UniCa UniCa News Rassegna stampa Mercoledì 14 dicembre 2005

Mercoledì 14 dicembre 2005

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 dicembre 2005
Ufficio Stampa
Università degli Studi di Cagliari
 
1 - L’UNIONE SARDA
Pagina 22 - Cronaca di Cagliari
Università, alle elezioni primeggia il centrodestra
Il voto. Alle urne la cifra record è l’astensione

Le previsioni sono state confermate: le liste "Ichnusa" e "Università per gli studenti" piazzano due rappresentanti in cda, senato accademico e senato allargato. Un eletto, in ogni organismo centrale dell’Università di Cagliari, anche per Sinistra universitaria. Al Cus i due rappresentanti degli studenti saranno ancora una volta Ichnusa e Università per gli studenti.
L’analisi. Dal dato numerico a quello politico: se da una parte la vittoria è andata a Ichnusa (la lista di centrodestra, che ha raccolto intorno a sè Cl, Forza Italia, An, Riformatori e Udc) che ha totalizzato tra i 1.889 voti (nel cda) e i 1.616 (al Cus), chi esce con un grande riscontro di consensi è Università per gli studenti, vicina al centro dell’Unione, che ha raccolto nei seggi dei quattro organismi centrali una media di 1.400 voti, senza contare sull’appoggio dei partiti che hanno appoggiato Ichnusa. A conferma di questo anche la vittoria individuale di Giuseppe Frau, leader di Università degli studenti, che è risultato il rappresentante più votato tra tutti con 1.095 preferenze, seguito da Andrea Marrone (Ichnusa, anche lui eletto nel cda) fermatosi a 1.033. La sinistra ha pagato una eccessiva frammentazione, con tre liste al via. L’unico gruppo a piazzare un rappresentante nei tre centri operativi dell’Università è Sinistra universitaria. Resta fuori "Sinistra in movimento + Sindacato studentesco", capeggiato da Matteo Murgia, furente per come si sono svolte le elezioni e che aveva annunciato la possibilità di ricorrere al Tar. Scarso il risultato per "Mi consenta ma io voto a sinistra", lista che ha raccolto nel cda 53. È andata oltre ogni aspettativa "Università ideale", vicina ad An, che da sola ha totalizzato un centinaio di voti, quanti la lista "Terranova ? Federazione universitaria", che non ha certamente raccolto quanto seminato.
La verifica. Dunque dopo due settimane dalla tornata elettorale si possono stilare i primi bilanci, anche se l’ufficializzazione dei dati è subordinata alla verifica della regolare iscrizione all’anno accademico 2005/2006, che doveva avvenire entro il 25 novembre, con il pagamento delle tasse. Una spada di Damocle che potrebbe essere calata dall’ufficio elettorale al momento della verifica incrociata con i tabulati provenienti dall’ufficio iscrizioni, che attesteranno la regolarità dell’iscrizione dei candidati e dei votanti. Resta comunque un dato: le elezioni non piacciono agli studenti. Ha votato solo il 18 per cento del totale, 6.400 sui 34.000 votanti.
(m.v.)

Tutti i voti e gli eletti nell’ateneo - I numeri
Cda. Università per gli studenti 1.419 voti: Giuseppe Frau 1.095 e Lorenzo Espa 591. Ichnusa 1.889: Fabio Medas 895 e Andrea Marrone 1.033. Sinistra Univers. 741: Andrea Zucca 234. Terranova 109. Sinistra in movimento 555. Università ideale 109. Mi consenta ma io voto a sinistra 53.
Senato accademico. Università per gli studenti 1.397: Fabiola Nucifora 877 e Maurizio Deiana 464. Università ideale 103. Terranova 130. Ichnusa 1.792: Manuela Urru 911 e Roberto Mura 841. Sinistra in movimento 577. Sinistra Universitaria 714: Roberto Ibba 239.
Senato accademico allargato. Università per gli studenti 1.359: Manuel Floris 863 e Antonio Cabitta 418. Università ideale 107. Ichnusa 1.647: Andrea Bullegas 665 e Simone Vargiu 633. Terranova 124. Sinistra in movimento 564. Sinistra univer. 704: Andrea Coinu 189.
Comitato sport universitario. Università per gli studenti 1.424: Marino Brundu 776. Università ideale 96. Ichnusa: Emanuele Cabiddu 1.011. Terranova 112. Bionda Sardegna 118. Sinistra in movimento 566. Sinistra universitaria 504.
(m. v.)

2 - L’UNIONE SARDA
Pagina 22 - Cronaca di Cagliari
Facoltà di Architettura, è arrivato il via libera del Senato accademico
Il fatto. Il problema: le aule
La facoltà di Architettura fa un altro passo avanti e ora è davvero vicina a diventare realtà. Ieri il Senato accademico ha dato il suo parere favorevole all’unanimità (un solo astenuto) seguendo quanto fatto dal cda la settimana scorsa. Ora serve il via libera del comitato regionale di coordinamento Regione e Università, prima che la pratica, di quella che diventerebbe l’undicesima facoltà a Cagliari, passi al Ministero per la parola definitiva. Il dibattito, e anche lo scetticismo di alcuni componenti del Senato, ha riguardato in particolare un punto: l’aspetto economico. Con un’Università che deve fare i conti con poche risorse, creare una facoltà nuova potrebbe portare uno scossone pericoloso al bilancio dell’ateneo. «Alla fine ? commenta il preside di Ingegneria, Francesco Ginesu, - nonostante le perplessità i colleghi hanno capito che i vantaggi per la città superano di gran lunga eventuali problemi economici. Che a mio parere inizialmente saranno minimi: in Ingegneria esistono già due corsi di laurea in Architettura, e si possono utilizzare, ampliandoli non di molto, gli spazi di via Corte d’Appello, nel quartiere di Castello. Ringrazio i componenti del Senato accademico che hanno capito le nostre motivazioni: la nascita di Architettura è una necessità soprattutto culturale». Il dibattito architettonico su Cagliari negli ultimi anni è cresciuto notevolmente: «Nonostante l’impostazione architettonica che viene data nei corsi della facoltà di Ingegneria ? spiega Ginesu ? non è possibile dare una formazione completa per far crescere architetti. La nuova facoltà darà infatti quel valore aggiunto alle materie umanistiche basilari». Secondo il preside di Ingegneria, la facoltà di Architettura aprirà le porte a circa 500-600 studenti, lasciando il numero chiuso. Già pronti i 50 docenti che terranno i corsi. «È un passo importante e un valore aggiunto per la città e per l’Università», aggiunge Ginesu che poi individua alcuni siti che sarebbero l’ideale per ospitare la nuova facoltà: «La manifattura tabacchi andrebbe benissimo, ma si parla anche della dismissione del carcere di Buoncammino, che potrebbe, adattandolo, diventare una sede ideale. Questo è comunque un argomento che andrà affrontato in seguito: inizialmente le strutture di Castello e di altri palazzi nei dintorni che ospitano uffici universitari potrebbero essere parte della nuova facoltà». La palla passa ora al Comitato regionale. Ne fanno parte i due rettori delle Università sarde, il presidente della Regione e uno studente, che dovrà essere eletto.
(m.v.)
 
