domenica 16 ottobre 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 ottobre 2005
Ufficio Stampa
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
 
01 – LA NUOVA SARDEGNA
Domani un convegno sui rapporti tra Sassari e il movimento mazziniano
La Sardegna, isola repubblicana
Gran parte dei democratici sardi erano mossi dall’odio contro i piemontesi e contro la monarchia
Si apre domani mattina a Sassari, nell’aula magna del’Università, un convegno intitolato «Sassari città mazziniana». Durerà sino a martedì sera (alla Camera di commercio, stavolta), prevede oltre trenta relazioni. Partecipa, fra gli altri, l’accademico dei Lincei Franco Della Peruta. Sono quattro le sessioni di lavoro, presiedute da Antonello Mattone dell’Università di Sassari, da Umberto Levra dell’Università di Torino, da Maria Rosa Cardia dell’Università di Cagliari e da Virgilio Mura, preside della facoltà di Scienze politiche.  Sassari fu davvero città attraversata per gli ultimi tre quarti di secolo dalla lezione dell’Apostolo, come lo chiamavano. Veramente, nell’Ottocento tutta la Sardegna fu  un’isola mazziniana. La sua predicazione infiammò i giovani, nei quali forse s’animavano ancora i racconti dell’epopea angioyana di trenta-quarant’anni prima, quando era sembrato che un moto di popolo potesse moderare la tirannia dei baroni. E sardo fu uno dei primi martiri dell’apostolato mazziniano: quell’Efisio Tola, sassarese, che, ufficiale del reggimento Pinerolo a Chambéry, accusato di avere letto e diffuso la «Giovine Italia» di Mazzini, fu condannato a morte. In quel giugno del 1833 Efisio aveva trent’anni, Mazzini ne aveva appena compiuto ventotto.  Da allora in poi gran parte dei democratici sardi furono anche mazziniani. Mazziniani soprattutto perché repubblicani: li muoveva l’odio contro i piemontesi e contro la monarchia, che i sardi avevano ormai individuato come i colpevoli dell’arretratezza dell’isola, di quella sua povertà da cui non si riusciva ad uscire. I mali che la storia aveva scaricato sull’isola, il malgoverno di viceré arroganti e di ministri troppo lontani li avevano aggravati.  Dopo il 1848 quel tanto di libertà che fu concessa dallo Statuto servì ai sardi soprattutto per alzare la voce, per cercare di farsi sentire attraverso i giornali e con i loro rappresentanti nel Parlamento subalpino. In realtà, i giornali non varcavano il mare, anche se le loro analisi della realtà isolana e le loro parole d’ordine rivendicazioniste avevano grande audience nell’isola.  Dopo la sconfitta di Custoza il governo dovette mandare un commissario straordinario, dotato di tutti i poteri civili e militari, per far fronte al pericolo di una insurrezione che si diceva fosse destinata a spingere l’isola verso qualche altra potenza mediterranea, come l’Inghilterra. In Parlamento i deputati erano troppo pochi, sproporzionati di numero rispetto alla vastità dei problemi: i deputati di Terraferma (come li chiamavano) ascoltavano distratti quegli sterminati cahiers de doléance che rafforzavano la fama della querulità sardesca.  I leader della protesta sarda guardavano a Mazzini come all’uomo che aveva detto la parola giusta, quando aveva indicato nella repubblica la via della rinascita. Giorgio Asproni, il più prestigioso dei democratici sardi, andò a trovarlo nell’esilio di Londra, luglio 1855: «Nelle ultime case di Lansdown abbiamo picchiato alla porta indicata. All’ultimo piano abbiamo trovato Giuseppe Mazzini e ci siamo abbracciati e baciati con grande commozione. Ha diradati i capelli al capo e già inclinati alla canizie, la barba nera nelle guancie, bianca nel mento, il labbro dolce, la fronte alta e spaziosa, gli occhi nerissimi, vividi, scintillanti - scrive nel suo diario -. Non ho mai visto figura più attraente e più simpatica. E’ un tipo romano, greco, orientale, una di quelle persone che Dio crea per rivelare ai popoli i loro diritti e il fine cui son destinati».  Nel 1861, alle prime voci di cessione dell’isola alla Francia, fu Mazzini a scrivere una serie di articoli in difesa delle ragioni dei sardi (redatti sulla base di appunti e dossier che amici di mezza Sardegna gli avevano mandato: e la cosa curiosa è che gran parte di quegli appunti glieli aveva forniti Salvatore Manca Leoni, che a Sassari era il capo riconosciuto del partito monarchico-conservatore). Raccolti in un opuscolo, sarebbero diventati una specie di vademecum della gioventù politica sarda.  A Sassari il partito repubblicano avrebbe governato la città praticamente sino alla prima guerra mondiale. Il suo capo era Gavino Soro Pirino, una figura quasi leggendaria. Nel 1870 era stato eletto al Parlamento, ma aveva rinunciato al mandato per non dovere giurare fedeltà al re. Quello stesso anno Mazzini scrisse da uno dei suoi tanti nascondigli una lettera in risposa ai saluti dei figlioletti dell’avvocato sassarese, Elvira e Ausonio: «L’abbraccio dell’infanzia e della vecchiaia mi è sempre sembrato una cosa santa. M’è parso, leggendo, come se l’ali di due angioletti s’agitassero per carezzarmi e proteggermi. Rimanete tali per lunghi anni. Amate la vostra patria che è l’Italia, la vostra culla che è la Sardegna, la povera e buona e leale Sardegna che i Re hanno sempre tradito e che non risorgerà se non sotto una bandiera di popolo».
Manlio Brigaglia
 
