedie e molto altro ancora. Beni che serviranno alla realizzazione del festival Time in Jazz e di tutti gli altri spettacoli, acquistati senza incidere sul bilancio della manifestazione. Così hanno fatto molti altri Comuni, per molti altri festival. C’entra questo con la cultura e lo spettacolo?
 Ancora un punto importante: la condivisione delle azioni di governo. Noi vogliamo rendere sempre più chiare e trasparenti le nostre decisioni, vorremmo condividere con chi opera nei vari campi gli obbiettivi della nostra azione politica, le direzioni da seguire, il modo in cui procedere. Per questa ragione ho voluto incontrare e discutere con gli operatori della cultura e dello spettacolo non una, ma più volte in pochi mesi. In questi incontri ho sempre ricordato che per dare nuove opportunità alla Sardegna - che non possono prescindere da un risanamento delle finanze regionali - serve il contributo di tutti, l’impegno di tutti. Non c’è nessuna volontà di sacrificare o mortificare il lavoro di teatri, operatori culturali, artisti. Al contrario, c’è la volontà di dare nuove opportunità a questi settori su tutto il territorio regionale. Ma Antonello Mattone sa bene che un buon padre di famiglia, un direttore di dipartimento dell’Università, così come un organizzatore di eventi culturali, per programmare le attività deve ragionare sulle risorse economiche disponibili, con accortezza e lungimiranza. La cultura è fatta di idee che devono crescere, diffondersi, realizzarsi, senza che si debba fare sempre, ed esclusivamente, affidamento sui soldi pubblici. La Regione continuerà a sostenere le attività culturali, soprattutto sotto il profilo della promozione e valorizzazione, ma è ora che chi lavora nel settore riorienti la sua capacità imprenditoriale e impari a muoversi anche nel mercato con progetti culturali che siano in grado di trovare sostegno anche fuori dal finanziamento pubblico. Proprio perché ho fiducia e stima negli operatori della cultura e dello spettacolo sono sicura che saranno capaci di ottenere buoni risultati anche in un periodo di profonda crisi del bilancio regionale, di realizzare buona cultura con un po’ meno mezzi e molte più idee, di raggiungere migliori risultati con meno spese, come peraltro era scritto nel programma elettorale di Sardegna Insieme, come ci siamo impegnati a fare.
* Assessore regionale
alla Cultura
 