3 - L’UNIONE SARDA
Pagina 26 - Sport
All’Università si insegna anche storia dello sport
Novità per gli studenti dell’ateneo cagliaritano

Due corsi della durata di 15 e 22 ore riservati al’interfacoltà di Scienze Motorie
All’inizio fu il gioco, poi arrivarono la regolamentazione e lo sport. La storia dello sport spiegata ai ragazzi dell’università di Cagliari. Da tre anni nell’ateneo cittadino sono attivi due corsi di insegnamento di Storia delle discipline sportive. La storia delle Olimpiadi moderne (con riferimenti a quelle greche antiche), la storia dei simboli olimpici, i principi di De Coubertin e l’analisi su come e quanto sia cambiato lo sport con lo sviluppo della civiltà industriale, con la diffusione delle varie discipline dalle classi elitarie a quelle meno abbienti. Lezioni, conferenze, proiezioni e contenuti seguiti da un centinaio di studenti per la facoltà di Scienze Motorie (interfacoltà di Medicina, Biologia e Scienze della Formazione). Due i corsi: uno per il triennio, da 15 ore, l’altro per la specializzazione da 22 ore. «La parte istituzionale - spiega la docente del corso Maria Concetta Dentoni - tratta lo sviluppo dell’educazione fisica dal diciannovesimo al ventunesimo secolo nelle varie realtà europee, con particolare attenzione alla storia italiana». La normativa e la carrellata delle varie scuole di pensiero sull’educazione fisica nei decenni, da quella medica a quella pedagogica, passando per la militare, con riferimenti agli insegnamenti francesi e tedeschi. Particolarmente interessante il corso monografico, sulla diffusione dello sport nella società contemporanea, dallo sviluppo delle discipline in Inghilterra, con i college, l’istituzione delle regole, i giochi, il movimento, i primi sport di squadra, dal rugby al football (significativo il riferimento durante le prime lezioni alla nascita del Cagliari Calcio in città), ma anche quelle individuali, la boxe e il tennis. «Il corso ? continua l’insegnante ? tende a presentare uno spaccato, quello sportivo, della civiltà civile europea». Unici nei: storiografia e bibliografia carenti, anche perché lo studio della storia dello sport , così come lo sport stesso, non venivano particolarmente considerati. «Adesso invece ? sottolinea la Dentoni - fa parte e incide sulla storia, si pensi alla rinuncia dei paesi del patto di Varsavia alle Olimpiadi di Los Angeles, o a quelli aderenti alla Nato alle precedenti Olimpiadi di Mosca». Le lezioni, cominciate a ottobre, si tengono nella Cittadella Universitaria di Monserrato. A gennaio ci saranno conferenze sulle varie discipline sportive (già previste quelle su nuoto e scherma). Nello stesso mese sarà proiettata anche una serie di film sull’argomento, in collaborazione con la cattedra di Storia del Cinema di Scienze della Formazione: "Olimpia" di Leni Riefenstahl, "Momenti di Gloria" di Hugh Hudson e "Pesi leggeri" di Enrico Pau.

4 - L’UNIONE SARDA
Pagina 20 - Cronaca di Cagliari
Morte in corsia, inchiesta contro ignoti
Il pm aspetta i nomi dei chirurghi

Molto probabilmente questa mattina gli uomini del nucleo di polizia giudiziaria della Guardia di finanza riceveranno dall’Università i nomi dei medici che hanno operato Pancrazio Azzena, il geometra cagliaritano di 53 anni, morto giovedì scorso nel Policlinico universitario di Monserrato, per una perforazione intestinale, dopo un intervento per eliminare il fastidio di un’ernia. E soltanto quando riceverà il fascicolo, il magistrato Giangiacomo Pilia, potrà nominare i periti del Tribunale che dovranno esaminare tutti i referti del caso per poter riuscire a capire quali siano le cause del decesso. al policlinico. Intanto ieri mattina, i corridoi di uno dei tanti reparti di chirurgia del Policlinico, quello generale, erano affollati di medici e pazienti: il professor Angelo Nicolosi, responsabile di quel specifico reparto, poco dopo le dieci era pronto a entrare nella sua sala operatoria quando alla richiesta di sapere qualcosa di più sul decesso di Pancrazio Azzena ha dichiarato che «non era autorizzato a rispondere». Ma da chi è stato operato? Stessa sentenza: «Non sono autorizzato a rispondere a nessuna domanda». I medici del reparto di chirurgia generale spiegano che generalmente questo tipo d’operazione viene effettuata da un equipe composta da almeno una decina di persone che hanno compiti diversi tra loro. l’avvocato«La situazione non è cambiata rispetto ai giorni passati», spiega Carlo Angioy, l’avvocato della famiglia di Pancrazio Azzena. «Ora aspettiamo che gli uomini della Guardia di Finanza - aggiunge - diano i nomi dei medici alla magistratura che nominerà i periti del Tribunale che esamineranno il caso. Chiedo soltanto un rispettabile silenzio stampa sull’episodio per non creare ulteriori sofferenze alla famiglia che sta passando un momento davvero difficile e non vorrebbe ancora molta pubblicità su una tragedia del genere».
(ale. t.)
 
