UniCa UniCa News Rassegna stampa Lunedì 26 settembre 2005

Lunedì 26 settembre 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
26 settembre 2005
Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
1 – L’Unione Sarda
Pagina 54 – Cagliari
Il 29 e 30 novembre 40 mila universitari al voto per il rinnovo dei rappresentanti degli studenti
Università, parte la battaglia elettorale
La battaglia elettorale per il rinnovo delle cariche dei rappresentanti degli studenti universitari è partita con l'ufficializzazione della data delle votazioni: il popolo di oltre 40 mila universitari dell'ateneo di Cagliari sarà chiamato alle urne il 29 e 30 novembre. Lo ha stabilito il Consiglio degli studenti nell'ultima riunione. Una partita che stabilirà i rappresentanti nei quattro organismi centrali dell'Università (consiglio d'amministrazione, senato accademico, senato accademico allargato e Cus) e nei consigli delle dieci facoltà cagliaritane. Oltre allo scontro elettorale tra liste (che si rifanno a partiti o schieramenti politici), per tutti ci sarà un nemico unico da sconfiggere: l'astensionismo. I numeriLa corsa più importante è quella che porta alle poltrone del Cda e del Senato accademico. Attualmente sono cinque i rappresentanti nel Consiglio d'amministrazione, altrettanti nel Senato accademico allargato, tre in quello normale, e due nel Centro universitario sportivo. Una delle ultime richieste avanzate dagli studenti è di portare a cinque il numero dei rappresentanti anche in Senato accademico. Numeri più grandi invece per la nomina dei fiduciari all'interno dei consigli di facoltà. Gli studenti devono essere il 15 per cento del totale dei membri del consiglio. La facoltà con il maggior numero di studenti è Medicina (40), seguita da Ingegneria (35) e Scienze (31). Il percorsoDopo l'individuazione della data per le votazioni, il consiglio degli studenti deve rivedere il regolamento elettorale, per adeguarlo alla novità del 3+2: una variazione necessaria per garantire una continuità tra il triennio e la specializzazione, che altrimenti potrebbe portare alla perdita di un rappresentante, nel caso arrivi alla laurea triennale. Il passo successivo dovrà essere quello del rettore che entro un mese prima della data (dunque entro il 30 ottobre) dovrà emanare il decreto elettivo. Dopo gli studenti avranno dieci giorni (entro il 10 di novembre) per presentare le liste agli uffici elettorali dell'Università. Le listeDagli studenti di sinistra, a comunione e liberazione, fino alle liste vicine al centro sinistra e al centro destra. Chi ha ottenuto il maggior consenso nell'ultima elezione (piazzando almeno un rappresentante in ogni organismo centrale dell'ateneo), sono state Università per gli studenti (area ulivista) e Uniti e liberi (comunione e liberazione). C'era poi il fronte politicamente schierato a sinistra, con il Collettivo studenti a sinistra, Sinistra universitaria e l'Udu. Alleanza nazionale era rappresentata da Azione giovani, mentre la parte centrista della Casa delle libertà aveva il suo aggancio in Federazione universitaria. Gli eletti resteranno in carica per tre anni, e, nel 2006, saranno protagonisti di una competizione elettorale fondamentale: quella del rettore.
Matteo Vercelli
  
