Domenica 31 luglio 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 luglio 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 41 – Cultura
Dal dittatore Silla ai giorni nostri, la lezione del docente sulle libertà individuali
L'anarchico che ama il mercato e teme la giustizia dello Stato
Bruno Leoni, dall'Isola alla California con tappa a Pavia
Il professor Bruno Leoni ama l'Italia, le sue radici sarde, l'università di Pavia che fin dagli anni Quaranta l'ha accolto come docente e preside. Ma è in qui in America che egli si trova intellettualmente a casa propria: nel libero mercato di una società che antepone le libertà individuali alla retorica di Stato. L'abbiamo incontrato a Claremont, in California, dove è venuto per tenere alcune sue lezioni sul tema del rapporto tra diritto e libertà. Professor Leoni, nell'ambito della cultura politica italiana del Novecento lei è considerato l'autore più apertamente antistatalista e l'espressione maggiormente originale di quel liberalismo che vede nei poteri pubblici una costante fonte di soprusi. Un suo allievo, Mario Stoppino, è giunto a riconoscere in lei evidenti tendenze anarchiche. Perché nutre tanta fiducia nei riguardi del libero mercato? «Uno dei pregi maggiori del mercato è che in esso l'individuo è al tempo stesso l'entità che sceglie e quella per cui le scelte vengono effettuate. Inoltre, nessuno è più competente di se stesso a sapere che cosa vuole. Sul mercato l'operatore economico sa che cosa scegliere per soddisfare i suoi bisogni in quanto può facilmente trovare informazioni specifiche. Le conoscenze in politica sono invece più vaghe, perché sono più vaghi gli scopi». È per questa ragione che allo Stato lei predilige l'ordine delle intese volontarie e della proprietà privata? «L'ordine di mercato è il sistema di tutti i tempi e tutte le società, nelle quali sono esistiti la proprietà privata e il mercato, e in cui il lavoro umano è stato considerato come una proprietà personale dell'uomo libero. In questo senso, il rapporto economico non è mai assimilabile al rapporto egemonico». Lei allora non crede nella tesi prevalente, secondo cui i politici devono "guidare" le nostre scelte? «L'accettazione cieca del punto di vista giuridico contemporaneo condurrà alla distruzione graduale della libertà individuale di scelta (e questo nella politica come nel mercato e nella vita privata), perché il punto di vista giuridico contemporaneo comporta una sempre maggiore sostituzione delle decisioni collettive alle scelte individuali». Quindi lei esclude che lo Stato debba proteggere i più deboli dai più ricchi? «Il mercato non è un campo di battaglia in cui il più forte domina il più debole: esso è un'istituzione pacifica in cui ognuno cerca di assicurarsi gli altrui beni e servizi al minor prezzo, ma col consenso degli interessati. Bisogna anche ricordare che l'elevazione del tenore di vita dei lavoratori nell'era industriale è avvenuta non già e non tanto per l'azione sindacale, quanto per lo sfruttamento crescente dei fattori non umani di produzione, dovuto agli investimenti degli imprenditori e alle invenzioni di ogni specie, la cui attuazione fu resa possibile mediante quegli investimenti». Una sua tesi caratteristica è volta a negare che gli uomini politici democratici siano i nostri rappresentanti. Ci può spiegare perché? «I sistemi rappresentativi come di solito sono concepiti, in cui elezione e rappresentanza vengono connesse, risultano incompatibili con la libertà individuale, nel senso di libertà di scegliere, autorizzare e istruire un rappresentante. Dobbiamo prendere atto che di fatto la rappresentanza è il mito del nostro tempo così come la Provvidenza lo fu in età medievale». Quindi lei ritiene che la rappresentanza moderna implichi una forma di dominio? «Oggi la vita politica consiste spesso nello scambio di rapporti egemonici. In politica le imposizioni di rapporti egemonici s'incrociano, nel senso che molto spesso ciò che un individuo impone ad altri viene in qualche modo a corrispondere con quel che gli altri impongono a lui. Il risultato è che entro l'ordine statuale è inevitabile una guerra legale di tutti contro tutti. E che dire del ruolo della Costituzione? «Non bisogna farsi illusioni. L'assenza in Inghilterra di una costituzione scritta in effetti non è un'anomalia, ma ha la sua logica: una costituzione scritta richiede una costituente, e la costituente è un supergoverno. A che scopo limitare i governi con una costituzione se questa è figlia di un (illimitato) supergoverno?». Insomma, la sua tesi è che nel corso degli ultimi secoli una visione "collettivista" del popolo e della vita pubblica abbia consegnato l'intero controllo della società al ceto politico, mentre nel passato la situazione era più articolata. «Nel 1221, il vescovo di Winchester chiamato a consentire ad una tassa di scutagium, rifiutò di pagare, dopo che il consiglio l'aveva concessa, perché dissentiva, e lo Scacchiere sostenne la sua difesa». Nel mondo odierno le cose sono cambiate, dato che l'imposta è precisamente qualcosa da "imporre". Questo svuotamento della libertà individuale e della proprietà ha accompagnato lo svuotamento della rappresentanza». Come giudica, sulla base di queste considerazioni, il proliferare di norme a tutela di questa o quella categoria, o volte a garantire sempre nuovi "diritti sociali"? «Stiamo per arrivare ad avere tre o quattro migliaia di diritti nel paese ? uno per padroni di casa, uno per inquilini, uno per datori di lavoro, uno per lavoratori, etc. Questo è esattamente quello che sta accadendo oggi in molti paesi occidentali, ove si rispetta ancora, a parole, il principio della rule of law e perciò "l'uguaglianza davanti alla legge"». Di fronte a questa legislazione sempre più invadente e illiberale lei auspica una rinascita di un diritto vivente, quale era l'antico jus civile dei Romani, il quale emergeva non già per decisione dei politici, ma