5 - L’UNIONE SARDA
Pagina 49 - Cultura
«La stampa è tutta a sinistra» Parola di ex Picconatore
Domani all’università di Sassari consegna della laurea ad honorem
Il senatore Francesco Cossiga diventa dottore in Scienze delle comunicazioni
ROMA. Pronto a esternare, rilassato nel salotto di casa, è appena tornato da una vacanza alle Terme dei Papi, Viterbo. Francesco Cossiga si prepara a una nuova partenza: domani sarà a Sassari per ricevere la laurea ad honorem in Scienze delle comunicazioni del giornalismo dall’Università dove si è laureato e ha a lungo insegnato. «Questo riconoscimento non può che onorarmi, anche se sono iscritto all’Ordine dei giornalisti da soli tre anni». Ma la produzione dell’ex presidente della Repubblica è ampia e risale a molto tempo fa: «La prima cosa che ho scritto in vita mia è un saggio sul realismo cinematografico sovietico». Aveva 16 anni, l’ha pubblicato un giornale di cultura «fatto dal grande giornalista Paolo Satta dopo il crollo del fascismo», firmato Franco Mauri. «Da allora mi sono divertito a scrivere con pseudonimi: Franco Mauri per dire cose di destra, Mauro Franchi per scrivere cose di sinistra». Ha scritto articoli, lettere e interviste per Il Riformista, Il Giornale e Libero. «E’ stato Feltri a certificare i miei pezzi e iscrivermi all’Ordine». A 77 anni, «non è mai troppo tardi». Perché questi nomi se non sono neppure anagrammi del suo? «Invece lo sono: io mi chiamo Francesco Maurizio, e siccome non sono Francesco Maurizio di Sassonia ma Francesco Maurizio di Chiaramonti, mi sono vergognato di usare il nome vero». Il titolo della lezione che terrà domani all’ateneo sassarese, la lectio doctoralis, è "La comunicazione e le virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza". Ritiene che la stampa italiana non abbia queste virtù? «Nessuno può avere queste virtù in modo completo, sennò i giornalisti sarebbero santi. Sono d’accordo con quello che ha detto Ciampi nei giorni scorsi sulla televisione: dovrebbero dare la rappresentazione reale della realtà, non come i reality show che la danno distorta. Meglio rappresentare un freddo omicidio che una finta felicità». Il presidente Ciampi ha anche raccomandato ai giornalisti italiani di tenere la schiena dritta. A cosa sarebbero piegati? «Il dovere del giornalista è riferire i fatti in modo esatto: i fatti sono sacri, il commento è libero. Il cattivo giornalista è colui che piega i fatti al commento o quello che fa un commento piegato ai fatti». Esiste la censura? «Viviamo in un mondo in cui la libertà totale non è possibile e la proprietà dei giornali è capitalistica, necessariamente. Non si può pretendere che un giornalista sia libero di attaccare su La Stampa la Fiat, o critichi il Gruppo De Benedetti su Repubblica, o scriva su L’Unità che Togliatti è un assassino o che la Unipol é colpevole di scalare Gruppi bancari». Perché no? «Perché allora dovremmo stabilire che i giornali siano fatti solo da cooperative di giornalisti, da sindacati, partiti e circoli religiosi. Neanche dalle Università, perché non si potrebbe parlare male del Rettore». Quanto è in pericolo la libertà di stampa e di parola in Italia? «Di parola proprio non direi, e di stampa dovrebbe lamentarsi Berlusconi perché la maggior parte della stampa italiana è nettamente schierata con il centrosinistra». Molti giornalisti, dopo il documentario di Sabina Guzzanti sulla censura al suo Raiot, per coerenza avrebbero voluto rimettere la tessera all’Ordine. Cosa ne pensa? «Sciocchezze. Ribadisco che la stampa è tutta a sinistra: lo è il Messaggero, nonostante sia di proprietà del suocero di Casini; lo è La Stampa, specialmente con la nomina di Anselmi; il Corriere della Sera, Repubblica e si dice che anche Il Tempo passi da quella parte». Cosa critica dell’informazione in Sardegna? «Direi che l’Unione Sarda è il Corriere della sera in formato ridotto e la Nuova Sardegna è La Repubblica in fotocopia. Li leggo entrambi e vedo: quello che è su uno non è sull’altro, sono ricchi di cronaca locale ma l’Unione è più articolato. A mio parere dovrebbero rappresentare di più la realtà: ci riempiamo spesso la bocca di parole come sardità ma alla fine è una cosa che si sta perdendo e l’informazione in Sardegna non la cura abbastanza». Per Celentano lei sarebbe hard rock. Approva quel tipo di televisione? «Un cantante così bravo dovrebbe evitare di fare il propagandista politico. Sarebbe come se io mi fossi messo a fare il cantante rock». La invitano spesso in tivù e l’audience sale. Le hanno mai proposto di condurre un programma? «Mi avevano proposto di andare a Sanremo. Sa cosa ho risposto? Se volete che venga dovete darmi quello che avete dato a Gorbaciov. E non dico quanto». Si fa pagare per le sue apparizioni? «Io parlo e vado a cena gratis. Potrei fare i nomi di quanti colleghi all’estero vanno a una cena e si fanno pagare da 25 mila a 50 mila euro. Quando Clinton è venuto a parlare al congresso dei pubblicitari si è portato via un sacco di soldi. Per fortuna in Italia non usa, ma all’estero è normale essere tutti altamente retribuiti». Berlusconi ha defenestrato Biagi, Santoro e altri conduttori scomodi. Non è abuso di potere sui mezzi di informazione? «No. Loro hanno ritenuto di poter fare della televisione pubblica - in parte - uno strumento per far valere le proprie idee personali. Ma se vince Prodi, pensa che lascerà in Rai gli amici di Berlusconi? Farebbero bene a cominciare a preparare la valigia, e non lo dico io: l’ha scritto Giampaolo Pansa, coraggioso scrittore di sinistra, l’unico che crede che l’informazione non possa essere subalterna alla politica». Prodi o Berlusconi: vede alternative? «Non ne vedo e non perché non ce ne siano. Il centrosinistra ha bisogno di Prodi perché la sinistra radicale non accetterebbe un Ds. Poi è l’uomo di raccordo con i nuovi poteri forti, le banche. Il neocapitalismo italiano è con lui. Nel centrodestra Forza Italia è Berlusconi e il giorno in cui non ci fosse lui, ci sarebbe un’implosione e Dio solo sa cosa succederebbe». Lei è il picconatore che può dire bene o male di tutti: sinonimo di libertà o di potere? «Di libertà dei vecchi e di fine della carriera». Tra i suoi incarichi istituzionali in quale si è più divertito? «Da presidente del Senato, perché si fa il maestro in grande, di una scolaresca da tenere in ordine con polso fermo e cortesia: Onorevole collega, mi duole profondamente ma la espello dall’aula».
dal nostro inviato
Anna Piccioni
 
6 - L’UNIONE SARDA
Pagina 41 - Provincia di Sassari
Sassari Studenti in campo per la paralisi dell’Ersu
Gli studenti universitari scendono in campo per superare l’impasse che da tre mesi sta paralizzando l’Ersu di Sassari. Con una lettera inviata a Renato Soru, il parlamentino degli studenti chiede l’intervento del governatore della Sardegna e del presidente del Consiglio, Giacomo Spissu. L’Ente regionale per il diritto allo studio aspetta da tre mesi che venga nominato un Consiglio d’amministrazione. Il precedente direttivo è decaduto a settembre, e finora non è stato ancora rinnovato. Ateneo e studenti hanno fatto la loro parte eleggendo come rappresentanti il professor Giorgio Pintore (docenti) e Simone Campus (studenti). A mancare all’appello sono i tre rappresentanti politici, di nomina regionale. Sulle poltrone da assegnare sembra che i partiti del centrosinistra non riescano a trovare un accordo. Mentre si aspetta lo sblocco della situazione, già circola il nome del presidente in pectore dell’Ersu. Sarebbe Antonello Mattone, indicato a Renato Soru dal rettore dell’ateneo, Alessandro Maida. «Considerate le aspettative e le esigenze degli studenti, chiediamo che il Cda dell’Ersu possa insediarsi prima possibile», scrive il Consiglio degli studenti.
(v. g.)

7 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 2 - Cagliari
Università, tutti gli eletti
Elezioni studentesche
Confermata la vittoria delle liste di centrosinistra
CAGLIARI. Per i dati definitivi bisognerà attendere ancora un giorno o, chissà, forse una settimana, ma i numeri pubblicati ieri sul sito dell’Università, anche se provvisori, altro non fanno che confermare i conti degli studenti: una vittoria schiacciante delle liste di centrosinistra, che mettono insieme oltre 2.600 preferenze, e numeri meno importanti per il centrodestra, che rispetto alla tornata elettorale precedente ha perso qualcosa come 1.200 voti. Nessuna sorpresa dunque: dei cinque seggi riservati agli studenti nei principali organi dell’ateneo la proporzione sarà di due a tre. Significa che due poltrone spetteranno al centrodestra, mentre tre saranno del centrosinistra.
Ma vediamo nel dettaglio quale è stato l’esito delle urne. Al gruppo Università per gli studenti sono andati 1.400 voti: un risultato che entusiasma, soprattutto perché tre anni fa, presentandosi insieme ad altre liste di centro-sinistra, il gruppo aveva totalizzato due mila preferenze. Ichnusa, la lista che raccoglie le diverse anime del centro destra, da An a Forza Paris, di preferenze ne ha incassato invece 1.800. Numeri importanti, ma che non devono trarre in inganno, perchè in realtà si tratta di un flop clamoroso. E il perché è presto detto: nelle passate elezioni il centro destra (e allora erano insieme solo Comunione e liberazione e Udc) di voti ne aveva incassati ben tre mila. Poca roba anche per altre due liste di centro destra: Università ideale e Lista Terranova, che hanno messo insieme rispettivamente 103 e 130 voti. A Sinistra universitaria più Sindacato studentesco, la lista capeggiata dall’attuale rappresentante degli studenti nel consiglio d’amministrazione dell’Ersu, Matteo Murgia, sono andati poco più di 550 voti. E anche in questo caso si tratta d’un flop: in passato il gruppo si era rivelato ben più forte. Infine, c’è Sinistra Universitaria con quasi 740 voti.
Ecco i rappresentanti eletti. Senato accademico: Fabiola Nucifora e Maurizio Deiana (Università per gli studenti), Roberto Ibba (Sinistra universitaria), Manuela Urru e Roberto Mura (Ichnusa). Senato accademico allargato: per Sinistra Universitaria Manuel Floris e Antonio Cabidda, per Ichnusa Andrea Bullegas e Simone Vargiu, mentre per Sinistra Universitaria Andrea Coinu. Consiglio d’amministrazione: per Sinistra Universitaria i rappresentanti sono Giuseppe Frau e Lorenzo Espa, per Ichnusa, Fabio Medas e Andrea Marrone, per Sinistra universitaria, Andrea Zucca. Infine, l’ultimo organismo, il Cus: i due seggi andranno a Marino Brundu (Università per gli studenti) e Manuele Cabiddu (Ichunsa).
Interessanti sono anche i dati sull’affluenza alle urne: hanno votato il 16,56 per cento degli aventi diritto. Significa che su 34.553 elettori si son presentati in 6. 413. Tutti soddisfatti? A sentire gli studenti pare di si, anche se ad esultare più di tutti è Giuseppe Frau, capolista del gruppo Università per gli studenti, che con 1.100 preferenze è stato lo studente più votato. ‹‹La nostra arma vincente - dice - è stata l’unità››. Nonostante il disastro, esulta anche il gruppo Ichnusa: ‹‹Abbiamo incassato più voti di tutti - dice Antonella Zedda, uno dei candidati - A conti fatti è stata nostra la vittoria››. E soddisfatto è anche Gianluigi Piras, di Sinistra Universitaria: ‹‹ Ora abbiamo un rappresentante in ogni organo d’ateneo››.
Sabrina Zedda
 
8 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 5 – Oristano
L’Università di Cagliari tende la mano alla 3A
ARBOREA. Mattinata importante, quella odierna, per le future strategie aziendal-produttive della cooperativa “Assegnatari associati Arborea”. Infatti alle 10 in punto nella sala-conferenze dello stabilimento della 3A si tiene la cerimonia della firma di un protocollo d’intesa stipulato tra l’Università di Cagliari e la stessa 3A. Alla cerimonia prenderanno parte il rettore Pasquale Mistretta e i vertici della cooperativa.
«Con quest’intesa, la 3A e l’Università di Cagliari puntano ad approfondire le tematiche individuate nelle aree di reciproco interesse e sulle quali intendono cooperare ed elaborare congiuntamente proposte e progetti», spiegano dall’Ateneo cagliaritano, «In particolare si lavorerà su innovazione, controllo e ottimizzazione dei processi produttivi; tutela e recupero ambientale; razionalizzazione energetica; controllo di qualità e tracciabilità; logistica; analisi economica e territoriale; valorizzazione dei prodotti; informatizzazione».
 
9 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 29 - Sassari
C’è l’università, mancano i servizi
Per molti studenti il problema più grave è quello della casa
Pesa il caro-affitto Serve una struttura polifunzionale
ALGHERO. L’ambizione e il legittimo orgoglio di diventare città di una sede universitaria, con tutti i vantaggi che una situazione del genere comporta, anche di tipo economico, hanno però distratto gli amministratori comunali e lo stesso ateneo sassarese dall’offrire agli utenti, gli studenti delle due facoltà, soluzioni di tipo logistico e servizi adeguati.
La carenza maggiore, oltre alla mancata costituzione del consorzio per la gestione degli stessi servizi, si registra sul fronte dell’accoglienza e del soggiorno. Degli oltre 500 studenti che frequentano Architettura e Scienze del mare, buona parte provengono dall’esterno, quindi hanno problemi di alloggio. Ne consegue che sono esposti alle rigide regole del mercato della domanda e dell’offerta, e le loro famiglie spesso debbono subire pesanti condizionamenti economici per consentire ai loro figli di soggiornare in Alghero per seguire i loro corsi di studio. Il mercato, si sa bene, è spesso spietato e non esiste alcuna soluzione in grado di costituire una sorta di calmiere.
Da anni viene segnalata l’esigenza di realizzare una casa dello studente, o in subordine una struttura ricettiva polifunzionale, studenti e d’estate turismo tradizionale, ma tutto resta a livello di enunciazioni di buoni principi.
E’ vero che la macchina pubblica, politica e amministrativa, vive di tempi tali che probabilmente consentiranno agli studenti di oggi di laurearsi in santa pace prima di disporre di una struttura di accoglienza loro destinata.
Antonello Muroni, assessore comunale alla Pubblica istruzione, sostiene che il problema «e’ sentito dall’amministrazione» ma che gli strumenti a disposizione determinano, a cominciare da quelli economici, non pochi problemi per individuare una soluzione concreta.
Si parla con insistenza di un coinvolgimento dell’imprenditoria privata. «Ben venga, siamo pronti ad accogliere a braccia aperte l’imprenditore che si vuole fare carico di realizzare una struttura di particolare rilievo sociale - precisa Antonello Muroni - ma va detto che in città questo tipo di investimenti non vengono guardati con molto entusiasmo. Noi speriamo fortemente che qualche imprenditore voglia cimentarsi in questo obiettivo e a quel punto faremo la nostra parte». L’argomento, tra l’altro, vista la rilevanza sociale e culturale, è seguito con attenzione anche dalla presidente della Provincia di Sassari, Alessandra Giudici, nelle cui competenze ricade la responsabilità degli edifici scolastici superiori. Il ruolo dell’ente territoriale provinciale, e la particolare sensibilità manifestata sull’argomento dal presidente, potrebbe rivelarsi estremamente importante anche in un ragionamento di sinergie con quella che è la «casa madre»: l’università di Sassari. L’ateneo turritano infatti ha tutto l’interesse istituzionale perchè il problema venga affrontato e risolto.
Gianni Olandi
 
10 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 42 - Cultura e Spettacoli
Al Grande Comunicatore della vita politica italiana una laurea honoris causa
Per il Picconatore della Prima Repubblica quasi un atto dovuto