 

 
02 – LA NUOVA SARDEGNA
Immigrazione, regole nuove
Necessaria una legislazione al di là dell’emergenza
Giacomo Spissu: «Il quadro normativo regionale è tra i più avanzati»
Terra di emigranti. Forse per questo oggi la Sardegna ha due buone leggi sulle migrazioni. A ribadirlo a più riprese sono due rappresentanti della Regione: il presidente del consiglio Giacomo Spissu e l’assessore al Lavoro Maddalena Salerno, che si impegna a realizzare una normativa modello per il resto d’Italia.  La prima giornata del convegno internazionale «Identità e integrazione nelle migrazioni internazionali» ha dimostrato che è possibile approfondire il fenomeno della presenza degli stranieri senza nascondersi dietro barricate antiterrorismo. E per i sardi questo atteggiamento dovrebbe essere ancora più facile, perché da sempre si sono trovati nella situazione di chi deve lasciare la propria terra e farsi accettare altrove.  L’incontro, organizzato a Sassari dall’Università, dalla Regione e dalla fondazione Ismu con il contributo di Ersu, Irre e Fondazione Banco di Sardegna, ha aperto l’altroieri le sue porte a esperti e studiosi. Sociologia, politica e filosofia si sono incontrate in un dibattito che è poi proseguito ieri sera nell’hotel Catalunya di Alghero.  La prima giornata ha visto alternarsi al microfono anche il preside della facoltà di Scienze politiche Virgilio Mura, l’assessore alle politiche sociali di Sassari Cecilia Sechi, Augusto Cerri dell’università La Sapienza di Roma, Vincenzo Cesareo della fondazione Ismu e l’assessore provinciale Laura Paoni, in un dibattito coordinato da Paolo Fois, direttore del Dipartimento di economia, istituzioni e società (Deis) dell’Università di Sassari.  Le due «buone leggi» citate nel convegno sono la 46 del 1990, sulle emigrazioni, e la 7 del 1991, che regola le immigrazioni. Testi nati in un periodo «lontano anni luce dalla realtà attuale», come ammette Giacomo Spissu, ma che dimostrano l’attenzione di un popolo che ha visto partire migliaia di persone. Disposizioni spesso rimaste sulla carta, aggiunge l’assessore al Lavoro, «e che devono essere migliorate: bisogna superare l’approccio solidaristico».  La prima certezza emersa dalle relazioni è la necessità di un cambio di rotta: l’immigrazione non deve essere considerata come un problema, ma come una ricchezza. Nel convegno c’è spazio solo per piccoli cenni sulla situazione dei clandestini e sulle leggi che regolano il loro ingresso in Italia. L’attenzione si concentra verso chi sceglie di stabilirsi in un Paese per ricostruirsi una vita, per farsi un futuro. L’esercizio di quel diritto alla mobilità che, come hanno ricordato tutti gli interventi, è sancito tra i diritti fondamentali dell’uomo. «In una società segnata dal multiculturalismo - precisa Mura - fondamentale trovare la definizione di cittadinanza e di identità». Due termini chiave analizzati in tutte le loro sfumature anche dai due esperti, Vincenzo Cesareo e Augusto Cerri. «Conservare la propria identità e cercare l’integrazione - continua Giacomo Spissu - sembra un paradosso. Oggi ci troviamo a modificare lo Statuto di questa regione. Dobbiamo tutelare ciò che ci rende speciali senza rinunciare a sentirci parte dell’Italia o dell’Europa. E questo atteggiamento vale anche nel momento in cui ospitiamo altre identità. Uno dei principi che valorizzeremo sarà proprio la tutela di chi arriva in questa terra».  