in un processo di ricerca in cui giocavano un ruolo fondamentale i giureconsulti. Ci spieghi le ragioni di questa sua predilezione. «Il diritto privato romano era qualcosa che doveva essere descritto o scoperto, non qualcosa che dovesse essere decretato. Nessuno promulgava queste leggi, e nessuno poteva cambiarle esercitando il suo arbitrio personale. In tal modo esisteva una vera autonomia dello jus civile dalla politica, tanto che pure dittatori come Silla si comportavano con una certa cautela in questo campo, e probabilmente avrebbero considerato l'idea di sovvertire lo jus civile bizzarra quanto l'idea di rovesciare le leggi fisiche apparirebbe a dittatori moderni». Per ragioni analoghe Lei mostra grande apprezzamento per il common law inglese del passato, dove non erano i legislatori, ma i giudici ? con le loro sentenze ? a definire i contorni del diritto. «L'antico common law si basava sul principio della maggiore uguaglianza possibile di fronte alla legge, dell'indipendenza dei giudici, dell'assenza di un governo arbitrario, della certezza delle fonti del diritto, infine della prevalenza dell'individuo sullo Stato, e quindi della maggior cautela possibile nel limitare le libertà individuali. Nella vecchia Inghilterra i giudici erano più nella posizione di spettatori che in quella di attori del processo di formazione del diritto, e per giunta erano spettatori cui non era permesso vedere tutto quello che accadeva sul palcoscenico». Eppure molti difendono la legislazione (il diritto creato dai parlamenti) in quanto maggiormente certo, contro il carattere più indefinito dei sistemi evolutivi. «In realtà, nell'ambito della legislazione statuale si può al massimo essere "certi" per quanto riguarda il contenuto letterale di ogni norma in un dato momento, ma non si è mai certi che domani ci sarà ancora la stessa regola di oggi. Bisogna anche aggiungere che esiste un altro significato che meglio si accorda con l'ideale della rule of law, com'era concepito dal popolo inglese e americano, almeno fino ai tempi in cui la rule of law era un ideale senza dubbio connesso con la libertà individuale, intesa quale libertà dall'interferenza di chiunque, autorità incluse». Si può allora affermare che la legislazione aggredisce i diritti individuali? «È così, dato che nessun libero mercato è veramente compatibile con un processo di legislazione centralizzato da parte delle autorità». Eliminato o comunque ridimensionato lo spazio delle decisioni dei legislatori, come devono operare i magistrati? «Il lavoro dei giudici consiste nello scoprire qual è la "volontà comune", la quale va qui intesa nel senso che tutti gli individui che prendono parte alla sua manifestazione e al suo esercizio in una comunità sono liberi di farlo senza essere costretti da altri ad accettare le decisioni altrui. In questo senso c'è più di un'analogia fra l'economia di mercato e il diritto giudiziario o dei giuristi, come c'è più di un'analogia fra l'economia pianificata e la legislazione». Cosa pensa delle leggi e delle istituzioni poste a tutela del mercato? Non crede paradossale che vi siano "authorities" politiche che pretendano di proteggere la libertà di mercato? «La campagna corrente contro i monopolisti ignora di solito la distinzione fra i monopoli determinati attraverso misure di ordine politico e monopoli determinati attraverso il libero giuoco del mercato. Certamente ci possono essere attori economici che utilizzano il potere politico per trarne una ?protezione' o altri vantaggi, e questo implica, almeno potenzialmente, la possibilità di coercizioni di natura politica nel campo economico. Ma ciò non ci autorizza a confondere il concetto normale di monopolio economico ed il concetto normale di monopolio politico; perché i due concetti sono perfettamente distinguibili nella normalità dei casi». Lei è anche molto critico verso la legislazione anti-trust. Per quale ragione? «Chi si proponga ancora oggi di censurare le economie contemporanee dei Paesi ancora liberi, pronuncia con ostilità la parola "monopolio". Ma in realtà il monopolio legale (creato o protetto dallo Stato) è l'unico tipo di monopolio definibile in modo rigoroso, e distinguibile in modo non equivoco da altri tipi di rapporto fra produttori e consumatori di beni. Invece che impedire questo monopolio, lo Stato pretende di intervenire per ostacolare o impedire il cosiddetto monopolio economico, pretesamente instaurato dalla "cospirazione" dei privati e inteso, secondo la sottostante filosofia economica, ad ottenere un prezzo, per i beni offerti, superiore a quello che si otterrebbe senza quella cospirazione, ossia in regime di concorrenza». Come crede si possa uscire da questa situazione che vede i poteri pubblici limitare sempre più la nostra libertà? «Più riusciremo a ridurre la vasta area attualmente occupata dalle decisioni collettive nella politica e nel diritto, con tutti i parafernali delle elezioni, della legislazione e così via, più riusciremo a stabilire uno stato di cose simile a quello che prevale nell'ambito del linguaggio, della common law, del libero mercato, della moda, del costume, ecc., ove tutte le scelte individuali si adattano reciprocamente e nessuna è mai messa in minoranza». In questa sua società, lo Stato dovrebbe ritrarsi e perfino il diritto sarebbe in larga misura un diritto "di mercato". Ma chi avrebbe il compito di nominare i giudici? «A mio parere è piuttosto irrilevante stabilire prima chi nominerà i giudici, perché, al limite, tutti lo potrebbero fare, come accade in certa misura quando la gente ricorre ad arbitri privati per dirimere le proprie liti. D'altra parte, l'emergere di buoni professionisti in una società è dovuto solo in apparenza a nomine ufficiali, se ce ne sono. In realtà, si basa su un consenso diffuso da parte di clienti, colleghi, e del pubblico in generale ? un consenso senza il quale nessuna nomina è veramente efficace».
Carlo Lattieri
 