Externator, fustigatore, vulcano in perenne eruzione, perturbatore, interventista al vetriolo. E, più di ogni altra cosa, picconatore. In sessant’anni di politica Francesco Cossiga ha solleticato la fantasia di avversari, editorialisti, commentatori. Ma tutti - chi più chi meno - gli hanno sempre riconosciuto una dote: essere un efficacissimo comunicatore. E spesso, nelle relazioni con la gente comune, un comunicatore con un passo in più rispetto ai nemici e agli amici di partito. Adesso questo talento, variamente affinato negli anni attraverso le risposte dell’opinione pubblica, trova un plauso ufficiale. Un plauso codificato, addirittura accademico. La facoltà di Scienze politiche di Sassari ha deciso di conferire una laurea honoris causa all’ex presidente della Repubblica. Ma non è un riconoscimento qualsiasi, uno dei tanti prestigiosi attestati che il senatore a vita ha collezionato negli atenei in giro per il mondo. No, stavolta all’ex docente dell’università di Sassari sarà data una laurea in Scienze della comunicazione e giornalismo.
In Sardegna la decisione è stata presa due anni fa. C’è stato poi un lungo iter, infine il via libera ministeriale. Così la «Pratica Cossiga» si è concretizzata solamente nelle ultime settimane. Ora troverà la sua naturale conclusione nella cerimonia che domani sera si terrà nell’aula magna dell’ateneo centrale turritano, in piazza Università. E’ lo stesso imponente edificio nel quale Francesco Cossiga si laureò in Giurisprudenza con 110 e lode nel 1948, ad appena vent’anni. La stessa storica sede dove, di lì a due mesi, avrebbe cominciato la sua carriera accademica, diventando subito assistente di Diritto costituzionale. Con precoci letture di Pascal e Sant’Agostino, Tommaso Moro e Jacques Maritain. Un corso di studi e un curriculum straordinari. Perciò più volte messi in risalto nelle biografie, autorizzate e non, come, analogamente, le precedenti prestazioni da allievo-centometrista: uno studente recordman che, al liceo classico Azuni, all’inizio primeggia nelle diverse classi con una sequela senza fine di «dieci» e poi si diploma sedicenne nel ’45, il medesimo anno d’iscrizione alla Democrazia cristiana.
Ma, più precisamente, che cosa ha spinto il Consiglio della facoltà di Scienze politiche alla scelta? Quali le motivazioni di una nuova laurea ad honorem a un professore che è già stato tutto: deputato, sottosegretario, ministro, capo del governo, presidente del Senato e della Repubblica? A convincere sono stati solo quegli «onori» conquistati sul campo oppure c’è qualcosa che va al di là di esperienze e incarichi pur eccezionali?
«Negli ultimi tempi - spiega Virgilio Mura, preside di Scienze politiche - abbiamo lavorato molto per dare evidenza e risalto ad alcune delle opportunità offerte ai nostri studenti. Da una parte, quella che ha già permesso a numerosi ragazzi di laurearsi in Scienze della comunicazione. Dall’altra parte, una seconda chance che consente a un numero ristretto di laureati di seguire il master in giornalismo e diventare poi professionisti dell’informazione con un titolo riconosciuto dall’Ordine. Ebbene, in questo caso, abbiamo voluto dar lustro alle iniziative intraprese sinora conferendo la laurea honoris causa a una personalità di grandissimo rilievo, un protagonista della vita politica italiana che si è rivelato inoltre un protagonista della comunicazione del pensiero».
Questioni delicate, complesse. Se il quotidiano francese «Le Monde» ha dipinto per primo Cossiga come le grand perturbateur, man mano che si sono alternate le sue esternazioni non sempre i contenuti sono stati apprezzati in maniera univoca. Anzi. Spesso la sostanza di molti discorsi è stata al centro di polemiche roventi. Eppure, nessuno ha mai detto di aver capito male oppure di non aver afferrato i concetti espressi. Così, in queste ore, è senza dubbio quest’aspetto della lunghissima azione di Francesco Cossiga, piuttosto che altri, a venire oggi messo in risalto. Un aspetto che ha fatto scrivere a Enzo Biagi, nel commentare le dimissioni di Cossiga da presidente della Repubblica, passaggi eloquenti: «Per cinque anni ha taciuto, poi ha preso la parola: e non l’ha più mollata, fino all’ultimo giorno. Ha anche spiegato perché: “Non potete immaginare la soddisfazione che provo a togliermi qualche sassolino dalle scarpe”. Doveva averci macigni. Ma era stato accusato di tutto: di essere un eversore, di avere attentato alla Costituzione, di avere avuto rapporti con iscritti alla P2, tra cui alcuni “patrioti”, di avere truccato i nastri e le carte di Gladio, di una certa sotterranea connivenza con possibili golpe, addirittura di essere matto. Lui ha risposto attaccando. Nessuna pietà, neppure per gli “amici” della Dc».
Anche in Sardegna, comunque, la sostanza di alcune affermazioni fatte nel tempo dal senatore a vita ha suscitato reazioni negative, soprattutto tra le file del Centrosinistra. Ed è forse sulla base di fattori come questi, più che sulle considerazioni legate alla figura del Cossiga-Comunicatore, che sul conferimento della laurea ad honorem qualcuno ha sollevato interrogativi. In particolare, quando, nel dicembre 2003, si è trattato di decidere in seno al Consiglio di facoltà.
Perplessità riproposte più di recente. Appena pochi mesi fa. Quando, con la consueta schiettezza, Francesco Cossiga contestò la presenza d’insigni costituzionalisti che hanno insegnato nell’università di Sassari, come Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky, poi divenuti tutti e due presidenti della Consulta, a un convegno sull’opera di Paolo Dettori, l’ex presidente della giunta regionale e storico esponente della Democrazia cristiana. Posizione opinabile, almeno secondo alcuni appartenenti al mondo accademico sassarese. Ma in ogni caso non certo tale da far riconsiderare le scelte di due anni prima in favore del Cossiga-Comunicatore.
Nello stesso ateneo, intorno alla decisione, sussistono infatti ampi consensi e apprezzamenti istituzionali altrettanto vasti. Segnali visibili, evidenti: a testimoniare che una certa freddezza, se non indifferenza, nei rapporti tra l’ex docente e la sua università appare oggi del tutto superata. Ricordato tra parentesi: al contrario di quanto hanno fatto di frequente parecchi professori dell’ateneo sardo impegnati in altri incarichi istituzionali, il secondo presidente della Repubblica (dopo Antonio Segni) non ha mai voluto cumulare le proprio cariche con quelle accademiche, come pure legittimamente avrebbe potuto fare. Una scelta di tatto che nel tempo non ha mancato di essere apprezzata in modo positivo.
Anche da fatti come questi, in ogni caso, deriva appunto il concentrarsi dei riflettori sul Cossiga-Comunicatore. Spiega Antonello Mattone, docente universitario e a Sassari direttore del dipartimento di Storia: «A prescindere dalla posizione di chi ascolta, che può trovarsi o no d’accordo sulle sue dichiarazioni, Cossiga ha sempre avuto la capacità di parlare all’opinione pubblica non con la terminologia degli addetti ai lavori, ma con un linguaggio semplice, diretto, comprensibile da tutti».
Un modo caratterizzato e preciso di confrontarsi con la gente, insomma. Quello stesso che, nel celebre discorso delle dimissioni, il 25 aprile 1992, rivolgendosi agli italiani gli ha fatto sostenere senza mezzi termini: «Io ho messaggi da lanciarvi ... A tutti voglio dire di avere fiducia in voi stessi. Questo è un Paese di immense energie morali, civili e religiose. Si tratta di saperle mettere assieme». Discorso di addio al Quirinale, ma non alla vita vita politica, come i successivi avvenimenti dimostreranno. Comunque un intervento che secondo molti osservatori segna, e per di più a reti unificate, l’acme nella carriera di externator di Cossiga. Ha annotato il giornalista Paolo Guzzanti: «Pertini è stato davvero grande comunicatore. Cossiga lo è diventato. All’inizio era pessimo: quel viziaccio di scaldarsi e perdere la tramontana, la logorrea, gli eccessi. Ma il discorso d’addio è stato un tale capolavoro da mandare fuori dai gangheri i suoi nemici storici, quelli che hanno fondato parte della loro esistenza sul personaggio Kossiga, perché quel commiato è stato perfetto».
Affabulazione instancabile, tambureggiante, pervasiva. Di questo, e di altro ancora, si parlerà anche domani tra i corridoi e nelle austere sale della pià antica università della Sardegna. Ma l’eco della nuova visita ufficiale a Sassari dell’ex capo dello Stato non cesserà in poche ore. «Credo che una laurea honoris causa in comunicazione non possa essere data meglio che a Francesco Cossiga», è infatti il commento di Manlio Brigaglia, studioso tra i più autorevoli dell’ateneo che ha sempre seguito da vicino tutte le tappe del cursus honorum del politico sassarese. «A pensarci bene - è la conclusione di Brigaglia - Cossiga ha rivoluzionato il modo di parlarsi tra massime autorità dello Stato e mondo dell’informazione: tanto nella fase orale, quando ogni sua dichiarazione faceva titolo di prima pagina, quanto nella fase, diciamo così, “scritta”, della sua frequente e intensa corrispondenza epistolare con i giornali. A farci uno studio sopra, si scoprirebbe che il mondo politico, magari anche inconsapevolmente, ha imparato da lui che tipo di rapporto bisogna intrattenere con gli specialisti della pubblica opinione. E anche i giornalisti, forse, hanno imparato ad andare più dritti allo scopo: una lezione di linguaggio, non solo di messaggio».
(Pier Giorgio Pinna)
 
