Sabato 24 settembre 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 settembre 2005
 Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
 1 – L’Unione Sarda
Pagina 27 – Quartu
Giunta Atti pubblici: sì al nucleo di valutazione
La Giunta nomina il nucleo di valutazione per gli atti del Comune. Oltre al direttore generale Igino Meloni, ne fanno parte i docenti universitari Paola Piras (diritto amministrativo) e Camillo Buccellato (economia aziendale). Hanno il compito di valutare l'attività e i risultati ottenuti dall'amministrazione comunale in base agli obiettivi stabiliti dalla Giunta. «Sarà un elemento di modernizzazione della macchina comunale», commenta il sindaco Gigi Ruggeri. (g. mdn.)
 
 2 – L’Unione Sarda
Pagina 28 – Ogliastra
santa maria navarrese
Oggi l'ultima giornata del convegno sulle torri
Si concluderà oggi a Santa Maria il convegno internazionale "Contra Moros y Turcos". L'obiettivo era studiare e valorizzare dal punto di vista turistico-culturale le fortificazioni costiere costruite negli Stati mediterranei della Corona di Spagna e in area tirrenica tra XV e XIX secolo per arginare le incursioni musulmane. Nove i relatori di ieri: Alfredo Alvar Ezquerra (Csic), Patrizia Castelli dell'Università di Ferrara, Paola Melis del Cnr, Francesco Casu, Marco Milanese (Università di Sassari), Isabella Zedda (Università di Cagliari), Sebastiana Nocco del Cnr, Giorgio Murru del museo di Laconi, Mario Cannas dell'associazione SicuTerat. L'ultima parte del convegno si terrà oggi dalle 9 alle 13. (gm. p.)
 
 
 