Vita e opere di un liberale
Di origini sarde, Bruno Leoni è stato il maggior studioso liberale del Novecento e uno tra gli intellettuali più originali e stimati. Nato nel 1913 ad Ancona ed allievo di Gioele Solari all'università di Torino, nel corso della seconda guerra mondiale guida un'organizzazione che salva i soldati alleati finiti oltre la linea gotica. Appena chiusa l'esperienza belli, già nel 1945 inizia ad insegnare Filosofia del diritto a Pavia: la cittadina lombarda, sede di uno dei più prestigiosdi atenei italiani, sarà uno dei grandi amori professionali e accademici della sua esistenza di studioso: qui sarà preside di Scienze politiche e direttore della rivista Il Politico. Autore di volumi importanti (a partire da Freedom and the Law, del 1961), Leoni per anni è più apprezzato in America che in Italia; e non è un caso se il suo testo maggiore conosce ben tre edizioni oltre Oceano prima di essere tradotto in lingua italiana. Negli ultimi anni è in atto una vera e propria "Leoni Renaissance", che ha portato alla pubblicazione di tutte le sue maggiori opere: dalle Lezioni di dottrina dello Stato alle Lezioni di filosofia del diritto, dagli scritti sulla "teoria della pretesa" ai saggi su temi economici. Leoni muore a Torino, in circostanze tragiche, nel 1967.
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 17 – Lettere & opinioni
I concorsi per l'ammissione a Odontoiatria
Test falliti? Le scuole facciano mea culpa
Seguo da qualche giorno il dibattito in merito ai risultati degli studenti sardi nei test con graduatoria nazionale per l'ammissione ai corsi di Odontoiatria. Modalità che dovrebbero estendersi, nei prossimi anni, anche ai test per l'ammissione ad altre facoltà. Ritengo che la mancanza di confronto con le altre scuole od istituti sul territorio nazionale, intervenuta a partire dalla metà degli anni '90 con le varie riforme che hanno modificato l'esame di Stato (già maturità), ne siano una delle cause. Sino a quella data docenti e presidi, in qualità di commissari e presidenti di commissione, si spostavano liberamente sul territorio nazionale. Il sistema aveva i suoi costi, ma... fungeva anche da controllo e riequilibrio della qualità del lavoro svolto dai docenti, dato che i loro studenti venivano giudicati da commissioni esterne. In una fase transitoria, i componenti le commissioni esterne potevano pervenire solo dalla regione cui apparteneva la scuola. L'ultima modifica apportata all'esame, con commissioni composte solo da docenti interni alla classe ed un presidente esterno di garanzia che presiede tutti i consigli di classe, in misura anche di 10/12, ha apportato il colpo di grazia al sistema, diventato esclusivamente autoreferenziale. Non serve allenamento ai quiz, ma conoscenza dei contenuti delle materie oggetto delle prove, ovverossia cultura di base, seriamente verificata. Le scuole facciano il mea culpa, si interroghino sulle cause del degrado culturale e, in ultima analisi, chiedano meno finanziamenti, con i Pon, per corsi di ballo latino americano o simili, utili allo studente per socializzare, ma non per la preparazione agli esami di ammissione ai corsi universitari. I genitori si informino, all'atto dell'iscrizione dei figli alle scuole superiori, sui risultati degli studenti degli anni passati nei test universitari e scelgano di conseguenza. Le scuole daranno vita al vero concetto di autonomia, nei limiti attualmente concessi, proponendosi e differenziandosi per la serietà del corso di studi, alla cui verifica contribuiranno i successi degli studenti nel mondo del lavoro. Per gli istituti tecnici e professionali, con le percentuali di accesso agli albi professionali di settore) e nei test di ammissione agli studi universitari. Giancarlo Sanna Già preside di Istituti tecnici e professionali Grazie per l'intervento, prezioso perché rompe un'omertà che fa comodo solo a chi nella scuola lavora poco o male. Ci sono modi e mezzi per verificare i risultati di un istituto che non siano (solo) le percentuali di studenti promossi con il fatidico 100 da docenti che, contemporaneamente, promuovono se stessi. Ma chi ha accesso ai dati che lei, giustamente, invita a verificare? Temo che la stragrande maggioranza delle famiglie italiane ignori anche l'esistenza dell'Invalsi, l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione. In tre anni di sperimentazione, ha sottoposto a test (uguali in tutta Italia) di matematica, italiano e scienze gli allievi di un campione di scuole primarie e secondarie. I risultati, filtrati col contagocce, sono disarmanti. Specie (ma ci stupiamo?) al Sud e nelle isole, dove le prestazioni degli studenti sembrano peggiorare col progredire dell'età. Sarebbe importante sapere come sono andate le scuole sarde, pur consapevoli che il sistema di valutazione è imperfetto e contestato. Ma i risultati sono privatissima proprietà dei singoli istituti, che si guardano bene dal divulgarli. Sul sito Internet dell'Invalsi, alla voce "Comunicazione punteggi ottenuti dalle singole scuole" si trova solo l'informazione: «Impossibile trovare la pagina». Buone vacanze, in attesa di una scuola migliore.
Daniela Pinna
 