 
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
«Troppi interessi di bottega e troppi misteri»
Lo scienziato Paolo Pani apre il dibattito su Cagliari
Dal mare tradito ai salotti perduti, alle corporazioni
ROBERTO PARACCHINI
 CAGLIARI. Secondo lui a Cagliari c’è un silenzio assordante, troppo assordante: occorre un dibattito. Per Paolo Pani, ricercatore di razza - quattro anni a Pittsburg (Pennsylvania), poi Torino e ora professore ordinario di patologia generale nella facoltà di Medicina - voce fuori dal coro, Cagliari ha bisogno di una scossa. Secondo Pani, uno dei pochi personaggi di cultura non umanistica cittadini che ama lanciare provocazioni irriverenti, a Cagliari vi sono «troppe segrete cose e interessi di bottega».
 Il mare tradito. Città malata, città di mare senza un lungomare, metropoli truccata che non riesce a crescere. Per Paolo Pani «Cagliari non pare una città di mare, se non per il Poetto, una “piena” conquista cagliaritana recente, solamente nel dopoguerra - spiega Paolo Pani - le passeggiate cagliaritane (i luoghi d’incontro) fuggono il mare, siamo forse già nella continuità del Campidano, ma insieme, rispetto allo stesso Campidano, anche chiusi e lontani dai paesi dell’entroterra».
 Il centro. Una passeggiata critica, quella di Pani, che prosegue nel ventre della città. «La centralità di Cagliari? La risposta semplice del cagliaritano è: via Roma, piazza Yenne, via Manno, piazza Martiri, viale Regina Margherita, nuovamente via Roma. È legittima una domanda: in che modo i “Governi cittadini” hanno cercato di qualificare questa sua centralità? Direi che c’è stata disattenzione (a essere generosi) e, più realisti, diciamo che abbiamo assistito a un vero saccheggio».
 L’università. Nel centro città esiste anche l’università con la sua storia e il ruo ruolo. «Sì, ma l’ospedale San Giovanni di Dio è ridotto alla fatiscenza e ristrutturato nel modo più approssimato, il degrado forse irreversibile interessa la clinica Aresu e la fuga dell’università verso il Campidano, a Monserrato, è continua. Evidentemente per il polo universitario “cagliaritano” non rimangono fondi neppure per una sua dignitosa manutenzione».
 I salotti perduti. Caglari, però, continua a vivere nei suoi luogi più tradizionali. «Beh, i bar “storici” chiudono, lo stesso i cinema e i luoghi del tradizionale commercio cagliaritano, mentre rimangono forse, dignitose, le zone della storia cagliaritana minore, la Marina e le sue trattorie, faticosamente. Via Roma diventa sostanzialmente angiporto, un luogo minore che ha perso il suo ruolo di salotto di un tempo. Accorpato a questa Cagliari sopravvive il rione di Stampace, tradito dai luoghi che avrebbero potuto dargli un decoro importante, il San Giovanni di Dio, la clinica Aresu e la stessa Università. Una prima considerazione: le zone che avrebbero potuto dare dignità a questa Cagliari sono state devastate, spesso per incuria, altrettanto per rapina. Così al Palazzo della Regione di via Roma, le madri mediterranee dello scultore Nivola, che guardano verso il mare, gridano vendetta».
 San Benedetto. Poi la passeggiata prosegue verso un’altra parte importante della città, un’altra centralità, quella di San Benedetto. «Sia per l’urbanistica sia per i suoi abitanti - prosegue Pani - la maturazione è stata avviata nel dopoguerra e compiuta nei convulsi anni sessanta, del miracolo economico. È in questo quartiere che il “cagliaritano” del liceo classico Dettori raggiunge la sua fetta di benessere economico, il suo obiettivo prioritario. Intanto il Comune è lontano se non per gli aspetti di speculazione edilizia. È in questo settore che forse maturano le rendite più importanti dei “cagliaritani che contano”. Lo stesso anonimato architettonico delle sue abitazioni è insieme l’immagine ed il prodotto di un altro anonimato, più preoccupante, quello sociale, chiuso alla società civile».
 Le famiglie. In città vi sono anche interessanti episodi di vivacità, come i nuovi scrittori, ad esempio. «Sì, ma Cagliari è anche indolente città della conservazione, delle famiglie e delle professioni che difendono con antico spirito “corporativo” i propri interessi, incuranti delle sorti generali della città, mentre la modernità viene recepita nei suoi aspetti più banali, quelli dell’apparenza “privata” e dei facili modernismi. Gli imprenditori dell’edilizia locale rispondono di conseguenza: l’offerta non è del palazzo che qualifichi dal punto di vista architettonico la città, ma piuttosto “l’appartamento”, lo spazio privato, chiuso. Il tutto in un gioco in cui permangono gli interessi di alcune tradizionali famiglie. Cagliari è stata una città fascista, di un fascismo minore, continua ad esserlo, ma di un fascismo senza più fascismo».
 Il boom. A ogni modo la città è cresciuta e si è sviluppata. «Sì, ma in modo caotico. Cagliari vive una sua marginalità meridionale. Gli anni Sessanta hanno messo in gioco nella modernità anche la città. In quegli anni vi è stato un faticoso ed incerto tentativo di industrializzazione della Sardegna, per l’industria chimica. La stessa Cagliari ne è rimasta coinvolta, anche dietro le pressioni del suo hinterland, è uscita dal suo torpore di conservazione, si è avvicinata ai suoi paesi di confine. Sono stati anni di costruzione, anche dal punto di vista urbanistico: lo stadio di Sant’Elia, la nuova Università ed il Policlinico a Monserrato, la Cittadella dei Musei, il Teatro Comunale, il Porto-Canale, l’Ospedale Brotzu e l’Ospedale oncologico, il Palazzo della Regione di Via Roma. La Cagliari della conservazione, delle famiglie, delle rendite immobiliari ha assistito in modo passivo a queste trasformazioni, se non per motivi di speculazione, non ha accompagnato quelle trasformazioni. E tutto è andato a rilento».
 Il Poetto. Però vi sono, ugualmente, tentativi di sviluppo. «Certamente, ma a passo ridotto. «Certamente, anche se lo stadio di Sant’Elia si avvia verso un possibile e irreversibile degrado, la nuova università e il Policlinico rimangono tristemente isolati nell’agro di Monserrato, il Palazzo della Regione che avrebbe potuto trovare una sua dignità in un risanato quartiere della Marina rimane, anch’esso, desolatamente isolato nell’angiporto cagliaritano. Il Poetto, poi, una delle più importanti risorse cagliaritane, diventa pista rotabile, mentre il turismo è affidato ad un’imprenditoria minimale, dei baretti e dei chioschi dei frutti di mare, nel più completo disinteresse del governo della città (si pensi all’ex ospedale Marino e alla sua mancata utilizzazione), mentre la Cagliari delle famiglie pensa al suo ippodromo esclusivo».
 
 
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 28 - Sassari
ECOLOGIA 
Il punto su parchi naturali e aree protette
  ALGHERO. L’associazione laureati in Scienze dell’Ambiente e produzioni marine del Polo Universitario di Alghero organizza un convegno su «Parchi naturali e regionali e Aree marine protette: problematiche ed esperienze a confronto», che si aprirà domani, 9,45, al Palazzo Pou Salit. L’obiettivo è quello di fare il punto sullo stato di gestione e avanzamento delle realtà naturali sottoposte a tutela. I rappresentanti istituzionali e i tecnici di parchi e aree marine protette del nord Sardegna parleranno della loro esperienza e delle problematiche incontrate dall’istituzione ad oggi. Verrà spiegato ciò che un parco o un’area marina protetta rappresentano nell’ottica della gestione territoriale e ambientale e in quadro di sviluppo sostenibile.
 Il convegno sarà anche l’occasione per la presentazione dell’associazione dei laureati alle istituzioni ambientali sarde e per rinnovare la propria disponibilità a offrire competenze e professionalità a sostegno dell’ambiente e della gestione territoriale. Alla giornata di confronto sono state invitate tutte le realtà del nord Sardegna che si occupano di ambiente: i rappresentanti del parco nazionale dell’Asinara, Parco Nazionale Arcipelago di La Maddalena, Parco Regionale di Porto Conte, Area Marina Protetta di Capo Caccia/Isola Piana, Area Marina Protetta Isola dell’Asinara, Area Marina Protetta di Tavolara/Punta Coda Cavallo.
 