La reciprocità delle garanzie e delle regole è un punto irrinunciabile, come ribadisce Paolo Fois: «Ultimamente si parla di immigrazione - sottolinea il direttore del Deis - solo in riferimento ai paesi islamici, ma il discorso va esteso a tutte le altre comunità che si stanno formando in Italia. E non bisogna dimenticare che noi siamo ancora un paese di emigrazione, dobbiamo prenderci cura di chi si stabilisce altrove». Attraverso alcuni articoli apparsi sulla stampa nazionale Fois dimostra che per la politica italiana conta una sola direzione: quella che dai paesi islamici porta fino alla penisola. Ma «il regime deve valere per tutti - conclude -. Il rispetto del singolo e della sua comunità è un diritto che va riconosciuto e tutelato». Anche la scuola futura sembra andare verso una chiusura sempre più marcata: «Sembra che l’obiettivo - spiega Laura Paoni - sia evitare che a lezione si impari a leggere la realtà. Nel decreto di attuazione della legge di riforma scolastica si parla solo di Italia e di Europa. La visuale per i giovani sarà sempre più ristretta ed eurocentrica».  «In questa concezione - aggiunge Maddalena Salerno - che vede un pericolo in tutto ciò che è diverso molta responsabilità dei governi. Serve un salto di qualità verso politiche più aperte, che garantiscano forme di cittadinanza attiva».  L’assessore regionale garantisce il suo impegno per trovare nuove strade, in collaborazione anche con l’Università, gli enti locali e le associazioni a tutela degli immigrati o nate dalla volontà di chi ha scelto di partire per trasferirsi nell’isola. Ma anche con la certezza di un contatto costante con quel grande numero di sardi sparsi per il mondo (l’assessore parla di un milione e mezzo di persone, quasi un’altra isola) che si sono organizzati in circoli, federazioni e associazioni. «La Sardegna si trova in una situazione favorevole rispetto ad altre regioni - dichiara l’assessore nell’intervento conclusivo - perché quasi tutte vivono il fenomeno dell’immigrazione in maniera drammatica. Noi invece possiamo fare un buon lavoro perché conosciamo bene l’esigenza di non cedere all’omologazione. Non ci accontenteremo di un dialogo che dia risposte su regole e permessi di soggiorno. Ci occuperemo di garantire il diritto alla casa, alla salute, all’istruzione. In Sardegna possiamo scrivere una legge che sia un modello per il resto d’Italia».
Silvana Porcu
  
03 – LA NUOVA SARDEGNA
Veterinaria
Sassari. Cominceranno lunedì mattina alle ore 9 nella sede dell’ex Convento di San Francesco a Ozieri i nuovi corsi di laurea della facoltà gemmata di Veterinaria.
 