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 28 – Provincia di Cagliari
Mostra sulla via dell'argento
Una mostra straordinaria sulla "Via dell'argento". Da ieri la sala comunale delle conferenze di San Vito ospita una rassegna destinata a suscitare l'interesse dei turisti, degli uomini di cultura, di chi in qualche modo ama l'antica civiltà di questo paese del Sarrabus dove un tempo si estraeva anche l'argento. Una rassegna organizzata dalla "Ati Ifras Intini e Servizi globali",in collaborazione con il Comune. L'inaugurazione è stata fatta alla presenza del presidente della Provincia Graziano Milia e del sindaco Patrizio Buccelli. Le visite saranno possibili sino al 28 febbraio. La mostra racconta la storia dell'attività mineraria del Sarrabus attraverso documenti scritti e fotografie, testimonianze orali, antiche carte e i bellissimi campioni d'argento appartenenti al Museo di mineralogia del dipartimento di Scienze della terra dell'Università di Cagliari. Seguendo il filo conduttore dell'argento, la mostra parla del minerale in natura, delle zone di estrazione, dell'utilizzo nell'arte con una sezione dedicata ai pregevoli gioielli sardi della collezione dell'"Isola". Si sofferma anche sulle miniere argentifere del Sarrabus e in particolare sul sito di Monte Narba col suo villaggio minerario.
Antonio Serrali
 