2 - L’Unione Sarda
Pagina 20 – Cultura
Incontro a Villaverde
Una lingua per tutti ma «la Regione deve fare altri passi»
I sardi sono la minoranza linguistica più numerosa d'Italia, un milione e duecentosessantanovemila persone. Eppure nella nostra isola il bilinguismo si risolve spesso in bei proclami e rimane un obiettivo lontano. Bizzarrie di un'isola dove, alcuni decenni fa, la bandiera del modernismo ha cancellato toponimi e parlate e dove la popolazione stenta a conquistare una propria identità culturale. Lo hanno detto in tanti nelle scuole elementari di Villaverde, paese del Monte Arci di 450 abitanti, dove il Comune e Su Sotziu Limba Sarda, associazione attiva nel dibattito sulla lingua sarda, hanno organizzato un incontro sulle politiche per il bilinguismo. Doppia lingua per chi vive in Sardegna: ovvero poter parlare ed usare correntemente italiano e sardo nel proprio paese, ma anche nei documenti ufficiali, nei rapporti fra Regione e Comuni. «Anche Antonio Gramsci in una lettera dal carcere ha consigliato alla sorella Teresina di imparare sia l'italiano che il sardo», ha ricordato Antonello Carai, presidente de Su Sotziu. Per il bilinguismo perfetto occorre una lingua unica per i documenti ufficiali: tutti a Villaverde hanno concordato su questo punto. Quella "lingua comune" individuata sabato dalla commissione tecnico-scientifica regionale che ha detto no alla lingua sarda unificata. Spetterà adesso alla commissione scegliere una delle varianti locali come lingua comune. Su Sotziu propone sa limba de mesania, parlata nel centro Sardegna. Ma redigere gli atti della Regione nella lingua comune non significherà cancellare i dialetti. Concetto decantato dal poeta di Mogoro Dino Maccioni, che con Linguas ha ricordato la bellezza delle parlate di ogni paese. Il problema è decisamente più complesso. E ci sono decenni da dimenticare. «Negli anni '50 il nome del nostro paese, Bannari, è stato sostituito con Villaverde», ha ricordato il sindaco Adolfo Giglio, «l'antica parrocchia demolita. Al suo posto una chiesa moderna, già chiusa perché pericolante». Dopo gli anni '70 i sardi hanno abbandonato questo stato di ubriachezza e riscoperto il valore di una lingua capace di trasmettere emozioni. Lo ha testimoniato lo scrittore di Guspini Serafino Leo, che ha affidato ad un libro i ricordi del suo lavoro in miniera. «L'ho scritto in sardo perché solo con questa lingua avrei potuto descrivere situazioni ed avvenimenti», ha affermato. Occorre uno sforzo maggiore da parte delle istituzioni. «La legge regionale 26 su lingua e cultura sarda non tutela nello specifico la lingua sarda», ha concluso Carai. La legge nazionale 482 sulla tutela delle minoranze linguistiche non è ancora stata recepita dalla Regione e le amministrazioni devono rivolgersi allo Stato centrale per ottenere finanziamenti. Gli sforzi nelle zone interne non mancano. «Abbiamo elaborato un progetto per insegnare il sardo nelle scuole», ha annunciato l'assessore provinciale alla Cultura di Oristano Cristiano Carrus. «Non è pensabile che gli alunni studino Pascoli e Carducci e non i grandi poeti sardi», secondo il consigliere regionale Paolo Pisu. La Regione ha fatto anche qualche altro passo avanti. «Il nuovo regolamento del Consiglio regionale prevede gli interventi in limba», ha aggiunto il consigliere regionale Stefano Pinna. All'ingresso di Villaverde è tornato anche il cartello "Bannari". Ma tocca alle istituzioni lavorare per il bilinguismo ed arrivare ad una vera legge di tutela per sa limba.
Antonio Pintori
 
 

