Domenica 24 luglio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 luglio 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 11 – Regione
L'amore è una cosa biochimica
Il farmacologo Di Chiara e le scoperte sentimental-cerebrali
di GIORGIO PISANO
Tutto comincia con un pacchetto di fonzies, mais soffiato che dagli anni '80 fa concorrenza alle patatine in busta. La figlia del professor Gaetano Di Chiara ne divorava quantità industriali insieme alle amiche. «Se piacciono a loro, piaceranno anche ai topi». Certo, non è il pensiero qualunque di un uomo qualunque mentre esce da casa al mattino. Il fatto è che Di Chiara fa il farmacologo e coi topi convive appassionatamente per ragioni scientifiche. Quel giorno, ma ancora non lo sapeva, stava maturando una scoperta sorprendente e squalliduccia: l'amore è solo una questione biochimica. Un fremito fitto fitto di neuroni che dialogano tra loro liberando una sostanza chiamata dopamina. Per capirci: il colpo di fulmine è un'overdose di dopamina. I battiti del cuore, insomma l'amore in versione romantica, è materiale per poeti, sognatori e playboy a dopamina variabile (e dopo vedremo perché). Altra scoperta: tutto ciò che dà dipendenza (alcol, nicotina, droghe) libera dopamina in una determinata area del cervello detta nucleo acumbens, e per la precisione in una specie di conchiglia che pare custodire il segreto del piacere. La dopamina si scatena anche davanti a un piatto di cibo buono, a una tavoletta di cioccolato. E perfino davanti un pacchetto di fonzies (se hai quindici anni e ti piacciono da morire). Conclusione: la dopamina è la spia cerebrale di tutte le nostre passioni. No dopamina no passione. Per verificarlo è bastato dare un po' di fonzies alle cavie del Palazzo delle Scienze e seguirne gli effetti sul cervello: dopamina a gogò. E col cibo? Pure. Con le droghe? Anche. Col sesso? A missile. Così è nata la leggenda del topo peccatore. E dei suoi fratelli eroinomani, bulimici, ipersessuali. (Tra parentesi: applicata ad altre specie, questo tipo di sperimentazione ha dato risultati no limits: per esempio un coniglio che tentava orgogliosamente di violentare un gatto). Specializzato negli Stati Uniti, a Bethesda, Di Chiara ha cinquantanove anni e due figli, uno che studia fisica teorica in Usa, l'altra medicina a Cagliari. Preside della facoltà di Farmacia, nel settore delle neuroscienze risulta essere il ricercatore più citato sulle riviste scientifiche mondiali. Quando non si occupa di famiglia-studenti-topi, adora fuggire in barca a vela. «Il vero viaggio non è l'aereo, è la vela». Dice che al timone, avvolto dal silenzio del mare, trova pace e serenità come non ce n'è altrove. Racconta l'estasi di una navigazione durata due giorni e l'apparire improvviso di Minorca dietro la nebbiolina dell'alba: «Un'emozione fortissima». Mangia con moderazione, beve di conseguenza, fuma le sigarette degli altri. Nel senso che non è un fumatore, un dipendente da nicotina, ma se gliela offrono non rifiuta. Il suo studio su nucleo acumbens e dintorni è stato utilizzato ufficialmente 1.700 volte in ricerche che segnano l'evoluzione di un'analisi complessa e affascinante. La dopamina, dice, segnala un'attesa. Cresce nel cervello di chi guarda la foto della donna amata ma anche davanti a un piatto d'aragosta. Cala, precipitosamente, in caso d'assuefazione, quando l'amore o l'aragosta diventano routine. Non ci credete? Parola di topi. A proposito, che rapporto avete? «Coi topi? Direi intellettuale perché c'è un'idea di continuità tra topo e uomo. Loro si sono affacciati sulla terra sicuramente prima di noi ma abbiamo alcune cose in comune: il nucleo acumbens e tutta la parte bassa del cervello. Che è la più antica». Quanto sapete sul cervello? «Pochissimo. Rispetto a Freud sicuramente molto di più ma resta una parte del corpo umano pressoché sconosciuta». Come si fa a trasformare un topo in un piccolo Pacciani? «Semplicissimo. Non è il mio campo di studio ma so che con determinati farmaci i topi diventano, come dire, esuberanti. Molto esuberanti». Vale anche per l'uomo? «Il viagra agisce a livello periferico. C'è invece un farmaco, l'apomorfina, che fa del topo un instancabile amatore. L'apomorfina, un surrogato della dopamina, sull'uomo invece fa flop: provoca vomito e manda in bianco». Veniamo alla passione: ci dia il dosaggio. «Nasce da un'emozione che accende l'interruttore dei sensi. Freud l'avrebbe chiamata pulsione. Davanti a un'emozione (qualunque sia), il nucleo acumbens inizia a sparare dopamina». Perché passione ed eccitazione stimolano aree diverse del cervello? «Faccio un esempio: un conto è pregustare un cibo, altro conto è