 
4 – L’Unione Sarda
Pagina 11 – Regione
Il ministero dell'Economia: manca il piano di gestione e il sito archeologico non ha creato sviluppo
Barumini, l'Unesco fa le valigie
A rischio il titolo di patrimonio dell'umanità
Un passato importante, un futuro incerto: la sopravvivenza del nuraghe di Barumini dipende dalla sua valorizzazione dal punto di vista economico e turistico. Ma manca il piano di gestione, senza il quale su Nuraxi può perdere il titolo di "patrimonio dell'umanità" concesso dall'Unesco nel 1997. Le prospettive sono poco incoraggianti: basti pensare che ogni anno il nuraghe di Barumini è visitato da 60 mila visitatori, mentre il parco "Sardegna in miniatura" di Tuili (il cui biglietto è più salato) accoglie almeno 80- 100 mila persone. L'accusaUno studio commissionato dal ministero dell'Economia ha messo in evidenza un sensibile deficit dell'imprenditorialità locale: pochi manager, risorse umane ed economiche limitate. Un altro dato allarmante è che, sinora, la risorsa archeologica non ha prodotto un sufficiente livello di sviluppo. Questo il quadro (ancora provvisorio) tracciato dalla società "Studiare sviluppo" incaricata dal ministero dell'Economia (Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione) di studiare quanta ricchezza può produrre Su Nuraxi. «Molto poca, purtroppo», spiega Mimmo Cersosimo, docente di Economia regionale all'università della Calabria, che coordina uno staff di tre economisti. Bollino Unesco La stessa Unesco aveva sollecitato il Piano di gestione per garantire la salvaguardia attraverso la promozione turistica del sito archeologico. La posta in gioco è alta. Senza un adeguato programma scritto, il titolo concesso dall'Unesco decade e il complesso archeologico non potrà più contare sul valore aggiunto dato dall'importante riconoscimento. Oltre all'etichetta, però, potrebbero venir meno una serie di opportunità, come i finanziamenti previsti da un disegno di legge che contiene "Misure speciali di tutela e valorizzazione delle città italiane inserite nella lista del patrimonio mondiale". Il testo prevede ad esempio incentivi alle amministrazioni che si occupano della tutela e del restauro dei beni culturali e ambientali, della predisposizione di servizi per l'accoglienza e della realizzazione di aree di sosta e sistemi di mobilità. La difesaLe quattro amministrazioni comunali interessate allo sviluppo turistico del territorio (Barumini, Gesturi, Tuili, Las Plassas) stanno lavorando alla stesura del testo: entro settembre dovrebbero discutere il piano, che prima dell'approvazione sarà sottoposto al vaglio della Regione. Lo studio della società "Studiare sviluppo" è di supporto al piano che, come ricorda Cersosimo, dovrà tenere conto di determinati fattori: «Si tratta di un'area scarsamente popolata con deficit di risorse umane. Ciò significa che la strada della diversificazione è obbligatoria perché la valorizzazione della zona non è circoscrivibile solo in quell'area. Il nuraghe di Barumini identifica il territorio in modo eccellente, ma non è l'unica risorsa in grado di produrre sviluppo». Le amministrazioni locali, secondo l'economista, dovranno delineare politiche in grado di creare e far funzionare una rete di servizi diffusa su tutta la Marmilla. Ancora: «Il complesso archeologico - dice - andrebbe inserito in un sistema ancora più ampio che dalla dimensione provinciale passa a quella regionale e nazionale». È d'accordo il sindaco di Barumini, Emanuele Lilliu: «La creazione di una risorsa turistica importante dev'essere intesa in termini più ampi rispetto a quelli locali. Tutti i Comuni dovranno lavorare insieme perché ognuno ha qualcosa da dare. Non possiamo rischiare di perdere il riconoscimento dell'Unesco - ha aggiunto - perché è un vero e proprio marchio di qualità». Nicola Perrotti (Unioneonline)
 