 
 
8 – Corriere della Sera
PAVIA
L’Università boccia il «triumvirato» È Stella il rettore
PAVIA - Fumata bianca all’Università di Pavia per l’elezione del nuovo rettore. Angiolino Stella è stato eletto con 549 preferenze su 995 votanti. Al secondo turno Stella ha battuto Dario Velo, stimato economista, che si è fermato a 417 voti malgrado l’alleanza stretta nei giorni scorsi con Gabriele Caccialanza e Gianmarco Frigo (ritiratisi dopo il primo turno). «Potenzierò la ricerca e non disperderò l’insegnamento di chi mi ha preceduto», ha detto Stella dopo l’elezione.
 
IL PROFILO: Il fisico che piace ai letterati, grande fan dei collegi
PAVIA - Ricerca ad alti livelli, tanti rapporti con l’estero, uno spirito collegiale che non si è spento con gli anni: sembrano le caratteristiche dell’Università di Pavia, sono quelle del suo nuovo rettore. E sono anche i punti del prossimo programma di governo. Angiolino Stella, 67 anni, colui che prenderà il posto di Roberto Schmid (che, peraltro, aveva tifato per lui), con queste caratteristiche ha convinto la maggioranza dei professori ad appoggiarlo e a scartare la proposta del «triumvirato» che sosteneva la candidatura dell’economista Dario Velo. «È stata premiata la mia coerenza», dice lui. Di sicuro, Stella ha saputo raccogliere consensi trasversali: dalla sua ha avuto compatte le facoltà umanistiche, ma ha saputo pescare anche a Medicina, e pure in casa del nemico, ovvero a Economia, dove è preside Lorenzo Rampa, l’ex assessore all’Urbanistica del Comune, tra i sostenitori della sua candidatura. Come ha fatto? «Ho ascoltato tutti, anche amici fuori dall’Università: poi ho portato avanti con determinazione il mio progetto». Politicamente parlando, Stella viene definito un moderato, però ha avuto il sostegno di un gruppo di professori di sinistra, oltre al già citato Rampa, anche Giovanni Francioni, preside di Lettere e Filosofia (e qualcuno dice prossimo prorettore vicario), Franco Osculati, ordinario di Economia Politica, lo stesso Salvatore Veca. Laureato in Fisica, materia che insegna al Dipartimento di Farmacia a Pavia, terminata l’Università Stella ha trascorso diversi periodi di specializzazione negli Stati Uniti, poi al parco scientifico tecnologico Sophia Antipolis in Francia e al Politecnico di Losanna. Ha tenuto, e tiene, diversi corsi di livello internazionale, «molti dei quali - ricorda lo stesso Stella - interdisciplinari, univano cioè competenze di fisica, chimica e biologia: un’attitudine all’ascolto e una capacità di dialogo tra discipline diverse che gli saranno sicuramente utili nel suo nuovo ruolo. Stella, inoltre, dirige a Pavia la scuola europea di Scienze dei materiali, «a cui da domani, e per due o tre settimane, vorrei tornare a dedicarmi, dopo questo intenso periodo elettorale». Questo, per la ricerca e gli scambi con l’estero. Quanto invece alle competenze di governance Stella ha avuto modo di svilupparle da membro della giunta di presidenza della società italiana di Fisica, e, dall’87 al ’96, come presidente del gruppo nazionale di struttura della materia e del centro inter-universitario di fisica della materia: «In sostanza, ho coordinato all’incirca duemila ricercatori distribuiti in 50 sedi operative».
Infine, Stella, sposato, con due figli, Alessandro, 29 anni, e Cinzia, 32, che da lui ha ereditato l’amore per la ricerca all’estero e vive a Londra, è un «fan» dei collegi: ha studiato al Borromeo, ma ha molti amici anche tra i «rivali» del Ghislieri, è stato alla guida del consiglio di amministrazione dello stesso Borromeo, ma anche presidente della conferenza italiana dei collegi. Che Università sarà la sua a questo punto è quasi scontato dirlo: «Con una ricerca di grande livello, perché da questo discendono fondi, credibilità e capacità di attrarre gli studenti meritevoli. E puntando tutto sul "sistema Pavia": non solo l’Ateneo, ma anche i collegi, appunto, l’Istituto universitario di studi superiori, che ha ricevuto il riconoscimento di scuola d’eccellenza». Alla guida di quest’ultimo, si mormora, dovrebbero andare Salvatore Veca, come preside, e l’ex rettore Roberto Schmid, nel ruolo di super-manager.
Arianna Ravelli
 
 
 

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie