UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 29 giugno 2005

Mercoledì 29 giugno 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
29 giugno 2005
Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

  
1 - L’Unione Sarda
Pagina 34 – Provincia di Oristano
Università Le potenzialità turistiche della provincia
Un incontro per capire in che modo le imprese turistiche della Sardegna possono aumentare la propria competitività. Si tiene domani a partire dalle 9 nell'auditorium di San Domenico in via Lamarmora il convegno dal titolo «I modelli di business delle imprese turistiche e creazione di valore nel territorio: scenari per crescere e competere». L'iniziativa è organizzata dal Consorzio Uno, l'ente di promozione degli studi universitari di Oristano. In particolare dalle cattedre di Marketing Turistico, Economia e gestione delle imprese turistiche, Organizzazione delle imprese turistiche e Finanza Aziendale. Destinatari sono gli studenti, le imprese, le istituzioni, le banche e gli enti locali. Tra gli obiettivi: preparare le imprese alla nuova cultura della valutazione, evidenziare i nuovi modelli di business ed analizzare casi di successo, proporre nuovi percorsi di sviluppo. Si tenterà anche di analizzare le possibili sinergie tra imprese e istituzioni e di prospettare nuove strategie per il settore turistico. (j.s.)
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 40 – Cultura
Da oggi a Isili il convegno internazionale sulle novità dell'archeoastronomia
I segreti degli antichi nell'orientamento astrale delle tombe
L'alfabeto dei preistorici è fatto di pietre e stelle. Svelarlo significa scoprire che l'origine della conoscenza dell'uomo è legata all'esigenza di collocarsi rispetto al cosmo e al tentativo di imitarne la perfezione. Di questo paleranno a Isili i 54 studiosi ospiti della tredicesima conferenza annuale della S.e.a.c. (Société Européenne pour l'Astronomie dans la Culture). L'organizzazione, incaricata dall'Unesco di stilare l'elenco dei siti storici di interesse archeoastronomico, accosterà nuraghi, tombe puniche e domus de janas alle piramidi di Giza, Chichen Itza e al circolo megalitico di Stonehenge. Cinque giorni per rivalutare agli occhi dell'archeologia mondiale un patrimonio sottovalutato, quello sardo, e per proporre le ultime teorie sui luoghi di interesse storico più importanti del pianeta. Minimo comune denominatore è la visione archeoastronomica, una chiave di lettura che, basandosi interamente su calcoli, intende cogliere le conoscenze astronomiche del passato attraverso l'analisi dell'orientamento dei monumento antichi. «È un dovere istituzionale degli archeologi guardare anche in questa direzione perché, per quanto possa essere importante, non si può limitare lo studio dei nuragici alla datazione dei cocci», spiega Mauro Peppino Zedda, studioso di archeoastronomia e organizzatore dell'evento che aprirà la conferenza presentando i risultati inediti di uno studio con Juan Antonio Belmonte, docente all'Istituto di astrofisica delle Canarie. Secondo le loro osservazioni, nuraghi, tombe dei giganti e domus de janas avrebbero in comune l'orientamento verso l'alba del solstizio d'inverno. Un elemento che accomunerebbe prenuragici, nuragici e punici a tutte le altre popolazioni megalitiche europee, confermando la propensione verso il cosmo di un popolo troppo a lungo tacciato di costruire senza un disegno più grande e complesso di quello della semplice difesa bellica. Dell'orientamento astrale delle tombe dei giganti e dei dolmen dell'Isola, parlerà oggi anche Michael Hoskin, docente di Storia della Scienza all'università di Cambridge e direttore del Journal for the History of Astronomy. Ma se per gli archeoastronomi l'orientamento astrale dei nuraghi è cosa certa, per dire cosa siano in realtà lasciano la parola all'archeologia. «Noi non formuliamo teorie, ci basiamo solo su dati dimostrabili ? spiega Zedda ? Direi che se per una costruzione si registra l'esigenza di orientare verso determinate coordinate astrali, significa che appartiene al sacro. Però il mio è solo un suggerimento, sui significati non ho certezza». Michael Rappengluck, docente alla Muenchen University e vicepresidente della S.e.a.c. qualche certezza sembra averla, e sul significato di uno dei siti più antichi al mondo: la grotta di Lascaux. Venerdì esporrà la sua teoria rivoluzionaria sui disegni paleolitici della località francese che, secondo lo studioso, altro non sarebbero se non una delle prime rappresentazioni del moto degli astri, sebbene espresse attraverso la simbologia degli animali. Che tra il 17.000 e 13.000 a.C. si avesse già una concezione cosmica non pare strano a Galina Ershova, che a Mosca dirige il Centro di studi mesoamericani e insegna all'Università statale di Scienze Umane. «Ci sono molte cose che noi oggi trascuriamo, ma che gli antichi sapevano ? spiega ? Oggi dobbiamo solo aprire quelle porte che ci spiegano l'origine della conoscenza universale dell'Uomo. Una conoscenza che parte dal confronto col cosmo come istinto naturale, ecco perché troviamo in tutto il mondo gli stessi elementi: la concezione che il sud rappresenta il sole, quindi ciò a cui volgiamo lo sguardo, il futuro e il mondo vivente, e il nord è ciò che ci sta alle spalle e non vediamo, il mistero e la morte, intesa senza accezioni negative, ma solo come continuità della vita». «Ma l'astronomia che permea questi studi non è così lontana dalla nostra vita quotidiana», spiega per rassicurare i curiosi che volessero avvicinarsi alla conferenza Armando Serri, direttore dell'Associazione archeofila sarda. «L'esigenza di collocarci in una dimensione spazio-temporale l'abbiamo ogni giorno quando ci chiediamo che giorno sia o quand'è un compleanno, quindi non parliamo di niente di troppo trascendentale».
Cristina Muntoni
 
 
 
3 - La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
Il Lingotto di Torino ha un’anima ittirese 
Fu costruito dall’ingegner Porcheddu: re del cemento armato
La straordinaria vita dell’imprenditore sardo è raccontata nel libro del docente Carlino Sale presentato dai Lions 
 ITTIRI. «Uno dei modi per valorizzare l’identità di una comunità è certamente quello di ricordare quegli uomini che hanno rappresentato, esaltandole, le virtù della comunità stessa». Inizia con queste parole, Michelangelo Delogu, presidente del “Lions-Ittiri”, la presentazione del volume dedicato all’ingegnere Giovanni Antonio Porcheddu “Re del cemento armato” scritto dal professor Carlino Sole, storico illustre, già docente dell’università di Cagliari. Lo scopo dell’iniziativa dei Lions è ricordare quei personaggi che hanno, con il lavoro, con le qualità umane e sociali, dato lustro alla comunità ittirese.
 Uno di questi è proprio Giovanni Antonio Porcheddu che nacque a Ittiri il 26 giugno del 1860. Di umili origini, durante l’infanzia la vita non fu molto benevola nei confronti del piccolo Giovanni Antonio. Infatti, in tenera età perse entrambi i genitori e per sopravvivere si trasferì a Sassari dove lavorò come operaio alla costruzione del palazzo della Provincia, in piazza d’Italia. In quel periodo conseguì la licenza tecnica inferiore e, viste le non comuni potenzialità, i parenti, congiuntamente a un piccolo contributo dell’amministrazione provinciale, lo mantennero agli studi nella scuola tecnica superiore, sezione di fisica e matematica, dove conseguì il diploma. In virtù delle sue indubbie capacità ottenne, ancora dalla Provincia, una borsa di studio per la frequenza del primo biennio di ingegneria all’università di Pisa. Nel 1890 conseguì, a Torino, la laurea in Ingegneria civile. Il maggior merito dell’ingegner Porcheddu fu quello di aver intuito e apprezzato per primo in Italia l’importanza della nuova tecnica costruttiva del cemento armato. Il padre di questa tecnica rivoluzionaria fu il Belga Francois Hennebique. Detto sistema, inizialmente avversato dalle grandi industrie di costruzioni, prevedeva per la costruzione di strutture verticali portanti l’utilizzo di un conglomerato cementizio interamente armato con profilati di ferro. Con questo metodo Porcheddu costruì innumerevoli opere di grande pregio tecnico-scientifico. Tra queste si ricordano lo stabilimento Fiat «Lingotto» di Torino, il palazzo Nuova Borsa di Genova e il ponte Risorgimento, sul fiume Tevere a Roma. L’appellativo di Re del Cemento Armato fu coniato dal Re Vittorio Emanuele III, in occasione proprio dell’inaugurazione del ponte Risorgimento. Infatti, i biografi di Porcheddu, seguendo alcune annotazioni del senatore Rossi riportano, a mo’ di aneddoto, un episodio curioso: durante l’inaugurazione del ponte Risorgimento il sovrano Vittorio Emanuele convenne che la circostanza comportava l’incontro di due Re: egli, Re d’Italia e Porcheddu “Re del cemento armato”.
 Il presidente del convegno in memoria di Porcheddu, Delogu, nel chiudere la presentazione del lavoro del professor Sole si chiede quanti giovani di Ittiri conoscano la storia o sappiano dell’esistenza di un loro concittadino che ha contribuito a rivoluzionare le tecniche costruttive di grandi opere e dell’universo abitativo. Non molti, di sicuro, ma quel che potrebbe essere fatto ora è comunque importante, iniziando con il riproporre, come hanno fatto i Lions di Ittiri, questa importante figura professionale e umana, della quale occorre essere fieri ed entusiasti. La stessa amministrazione comunale, vista l’importanza del personaggio, potrebbe studiare una forma migliore per ricordare il Re del cemento armato.
Antonio Dore
 
 
 4 - La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Sassari
Un esperto per l’ambiente 
Presentata ieri la nuova laurea specialistica Stretta collaborazione con Venezia e Barcellona
 LETIZIA VILLA
 SASSARI. Il futuro specialista dell’ambiente parlerà italiano e catalano e potrà vantare un titolo di studio che vale doppio: una laurea rilasciata dall’Università Iuav di Venezia e un Master certificato da quella autonoma di Barcellona.
 Le due lingue sono risuonate ieri pomeriggio nell’aula magna dell’Università di Sassari. L’occasione è stata offerta dalla presentazione del Corso di laurea specialistica internazionale in Pianificazione e politiche per l’ambiente, alla presenza del rettore dell’Ateneo Alessandro Maida e del preside della facoltà di Architettura Giovanni Maciocco che hanno introdotto gli ospiti provenienti da Venezia e dalla Spagna.
 Nel progetto e nelle attività formative, che partiranno già nell’anno accademico 2005-2006 confluiscono i contributi e le esperienze di tre sedi: della facoltà di Pianificazione del territorio dell’Università UIV di Venezia, di quella di Architettura di Alghero e del Dipartimento di geografia di Barcellona.
 «Un’opportunità per rinnovare legami che hanno già radici storiche» l’ha definita Macciocco. «Il paesaggio rappresenta l’esito visibile dei processi ambientali - ha continuato -. In questa mutazione bisogna fare i conti con quattro aspetti fondamentali: la dilatazione del concetto di abitare, l’introduzione di una nuova stagione delle regole, il coinvolgimento etico del pianificatore e delle discipline che studiano il reale come il Dipartimento di geografia di Barcellona».
 In un paesaggio che diventa sempre più urbano c’è quindi bisogno di figure che vadano oltre la progettazione. «Il corso di laurea - ha sottolineato Domenico Patassini, preside della IUAV di Venezia, che fa fatto un’excursus nella storia dell’ecologia -, intende creare tecnici consapevoli dei limiti dell’ambiente e capaci di affrontare le sfide della società. Al termine del biennio i laureati sapranno interpretare problemi complessi, nei quali la dimensione territoriale gioca un ruolo rilevante».
 «Il tutto - ha concluso il professor Francesco Indovina - deve tener conto del fatto che l’ambiente è il luogo dove la società si esprime in termini di rapporti».
 Il nuovo corso di laurea consente la maturazione di 120 crediti formativi. Le attività didattiche del primo anno saranno distribuite in due semestri: il primo, dal 17 ottobre 2005 al 10 marzo 2006, si svolgerà a Venezia; il secondo, dal 3 aprile al 23 giugno 2006 ad Alghero. Nel secondo anno accademico il mese di ottobre prevede la didattica a distanza; da novembre a febbraio le attività si sposteranno a Barcellona mentre da marzo a giugno è previsto il tirocinio prima della prova finale. Il corso si rivolge in particolare ai laureati di primo livello della facoltà di Architettura di Alghero e di Pianificazione di Venezia che possono effettuare la preiscrizione dal 1º luglio al 1º ottobre.
 