 
5 – La Nuova Sardegna

Pagina 33 - Cultura e Spettacoli
Il prestigioso giornale medico inglese «The Lancet» ha pubblicato un contributo di Eugenia ... 
 
 
 
 
 
 
 
Il prestigioso giornale medico inglese «The Lancet» ha pubblicato un contributo di Eugenia Tognotti dal titolo «Astrology, medicine and medical approach». L’autrice, storica della Medicina all’università di Sassari, vi ricostruisce il quadro della sanità rinascimentale e delle teorie scientifiche che facevano riferimento all’influenza degli astri sulla salute degli uomini. Le abbiamo chiesto di spiegare che cosa è rimasto (se è davvero rimasto qualcosa) di tutto questo nella medicina occidentale.

 

 
 
I pianeti che girano attorno al Sole sono dieci, non nove come si pensava dopo la scoperta di ...
 
 
 
 di Eugenia Tognotti
 
 

I pianeti che girano attorno al Sole sono dieci, non nove come si pensava dopo la scoperta di Plutone, nel 1930. Ad annunciarlo è stata un’équipe di astronomi statunitensi che avrebbe individuato il decimo pianeta a 15 miliardi di chilometri dalla Terra. La scoperta di questa massa di roccia e ghiaccio più grande di Plutone nel sistema solare è destinata a riaccendere il dibattito sulla definizione di «pianeta». L’oggetto, al quale è stato per ora dato il nome poco poetico di 2003UB313, è quasi due volte più grande di Plutone ed è tre volte più distante dal Sole. Con un diametro di circa 2,250 chilometri, è ampio abbastanza per essere definito un pianeta. E’ la prima volta che un oggetto così grande viene identificato nel nostro sistema solare dalla scoperta di Plutone 75 anni fa, nel 1930, da parte del astronomo americano Clyde Tombaugh.
 Michael Brown, professore di astronomia planetare all’istituto tecnologico della California (Caltech), ieri non era pronto a fare il clamoroso annuncio. Ma alcuni hacker sono riusciti a infilarsi nel sito Web della sua équipe e minacciavano di fare la rivelazione. La scoperta è stata infatti compiuta a gennaio, durante un esame minuzioso da parte di Brown e altri due astronomi di una serie di fotografie scattate nel 2003 dal telescopio dell’osservatorio Palomar, in California. «Ero al settimo cielo», ha ricordato Brown con un tocco d’ironia quando l’8 gennaio con i colleghi Chad Trujillo del Gemini Observatory dell’isola di Mauna Kea nelle Hawaii e David Rabinowitz della Yale University si è convinto di avere scoperto il decimo pianeta. I responsabili della scoperta hanno proposto un nome più accattivante di 2003UB313 per il pianeta all’International Astronomical Union, con sede a Parigi. Ma aspettano l’approvazione prima di renderlo noto.
 Alcuni astronomi non considerano Plutone un vero pianeta a causa dell’inclinazione di 17 gradi rispetto all’ellittica, il piano geometrico sul quale la Terra gira intorno al Sole. Definire 2003UB313 un pianeta promette di riaprire la polemica, in quanto il corpo celeste segue un’orbita con un’inclinazione ancora più accentuata, di 44 gradi. «Mi sono sempre schierato con quelli che erano contrari alla definizione di pianeta per Plutone. Ma poi ho scoperto che la gente ama Plutone... ed era meglio rinunciare alla battaglia», ha detto Brown in una conferenza stampa a Pasadena, vicino a Los Angeles. «Ma considerato che l’oggetto scoperto da noi è più grande e più distante, ha tutti i titoli per entrare nella lista - ha concluso - Quindi tirate fuori le penne e cominciate a riscrivere i libri di testo».
 Il corpo celeste impiega circa 560 anni per compiere un’orbita attorno al Sole. Ora si trova nel punto più lontano, circa 15 miliardi di chilometri. Raggiungerà il più vicino al sole - circa 4,8 miliardi di chilometri - tra 280 anni. L’orbita di Plutone lo mette a un massimo di 7,4 miliardi di chilometri e a un minimo di 4,3 miliardi di chilometri. Nonostante la distanza, il nuovo pianeta può essere visto dall’uomo con un telescopio di almeno 36 centimetri dotato di una macchina fotografica digitale Ccd. Le coordinate si trovano sul sito web http://www. iau.org. Lo scorso anno era stato dato un annuncio per certi versi simile dallo stesso staff. La notizia era stata poi corretta. In quel caso gli astronomi avevano ribattezzato il decimo pianeta del sistema solare Sedna, come la divinità dell’oceano degli Inuit, gli eschimesi. «Sedna in effetti esiste ma è una stella», era stato in quel caso il verdetto.