04 – LA NUOVA SARDEGNA
Dermatologia
Aggiornamento al Carlos V
Alghero. Si è concluso nei saloni dell’hotel Punta Negra il corso di aggiornamento «Operazione Mani Fredde» organizzato dalla clinica dermatologica dell’università di Sassari e dal dipartimento di scienze mediche interniste dell’ateneo cagliaritano.  I lavori, moderati dai professori Decio Cerimele e Sergio Del Giacco, hanno registrato la partecipazione di numerosi relatori delle due università sarde e dell’Asl 1 di Sassari.  Particolarmente affollato, e interessato, l’uditorio dei medici presenti al corso.
 
05 – LA NUOVA SARDEGNA
Tra le donne e la politica un rapporto ancora difficile
Sassari. Imparare a fare politica non solo per fare politica. Un giro di parole che è in realtà la forte motivazione che ha sostenuto cento corsiste che hanno frequentato la seconda edizione di: «Donne, politica e istituzioni. Percorsi formativi per la promozione delle pari opportunità nei centri decisionali della politca». Che significa, dati i numeri sempre più ristretti di presenze femminili in posizioni dirigenziali e strategiche, che fare politica al femminile non serve solo all’interno delle istituzioni, ma soprattutto a capire sino in fondo i meccanismi decisionali, in modo da saperli gestire.  Ma anche più semplicemente - ma non sempre per le donne - per fare carriera nel posto di lavoro. Il corso, organizzato dall’università su iniziativa del ministero per le Pari opportunità e realizzato in collaborazione con la scuola superiore della Pubblica amministrazione, era rivolto a studentesse universitarie e a donne diplomate e laureate. «E proprio questa eterogeneità, non solo culturale ma anche generazionale - ha spiegato la docente di Sociologia, Antonietta Mazzette, responsabile scientifica del corso e presidente del comitato Pari opportunità dell’ateneo - ha fatto emergere non solo le diverse motivazioni sottese in ciascuna delle partecipanti, ma anche il desiderio, la voglia e la grinta, tutta al femminile, di voler apprendere i meccanismi per poter ricoprire ruoli decisionali all’interno di enti, imprese e istituzioni».  Un’esperienza ricca di spunti per le allieve che, anche in questa edizione, che ha toccato temi come l’organizzazione delle istituzioni dello stato, le istituzioni politiche europee e le dinamiche della comunicazione in pubblico. All’incontro finale ha partecipato anche Monica Spanedda, presidente del consiglio comunale di Sassari. «Soprattutto quando si superano i trenta anni - ha detto la presidente - per le donne fare politica diventa una scelta cruciale perchè si è di fronte a due impegni forti: la famiglia e la carriera. A volta è facile accedere ai quadri, ma è sempre più difficile arrivare a ruoli dirigenziali anche perchè gli orari sono ritagliati e decisi sulla base degli stili di vita maschili. L’unico modo per uscire dalle gabbie imposte dalla sfera maschile è quello di essere molto competenti». E le competenze, alla fine del corso, non sembra proprio che manchino alle corsiste, così come la grinta. Ora si tratta di farsi spazio in un mondo dominato dagli uomini.
 