 
 
5 - La Nuova Sardegna
Pagina 32 - Inserto Estate
In quei nuraghi un mistero legato alle stelle 
Nuove suggestive ipotesi legano all’astronomia le antiche costruzioni
 BRUNO GHIGLIERI
 CAGLIARI. «L’uomo è diventato sapiens la prima volta che ha guardato il cielo», dice l’archeologa russa Galina Eshrova. E forse anche il mistero della civiltà nuragica alberga nella fredda luce degli astri, prende forma dal loro movimento, da solstizi e fasi lunari, quel perfetto e inaccessibile cadenzare di giorni, notti e stagioni che regola la vita e le attività quotidiane suscitando la vertigine del sacro. I nuraghi: templi e non fortezze? Luoghi di culto e non strani baluardi difensivi senza porte, diffusi sul territorio in numero irragionevole rispetto all’effettiva consistenza e pericolosità dei potenziali nemici invasori? Una cosa è certa: secondo Mauro Peppino Zedda «non solo sono orientati astronomicamente, ma la concezione architettonica che li informa ha una chiara origine astronomica». Come le piramidi egizie sono disposte secondo i punti cardinali terrestri, pressoché tutte le costruzioni megalitiche sarde - il nuraghe Losa di Abbasanta, il Santu Antine di Torralba, il nuraghe Iloi di Sedilo - seguirebbero i punti di stazione del sole e della luna. Un ricercatore romano, Marcello Ranieri dell’Università di Roma 2 “Tor Vergata”, ha esteso queste intuizioni alla tomba dei giganti di Li Muri, nei pressi di Arzachena. Zedda e lo spagnolo Juan Antonio Belmonte stanno rivolgendo ora la loro attenzione alle domus de janas. Conclusioni e sviluppi che stanno facendo rumore nell’ambiente universitario sardo, con buona pace delle caute aperture dell’accademico dei Lincei Giovanni Lilliu a favore degli apporti dell’astronomia alle scienze archeologiche, ma ancora ben lungi dall’essere condivisi. Ciò non sorprende se si considera che la teoria capace di rivoluzionare mezzo secolo di studi accademici sulle antichità sarde è frutto delle ricerche di uno studioso come Zedda che si definisce «indipendente», aggettivo che nella valutazione dei difensori dell’ortodossia archeologica classica declina inesorabilmente verso la poco lusinghiera accezione di “dilettante”. Quasi a cercare un riconoscimento in patria Zedda si è iscritto all’università, frequenta a Cagliari il corso di laurea in Beni archeologici, ma oltre Tirreno ha la soddisfazione di vedere apprezzati i propri lavori («ho studiato sul campo 850 nuraghi») al cospetto di qualificatissimi consessi internazionali in materia di archeoastronomia, disciplina che si occupa delle relazioni tra i reperti archeologici e le conoscenze astronomiche delle civiltà del passato più remoto: «Un ricco filone di ricerca che dappertutto, fuorché in Sardegna, ha conquistato i favori del mondo accademico. Il motivo rimane un mistero». Zedda è polemico ma felice di aver portato per la prima volta in Italia, e in Sardegna vincendo la concorrenza di Palermo, il convegno internazionale della Seac (Societé européenne pour l’astronomie dans la culture), in corso di svolgimento, da ieri fino a domenica prossima, a Isili. Una scelta non casuale, quella del paese del Sarcidano. A pochi chilometri dal centro abitato una della scoperte di Zedda, divenuta la principale attrattiva turistica della zona: nella valle di Brabaciera sorge il nuraghe Pauli ‘e Angoni. Nel solstizio d’estate, ogni 21 giugno, da lì è possibile vedere, con precisione assoluta, il sorgere del sole alle spalle del più lontano Nuraxi Longu e il tramonto dietro l’equidistante Su Nuraxi de Is Paras. Una simbologia che attende ancora di essere svelata.
 