Cossiga: «Volentieri avrei fatto il giornalista Ho dovuto ripiegare»
Collabora con giornali dalle linee politiche differenti usando alcuni pseudonimi Come Franco Mauri, berlusconiano puro
«Mi sarebbe piaciuto diventare un grande giornalista, mi sono dovuto accontentare di fare prima il presidente del Senato e poi il presidente della Repubblica». Alla vigilia della consegna della laurea honoris causa in Scienze della comunicazione, Francesco Cossiga è in perfetta forma: ironico, sicuro, spigliato, non perde la consueta dose di humour. Così, se preferisce non fare anticipazioni sulla «lectio» che domani terrà all’università di Sassari, non lesina invece ricostruzioni di episodi, avvenimenti fatti e fatterelli che con il passare del tempo l’hanno trasformato in un comunicatore.
- Un «lavoro», quello del comunicatore politico, che lei ha potuto avviare da giovanissimo.
«E’ vero. Potrei partire dalla mia tesi di laurea, che ha avuto dignità di stampa. Il mio maestro era un insigne giurista, Giuseppe Guarino, di cui sono stato primo assistente. E anche se poi io avrei insegnato Costituzionale, la tesi riguardava invece argomenti differenti: “Le immunità del diritto penale come causa soggettiva di non punibilità”».
- Lei, ancora ragazzo, si rese poi protagonista di alcuni interventi sulla stampa sarda.
«Sì. Come racconta in un articolo Peppino Fiori, a quei tempi qualcuno mi chiamava Timosenko. Tutto perché tradussi dal tedesco, per la rivista “Riscossa”, un saggio del regista e teorico sovietico Semen Timosenko, l’autore di opere come “Il complotto dei morti” e “I tre compagni”. Non è che volessi invadere il campo dei critici cinematografici. Semplicemente, fin da allora ho sempre avuto una attenzione particolare nei confronti di certi problemi e nei riguardi della stessa scrittura».
- Continua ancora adesso le collaborazioni con i giornali?
«Certo, non ho mai smesso. Sia pure tra qualche difficoltà. Pare per esempio che sul “Corriere della Sera” possa scrivere soltanto brevi lettere dopo aver parlato con il direttore, Paolo Mieli. Di più non sarebbe gradito. Ho anzi saputo che, tra i giornalisti, qualcuno dei dirigenti abbia detto che io non ho né lo spessore culturale né un’abilità di scrittura tale da meritare che i miei interventi possano figurare su quel quotidiano».
- E’ vero che ha anche l’iscrizione all’albo dei giornalisti?
«Non solo l’ho chiesto. Cinque anni fa l’ho pure ottenuta dall’Ordine dei giornalisti del Lazio».
- Con quali organi d’informazione collabora attualmente?
«Scrivo per “Il giornale” di Milano, per “Il riformista”, per “Libero” e per “Liberazione”».
- Quotidiani dalle linee politiche differenti.
«Sicuro. E uso anche diversi pseudonimi».
- Per esempio?
«Su “Libero” sono Franco Mauri. Molti non lo rammentano, ma ho due nomi di battesimo: Francesco e Maurizio. Franco Mauri ha una biografia tutta sua: figlio di un ex maresciallo dei carabinieri del Goceano, nipote di un parroco, è un berlusconiano puro. Qualche volta intervista Cossiga e lo definisce suo maestro».
- Ma esiste, a quanto pare, anche un Mauro Franchi.
«Esatto. In questo caso, però, le parti politiche sono invertite. Mauro Franchi è di Centrosinistra e fa l’avvocato. Lui mi chiama “il mio grande amico”».
- Per il resto?
«Mah, ogni tanto parlo con Ezio Mauro, lo conosco bene e andiamo d’accordo, e chiedo di poter pubblicare qualche lettera su “Repubblica”».
- Insomma, a 77 anni, un impegno a tutto campo. Perché naturalmente c’è poi la parte, diciamo così, incalzante della sua attività di comunicatore: quella delle dichiarazioni politiche pressoché quotidiane.
«Ecco, io manifesto il mio pensiero sulle vicende politiche, e non solo, in tre modi differenti. Di uno, legato alla scrittura, ho già detto. Un’altra maniera di comunicare riguarda le apparizioni in televisione e le presenze alla radio: mi dicono sotto questo profilo che in tv e alla radio ci so stare, che insomma le mie affermazioni appaiono convincenti rispetto ai mezzi usati. Forse è proprio per questo che a lungo ho tenuto ogni mattina colloqui con i telespettatori al Tg3».
- Il terzo sistema?
 «Mi rivolgo alle agenzie di stampa e do le mie dichiarazioni. In proposito, fece una bella battuta Massimo D’Alema. Disse che, una volta finito il settennato al Quirinale, non avrei più potuto parlare a reti unite. Poi si corresse sostenendo che avevo inventato il modo di figurare ad “agenzie unite”».
- Se non avesse potuto fare né l’uomo politico né il giornalista, che cosa le sarebbe piaciuto?
«Qualcuno ha sostenuto che sarei stato un ottimo grand commis d’état, insomma un alto dirigente dello Stato. Più precisamente, a pensarlo è stato un grande sardo che ha ricoperto anche il ruolo di ministro dell’Industria, Franco Piga».
- E lei, presidente Cossiga, che ne pensa?
«Sono assolutamente d’accordo con lui. In realtà io sono stato un docente universitario fallito o un uomo politico mezzo fallito».
- Sta scherzando?
«Per niente. Ci credo proprio. Non ho coltivato la mia vocazione accademica. E in politica sono uno che ha avuto una serie di grandi successi per cause occasionali. Sono diventato ministro dell’Interno perché i comunisti misero il veto su Luigi Gui. I socialisti silurarono un governo quando era già nell’anticamera del capo dello Stato, e allora il presidente della Repubblica chiamò me per fare il presidente del consiglio dei ministri. Più tardi i socialisti si opposero alla candidatura di Leopoldo Elia alla presidenza della Repubblica e i comunisti a quella di Arnaldo Forlani: così alla fine è saltato fuori il mio nome».
- A leggerla così sembrerebbe che lei non abbia avuto alcun merito.
«Ecco, forse la carica di presidente del Senato me la sono guadagnata perché in quel caso mi ha sostenuto la Dc».
- Domani nella sua “lectio” parlerà di “comunicazione e virtù cardinali”: prudenza, fortezza, giustizia e temperanza. Può anticipare qualcosa?
«Soltanto che non le ho sempre praticate».
Pier Giorgio Pinna
 
Domani sera la cerimonia
Ecco il programma della consegna della laurea. La cerimonia si svolgerà domani, alle 18, nell’aula magna dell’università centrale di Sassari. L’introduzione sarà curata dal rettore, Alessandro Maida. Seguirà la presentazione del «candidato» (è questo il termine usato nella formula di rito) da parte del preside della facoltà di Scienze politiche, Virgilio Mura. Dopo il presidente emerito della Repubblica terrà la Lectio doctoralis dal titolo «La comunicazione e le virtù cardinali: prudenza, fortezza, giustizia, temperanza». Venerdì mattina, alle 11, sempre nell’aula magna dell’università, Cossiga incontrerà gli studenti di Scienze politiche e gli allievi del master in Giornalismo. Saranno approfonditi, come recita un comunicato, «temi legati alle problematiche della comunicazione e delle istituzioni politiche». La facoltà sassarese aveva finora conferito due sole lauree honoris causa, entrambe in Scienze politiche: a Norberto Bobbio nel 1994 e a Franca Ongaro Basaglia nel 2001.
 