 
 
6 – La Nuova Sardegna

Pagina 3 - Cagliari
Villacidro, un incontro con gli studenti neodiplomati organizzato venerdì scorso dallo sportello Informagiovani 
Come orientarsi nella jungla dei corsi universitari
 
 
 
 
 
 
 
 
 VILLACIDRO. Trovano risposte ai loro quesiti sull’orientamento universitario e i nuovi corsi di laurea dopo la nuova riforma scolastica gli studenti neo diplomati che intendono proseguire gli studi nell’ateneo di Cagliari.
 L’opportunità è stata data loro, grazie all’intercessione dello sportello “Informagiovani”, con gli interventi avvenuti venerdì mattina nella biblioteca comunale da parte dei responsabili degli orientamenti Economico e di Scienze della Formazione dell’università. Spetta a Sonia Melis, responsabile dell’orientamento economico, spiegare i cardini della nuova università riformata e confrontarli con i vecchi criteri di conseguimento della laurea: «La riforma universitaria introdotta col decreto del 1999 - spiega - ha come momenti principali il tentativo di abbassare l’età dei laureati per accostarli alla media europea, evitare la dispersione scolastica e ridurre il divario tra tempo di conseguimento della laurea e tempo reale del corso in cui ci si iscrive. Per cercare di ottenere questi propositi - prosegue - sono stati creati nuovi strumenti e divisioni all’interno dei corsi di laurea che tendono a diversificare la preparazione per una migliore offerta lavorativa».
 La differenza con le lauree del vecchio ordinamento è data soprattutto nella possibilità di conseguire un attestato triennale di base volto creare figure professionali in grado di essere inserite direttamente nel mondo del lavoro.
 La specializzazione biennale, facoltativa e successiva a tale traguardo, mira a creare degli approfondimenti che equiparino,attraverso il suo conseguimento,le nuove lauree quinquennali alle vecchie quadriennali.
 Trovano larghe applicazioni nelle varie facoltà anche gli inserimenti di nuovi test d’orientamento iniziale che consentano alle matricole di capire quali siano i limiti e possibilità di ognuno senza rappresentare un ostacolo alla possibilità di iscrizione alla facoltà prescelta.
 Esposti i punti chiave generali della riforma universitaria e i vari servizi e gli oneri dovuti al proseguimento degli studi, i due responsabili sono scesi nello specifico, esponendo le caratteristiche delle aree di orientamento di loro competenza, ma lasciando nel dubbio buona parte degli studenti non intenzionati ad iscriversi nelle facoltà di Economia e Commercio o in Scienze della formazione.
 A questo proposito Elisa Aru,neo diplomata in ragioneria afferma: «Sicuramente questo incontro è servito ad esporre in termini chiari la struttura e l’ordinamento della nuova università riformata, ma è stato poco soddisfacente nella descrizione delle specifiche facoltà a cui potrei essere interessata personalmente. Nonostante ciò restano comunque validi l’impegno e la disponibilità continuativa dello sportello “Informagiovani” che, attraverso il suo servizio e le sue iniziative, può dare preziose informazioni agli studenti».
Ivan Fonnesu

 
 
 
7 – La Nuova Sardegna

Pagina 7 - Cagliari
Sant’Antioco. Conclusa la campagna di scavi 
Nuove scoperte archeologiche per lo sviluppo del turismo
 
 
 
 
 
 
 