 
 
6 - La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Oristano
CAMERA DI COMMERCIO 
Ecco i dottori in economia del territorio
  ORISTANO. Si svolgerà lunedì 11 luglio, alle 18, la cerimonia di proclamazione dei vincitori del concorso indetto dalla Camera di commercio di Oristano per premiare le tesi di laurea (e/o dottorato di ricerca) su argomenti inerenti all’economia del territorio e al sistema di imprese provinciali. La cerimonia si terrà nella sala riunioni della Camera di commercio di Oristano, in via Carducci.
Undici gli elaborati in concorso, fatti pervenire da altrettanti neolaureati. Due quelli premiati (al primo andranno 1.600,00 euro, mentre il secondo riceverà 1.200,00 Euro) dalla commissione giudicatrice presieduta dal professor Raffaello Pompei della Facoltà di Biologia dell’Università di Cagliari e composta dalla professoressa Cecilia Mancini della Facoltà di Economia dell’Università di Parma, dal professor Antonello Cannas della Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari, dal Professor Raimondo Zucca della Facoltà di Lettere dell’Università di Sassari e dal Direttore del Consorzio 1 Eugenio Aimerich.
 «Il concorso ha registrato un buon successo anche con questa seconda edizione», ha dichiarato il commissario della Camera di commercio di Oristano, Piero Franceschi (nella foto). «Il nostro intento - ha proseguito Franceschi - era ed è quello di incoraggiare gli studenti a porre l’attenzione, nel momento della scelta della tesi di laurea, su argomenti importanti per le prospettive di sviluppo del nostro territorio. I loro lavori possono assicurare in questo modo nuovi e approfonditi elementi di conoscenza».
Anche quest’anno le undici tesi di laurea hanno messo a fuoco in particolar modo tematiche legate al comparto agroalimentare e a quello del turismo in provincia di Oristano. Una copia di tutte le tesi presentate per il concorso sarà conservata nella Biblioteca economica provinciale, promossa dalla stessa Camera di commercio di Oristano. Inoltre ne sarà data notizia, o verrà pubblicato uno stralcio, nella rivista di studi e statistiche “Sviluppo - Quaderno Economico Oristanese”, che conterrà la pubblicazione integrale della tesi vincitrice.
 
 
 
7 – Marketpress.info
LE UNIVERSITÀ BRITANNICHE SOTTOSCRIVONO UNA CARTA PER LE DONNE SCIENZIATE
 
Bruxelles, 29 giugno 2005 - Nel Regno Unito è stata firmata una carta per le donne attive nel campo della scienza, dell'ingegneria e della tecnologia al fine di affrontare il problema delle disparità di genere all'interno delle università. La carta, contenente sei punti, è stata elaborata nell'ambito del progetto Athena e della Scientific Women's Academic Network. Tutte le università aderenti si impegneranno a promuovere il cambiamento culturale in seno ai propri istituti. L'iniziativa prevede inoltre l'assegnazione di riconoscimenti per le università che favoriscono i cambiamenti. I principi sanciti nella carta sono i seguenti: la gestione del problema delle disparità di genere richiede impegno e azione da parte di ognuno, a tutti i livelli dell'organizzazione; la lotta contro l'ineguale rappresentanza delle donne nel mondo scientifico impone il cambiamento delle culture e degli atteggiamenti in seno all'organizzazione; l'elevato tasso di fuga delle donne dal contesto scientifico è un problema urgente, che l'organizzazione deve affrontare; il ricorso a contratti a breve termine ha conseguenze particolarmente negative per l'inserimento e l'avanzamento di carriera delle donne nelle scienze, aspetto che l'università riconosce; il passaggio dal dottorato a una carriera accademica sostenibile nel settore scientifico può essere particolarmente difficile per le donne e deve essere preso in considerazione da parte dell'organizzazione; la mancanza di diversità a livello gestionale e politico comporta notevoli implicazioni che l'organizzazione esaminerà. Hanno già aderito alla carta dieci università, fra cui Bristol, Cambridge, Heriot Watt, Oxford e Southampton. Per contro, negli Stati Uniti, l'Harvard University ha stanziato 50 milioni di dollari statunitensi (41,1 milioni d euro) a favore delle donne scienziate per i prossimi dieci anni. La comunicazione relativa ai finanziamenti ha fatto seguito alle discutibili osservazioni espresse dal rettore dell'università sulle attitudini delle donne scienziate.
 