11 - LA NUOVA SARDEGNA
Pagina 6 - Sardegna
Un centro d’eccellenza per l’economia
Otto professori ordinari, 14 associati e 14 ricercatori selezionati in tutta Europa
SASSARI. Domani a mezzogiorno sarà presentato alla città il Deir (Dipartimento di economia, impresa e regolamentazione). Partecipernno il rettore Alessandro Maida e le altre autorità accademiche col direttore del Deir, l’economista Marco Vannini. Il Deir è ubicato in pieno centro storico a Sassari, in via Torre Tonda, civico 34.
 Si chiama Deir e vuol dire “Dipartimento di economia, impresa e regolamentazione”. La sede è nel cuore di Sassari, a due passi dalla sede centrale dell’Università. L’edificio, della metà dell’800, è stato l’abitazione di Salvator Angelo Demartis (1817-1902), carmelitano sassarese, poi arcivescovo di Nuoro, il più longevo, colui che sovrintese alla realizzazione della Statua del Redentore (1901, a cura di Vincenzo Jerace, per il giubileo sacerdotale di Leone XIII). Ma più che in un palazzo claustrale sembra di essere capitati in una sorta di campus, certo formato Sassari e non Oxford o Cambridge, anche se fra le sue stanze trovate chi si è formato nei college inglesi o in quelli americani. Al posto del prato inglese l’orto degli agrumi e delle piante di mele cotogne. Gli ultimi acquisti del Deir arrivano dalla Londra e da Lovanio. Perché la scelta su Sassari? “Perché c’è un buon rapporto studenti-docenti” spiega Tito Pietra, docente di Economia a Bologna, Philadelphia e alla Rutgers del New Jersey, giunto in città per esaminare due associati di Economia politica. È con lui Paolo Vitale, università di Pescara, ex London School of Economics. “Questo dipartimento è di qualità”, dice. Per il concorso a Sassari sono giunti da Salerno e dalla Pompeu Fabre di Barcellona, da Modena e Bologna, Marco Manacorda da Londra, altri da Pescara, York, Lovanio. Tutti entusiasti. “Per gli standard italiani Sassari è ai primi posti”, ripetono. Trentasei docenti: otto ordinari, 14 associati, altri 14 ricercatori.
 Li ascolta il direttore, Marco Vannini, 49 anni, nato a Bono, figlio di due insegnanti elementari. Dopo il liceo scientifico si laurea a Sassari in Scienze politiche, sotto la guida di Valentino Benedetti, compagni di studi gli economisti Francesco Pigliaru (oggi assessore alla Programmazione) e Luigi Guiso (collega di Dipartimento fino al mese scorso, coordinatore scientifico dell’Ente Luigi Einaudi della Banca d’Italia). Da Sassari a Portici per un master con uno dei più scrupolosi economisti italiani, Augusto Graziani. Cinque anni alla London School, passaggio all’ufficio studi della Banca di Sassari dove tornerà brevemente come amministratore, nel 1992 vince il concorso in Economia a Scienze politiche. È membro fondatore del Crenos, una delle poche eccellenze degli atenei sardi. Molte e autorevoli pubblicazioni, quasi tutte in inglese, soprattutto sulla “criminalità economica” e sul ruolo delle banche nella crescita economica.
 Due anni fa, insieme a Michele Polo (ora in Bocconi), Carlo Ibba, Ornella Moro, Francesco Morandi, Lucia Pozzi, Lucia Giovanelli e tanti altri, crea il Deir che riesce a calamitare ricercatori da tutt’Europa. Li trovate nelle stanzette quasi monastiche di questo campus della Nurra senza prati e un solo cortile. Juan de Dios Tena viene da Newcastle, Dimitri Paolini da Louvain la Neuve, Gaetano Bloise da Cambridge. E tanti sardi. Elisabetta Addis, PhD negli States, Bianca Biagi, master a Reading, Monica Cossu, reduce da un soggiorno di studio al Max Plank di Amburgo e Alessio Scano in partenza per Yale. Maria Silvia Carta è di Putifigari e fa il dottorato di ricerca a Pisa. Daniele Porcheddu ha 32 anni, è di Budoni, per “Il Mulino” ha scritto “La New Economy del Mezzogiorno”. Porcheddu ha i piedi poggiati in Sardegna: un suo lavoro ha per titolo: “La cooperazione casearia, modelli teorici, verifiche empiriche e casi di studio”. Altre stanze, altri cervelli: Gianfranco Atzeni, sassarese, docente di Economia industriale, a York il master in Economia. Divide la stanza con Oliviero Carboni, nato a Basilea ma residente a Jaga Manna, docente di Microeconomia. Il primo master alla Bocconi, poi a Oxford per il post dottorato. Sassari che diventa calamita europea. E Vannini, di solito avaro di sorrisi, sprizza felicità, anche per la dedizione del personale tecnico amministrativo, inferiore in numero a tutti gli altri dipartimenti sassaresi, grazie al quale la struttura funziona.
Giacomo Mameli
 