3 - La Nuova Sardegna
Pagina 51 - Cultura e Spettacoli
Perché i francesi amano solo i libri stranieri in cui specchiarsi
S’intitola «Letteratura come passione», è di Héctor Bianciotti, scrittore argentino ma naturalizzato francese (per di più critico del Nouvel Observateur e membro dell’Académie Française), salutato ai suoi esordi da Le Monde come «unico ed autentico erede del gran Borges», il quale l’ha pubblicato nel 2001 per i tipi di Gallimard: lo traduce ora Anna Morpurgo per Archinto (pp.128, 12,00 euro). Quindici ritratti in ordine alfabetico, da Buzzati a Savinio e Sciascia, passando addirittura per Dante e Leopardi. Diciamolo: si tratta di un bell’esempio d’un modo imbarazzante, anche nella volontà di lode, nel fervore della scoperta, con cui in Francia si leggono non di rado gli italiani, non molto capaci come sono, i cugini d’oltralpe, di ricambiare quell’attenzione rigorosa e intelligente che invece i nostri connazionali sanno avere nei loro confronti, non dico gli scrittori (basterebbe citare i consentanei, ispiratissimi, Sciascia e Calvino), ma anche soltanto i critici e i saggisti che hanno voluto avere, con la letteratura francese, un rapporto professionale, da Luigi Foscolo Benedetto a Ferdinando Neri, da Pietro Paolo Trompeo a Giovanni Macchia e Massimo Colesanti.
 Sentite qua. Landolfi? Uno scrittore che «aveva orrore dell’idea che l’uomo debba guadagnarsi il pane con il sudore della fronte». Che è un modo perlomeno corrivo di porre la faccenda. Calvino? Autore «di tanti racconti edificanti», «portando avanti il proprio delirio con un rigore da geometra» («portando avanti»: capite che italiano?). Proprio così: «geometra». Sia detto per celia, ma anche per preghiera: se proprio si vuole assegnare un diploma a Calvino, gli si dia almeno quello universitario di architetto o ingegnere. Ma ad impiegare un aggettivo come “edificanti”, per i suoi asciutti ed antiretorici testi, credo non sarebbe disposto nemmeno il più feroce dei suoi deprezzatori. Sarà colpa della traduzione? Chissà. E pensare che Calvino è, per Bianciotti, scrittore grandissimo: celebrato qui per il libro «Se una notte d’inverno un viaggiatore», “romanzo di romanzi”, pianeta d’un sistema che ha il suo sole, si potrebbe aggiungere con malizia, nella teoria letteraria di marca francese, tra metaromanzo e autonomia del significante.
 Come potrebbe essere altrimenti? Difficile che gli intellettuali francesi, o francesizzanti quali Bianciotti, riescano ad amare scrittori stranieri in cui non possano specchiarsi e riconoscersi. Ma c’è dell’altro in questo libretto: e cioè che il discorso sia sempre di seconda o terza mano. Leggetevi le pagine su Pirandello (tra Sciascia e Macchia) o Leopardi, dove sono indifferentemente citati Sainte-Beuve, Ungaretti e Mario Andrea Rigoni, senza il minimo sospetto che questi lettori parlino di Leopardi tra loro diversissimi, se non inconciliabili.
 Quando invece la materia è di prima mano, come nel caso di Sciascia, le imprecisioni non mancano: sicché può capitarci di scoprire che la Racalmuto dello zolfo sia in realtà “un borgo di braccianti”. O di cogliere, su «Le parrocchie di Regalpetra», forse l’opera più antipirandelliana di Sciascia, l’osservazione che, invece, tutta a Pirandello lo scrittore la dovrebbe. C’era proprio bisogno d’un libro così per i lettori italiani?
 
 

4 - Corriere della Sera
PUBBLICO
PRIVATO
Il gusto del bello (e del lavoro) contro la sciatteria &
A Milano vado spesso in via Torino, dove si trovano tutti i negozi più trendy di moda giovane e dove perciò vedo passare tutti gli elegantoni di Milano e di varie nazionalità. Non ho mai visto una moda tanto brutta come quella di questa estate. Già l’anno scorso gli stilisti avevano abbassato la vita dei pantaloni, quest’anno l’hanno fatta scendere ancora. Le ragazze mostrano la pancia appena sopra il pube. I maschi più arditi li abbassano tanto da mostrare il solco delle natiche. I jeans sono larghi, col cavallo basso sul tipo dei pantaloni dei clown. Ai piedi sandali infradito o grosse scarpe da tennis sporche. Questa moda non l’hanno inventata i ragazzi, non è una rivolta come quella dei punk, gliela hanno proposta gli stilisti. Ne hanno fatto dei pupazzi grotteschi.
All’università molte ragazze vanno serissime a discutere la tesi di laurea vestite all’ultima moda: pantaloni al monte di Venere e camicetta trasparente senza reggipetto. Loro non se ne rendono conto, ma è un abbigliamento che toglie solennità alla cerimonia, la rende ridicola, squallida. Come è diventata squallida una università dove è proibito studiare più di 1.400 ore all’anno. E dove, anche in materie come la filosofia, la psicologia, la sociologia, in cui dovresti dimostrare di saper ragionare, argomentare, ti richiedono soltanto di riempire le caselle di uno stupido test. Anche qui è il professore che ha rinunciato a chiedere, guidato da una stupida pedagogia che considera l’esame una oppressione e la selezione una discriminazione sociale.
C’è al potere una mentalità che, nel nome della libertà, ha eliminato la forma. Ma la perdita della forma è perdita della sostanza. Una moda squallida, una casa lercia, un ufficio disordinato, una chiesa in cui non c’è una candela, una squadra indisciplinata, una città imbrattata di scritte invitano solo alla rinuncia, alla pigrizia, alla sconfitta.
Perché accettiamo questa deriva? Perché i genitori non tornano a insegnare le buone maniere ai figli, gli insegnanti a esigere che i ragazzi studino, gli stilisti a proporre il bello?
Tutti si lamentano della crisi economica, della concorrenza cinese e indiana, ma la risposta da dare è una sola. Ciascuno di noi deve alzarsi in piedi, ritrovare il rigore, la dignità, il gusto del bello, il piacere del lavoro, dello studio, della sfida. E agire senza ascoltare chi lo critica, chi esita, chi piagnucola. Se va avanti, gli altri lo seguiranno.
www.corriere.it/alberoni
 
 
 

 
5 - La Repubblica
AFFARI & FINANZA
MULTIMEDIA pag. 25
Università, la battaglia a colpi di spot
GABRIELE DI MATTEO
In No logo Naomi Klein racconta di uno studente sospeso dalla preside poiché nella festa della CocaCola, sponsor della scuola, si presentò con la maglietta della Pepsi per protestare contro l’invadenza del marketing nei licei. Negli Usa le aule scolastiche, le palestre, i cortili dei Campus conoscono da sempre le sponsorizzazioni di McDonald’s, Nike, Burger King, Kellog’s, e fanno un uso costante di campagne pubblicitarie per reclutare gli studenti. In Italia, finora, il marketing era rimasto fuori dalla porta. Ma ora impazzano su Internet, radio, giornali, gli annunci delle facoltà che sgomitano per assicurarsi nuove matricole. L’Istituto Europeo di Design a Milano affigge poster giganteschi nelle strade e in metropolitana, con immagini scioccanti come la foto di un uomo incinto che ha suscitato diverse polemiche. L’università di Macerata scimmiotta le campagne dell’acqua minerale con lo slogan, "Ricca di fosforo, Povera di tedio".
Annamaria Testa, pubblicitaria di successo e docente di comunicazione creativa allo Iulm, dice: «Le università fanno bene a informare i giovani della loro esistenza, ma le campagne che vedo sono naif e arcaiche. Usano un linguaggio promozionale come se volessero imbonire gli studenti. Un’università potrebbe permettersi una comunicazione di livello superiore». A Bologna, nel dipartimento di scienza della comunicazione, Michela Della Vite ribatte: «Obiettivo delle nostre campagne non è la quantità di matricole ma la qualità. Non avendo a disposizione grandi investimenti, dobbiamo usare mezzi poco costosi come il web, i quotidiani e le radio locali». A Crema, dove si studia informatica, Fabio Scotti, dice: «Quest’anno abbiamo spinto nostri corsi sulla sicurezza che rappresentano il nostro punto di forza. Non abbiamo budget ma lavoriamo comunicando i contenuti dei corsi sul web e sui giornali. Internet è il mezzo più efficace sui giovani, e costa poco». Quando la pubblicità funziona, i soldi per presidiare i media arrivano. Lo dimostra l’università di Camerino, che negli ultimi dieci anni ha fatto lievitare l’investimento in comunicazione da poche migliaia di euro a 160mila. «L’università che costruisce il tuo futuro, oggi», è lo slogan dell’ateneo di Firenze. Ma ricevere sponsorizzazioni da parte di aziende, è accettabile? Risponde la Testa: «Perché no? Non è scandaloso che una facoltà di design sia sponsorizzata dal Salone del mobile di Milano».
 
 
 
8 - Marketpress.info
1.A CONFERENZA SUL FUTURO DELLA SCIENZA STANCA: ALLA POLITICA LA ‘GOVERNANCE’ DELLA SCIENZA LE INIZIATIVE DEL GOVERNO PER L’INNOVAZIONE
Venezia, 26 settembre 2005 - “Conoscenza, scienza e innovazione sono per la società contemporanea ciò che il lavoro e la proprietà erano per le società del passato. Per questo oggi la politica deve avere la ‘governance’ e promuovere, sostenere e sviluppare la conoscenza e le sue applicazioni”. Lo ha detto Lucio Stanca, Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, intervenendo alla “1.A Conferenza sul Futuro della Scienza”, a Venezia. In tale logica, Stanca ha ricordato che “il Governo sta già sostenendo come prioritari gli impegni nell’innovazione tecnologica come mai è accaduto in passato. Dopo un decennio negativo, negli ultimi anni gli investimenti in questi settori hanno infatti ripreso finalmente a salire, pur se non nella dimensione auspicata”. Il ministro ha poi sottolineato che “sta cambiando il modello di progresso della nostra società, che è ormai una società tecnologica ed in cui la sorgente primaria e sempre più centrale è proprio l’innovazione tecnologica. Per questo le nuove tecnologie, frutto della ricerca e del sapere, fondamentali nel nostro modo di essere, a partire dagli aspetti economici e sociali”. In tale scenario, ha aggiunto Stanca, “molti sono i fattori che entrano in gioco: la resistenza al cambiamento e all’innovazione tecnologica; le paure delle persone al progresso tumultuoso determinato dall’evoluzione dell’innovazione; l’abbattimento delle barriere tra il mondo del sapere e le imprese, che sempre di più devono lavorare assieme; i problemi connessi alla velocità della trasformazione e alla tutela della proprietà intellettuale; l’esigenza di creare un ambiente ed un sistema adatti a questo contesto; il reperimento delle risorse”. È in questo ambito, ha precisato Stanca, che ”il ruolo della politica e delle istituzioni è quello di compiere una sintesi, di prendere le necessarie decisioni e di progettare, anziché limitarsi a mettere a disposizione risorse. E solo la politica può fare questo perché al suo interno ha il controllo democratico. Ecco perché scienza, oggi, significa democrazia”. Soffermandosi su alcune politiche che il Governo ha adottato in questi anni per promuovere il trasferimento tecnologico, il Ministro Stanca ha ricordato 1) la costituzione di 11 distretti tecnologici in varie regioni italiane per collegare su base territoriale Università ed Enti pubblici di ricerca con le imprese private; 2) la definizione e sostegno da parte del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie di 11 ‘Territori di Eccellenza’ del Mezzogiorno che presentano elevate potenzialità di sviluppo attraverso la combinazione di ricerca e innovazione, ossia con le tecnologie digitali come fattore distintivo; 3) l’uso del Fondo Rotativo di 6 miliardi di € per iniziative di ricerca con particolare riferimento all’innovazione tecnologica ed al relativo trasferimento alle imprese. È in tale ottica, ha sottolineato il ministro Stanca, che “all’inizio di settembre ho adottato un provvedimento che mette a disposizione 630 milioni di € a sostegno di Poli ad Alto Contenuto Tecnologico che hanno un fattore distintivo nella collaborazione fra università, enti di ricerca e imprese”. -
 
 9 - Marketpress.info
PARTE AL CNR LA SELEZIONE DEI DIRETTORI DEI DIPARTIMENTI RICERCATORI, PROFESSORI, TECNOLOGI, MANAGER PUBBLICI O PRIVATI, DI ALTA QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE, CHE SI CANDIDERANNO NON DOVRANNO AVER SUPERATO L'ETÀ DI 62 ANNI ALLA SCADENZA DEL BANDO
Roma, 26 settembre 2005 - Entra ancor più nel vivo la riforma del Consiglio Nazionale delle Ricerche. E' stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 agosto 2005, Iv serie speciale, il "Bando per la Selezione dei Direttori dei Dipartimenti del Consiglio Nazionale delle Ricerche". Possono partecipare alla selezione i professori o i ricercatori universitari di ruolo, i ricercatori o i tecnologi dell'Ente o di altri enti di ricerca nazionali, stranieri e internazionali, o dirigenti pubblici o privati, italiani o stranieri, dotati di alta qualificazione ed esperienza scientifica, professionale e manageriale. I candidati non dovranno aver superato l'età di 62 anni alla data di scadenza del bando. La sede centrale dei Dipartimenti sarà a Roma; l’incarico dura 5 anni. E' questo un passo cruciale della riforma dell'Ente pubblico di ricerca, ad un anno dall'insediamento del nuovo Consiglio di Amministrazione, guidato da Fabio Pistella, che ha predisposto il Piano Triennale www.Cnr.it approvato lo scorso 4 agosto dal Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Letizia Moratti. Con un budget annuale di circa un miliardo di euro, oltre 8 mila dipendenti (dei quali più della metà ricercatori) e circa 4 mila altri ricercatori associati, che operano negli oltre 100 istituti di Ricerca situati in tutta Italia, il Cnr persegue la cooperazione con altri enti di ricerca, con le Università e con le imprese, per creare valore attraverso la ricerca. Il nuovo assetto vede l'Ente organizzato in 11 macro aree di ricerca, che rappresentano altrettanti obiettivi strategici, cui corrispondono strutture snelle, denominate Dipartimenti: Terra e Ambiente, Energia e Trasporti, Agroalimentare, Medicina, Scienze della Vita, Progettazione Molecolare, Materiali e Dispositivi, Sistemi di Produzione, Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione, Identità Culturale, Patrimonio Culturale. Ai Dipartimenti si riconducono 83 progetti, che rappresentano le priorità tematiche di ricerca individuate sulla base delle scelte strategiche operate dall'Ente. Concorrono alla realizzazione dei progetti gli oltre 100 istituti del Cnr, in base alle diverse competenze tecnico-scientifiche, attraverso circa 650 commesse. Ogni commessa rappresenta l'apporto che il singolo istituto può offrire su un determinato progetto. Per implementare la nuova organizzazione, basata sull'assetto a due dimensioni - una dimensione è quella dei Dipartimenti che sono responsabili della gestione dei programmi; la seconda dimensione è quella degli Istituti responsabili delle attività di ricerca e di sviluppo delle competenze scientifiche e tecnologiche - il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha indetto il Bando per la Selezione dei Direttori dei Dipartimenti, uno per ciascuna delle undici macro aree di ricerca. Il testo integrale è scaricabile dal sito www.Urp.cnr.it
  
10 - Marketpress.info
GRAZIE A MARIE CURIE LA RICERCA È PIÙ ‘EUROPEA’ 20.000 RICERCATORI EUROPEI, DAL 1994 AL 2000, HANNO POTUTO LAVORARE ‘A CASA PROPRIA’ GRAZIE AL PROGRAMMA DEDICATO ALLA SCIENZIATA PREMIO NOBEL
Roma, 26 settembre, 2005 - Sono 20.000 i ricercatori europei che dal 1994 al 2000, grazie al programma ‘Marie Curie’, hanno potuto fare ricerca entro i confini del Vecchio continente, senza dover ‘emigrare’ negli Stati Uniti o in Giappone. A questa prestigiosa iniziativa che si profila come un possibile antidoto alla cosiddetta ‘fuga di cervelli’, è dedicata la prima conferenza Making Europe more attractive for researchers che si terrà dal 28 al 30 settembre al Cnr di Pisa e a Livorno, con la partecipazione di oltre 500 ricercatori provenienti da tutta Europa aderenti al programma. L’evento, che non ha precedenti nel nostro Paese, è la più importante occasione di dibattito per i ricercatori, gli enti, le industrie e le università che collaborano con la Commissione Europea nell’ambito del programma ‘Marie Curie’, nato per favorire la promozione della formazione e della mobilità dei ricercatori europei e finanziato con un budget di 1.732 milioni di euro. Scopo ultimo dell’azione è aumentare le risorse umane in questo settore, migliorandone lo standard in tutte le regioni dell’Unione Europea. Le prime due giornate della manifestazione – organizzata dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, dalla Direzione Generale della Ricerca della Commissione Europea e dalla Regione Toscana, con il supporto delle Province e dei Comuni di Pisa e Livorno – si svolgeranno nell’Area della Ricerca Cnr di Pisa San Cataldo; la conclusione dei lavori, il 30, è prevista al teatro Goldoni di Livorno. “La conferenza” osserva l’ing. Andrea Belardinelli, ricercatore dell’Ifc-cnr e membro del comitato organizzatore “rappresenta per i laureati in fase iniziale di carriera e per i ricercatori esperti una preziosa opportunità di conoscere le chanche offerte dal programma Marie Curie per specializzarsi ad altissimo livello ed avere interessanti prospettive di carriera all’interno della spazio europeo della ricerca (Era) senza essere costretti a ‘fuggire’ all’estero” . Ai lavori hanno già dato la propria adesione personaggi quali il presidente del Cnr, Fabio Pistella, il commissario europeo per la Scienza e la ricerca, Janez Potocknic, il responsabile ricerca della Nokia, Karsten Van Drup, il presidente dell’Enel, Piero Gnudi, il vicepresidente per Innovazione e ricerca di Confindustria, Pasquale Pistorio, il direttore Marketing di Alcatel, Francesco Masetti Blacci, il direttore del Mit di Boston, Loren Cox. Nell’occasione sarà presentato in anteprima assoluta il nuovo Vii Programma Quadro dell’Unione Europea (finanziato per oltre 70 miliardi di euro in 7 anni) con particolare riferimento alle politiche sulle risorse umane e al nuovo programma “People”. E’ prevista la presentazione della “Carta Europea dei ricercatori” e del “Codice di comportamento per il reclutamento dei ricercatori”.
 
 11 - Marketpress.info
GOOGLE PRINT: CAUSA PER VIOLAZIONE DEL COPYRIGHT
Tre autori hanno citato in giudizio Google per il suo progetto di catalogare in maniera informatica tutti i libri in possesso di biblioteche e di altri enti. Gli attori della controversia giudiziaria ritengono Google Print un prodotto illegale. Secondo Nick Taylor, Presidente della Authors Guild, una associazione che rappresenta ben 8.000 autori, ciascun autore deve decidere se la sua opera debba o non debba essere copiata. L'azione iniziata dai tre rappresentanti dell'associazione è di tipo “class action”: chiunque, se legittimato, si può unire alle pretese della Authors Guild per chiedere che Google Print venga bloccato. Allo stato il servizio è ancora ai prodromi della sua attività, ma pare abbia suscitato l'interesse di varie Università che hanno già dato il loro consenso alla scannerizzazione. Sul WeBlog Google ha pubblicato una replica alla citazione in giudizio: “Dobbiamo essere chiari, Google non mostra che una singola pagina agli utenti che fruiscono del servizio. Al massimo mostriamo solo una parte di testo dove appare il termine ricercato, insieme a informazioni bibliografiche e a alcuni link che rimandano a librerie e a negozi on line”. Google rispetta pienamente il copyright, in quanto ricade in quelle “libere utilizzazioni”, che fanno parte del copyright e che permettono a tutti di leggere un libro in biblioteca senza dover pagare nulla a nessuno.
 

Questionario e social

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