 
 
8 – Marketpress.info
UN NUOVO STUDIO RIVELA UN CONSENSO QUASI UNANIME SULL'ACCESSO APERTO
 
Bruxelles, 29 giugno 2004 - Un nuovo studio internazionale su ricercatori accademici di tutte le discipline ha evidenziato che oltre l'80 per cento di loro sarebbe disposto a depositare i propri articoli in archivi istituzionali ad accesso aperto. Dallo studio, condotto per conto del Joint Information Systems Committee (Jisc) britannico, è emerso che l'81 per cento degli autori assolverebbe volentieri il compito di depositare i propri articoli in archivi ad accesso aperto, se richiesto dal datore di lavoro o dai finanziatori della ricerca, contro il 14 per cento che accetterebbe con riluttanza e solo il 5 per cento che si rifiuterebbe di farlo. Per quanto riguarda i singoli paesi, dall'indagine risulta che i più alti livelli di consenso al modello di accesso aperto si riscontrano negli Stati Uniti, dove tale modello ha riscosso il sostegno dell'88 per cento degli intervistati. L'idea gode di grande favore anche nel Regno Unito, dove l'83 per cento dei ricercatori l'ha sostenuta, mentre in Cina, con il 58 per cento, si registrano i livelli di consenso più bassi. Lo studio ha anche evidenziato che il 31 per cento degli intervistati non conosce ancora le possibilità dall'autoarchiviazione e che i ricercatori che pubblicano il maggior numero di articoli tendono ad essere più produttivi nell'autoarchiviazione. In quasi tutti i casi, il motivo principale che spinge i ricercatori a pubblicare è avere un impatto nel loro campo grazie alla lettura, all'uso e alla citazione dei risultati del loro lavoro. In uno studio separato, l'American Physical Society e l'Institute of Physics Publishing Ltd sono stati interpellati in merito alla loro esperienza con arXiv, un archivio elettronico aperto che contiene oltre 400.000 documenti di fisica. Nel corso dei suoi 14 anni di esistenza, nessuno dei due editori ha ritenuto di aver perso abbonamenti a causa di arXiv né l'ha considerato una minaccia, anzi, entrambi l'hanno attivamente promosso. Steven Harnad dell'Università di Southampton, l'unica università britannica con un incarico di autoarchiviazione e uno dei principali fautori del movimento degli archivi ad accesso aperto, ha affermato: "Questi risultati sono estremamente importanti e avranno una considerevole influenza. Attualmente solo il 15 per cento degli articoli viene autoarchiviato in tutto il mondo, ma dai dati emersi dall'indagine possiamo osservare che la stragrande maggioranza degli autori accademici di qualsiasi paese sarebbe disposta ad autoarchiviare se venisse richiesto". Il professor Harnad ha concluso: "Le università e i finanziatori della ricerca che hanno esitato a chiedere che venisse effettuata, adesso dispongono di una chiara prova che l'autoarchiviazione non susciterebbe resistenza o risentimento. Inoltre, coloro che hanno esitato a proporla perché preoccupati per i suoi effetti sugli editori dovrebbero tenere presente che gli editori che hanno acquisito un'esperienza maggiore e più lunga in merito accolgono tale pratica con favore". Http://eprints.ecs.soton.ac.uk/10999/01/jisc2.pdf
 

Questionario e social

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