3 - La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Nuoro
Della donna non esistono fotografie né ritratti. Solo un libro che raccoglie sedici sue glossas
La sfuggente Cassandra senza volto
Bortigali, la vita di Anna Maria Falchi, poetessa dell’Ottocento
Nacque nell’agosto del 1824 e morì «su 25 de Nadale 1873» Si sposò con il nobile don Predupaule Massidda di Santu Lussurgiu Ebbe tre figli. Ma la sua grande passione fu sempre la scrittura
Un libro, una vita. Il libro, ricostruito su quattro quaderni manoscritti è “Glossas”, pubblicato da Cuec nel 1999. La vita è quella di Anna Maria Falchi, o Falqui, nata a Bortigali, agosto 1824. Era figlia di don Efisio e donna Maria Zuseppa Passino. A Bortigali Anna Maria è morta “a sas 7 de sero de su 25 de Nadale 1873”. Non aveva compiuto cinquant’anni. Si maritò con don Predupaule Massidda di Santu Lussurgiu, nobile anche per parte di madre, donna Caterina Cherchi. Si diceva, per indicare una persona di scarsa levatura sociale: “Non est de sos Massiddas e de sos Cherchis”. Donna Anna Maria, autrice di “Glossas”, e don Predupaule ebbero tre figli: Efisio, Battista, Giò Maria. Di Anna Maria, “poetessa senza volto”, non esistono né fotografie né ritratti. C’è però questo libro-mondo. Spiega Andrea Deplano che «glossa è un componimento in ottonari aperto da una quartina». Il mondo del libro sono i luoghi che li raccolgono e li diffondono. A fare “Glossas” hanno contribuito diverse persone. La cura del libro è di Giovanna Cerina mentre del testo critico, ricostruito sui quattro quaderni, si occupa Maurizio Virdis. Entrambi insegnano all’università di Cagliari. La traduzione delle 16 glossas e dei muttos è di Duilio Caocci. Ma l’organizzazione, il pensare il libro, è opera della Biblioteca, Antonella Mureddu la bibliotecaria, che ha lavorato per conto dell’Amministrazione comunale.
 La dedica è a Nino Tedde, che fu sindaco di Bortigali per vent’anni, allevatore che sapeva di poesia. Hanno concorso a “Glossas” anche il lussurgese Vittorio Mura, “appassionato di cultura sarda, curatore della raccolta di un altro poeta bortigalese, Pantaleo Serra”, e Raimondo Pili di Seneghe, nella cui biblioteca privata è custodito il quaderno P e che firma una nota di commento a “Lenta sonat sa campana”, l’ultima glossa. Anna Maria Falchi le scriveva e forse le improvvisava, le sue poesie. Altri ancora le trascrivevano per tramandarle, perché arrivassero fino a noi. Il libro, quanto risulta da questo andare, diventa allora cosa importante, per il paese e per tanti altri paesi. “Scarsa e frammentaria era la documentazione disponibile”. Bisognava comunque continuare a cercare, per trovare, ricostruire e ricomporre. Le “glossas”, che sono “d’amore”, “di beffa”, “di morte”, rappresentano il tempo storico di Bortigali e di Santu Lussurgiu nella prima metà dell’Ottocento. La poetessa senza volto è dentro molte anime e stirpi. Càpita ai poeti: questo del volere e sapere comunicare a diverse generazioni in geografie allargate. Cosa possibile se la lingua usata, qui il sardo logudorese, non invecchia e rimane dentro il sentimento del tempo. Càpita al poeta analfabeta, il bittese Remunnu ‘e Locu. E pure a chi fa uso di “poesia semicolta” come donna Anna Maria Falchi.
 La poetessa senza volto è contemporanea di Paulicu Mossa e di Melchiorre Murenu ma il suo “igerru, tristu velu” il suo “riu geladu tantu”, a loro volta mutuati da altre poesie dell’alto e del basso, sono leggibili sempre e ovunque. Su tempus dell’abitato e della campagna poetato da Anna Maria Falchi è come quello cantato, a voce insieme nitida e dolorosa, da Gavino De Lunas, trucidato dai nazisti alle Fosse Ardeatine: “Si mi olto tottu in giru, ‘ido solu abba e bentu, pro me tottu est ispaventu, chi mi brivat de respiru”. Poetava Anna Maria, un secolo prima: “Sa vida mia agitada, dae continu dolore, pro pagas dies d’amore, la rendesit fortunada, però a sa lughe impensada, prestu est successu s’iscuru”. Dalla rugiada a sa tumba. Dal muttu rivolto a una lucciola che si crede stella, alla glossa in morte del giovane Remundu Uras caduto da cavallo: mortale il cammino, fatale la festa. La poetessa non è un’attitatora alla maniera tradizionale. Il dolore di cui si rende interprete va oltre uno stretto ambito famigliare.
 Con questo libro ritrovato si entra nella spina dorsale del tempo. Dice Giovanna Cerina che deve andare “sottolineato il particolare significato che ha il recupero della produzione in versi di una donna, presenza rara nel contesto di una tradizione poetica, in cui sono quasi del tutto dominanti le voci maschili”. Sempre la Cerina definisce Anna Falchi come novella Cassandra.
 “Firma”, sembra avvertire il giovane Uras: “chi mudada tottu, bido in luttu sa festa, orrida cussa foresta, det fagher su samben tou”. All’elaborazione del pianto succede quella del riso, per una anziana vedova che va nuovamente sposa. La donna è paragonata a un’imbarcazione. “Nave che affidi la vela”, così traduce Caocci, “ad un mare ignoto, nave mal consigliata, votati a qualche santo!”. Il sentimento del tempo come lo interpreta Anna Maria Falchi Massidda non è basato solo sul sardo e sulla sarditudine. La poetessa conosceva e reinterpretava anche Leopardi. “Il risorgimento”, il “credei ch’al tutto fossero, in me, sul fior degli anni” diventa “chi fessin tottu creia, in su fiore de sos annos”, nelle glossas d’amore. La poetessa unisce il senso del presagio quale proviene dalla “terra inaridida” ad altro da nuovo sangue e linfa fecondato.
 Sa cogliere “l’espressione modulare” di Jacopone da Todi e del “suo pianto della Madonna” per come si trasformano e si riversano nel canto religioso sardo, per esempio nel “Deus ti sarvet Maria”. Quando non basta il “certo conforto nella fede”, soccorre ancora la funzione lenitrice del tempo: “tempus sana custa piae, tu chi ses lentu e bolas”. Il tempo immateriale si sostanzia nelle persone e nelle cose, tutto un mondo. Il corpus poetico che questo mondo esterno ed interiore esprime sono appunto le glossas. Pensieri ma anche “scene di vita”, commenta Giovanna Cerina, che “mettono al centro personaggi che suscitano con i loro comportamenti la reazione divertita o maliziosa della comunità, a cui si contrappongono in scene drammatiche, di forte tensione emotiva, personaggi che vanno incontro a una morte prematura o a un tragico destino”. Lenta, lena, sonat sa campana. Del testo più noto di Anna Maria Falchi Massidda parla tra gli altri anche Celestino Caddeo, poeta dualchese. Però sull’intero corpus poetico ha gravato per molto tempo la dimenticanza: non ci fosse stata l’opera della biblioteca a rendere editum quanto era absconditum. “Il nome di Anna Maria Massidda era sconosciuto ai più a Bortigali”. Presumibilmente, le glossas e i muttos che la tradizione orale e scritta è riuscita a salvare, furono composte tra il 1845 e il 1873. “Lenta sonat sa campana”, alcuni anziani del paese la recitavano senza sapere di chi fosse, A un livello colto, la poetessa senza volto era comunque in qualche maniera conosciuta. Si parla di lei nella bibliografia del Ciasca, più precisamente di un commento di Nichita Ordioni Siotto a “Lenta sonat sa campana”, pubblicato dal “Giornale d’Italia” il 16 aprile 1925. I costruttori del libro hanno ritrovato l’articolo nella Biblioteca universitaria di Cagliari. Un indizio su cui si innesta la cerca e il ritrovamento dei quattro quaderni manoscritti, “i testimoni” li chiama Maurizio Virdis. Nel quaderno A “quasi tutti i componimenti portano in calce l’attribuzione all’Autrice dei componimenti”. Nel quaderno B, a righe orizzontali, al termine della glossa “Sa campagna”, c’è un’annotazione “manoscritta d’altra mano” che così recita: “Sas poesias trascrittas cun custa calligrafia portan sa data de su 1879”. Le aveva raccolte “Franciscu Antoni Melone-Massidda nepode de Predupaule”. Quasi tutte le stesse poesie furono poi trascritte, identica la grafia, nel 1891. Il lavoro di filologia è consistito nel ricomporre a volte un unico testo attingendo dai diversi manoscritti. Ma forse ne è valsa la pena. “Nella poesia della Falqui non mancano i ricordi letterari, frutto dei suoi studi”, avverte la nota di Raimondo Pili. Tutto però torna al paese che tutto tiene. Anche quando sembra prevalere il cono d’ombra. “Degli estimatori della Massidda”, dice Giovanna Cerina, “che certamente furono numerosi si è persa ogni traccia”. Il progetto della biblioteca di dare volto a una persona che di sé ha solo lasciato parole e scritture, potrebbe essere l’inizio di un risarcimento.
  