mangiarselo. Sono sensazioni assolutamente differenti». Quella più forte è l'attesa. «Giusto. È il desiderio che accende. L'emozione, importante ricordarlo, è fondamentale nell'attività cerebrale. È l'emozione che ci fa valutare quello che stiamo guardando, che ci dice quanto ci piace, quanto vorremmo che fosse nostra. È in quel momento che la dopamina si scatena. Prendete un'arancia...» Un'arancia-cavia? «Mannò, un'arancia-arancia. L'osservazione ci dice che è tonda, colorata e che ha un certo odore. Solo il desiderio di mangiarla ce la fa vedere in modo diverso». Torniamo all'amore: quando finisce, è collasso biochimico? «Non c'è dubbio. La dopamina va giù, non registra emozioni. Segno che la passione è finita». Dunque, non esiste l'amor, è una cosa ridicola... «L'amore è sangue e viscere. È emozione. Se non c'è...» ...la dopamina va in riserva. «A secco, direi. Ma non solo la dopamina. Nel cervello ci sono molti altri elementi che interagiscono, che si combinano tra loro in una specie di meccanismo magico». È vero che l'innamoramento è paragonabile a una malattia mentale? «Lo sostengono ricercatori americani, io non ci credo. Quando si perde la testa per amore c'è sicuramente un lieve stato ipomaniacale ma da qui a parlare di malattia mentale ce ne passa. Tra l'altro, questa febbre non è necessariamente rivolta a una persona: può riguardare un animale, il lavoro, tante cose». Cuore di pietra chi ha poca dopamina? «Sappiamo che in depressione c'è carenza di dopamina. Almeno, nei topi è sicuramente così». Come si fabbrica un topo depresso? «Lo si sottopone a stress deboli fino a uno stato di prostrazione. Gli invertiamo il rapporto luce-buio, lo lasciamo senza cibo per mezza giornata oppure gli infiliamo un intruso in gabbia». Non funziona manco coi fonzies? «Abbiamo provato. Se il topo è depresso, mangia i fonzies ma senza passione. Passivamente, direi». Niente dopamina? «Niente dopamina». Ma l'amore, cerebralmente parlando, aiuta? «Tutte le passioni aiutano a sentirsi vivi, a sentirsi utili. Pasquale Mistretta, per dirne una, punta per la sesta volta a fare il rettore dell'università di Cagliari proprio per questo: così, lui si sente vivo e utile. Pazienza per i professori dell'ateneo che ne farebbero volentieri a meno». Anche per l'amore c'è un dosaggio? «Non è il mio campo di indagine. Ognuno lo faccia quanto crede e quanto vuole». Scusi, ma gli sciupafemmine hanno tir di dopamina? «No, lo fanno per professione. Che, in questo caso, non fa rima con emozione. Qualche volta si tratta di forme maniacali». Gli sciupafemmine? «Già, una manìa». Quand'è che la biochimica cerebrale si mescola con la psiche? «La distinzione tra mente e corpo è sbagliata nei presupposti. Non esiste una separazione tra mente e cervello. La mente non è altro che il risultato dell'attività del cervello». Sarebbe? «Mi rendo conto che non è semplice spiegare la mente in termini di attività cerebrale: ma il fatto che sia difficile non vuol dire affatto che mente e corpo siano separati». Però si muovono su binari diversi. «Non ha importanza, conta che comunichino tra loro. Oggi siamo in grado di spiare le reazioni cerebrali davanti ad un'emozione. Il segnale si trasferisce dal cervello all'organismo in tempi rapidissimi». Esiste l'anima? «Io non sono credente e la chiamo coscienza. Coscienza ce l'hanno anche cani e gatti che tuttavia non si riconoscono allo specchio. Questo vuol dire che ci sono differenti livelli di coscienza». D'accordo, ma dove sta la coscienza? «Bella domanda. Io so solo di alcune aree cerebrali che la riguardano: la corteccia frontale oppure l'ippocampo dove sappiamo che sono custoditi i cosiddetti ricordi coscienti. In pratica, i capitoli più importanti della nostra vita». Siete monoteisti, credete in un solo dio: il farmaco. «Alcuni colleghi sicuramente lo sono. Io no. E non do affatto per scontate quelle scoperte che riempiono i giornali e che poi scoperte non sono». Cioé? «Pesco a caso tra le rivoluzioni annunciate che si sono poi rivelate fasulle. Le terapie ormonali nella menopausa: dicevano che abbassavano il rischio cardio-vascolare. Falso, non solo lo accrescono ma sono pure cancerogene. E che dire poi degli omosessuali? A scadenze fisse leggiamo che hanno parti del cervello differenti da quelle degli eterosessuali. Bene, non c'è uno straccio di conferma scientifica su studi di questo tipo». Vuol dire che ogni tanto le sparate pure voi? «Non santifico il mio lavoro. Dico che ho il compito di provare, dimostrare tutto quello che affermo. La scienza, contrariamente a quanto si crede, non è certezza. La medicina è scienza. Ovvero la verifica costante di un'ipotesi di lavoro. Tutto qui».
 