06 – LA NUOVA SARDEGNA
Il Cus Sassari è più vicino agli studenti
Sassari. Una segreteria per gli studenti che vogliono fare sport a due passi dall’Ateneo. E’ una delle novità del Cus Sassari, che ha di recente ottenuto personalità giuridica dalla Regione e si appresta a cominciare la nuova stagione avvicinandosi ai giovani utenti. Il nuovo sportello è in Largo Porta Nuova e apre il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10 alle 12,30 e il martedì e giovedì dalle 16,30 alle 19 (telefono 079-229973); gli uffici di viale Umberto 72 restano aperti come segreteria amministrativa.  Sarà quindi più semplice informarsi e iscriversi alle attività proposte dal Cus sassarese. Per il presidente Gianni Ippolito “fare sport nell’Università non deve essere un privilegio per chi è già formato sul piano tecnico e atletico, ma un diritto di chinque desidera alternare allo studio l’esercizio fisico, anche al di fuori di una prospettiva agonistica”.  Per questo sono a disposizione gli impianti di San Giovanni con la palestra per il basket, la sala di muscolazione, i campi di calcio, calcio a 5, calcio a 7 e tennis. Che stanno per essere completati con gli impianti luce, i nuovi spogliatoi e altri campi da tennis, la club house e i viali. Altra novità il servizio medico per il rilascio del certificato di idoneità non agonistica: grazie al supporto dell’Ersu sarà possibile ottenerla al costo di soli 5 euro (contro i 25 richiesti dai medici di base) alla Casa dello studente di via Padre Manzella e sarà utile soprattutto per i fuori sede. L’orario di ambulatorio è dalle 16 alle 18 del lunedì, mercoledì e venerdì. Nei propri impianti il Cus cura direttamente e gratuitamente (o con quote ridottissime) basket, calcio, tennis, muscolazione, mentre al “Siddi” opera la sezione atletica leggera e al Palasport quella schermistica. Ma ha anche attivato convenzioni che consentono agli studenti, a costi ridotti, di fare nuoto e acqua gym (le Querce, Canopoleno, Piscina Latte Dolce) o palestra, ginnastica, boxe, kick-boxing, danza moderna o latino-americana (Gym Star, Sport Club 900, Canopoleno), judo (Centro Guido Sieni). Previsti come sempre i campionati interfacoltà, la partecipazione ai campionati nazionali, le attività inter-Cus (scambi tra atenei), e Campus in centri turistici convenzionati.
Antonello Palmas
 
 

 
07 - IL GIORNALE DI SARDEGNA
record di incidenti sulla 554
IL PERICOLO CORRE SULLA STATALE 554
Maglia nera dell’asfalto per l’arteria cagliaritana:
la Provincia annuncia il via al nuovo ponte
Cagliari, 14/10/2005. La Provincia annuncia il nuovo ponte sulla statale 554, ma dall’Aci arriva l’amara conferma: la statale 554 è ancora la strada più pericolosa della Sardegna. Con i suoi interminabili semafori, con le strettoie improvvise e quel guard rail che rende la carreggiata più stretta, gli incidenti si sprecano e il traffico impazzisce. Allo scenario di ogni giorno si aggiunge la verità delle statistiche. La 554 con i suoi 13,6 chilometri occupa la cinquantunesima posizione su oltre 800 del territorio nazionale. È quanto
emerge dai dati Istat sugli incidenti stradali del 2004 elaborati dall’Aci e presentati ieri a Riva del Garda in occasione del Salone internazionale della sicurezza stradale. La media degli incidenti per chilometro della 554 e’ stata lo scorso anno del 2,06 e con 0,07 morti per sinistro. Al secondo posto si classificano 5,8 chilometri della Carlo Felice, che con 1,72 incidenti per chilometro si piazza all’82esimo posto nella triste graduatoria. Mentre la statale 125, diramazione orientale sarda di 4,5 chilometri, occupa la 149esima posizione con 1,11 incidenti medi al chilometro.
MA È PROPRIO la statale 554 a guadagnarsi la sgradita maglia nera del pericolo che corre sull’asfalto. Più della Sulcitana, più di viale Marconi. Ora però c’è un progetto che potrebbe cambiare lo scenario del rischio: il ponte sulla statale 554. L’assessore provinciale alla Viabilità Paolo Mureddu lo ha detto ufficialmente in consiglio: «Stiamo predisponendo il contratto e non appena sarà pronto consegneremo i lavori, probabilmente entro una settimana ». A sollecitarlo in consiglio provinciale era stata
un’interrogazione presentata da Pierpaolo Ledda dei Riformatori sardi. Che chiedeva notizie su quel ponte che era stato al centro meno di un anno fa di un’inaugurazione flop targata Davide Galantuomo.
L’EX SINDACO di Quartu aveva partecipato all’ideale taglio del nastro di un progetto che invece si era poi nuovamente arenato sugli scogli della burocrazia. La Regione ha dato l’okay, il Comune di Monserrato ha inviato la concessione edilizia e ora tocca alla Provincia. Il ponte sorgerebbe nel punto più strategico: nei pressi della cittadella universitaria di Monserrato, il crocevia più a rischio e più trafficato della 554. Tra  qualche giorno dovrebbe arrivare l’annuncio, poi il primo mattone?
 
08 - IL GIORNALE DI SARDEGNA
CAGLIARI: BENVENUTO ALLE MATRICOLE
via ai giorni dell’accoglienza
Università
Uno zaino pieno di gadget per i nuovi iscritti
Cagliari, 12/10/2005. E giovedì prossimo una serata in discoteca, perchè lo studio è anche divertimento Una festa in discoteca e tanti gadget. Sono alcuni degli ingredienti della manifestazione UniversityBox 2005, la settimana dell’accoglienza delle matricole, organizzata dall’Università, in programma dal 17 al 21 ottobre prossimi. Questa iniziativa ha lo scopo di agevolare l’ingresso delle matricole, a volte eccessivamente spaesate nel passaggio da scuola superiore al mondo accademico, in facoltà. Nelle intenzioni dell’Ateneo, come recita il comunicato diffuso «la festa delle matricole ha
lo scopo di creare un primo momento di incontro, di conoscenza, di socializzazione, anche per significare che lo studio, l’impegno ed il rigore necessari per affrontare una buona carriera universitaria non sono incompatibili con i valori dello stare insieme, della gioia e del divertimento tipici della condizione giovanile». Insomma studio sì, ma anche relazioni e svago per i neodiplomati provenienti da tutta l’isola; così dal 17 al 19 ottobre sarà possibile ritirare presso l’aula degli Specchi, a Sa Duchessa in via Is Mirrionis, uno zaino di benvenuto pieno di interessanti sorprese: il quaderno dell’Ateneo, un ingresso omaggio al Cineworld, un buono pasto Ersu, un coupon per il ritiro della Cartagiovani
del comune di Cagliari e altri gadget offerti da Microsoft, Tucano, Tim e Wilkinson. Dal 20 al 21 ottobre gli zaini potranno essere ritirati presso la cittadella di Monserrato agli stessi orari. Per ritirare gratuitamente lo zaino è possibile effettuare la registrazione al sito http://www.universitybox.it.  E non è tutto. Dopo aver scambiato i primi sguardi al ritiro degli zaini le matricole potranno approfondire la loro conoscenza scatenandosi in pista giovedì 20 ottobre dalle ore 20.30 nella discoteca Spazio Newton, in via Newton 11, dove si terrà la serata conclusiva “One Night - live music Nonsoulfanky e Dj”. Ingresso gratuito. L’anno accademico comincia ballando?
 
 

 
09 - LA REPUBBLICA
Le nuove forme di censura su internet
Un appello di intellettuali e politici per una carta dei diritti della rete
12/10/2005. A Tunisi, in novembre, tutti i paesi del mondo, chiamati dalle Nazioni
Unite, si incontreranno nel World Summit on Information Society. È una grande opportunità. È un incontro che deve concludersi con un documento che segni un´epoca: una Carta dei Diritti per la Rete. Internet è il più grande spazio pubblico che l´umanità abbia conosciuto. Un luogo dove tutti possono prendere la parola, acquisire conoscenza, produrre idee e non solo informazioni, esercitare il diritto di critica, dialogare, partecipare alla vita comune, e costruire così un mondo diverso di cui tutti possano egualmente dirsi cittadini.
Internet sta realizzando una nuova, grande redistribuzione del potere. Per questo è continuamente a rischio. In nome della sicurezza si restringono libertà. In nome di una logica di mercato miope si restringono possibilità di accesso alla conoscenza. Alleanze tra grandi imprese e stati autoritari cercano di imporre nuove forme di censura. Internet non deve divenire uno strumento per controllare meglio i milioni di persone che se ne servono, per impadronirsi di dati personali contro la volontà degli interessati, per chiudere in recinti proprietari le nuove forme della conoscenza.
Per scongiurare questi pericoli non ci si può affidare soltanto alla naturale capacità di reazione Internet. È tempo di affermare alcuni principi come parte della nuova cittadinanza planetaria: libertà di accesso, libertà di utilizzazione, diritto alla conoscenza, rispetto della privacy, riconoscimento di nuovi beni comuni. Solo il pieno rispetto di questi principi costituzionali consentirà di trovare il giusto equilibrio democratico con le esigenze della sicurezza, del mercato, della proprietà intellettuale.
È tempo che questi principi siano riconosciuti da una Carta dei Diritti.
Chiediamo a tutto il popolo della Rete, alle donne e agli uomini che lo costituiscono, di collaborare con la loro libertà e creatività a questo progetto, e di far sentire la loro voce ai governi di ciascun paese perché lo sostengano.
 
Stefano Rodotà, Fiorello Cortiana, Gilberto Gil, Walter Veltroni, Lawrence
Lessig, Richard M. Stallman, Daniele Auffray, Mariella Gramaglia,
Michelangelo Pistoletto, Nicola Piovani, Franco Bifo Berardi, Gianni
Puglisi, Matilde Ferraro, Raffaele Meo, Stefano Maffulli, Carlo Formenti,
Milly Moratti, Giulio De Petra, Marco Calvo, Marco Marandola, Arturo Di
Corinto, Alberto Cottica, Francesco Loriga, Francesco Tupone, PFM, Alex De
Lisi, Guido Chiesa, Sabina Guzzanti, Andrea Monti, Giuseppe Nicolosi, Anna
Masera.
 
10 - LA REPUBBLICA
I rettori: "Tra riforma e manovra il governo affonda l’università"
Un documento della CRUI chiede "modifiche integrali" alla legge
Piero Tosi: "Un testo che non risolve i problemi e lede la nostra
autonomia".
Roma, 13/10/2005. "Fermate la riforma sullo stato giuridico dei docenti universitari".
La Conferenza dei Rettori, presieduta dal rettore dell’Università di Siena Piero Tosi, ha confermato le critiche al Ddl Moratti. Nel documento firmato all’unanimità dai 77 rettori si chiede a tutti i parlamentari, soprattutto a quelli della commissione Cultura della Camera, dove il testo verrà discusso la prossima settimana, di "modificare integralmente il testo del decreto, che lede l’autonomia degli atenei sancita dalla Costituzione, e perchè non risolve e non affronta il problema ufficiale della figura del ricercatore. I numerosi mutamenti introdotti nel testo originario - si legge nel documento - hanno soltanto ridotto gli aspetti più controproducenti senza modificarne l’impianto di fondo".  Il Ddl sullo stato giuridico, secondo la Conferenza dei Rettori, fa infatti ricadere sugli Atenei tutti gli oneri finanziari aggiuntivi, indispensabili per dare un seguito effettivo alle norme, come le integrazioni delle retribuzioni del personale docente e il finanziamento di un numero adeguato di posti di professore associato ed ordinario da bandire.
I rettori hanno inoltre criticato anche la legge Finanziaria, che "di fatto taglia i fondi e crea una miscela esplosiva che metterà a repentaglio l’equilibirio del sistema uiniversitario".  Il presidente Tosi ha poi annunciato una lettera al presidente del Senato
Pera "per stigmatizzare il comportamento tenuto da alcuni parlamentari, che nel dibattito in aula hanno insultato i docenti universitari e i rettori".  Per il 19 ottobre è stata indetta una giornata di mobilitazione generale di tutti gli organi accademici per discutere e ribadire, all’interno dei singoli atenei, la posizione della Conferenza, con l’ipotesi di comprare anche una pagina sui principali quotidiani nazionali per esprimere il proprio dissenso nei confronti del Ddl e della Finanziaria.
Già da lunedì, la Crui aveva denunciato che la riforma dell’università "non risolve i problemi del personale universitario, e soprattutto non offre ai giovani reali prospettive di adire a ruoli stabili e di essere valutati in modo continuativo per il loro effettivo valore".
Piero Tosi
Presidente della Crui
 
 