4 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Oristano
Ricca convention di medicina per parlare di sport e prevenzione
CABRAS “Prevenzione: il ruolo dell’attività fisica”.
 È il titolo del convegno organizzato dall’Associazione medici sportivi della provincia (in collaborazione con la Federazione medico sportiva italiana, l’Ordine dei medici, il Coni di Oristano e l’Associazione regionale cardiologi ambulatoriali) che si tiene oggi, a partire dalle 8.30, nella sala convegni del Museo archeologico. I lavori si apriranno con la presentazione e il saluto del presidente provinciale dell’Ordine dei medici, Antonio Sulis, e del presidente del Coni Mario Baroli.
 La prima sessione sarà moderata da Antonello Trincas (direttore del Centro di medicina dello sport di Oristano) e da Giuseppe Cuozzo (cardiologo all’Asl 5 e vice presidente regionale della Federazione medici sportivi). Gli interventi saranno di Marino Marchi (primario di Cardiologia e terapia intensiva coronarica del “San Martino); Marco Scorcu (presidente regionale della Fms, responsabile di Medicina dello sport dell’Asl 6 di Sanluri e medico sociale del Cagliari).
 La seconda sessione sarà moderata da Salvatore Forresu (responsabile del Reparto di medicina e direttore del Centro antidiabetico della Casa di cura “Madonna del Rimedio”) e da Giuseppe Cuozzo. Gli interventi saranno di Giuseppe Passiu (professore della Clinica universitaria “Aresu” di Cagliari); di Giovanni Gazale (presidente regionale e responsabile nazionale per la cardiologia dello sport dell’Arca-Sardegna) e di Marco Songini (primario dell’Unità operativa di Diabetologia del “Brotzu” di Cagliari).
  