 
 
 
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 22 – Cagliari
L'università: la vecchia arena è a 15 metri
Sottoterra di vecchia sabbia fine ce n'è in abbondanza. Uno strato di 15 metri, esattamente. Gaetano Ranieri, docente di Geofisica ambientale alla facoltà di ingegneria, lo verificò per l'ennesima volta alla fine del 2004 facendo una sorta di radiografia all'arenile. Si chiama "Tac elettrica e di polarizzazione indotta" ed è un sistema capace di vedere in profondità misurando - attraverso un costoso strumento che si chiama Georesistivimetro - la "resistività" che rivela il contenuto di sali e, dunque, di sabbia. Ranieri piazzò l'apparecchiatura nel tratto di spiaggia tra il bar Il Nilo e il vecchio ospedale Marino e rivelò ai suoi studenti che lo strato di sabbia bianca è profondo, appunto, più o meno 15 metri. Una conclusione alla quale vuole arrivare anche la Regione, autonomamente. Secondo Ranieri, che chiarì di non essere un esperto di ripascimenti, «in teoria quella sabbia si potrebbe riportare in superficie, ma per sapere se è possibile è necessaria una ricerca approfondita». L'assessorato all'ambiente potrebbe ripartire proprio da qui e utilizzare il lavoro dell'università per risparmiare la fase precedente. Ranieri ha fatto parte di un'équipe che ha effettuato un ripascimento in Spagna, ha effettuato ricerche nel deserto del Gobi, in Mongolia, e in Africa. Ha già detto da tempo che la vecchia sabbia del Poetto, oltreché in profondità, si trova alle spalle dell'arenile, cioè alle Saline e Molentargius. Ciò che ora rilevano anche gli esperti della Regione. Con i suoi studenti, attraverso le misurazioni, il docente di geofisica ambientale ha verificato anche perché non funziona il drenaggio, uno dei problemi da risolvere e attribuisce grande importanza alla ricostruzione del cordone dunale per realizzare uno sbarramento e impedire che la sabbia continui a volare verso la laguna. (f. ma.)
 
 
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 44 – Nuoro
Scuola. L'Ailun accoglie ogni anno quaranta dottori in attesa di specializzazione
La città crocevia dei corsi post-laurea
La Barbagia, da generazioni terra di emigrati, si sta proponendo come polo di attrazione per gli esponenti della futura classe dirigente
 