Più spazio ai cervelli, meno ai baroni
Intervista al direttore Marco Vannini che ha raccolto attorno a sé un corpo docente di prim’ordine
Il dilemma delle facoltà gemmate che tolgono risorse a tutta l’università
«La Sardegna è divisa tra settori tradizionali e assistiti e nuove tecnologie e imprese che devono confrontarsi col mercato»
SASSARI. Professor Vannini, come giudica oggi l’economia della Sardegna tra Tiscali, Energit, Abbey net e prezzo del latte con blocchi stradali sulla Carlo Felice?
“Sono cose molto diverse - risponde il direttore del Deier - anche se rappresentano due facce importanti della nostra società: nuove tecnologie e impresa non assistita da un lato, settori tradizionali e assistiti dall’altro. Un contrasto che mutatis mutandis ritroviamo anche in Europa, con la guida britannica che chiede di ridimensionare la politica agraria comune in favore di maggiori investimenti per la costruzione di una società fondata sulla conoscenza più forte e competitiva di quella statunitense e giapponese. Nel caso della Sardegna la gestione dei due termini è molto complicato. Soprattutto perché il secondo rappresenta la base del tessuto economico e sociale di molte comunità e contribuisce in maniera abnorme alla definizione della nostra identità”.
-L’università sarda oggi: più baronale di ieri? Più aperta? E gli studenti?
“Dipende dai settori disciplinari e dalla dislocazione geografica degli atenei: giuristi e medici, ma non solo loro, sono ancora fortemente ancorati al sistema classico di cooptazione (un sistema coerente ma totalmente inadeguato nel contesto attuale); le università del Sud fanno cose vergognose più spesso di quelle del Nord (ma con la complicità di queste ultime). Nel nostro settore, e in tutti quelli dove è possibile misurare il valore scientifico, il reclutamento è certamente meno baronale (salvo eccezioni ben documentate da Roberto Perotti, www.igier.uni-bocconi.it). I nostri due ultimi acquisti (professori associati), sono due giovani con ottime pubblicazioni, uno insegna a Londra da dieci anni e l’altro, strappato alle università del continente, ha studiato a Lovanio. Avendo fatto circolare l’informazione nella comunità scientifica c’erano più di venti candidati per due soli posti: ne abbiamo dovuto lasciar fuori almeno altri due pienamente maturi e scandalosamente in fila da anni per colpa di un fenomeno tutto italiano rappresentato dai “settori canaglia” (piccoli settori con pochi ordinari che decidono tutto a prescindere dal merito) e dalle “facoltà canaglia” (quelle per intenderci che bandiscono i concorsi in sordina e nascondono i verbali completi dei concorsi). Purtroppo entrambe queste anomalie continueranno a esistere anche nel nuovo sistema: che modifica il meccanismo di reclutamento ma non introduce alcun incentivo a scegliere i migliori”.
-Perché?
“Questo incentivo si identifica in gran parte con l’abolizione del valore legale del titolo di studio: solo allora gli studenti sceglieranno le facoltà in base alla reputazione e chi sbaglia nel formare il corpo docente verrà punito ipso facto con un calo di iscritti (e risorse). Contemporaneamente andrebbero riviste cose banali, da noi ritenute intoccabili, come gli stipendi. Le retribuzioni andrebbero legate in parte alla produttività scientifica, da noi riflettono solo l’anzianità. Come ordinario io sono stato “incardinato”, cioè “saldato” a una cattedra da cui nessuno mi potrà staccare fino alla pensione, anche se dovessi decidere di non pubblicare più niente nei prossimi vent’anni”.
-Le università sarde, professor Vannini, sono autoreferenziali o guardano al mondo?
“Non sono affatto autoreferenziali e guardano al mondo, ma per diverse ragioni l’energia e le risorse sono spesso rivolte nella direzione sbagliata. Penso alle gemmazioni, la proliferazione di corsi di laurea nel territorio che qualcuno vede come esempio di apertura. Si tratta in generale del peggior servizio delle università sarde ai sardi. Tutto nasce perché, mentre si restringono le risorse ordinarie agli atenei, si ammette la possibilità di aprire nuovi corsi con finanziamenti apportati da altri soggetti. Un’occasione straordinaria per i leader locali in cerca di visibilità. Partire è facile perché esistono scuole elementari da riciclare in ogni paese, inoltre l’importante è inaugurare il corso, se poi questo non decolla perché i numeri sono esigui, i collegamenti inadeguati, le motivazioni degli studenti scarse, che importa?”.
-Ma allora perché ci andate?
“Questo è il punto. Siamo in pieno “dilemma del prigioniero”, per usare un’espressione della teoria dei giochi riguardante i casi di divergenza fra razionalità collettiva e razionalità individuale. Se il sindaco del comune A vuole aprire un corso di laurea col concorso di fondi della Fondazione B e una promessa di fondi aggiuntivi dal ministro P, il rettore dell’Università interpellata deve decidere se accettare o meno. Se dice no, come sarebbe razionale dal punto di vista collettivo, c’è il rischio (o la certezza, data la fame di fondi) che subentri un’altra università, col risultato che si gemma comunque e i benefici affluiscono all’Università rivale. Tanto vale allora cedere subito. Di questo passo si assecondano molte più proposte di quelle socialmente utili e si finisce col frantumare (e in ultima analisi svilire) l’istruzione universitaria”.
-Un tempo grandi nomi a Sassari: Sylos Labini, Zagrebelsky, Antonio Pigliaru, eccetera. E oggi?
“Oggi i nomi sono meno eclatanti ma il tessuto di ricerca in molti ambiti si è rafforzato, abbiamo strutture di eccellenza sia a Sassari sia a Cagliari e centri interuniversitari come il Crenos, di cui molti di noi fanno parte, è un polo di rilievo internazionale. Secondo l’ultima indagine Censis-La Repubblica, la Facoltà di Economia di Sassari, dalla quale proviene il grosso dei docenti del Deir, è in forte ascesa a metà classifica, davanti ad atenei quali Roma-La Sapienza, Perugia e Cagliari, proprio grazie al punteggio superiore alla media nella ricerca”.
-Perché il nome del dipartimento, Deir; perché “regolamentazione”?
“Trovare un buon acronimo è sempre un problema, tanto più se esistono altre strutture, con sigle simili e immodificabili, all’interno dello stesso ateneo. La denominazione Deir riflette il progetto scientifico di base, finalizzato allo studio dei sistemi economici e delle sue componenti (individui, mercati, istituzioni). Regolamentazione sta per “regulation”: disegno e disciplina di istituzioni e mercati. Prendiamo Basilea 2. Si tratta com’è noto di un accordo che modifica il calcolo del capitale minimo che le banche devono accantonare a fronte dei prestiti. Attualmente questo ammontare deve superare l’8 per cento del valore dell’attivo ponderato per il rischio, cioè la somma dei prestiti pesati con un coefficiente prestabilito che tiene conto del rischio della controparte o dell’attività considerata. Per capirci, un mutuo pesa per metà mentre un fido a un’impresa per intero. Col nuovo accordo i pesi potranno essere calcolati direttamente dalla banca in funzione del profilo effettivo di rischio del cliente. Verosimilmente, un’impresa sana richiederà un assorbimento di capitale modesto e potrà strappare un tasso contenuto, mentre un’impresa rischiosa oppure “opaca” sarà chiamata a pagare di più”.
-Che c’entra l’università?
“L’area economica e quantitativa simula l’impatto di Basilea 2 sul sistema, per scoprire a esempio se le piccole e medie imprese staranno meglio o peggio e se le banche riusciranno a liberare capitale da destinare a usi produttivi. I colleghi dell’area aziendale studiano il modo in cui ciò cambierà la gestione e i rapporti di clientela fra banche e imprese; coi giuristi, invece, riflettiamo sul nuovo ruolo delle garanzie nel processo di erogazione del credito e, soprattutto, sui mutamenti necessari per produrre garanzie di elevata qualità nel nostro contesto. Inutile dire che il Deir copre molte altre aree, come la demografia (di importanza cruciale per calibrare con lungimiranza i servizi sociali locali); l’ingegneria informatica (sperimentazioni nella biometria e nella robotica applicata alla viticoltura), l’economia della discriminazione di genere”.
-Il cittadino di Sassari sente l’Università di Sassari sua? E quello di Cagliari? Le università sarde stanno a Sassari e Cagliari come avviene a Bologna o a Modena?
“Penso proprio di sì, le due Università hanno cercato sistematicamente il rapporto con le città e la vita culturale di queste si identifica in gran parte con ciò che accade all’Università. Tuttavia, in un’epoca in cui la risorsa principale sono i talenti, è indispensabile un salto di qualità: le Università dovrebbero coltivare e promuovere il merito, mentre le amministrazioni dovrebbero creare città più vivibili e attraenti, altrimenti l’incentivo ad andarsene (o a non venire dalle nostre parti) per i migliori e i più dotati, sia nel campo della ricerca che in quello dell’impresa, rischia di essere davvero troppo forte”.
-La stortura più evidente dell’economia sarda?
“La bassa produttività, eredità in gran parte di un intervento pubblico scriteriato, poco consapevole dei fallimenti del mercato da correggere e molto incline a cedere alle pressioni di lobby chiassose o sotterranee”.
-Il punto di forza principale dell’economia sarda?
“Elevata qualità ambientale e assenza di criminalità organizzata”.
(g.m.)

 

Questionario e social

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