5 - La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Nuoro
Responsabilità medica esperti a convegno
NUORO. Negli ultimi dieci anni il numero dei casi di responsabilità medica è cresciuto a dismisura, provocando il triplicarsi di controversie giudiziarie. Per approfondire un tema così attuale l’ordine dei medici e l’ordine degli avvocati della provincia di Nuoro, in collaborazione con l’istituto di medicina legale dell’università di Sassari, ha organizzato, il corso di aggiornamento «Alessandro Bucarelli» sulla responsabilità medica, diviso in tre giornate di studio.
 Sabato scorso si è parlato della cartella clinica; oggi, invece gli esperti discuteranno di trombosi venosa profonda nella realtà sanitaria; il primo ottobre, invece, sarà oggetto di analisi la responsabilità del medico di medicina generale. Il seminario, diretto da Luigi Arru, presidente dell’ordine dei medici nuorese e da Elena Mazzeo, consulente medico-legale, dell’università di Sassari; ha un’impostazione teorico-pratica. Sabato scorso, nella sala convegni dell’hotel Su Gologone, dopo i saluti e la presentazione del corso a cura di Luigi Arru, ha preso la parola Franco Badessi, primario Chirurgia Asl 3, per presentare le difficoltà gestionali nella compilazione della cartella clinica interdisciplinare. Daniele Rodriguez, ordinario di medicina legale all’università di Padova, si è soffermato sul significato e sul ruolo della documentazione sanitaria nella considerazione medico-legale del contenzioso; Guido Bonsignore, presidente del tribunale di Nuoro, ha parlato degli elementi di prova nel giudizio di responsabilità professionale medica. Una recente analisi evidenzia che il rapporto tra premi incassati per rischi sanitari e risarcimenti per episodi di malasanità è di 1 a 3, con un netto trend al peggioramento. La stragrande maggioranza degli indennizzi è dovuta a tre condizioni: la cattiva gestione del consenso informato e della cartella clinica, la non buona organizzazione della struttura. Una parte della dottrina, in accordo con numerose pronunce della Corte Suprema, attribuisce alla cartella clinica il possesso di tutti i requisiti propri dell’atto pubblico, facente fede fino a prova contraria. I documenti e le informazioni riportate devono rispondere a criteri di rintracciabilità, chiarezza, accuratezza, veridicità, pertinenza e completezza.
 È la direzione sanitaria che definisce, documenta e rende attuabili le procedure di controllo sulla corretta tenuta e conservazione della cartella clinica. Nel corso del dibattito sono rimasti sul tappeto alcuni problemi relativi alla cartella computerizzata, e sull’anonimato di chi la compila, soprattutto in caso di contenzioso; inoltre la gestione del rischio clinico e quindi la prevenzione dell’errore; infine il grande business delle diverse assicurazioni.
 «La scelta del perito è uno dei momenti cruciali del processo e deve essere oculata - rassicura il presidente del Tribunale, Guido Bonsignore - l’ esperto sui profili di colpa deve solo dire come è stata quella condotta portando dei riscontri scientifici; la perizia è un mezzo di prova neutro».
Lina Coronas
  
6 - La Nuova Sardegna
Brevi
UNIVERSITÀ
Gusto degli insetti


 CAGLIARI. Il gusto e l’olfatto degli insetti è il tema del congresso Esito 9, organizzato da Anna Maria Angioy e in svolgimento a Villasimius.

CONVEGNO
Scienza dei materiali

 CAGLIARI. Il convegno del Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e la tecnologia dei materiali comincerà lunedì nella residenza Cala Serena di Geremeas.
 
RISULTATI DI UN SONDAGGIO
IL FASCINO DELL’UNIVERSITÀ
 L’ottanta per cento dei ragazzi neo-diplomati intende iscriversi all’ università: il 58% con assoluta certezza, il 22 con molta probabilità. E se il 48 per cento di loro punta sull’ateneo della propria provincia, il 20 % invece pensa di avviare gli studi in una regione diversa dalla propria: una percentuale che negli atenei del Sud Italia e della Sicilia si innalza al 33%. Sono alcuni dei risultati della prima indagine nazionale sulla scelta universitaria da parte degli studenti realizzata dalla Swg.
  
7 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
QUARTU. COMMISSIONE DI VALUTAZIONE
Tre saggi per la qualità
QUARTU. Da ieri l’amministrazione ha una nuova commissione di valutazione, che si occuperà di verificare il corretto iter delle procedure avviate dagli uffici comunali e l’attività dei dirigenti di via Porcu. Della commissione, oltre al direttore generale Gino Meloni, fanno parte due docenti dell’Università di Cagliari: sono Paola Piras, ordinario di diritto amministrativo alla facoltà di Scienze politiche, e Camillo Buccellato, ordinario di economia aziendale. ‹‹Il principale obiettivo - spiega il sindaco Gigi Ruggeri - è quello di innalzare la qualità dei servizi: dobbiamo stare al passo coi tempi e riammodernare l’intero apparato amministrativo di via Porcu››. (p.s.)
  
8 - La Nuova Sardegna
Pagina 27 - Sassari
Al via le lezioni a Veterinaria
In programma un test d’ingresso Soddisfatto il sindaco Cubeddu
OZIERI. È fatta: il primo corso universitario con sede in città parte a spron battuto. Alla scadenza dei termini risultano infatti pervenute 43 domande di iscrizione provenienti da diverse parti dell’isola. Un risultato che va ben oltre le previsioni della vigilia e che, nel contempo, conferma la validità della scelta didattica e formativa intrapresa, destinata a colmare una lacuna da tempo esistente nel panorama regionale. Di ciò è convinto il sindaco Giovanni Cubeddu, che questo corso ha fermamente voluto.
 «Siamo convinti - dice il capo dell’amministrazione -, che con il corso di laurea in Gestione e allevamento degli equini, la zootecnia regionale possa dotarsi di quelle figure professionali in grado di assecondare quel processo evolutivo richiesto al settore dal mercato globale. L’indirizzo prescelto si pone in questa ottica e la convinta adesione degli studenti ne è una positiva conferma». Sotto il profilo operativo, proprio per la predetta adesione, superiore al numero prescritto di trenta studenti, sarà necessaria una selezione. Tale operazione verrà espletata il 3 ottobre nella Facoltà di Veterinaria dell’Università di Sassari. Le lezioni, secondo il calendario fissato dalle autorità accademiche, avranno inizio il 17 ottobre nel complesso edilizio di San Francesco, appositamente ristrutturato. «In verità - spiega il sindaco, che è anche docente alla facoltà di Veterinaria - gli ostacoli incontrati sono stati più di uno, al punto che, in diverse occasioni, si erano create le condizioni per mandare in soffitta i buoni propositi». Giovanni Cubeddu, nell’esprimere parole di elogio nei confronti del preside di Veterinaria Sergio Coda e dei colleghi del Consiglio di Facoltà, ricorda con una punta di amarezza gli episodi che hanno reso più difficile il percorso per l’istituzione del corso universitario ad Ozieri. «Ad esempio il mancato finanziamento, da parte dell’assessore regionale alla Pubblica Istruzione Elisabetta Pilia delle somme richieste per la gestione ordinaria del corso». Al riguardo il capo dell’amministrazione fa sapere di aver individuato altre forme di finanziamento da parte del governo nazionale. Una precisazione che, sotto il profilo politico, appare diretta alla minoranza consiliare, che, in diverse occasioni, ha manifestato perplessità sugli alti costi che la sede universitaria avrebbe comportato per la comunità locale. «Tengo a precisare per l’ennesima volta - ribadisce il sindaco -, che non solo il corso sarà a costo zero per le casse comunali, ma il varo dello stesso consentirà l’assunzione di diverse unità lavorative». E, sempre in tema di sassolini, l’ultima frecciata polemica, Cubeddu la riserva alla Cgil, che attraverso le segreterie della Flc (federazione lavoratori della conoscenza) e della camera del lavoro territoriale di Sassari, avevano ritenuto fuori luogo l’istituzione di un corso universitario ad Ozieri. «La nota in cui i responsabili dell’organizzazione sindacale manifestano il loro dissenso per l’iniziativa, inviata al rettore dell’ateneo sassarese, al nucleo di valutazione dello stesso e al presidente Soru - precisa Cubeddu -, è del 6 luglio scorso, quando per fortuna il progetto era ormai in fase di decollo. Come dire che la sigla sindacale poteva risparmiarsi un atto di squallido e inutile ostruzionismo».
Angela Farina
  