 
 SANT’ANTIOCO. Nuove scoperte ma soprattutto prospettive che potrebbero riscrivere la storia. È terminata dopo cinquanta giorni la campagna di scavi organizzata dall’università di Sassari in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Cagliari: a dirigere la campagna Piero Bartoloni, docente di archeologia fenicio-punica, aiutato da Paolo Bernardini (direttore archeologico della Soprintendenza). Con loro, a lavorare sul campo, ottanta tra studenti, ricercatori e neo laureati provenienti dalle università di Padova, Sassari, Santa Maria Capua Vetere, Siviglia, Barcellona, Viterbo, Verona e Roma che si sono alternati nelle località di scavo.
 La campagna comprendeva l’area del cronicario a Sant’Antioco, la necropoli di Monte Sirai, il villaggio nuragico e le fortificazioni attorno al nuraghe Sirai, oltra al campo di prospezione archeologica fra il monte Sirai e l’istmo di Sant’Antioco. La campagna è stata resa possibile dal contributo delle amministrazioni di Carbonia e Sant’Antioco e della Banca di Sassari. Fondamentale l’accordo con la scuola media Mannai per l’alloggio degli studenti. Sottolinea Bartoloni: ‹‹Mi piacerebbe che le comunità che sono proprietarie di questi terreni avessero maggiore frutto dal nostro lavoro, che in fondo valorizza i resti delle antiche civiltà e può contribuire alla promozione turistica: in primo luogo perché riportiamo alla luce e valorizziamo un patrimonio culturale incredibilmente ricco e in secondo luogo perché le 80 persone che ogni anno portiamo spesso tornano qui in vacanza proprio perché conoscono la bellezza di questi luoghi››.
 Il bilancio della campagna è ottimo: al cronicario di Sant’Antioco (scavi diretti da Lorenza Campanella e Elisa Pompianu) sono state confermate le ipotesi secondo cui questa sarebbe la più antica città fenicia sarda, con inizi databili al 770 avanti Cristo per i manufatti di Tiro risalenti a quell’epoca. Si sono rinvenute tracce di lavorazione industriale del pescato, piccoli tonni, e di lavorazione dei metalli, ferro e anche vetro. E infine i tre frammenti di ceramica micenea che indicano un rapporto con questa civiltà risalente tra il dodicesimo e l’undicesimo secolo avanti Cristo. Un elemento importante: Sulky sarebbe una delle più antiche città del Mediterraneo. C’è poi la necropoli di monte Sirai (scavi diretti da Michele Guirguis): è molto più ampia di quanto finora ipotizzato e insieme alle tombe a camera sono presenti tombe scavate nella terra, segno di sepoltura di persone povere. Infine il nuraghe Sirai (scavi diretti da Carla Perra, direttrice del Museo di Carbonia): si sono messe in luce una dozzina di capanne di forma articolata, anticipazione della classica lolla campidanese, utilizzate dall’età nuragica del bronzo fino all’età del ferro e poi coabitate insieme ai fenici fino alla conquista cartaginese del quinto secolo. Infine, dalle foto aeree sono state rilevate tracce di una occupazione e spartizione romana del territorio coltivabile attorno al monte Sirai sino alla pacificazione romana del 110 aventi Cristo. A partire dal 110 gli abitanti di monte Sirai vennero deportati e la terra spartita fra i legionari che li avevano combattuti.
 ‹‹In autunno spero di poter allestire una mostra nel museo Barreca di Sant’Antioco», conclude Bartoloni. Una riprova di quanto possa fare la archelogia per lo sviluppo del turismo nel territorio.
Carlo Floris

 
 
 
8 – La Nuova Sardegna

Pagina 28 - Sassari
La facoltà di Architettura lancia il progetto pilota 
Parte la scuola internazionale che insegna a gestire il territorio
 
 
 
 
 
 
 
 
 ALGHERO. Ha preso il via la quarta scuola estiva internazionale sul Progetto ambientale e la pianificazione territoriale (SEI 2005) organizzata dalla facoltà di Architettura. La scuola è diretta da Giovanni Maciocco e Arnaldo Cecchini, del dipartimento di Architettura e Pianificazione dell’università di Sassari.
 Il coordinamento didattico è di Silvia Serreli. Prendono parte al progetto oltre 30 studenti, tra i quali 10 americani dell’università di Cincinnati, due spagnoli che arrivano dall’universidad Politécnica de Cataluna, e uno proveniente dalla Thailandia.
 Il tema centrale della scuola è il progetto delle aree di bordo, che si inquadra tra le attività di ricerca promosse dalla facoltà di Architettura e in particolare dal Laboratorio di ricerca Leap (International laboratory for the environmental and architectural project), e dal progetto «Shmile-sustainable hotels in Mediterranean islands and area», finanziato dalla Ue. La scuola estiva che si sta svolgendo nella sede della Porto Conte Ricerche, a Tramariglio si concluderà il 7 Agosto.
 I docenti della scuola saranno: Maria Cristina Treu (politecnico di Milano); Angela Barbanente, Valeria Monno, F. Selicato (politecnico di Bari); Hank Hildebrand e Frank P. Russel (university of Cincinnati School of Planning); Francesco Indovina (università Iuav di Venezia); Ignasi Perez Arnal (universitat Internacional de Catalunya).
 Un pool di esperti di valore tecnico scientifico internazionale che porteranno un contributo importante a una iniziativa caratterizzata da particolare prestigio. Una sorta di fiore all’occhiello del polo universitario algherese che oltre ad architettura offre anche la facoltà delle scienze del mare. (s.o.)

 
 
 
 
 
 
 
 

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