 
11 - LA STAMPA
Docenti, molte le critiche, il 24 ottobre si vota
Università, la riforma è in dirittura d’arrivo ma la protesta prosegue
Roma, 12 ottobre 2005. Sono soprattutto i ricercatori a non poterne più: i giovani perchè sanno (o credono) di essere abbandonati ad una deriva di precarietà strisciante, e i meno giovani (che possono avere anche 50 anni) perchè non si vedono riconosciuto il ruolo docente che esercitano da anni. Fatto sta che nelle università italiane la protesta dilaga: facoltà occupate, assemblee, documenti di fuoco, e soprattutto didattica bloccata per tutta la settimana.
Una mobilitazione che appare, tuttavia, tanto eroica quanto disperata: infatti il contestato provvedimento sullo stato giuridico della docenza universitaria è destinato a passare in via definitiva alla Camera il 24 ottobre prossimo. Il governo non ha la minima intenzione di demordere in questo ultimo passaggio, dopo che il 29 settembre, in Senato, ha dovuto spendere un voto di fiducia per ottenere l’avallo al ddl. Il Ministero ha
diffuso nei giorni scorsi una nota nella quale spiega i benefici del provvedimento: parla della valorizzazione dei ricercatori, dell’accesso alla carriera accademica da parte dei giovani, della possibilità di chiamare anche professori stranieri o «esperti» provenienti dal mondo produttivo. Gli studenti di Forza Italia e di An hanno diffuso comunicati nei quali rivendicano al ministro Moratti il ruolo di modernizzatrice del sistema universitario e relegano «i baroni» a lobby corporativa. Ma questo non ha fatto che infuocare ancora di più la determinazione dei dissenzienti. Il contenzioso tra il ministro e il mondo universitario è lungo quanto la legislatura e si fonda sostanzialmente sul fatto che il governo non ha stanziato le risorse promesse, e che quindi - secondo i dati a suo tempo diffusi dalla Crui (la Conferenza dei Rettori) - il rapporto docente-allievo è da noi il più alto d’Europa e le risorse a disposizione sono le più basse. In questo quadro si è inserito poi un atto che i professori hanno considerato «autoritario»: l’allestimento da parte del governo di un provvedimento di riordino dello stato giuridico della categoria, senza alcuna consultazione della base interessata. Insomma: un diktat, un inquadramento «manu militari». Un metodo stigmatizzato fin dall’inizio dalle 15 organizzazioni sindacali della docenza. Quanto al merito, peggio che mai: viene contestato alla Moratti di aver soppresso l’unica cosa condivisa, cioè un sistema «terzo» di valutazione che consentisse di ottimizzare le risorse, ma soprattutto di aver infierito sulla categoria dei ricercatori. «Quelli stabili e assunti - spiega Chiara Acciarini, capogruppo ds nella Commissione scuola del Senato - sono ridotti a carrozzone ad estinzione entro il 2013 senza che venga loro riconosciuta la qualifica docente che di
fatto espletano da anni. Quanto ai precari, si prospetta loro l’istituzionalizzazione della loro instabilità, attraverso contratti triennali, senza prospettive di sorta». Il ministro ha sempre contestato che dal mondo universitario siano arrivate solo proteste e mai proposte, ma il Coordinamento nazionale dei ricercatori smentisce questa tesi: «Contrariamente a quanto affermato dal ministro Moratti - sostengono i docenti del Coordinamento - abbiamo da tempo avanzato proposte che riteniamo ancora valide e attuabili: un programma di reclutamento in ruolo di 20 mila nuovi docenti per far fronte ai prossimi pensionamenti, il riconoscimento del ruolo di professore universitario per i ricercatori e la differenziazione tra i meccanismi di reclutamento e avanzamento di carriera con budget aggiuntivo per questi ultimi, l’unicità del contratto di ricerca dopo il dottorato, di tipo subordinato e di durata non superiore a tre anni». Ma anche il tempo per il dialogo è scaduto, è improbabile che il voto parlamentare del 24 dirà l’ultima parola.

Questionario e social

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