 
 
09- Corriere della Sera
IL RITORNO DA PROFESSORE
Per Siniscalco a Torino una «Scuola di governo»
DAL NOSTRO INVIATO
TORINO - «Ti devo dare il carico didattico» gli dice Odilia Brunatti, che lavora in presidenza alla facoltà di Economia. «Sarà sempre meno di quello che avevo» risponde Domenico Siniscalco. Sorride, la abbraccia, perché si conoscono da sempre, da quando, agosto ’80, lui cominciò a fare il ricercatore qui a Torino. E poi, oggi che torna a insegnare bacia tutti, portinai, docenti, amici. Quasi volesse sottolineare: «Questo è il mio mondo». Il corso di «Economia Politica I» del professor Siniscalco inizierà nel secondo semestre, a febbraio. L’ex ministro farà lezione ai ragazzi del I° anno.
«Da oggi ricomincia la vita normale» aveva detto uscendo di casa. «Nessun rammarico. Gratitudine per chi ha lavorato con me a tutti i livelli». Poi era andato a salutare il rettore dell’Ateneo di Torino, Ezio Pelizzetti. «Ciao, benvenuto a casa». Sorrisi, flash, breve colloquio. Siniscalco esce e dice: «Sono orgoglioso di essere di nuovo qui. Cercherò di riversare nell’insegnamento ciò che ho imparato in quattro anni stupendi da direttore generale del Tesoro e da ministro. Con il rettore parlavamo di una "Scuola di governo". Lavoreremo in questo solco: si porta a Roma, quando ci si va, quello che si è imparato sui libri, e si riversa sui libri quello che si è imparato a Roma». Siniscalco, gongola il rettore, sarà tra i fondatori della nascitura scuola «unica in Italia, che contribuirà a formare la classe dirigente del futuro. Anzi, magari la dirigerà». Intanto, seguito dalla scorta, l’uomo che l’altro giorno stava al governo va alla «sua» facoltà. Entra in una stanza di 5 metri per 3, al terzo piano del palazzo in corso Unione Sovietica. C’è un avviso: «Ricevimenti sospesi». Su un foglio A3, il messaggio dei colleghi: «Bentornato Dom.». Un computer, due armadietti. E fuori luci al neon, pavimenti antiscivolo come da legge 626, annunci tipo «Cerco stanza» o «Cedo dispense». Gli studenti lo riconoscono nei corridoi: «E’ il ministro». Ridono. Lui invece dice serio: «Che c’è di strano? Torno a fare ricerca. Scriverò libri. E’ un mestiere semplice: bastano una stanza, un Pc, dei colleghi». Si mette a disposizione del preside, Giorgio Pellicelli, che alle 11.50 firma la sua «ripresa di servizio». Un atto formale. Banalmente: senza quello non arriverebbe stipendio a fine mese all’uomo che fino a ieri teneva i cordoni della borsa del bilancio dello Stato.
Mario Porqueddu
  