Se un giovane di qualsiasi altra regione arriva in Sardegna con "visto turistico" non si stupisce nessuno, ma se il "continentale" arriva a Nuoro per specializzarsi dopo la laurea, e con lui lo fa suo fratello, una ragazza dalle Puglie e un'altra ancora che arriva dalla lontana Colombia, l'avvenimento può e deve fare riflettere. Il post-laureaIl Nuorese, generazioni terra di emigrati, diventa così polo di attrazione per laureati, che arrivano in Barbagia per partecipare ai suoi corsi di specializzazione post lauream diretti dal professor Giulio Bolacchi, dell'Ailun. Un acronimo, più noto forse fuori dai confini della Sardegna, che sta per Libera università nuorese, e che è diventato sinonimo di offerta formativa di successo, che spinge molti giovani a varcare il mare per acquisire nuove competenze e maturare professionalità poi da spendere nel mercato del lavoro. Le lezioniOrmai da alcuni settimane, per i quaranta studenti iscritti nei due corsi di laurea in Scienza dell'Organizzazione e nel settore turistico, si tengono non più nella vecchia sede di via della Resistenza, ma nella nuova struttura di via Pasquale Paoli. Un edificio moderno di 1500 metri quadri, ideale per ospitare corsi universitari e le varie attività didattiche. Per i due master internazionali dell'Ailun del 2005 hanno, infatti, presentato la domanda oltre 240 giovani laureati non solo negli atenei isolani, ma provenienti anche da illustre e conosciute facoltà della Penisola e straniere, affascinati dal connubio tra le scienze economiche e sociali proposte dall'istituto nuorese. Gli studenti«Spesso la laurea non basta più come un tempo ? dice Esther Bevere, di San Severo (Foggia), che sta frequentando il corso in Scienza dell'Organizzazione - ma occorre invece frequentare un master che con il successivo stage possa aprire le porte dell'azienda. Ho conosciuto tramite internet della possibilità dei corsi dell'Ailun e della qualità dei suoi docenti che arrivano in città delle migliori università americane». «La sorpresa della qualità del corso è decisamente aumentata seguendo le lezioni», osserva invece Egon Zanattin, che sta seguendo il master in alta formazione nel settore turistico assieme a suo fratello Thomas Padova e ad altri laureati provenienti da Cagliari e Sassari. Il tempo a disposizione degli studenti per vedere la Sardegna è decisamente scarso, tra lezioni e esercitazioni che durano fino a notte fonda. «Un sacrificio necessario ? confermano molti studenti ? se poi arriveranno i risultati». Dall'AmericaBlanca Camargo, colombiana di Barronquilla, è arrivata a Nuoro via Bologna. «Vivo una piacevole avventura ? dice la studentessa sudamericana ? molto faticosa ma comunque avvincente».
 Luca Urgu (Unioneonline)


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4 – L’Unione Sarda
Pagina 21 – Lettere
Illustre petrografo bosano
Deriu, che sapeva tutto sulle rocce
Michele Deriu, scomparso qualche anno orsono, fu un professore celebre per la sua ricerca sulle costituzioni geologiche e sedimentologiche, sulle composizioni mineralogiche delle rocce, sulla loro origine e le loro trasformazioni nel tempo. Lasciò diversi testi importanti sulla costituzione del Bosano, della Planargia e del Montiferru settentrionale e occidentale. In particolare, scrisse un trattato petrografico e sedimentologico sulle formazioni quaternarie della costa centro occidentale sarda, tra il fiume Temo e Punta Foghe. Un volume fu pubblicato con il contributo dell'assessorato all'Industria della Regione Sarda. Il più importante fu però quello edito nel 1964 a cura del "Gruppo associazioni del commercio e turismo di Bosa, Planargia e Montiferru": Notizie sulla costituzione geologica del Bosano, della Planargia e del Montiferro settentrionale e occidentale. Questo studio comprende Il Marrargiu di Bosa, il Monte Mannu ed il monte Nevrinu di Montresta, la valle del Temo, la piattaforma del Piau e Morturas ed il Monte Rughe, la valle di Modolo e la collina De Pianu nel bosano, il Marghine di Tresnuraghes, Suni, Sindia, oltre al Montiferru settentrionale di Scano e Cuglieri e ad occidente si estende verso Santa Caterina. Deriu lo stilò con C. Lauro e altri professori dell'istituto di Mineralogia della Università di Cagliari e di Petrografia dell'università di Roma. Studi e ricerche proseguiti nell'istituto di Petrografia della università di Parma, diretto dallo stesso Deriu. Nel quadro di queste attività fu portato a termine anche il rilevamento geologico ufficiale per conto del Servizio geologico d'Italia e del corrispondete organo della Regione della Sardegna, ai fini del completamento della carta geologica, prima inesistente per questo settore. Mi piace riportare all'attenzione del pubblico questo insigne professore, scomparso da alcuni anni, ma sempre ricordato con grande stima dai bosani.
Ottorino Mastino
Bosa
 
 
 
 
 

Questionario e social

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