10- Corriere della Sera
Oliver Sacks: la genetica curerà le malattie della mente
Il neurologo a BergamoScienza: sì ai farmaci, ma conta la storia del paziente
Raggiungo il più famoso neurologo vivente, Oliver Sacks, al suo albergo di Amsterdam, in procinto di partire per l’Italia (oggi alle 18 terrà una conferenza a BergamoScienza, su «Cervello e creatività»). Professore all’Albert Einstein College of Medicine e alla New York University, autore di libri tradotti in 23 lingue, Sacks ha creato un nuovo genere letterario, narrando la malattia mentale, per così dire, dall’interno con il vissuto quotidiano del paziente. Dotato da madre natura di una penna felicissima e di una insaziabile curiosità per la natura e per la condizione umana, è stato insignito di onorificenze letterarie e scientifiche e di lauree honoris causa (una delle quali dall’Università di Torino) la cui lista riempirebbe gran parte dello spazio di questo articolo.
Mi parlò di lui per la prima volta, nel 1973, il compianto Ronald D. Laing, padre della cosiddetta e oggi assai dimenticata anti-psichiatria. Laing mi disse che la vicenda clinica vissuta in prima persona da Sacks e raccontata nel suo celebre libro Risvegli ( Awakenings ), successivamente tradotto in un dramma teatrale da Harold Pinter e in un film con Robert de Niro e Robin Williams protagonisti, era una delle più toccanti e straordinarie di ogni tempo. Un gruppo di pazienti curati da Sacks al Beth Abraham Hospital nel Bronx, affetti da encefalite letargica, in stato di catatonia profonda da decenni, di colpo ritornarono alla vita grazie alla somministrazione di un farmaco allora sperimentale, la L-dopa. La scoperta più straordinaria fu che questi pazienti, a dispetto del loro apparente totale distacco dal mondo, in realtà erano internamente vivissimi e straziati dall’impossibilità di esternare i loro pensieri e i loro sentimenti. Nei suoi libri successivi Sacks esplora il vissuto di altri pazienti affetti da profondi disturbi neurologici, alcuni da manuale, altri rari e insoliti. Il caso dell’uomo che scambiava la propria moglie per un cappello, assurto a titolo di una sua famosa raccolta di casi clinici, è l’epitome della singolarità e della stranezza di alcuni disturbi neurologici. Nella nostra intervista per il Corriere , Sacks insiste sulla necessità di studiare a fondo i singoli casi. «La scienza dell’individuo è fondamentale - mi precisa - la biologia deve incontrarsi con la biografia, il meccanismo deve incontrarsi con la vita. Molti mi chiedono: Caro Dottor Sacks qual è la sua teoria generale della malattia mentale? Ma io non ho una teoria generale e diffido perfino delle categorie cliniche, inclusa quella di malattia mentale». Il suo primo amore è stata la chimica e in luminose conferenze e in un recente libro intitolato Lo Zio Titanio si dilunga in tono quasi lirico sugli elementi primordiali, il gallio, il tungsteno, il wolframio, l’osmio.
Il parallelo con Primo Levi viene subito alla mente. Infatti, Sacks mi conferma: «Ho un’immensa ammirazione per l’opera di Primo Levi. A Torino sono voluto andare a visitare la sua abitazione, e la tromba delle scale che ha visto il suo suicidio, una cosa terribile». Un altro suo eroe è il grande chimico italiano Stanislao Cannizzaro (1826-1910), del quale Sacks ama citare una conferenza storica sull’insegnamento della chimica. Come mai non è diventato lui stesso un chimico? «Non so bene, ma quando avevo l’età di scegliere una facoltà universitaria, negli anni ’50, avevo l’impressione che la chimica fosse ormai diventata molto matematica e io non sono molto portato per la matematica». Tra lo zio Titanio, infaticabile sperimentatore della chimica dei metalli, e la professione della madre, oncologa, Sacks scelse la madre e decise di studiare medicina a Oxford. «La chimica è una scienza del generale, ogni atomo di titanio è uguale a qualsiasi altro atomo di titanio, ma in neurologia abbiamo a che fare con persone irripetibili. C’è molto da imparare dallo studio approfondito dei singoli casi, alcuni dei quali sono unici. Uno dei miei mentori scientifici, che non ho mai incontrato di persona, ma con il quale ho corrisposto per anni, il russo Alexander Romanovich Luria, aveva pubblicato un bellissimo e famoso libro su un caso del tutto eccezionale, quello di un giovane che aveva, appunto, "Una memoria prodigiosa". Quel caso è probabilmente unico e irripetibile, ma ci dice molto su come funziona la mente e su come è organizzata la memoria».
I suoi studi attuali vertono proprio sui difetti patologici della memoria, sulla percezione del colore e sulla visione stereoscopica. Gli chiedo se il futuro del trattamento della malattia mentale sarà essenzialmente basato su predisposizioni genetiche individuate precocemente e sull’uso di psicofarmaci sempre più efficaci. «Sono decisamente a favore delle analisi genetiche e dell’uso sapiente di farmaci, a breve termine almeno, ma sopprimere i sintomi a volte ci allontana dal capire le radici del male. La storia individuale del malato e l’intera vita del malato non devono mai passare in second’ordine». Si accinge, con enorme interesse, a visitare la cittadina belga di Geel, dove, fino dal medioevo, i malati mentali vengono ben accolti e lasciati liberi di circolare. «E’ l’opposto dell’istituzionalizzazione e sono molto curioso di vedere come procede questo esperimento, ormai storico». Quali sono i suoi legami con l’Italia? «Molti, da quando la visitai per la prima volta a 17 anni. Un Paese magnifico». Non vede l’ora di rivedere il suo editore, Roberto Calasso e di conoscere infine di persona Rita Levi-Montalcini, che ammira incondizionatamente. Virginia Volterra è una sua cara collega e amica, da quando Sacks scriveva il suo libro sui sordi congeniti e andò a Roma a visitare l’istituto. Non conosce ancora Bergamo, ma è sicuro che gli piacerà. Uno scienziato e clinico, quindi, per sua ammissione, «senza teoria generale», ma con una vivissima umanità generale, in lui veramente la biologia si sposa con la biografia.
  
11- Corriere della Sera
Studiosi, politici, economisti: 250 firme per una Authority indipendente
Alleanza per la scienza, nasce la Carta di Venezia
DAL NOSTRO INVIATO
VENEZIA - Il senatore Giuliano Amato ha battezzato «Carta di Venezia». Una carta non di soli intenti. «Il problema è far uscire la scienza dal suo ambito ristretto per proiettarla nella vita civile, indipendente, ma concreta nelle proposte per affrontare le emergenze del pianeta, e trasparente verso l'opinione pubblica», spiega Umberto Veronesi.
L'oncologo milanese si è fortemente impegnato per riunire nell'isola di San Giorgio, presso la Fondazione Cini, i realizzatori pratici della sua idea. Politici, giuristi, economisti, imprenditori, religiosi, filosofi, giornalisti e scienziati che al termine dei tre giorni di lavori hanno sottoscritto la Carta. Compresi gli ospiti internazionali, a cominciare da Kathleen Kennedy Townsend, ex governatore del Maryland che ha criticato la politica di Bush per quanto riguarda la ricerca sulle cellule staminali da embrione, il caso Terry Schiavo, la salvaguardia dell'ambiente. «Quando la popolazione è ben informata la scienza vince ed è scelta democraticamente. E le città che oggi hanno un maggiore sviluppo non sono quelle che hanno risorse geografiche e economiche ma quelle che hanno buone università come la Silicon Valley, Boston e Milano che ha una forte università statale», ha detto la Kennedy. ««In più si firma meglio è», hanno concordato Amato e la Kennedy che ha aggiunto: «Mi farà promotrice negli Usa». Ma che cosa dice la Carta? Quattro i punti cardine: creare un'alleanza per la scienza; riportare in primo piano la vocazione umanistica, tollerante e anti assolutistica della scienza; sviluppare e coltivare il pensiero scientifico; favorire l'istituzione di una Authority for science , multidisciplinare e indipendente, incaricata di stabilire gli obiettivi e i limiti del progresso scientifico, di riflettere sul futuro della civiltà e di formulare proposte concrete per la società del domani.
Almeno 250 i primi firmatari, tra cui Marco Tronchetti Provera, presidente della Fondazione Silvio Tronchetti Provera, e Giovanni Bazoli, presidente della Fondazione Cini (organizzatori con la Fondazione Umberto Veronesi del meeting) che hanno chiuso i lavori: «E’ stato un risultato di grande rilievo aver riunito per tre giorni a Venezia illustri personalità per discutere del futuro dei rapporti fra scienza e società - ha detto Tronchetti Provera -. L’obiettivo era di avviare la costruzione di un ponte che permetta alla ricerca di dialogare con la pubblica opinione e alla pubblica opinione di capire che senza la scienza non sono possibili né progresso civile e sociale». Per Giovanni Bazoli il richiamo ai valori umanistici è fondamentale: «Occorre aprire profonde riflessioni che mettano sempre al centro l'uomo e l'umanità come obiettivi della ricerca e dello sviluppo. Nessuno vuole o desidera porre dei limiti alla ricerca scientifica, e nessuno in realtà alla fine ci è mai riuscito, ma occorre sempre accompagnarla a una profonda riflessione umanistica per evitare deviazioni verso catastrofi come in passato accaduto per esempio con la bomba atomica».
Mario Pappagallo
 
 
 
 

Questionario e social

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