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Giovedì 21 dicembre 2006

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21 dicembre 2006

Pagina 43 - Cultura e Spettacoli

Da Cagliari alla Silicon Valley con una valigia stracolma di idee
L’avventura di un giovane ricercatore della facoltà di ingegneria, chiamato negli Stati Uniti con una borsa Fulbright

MARIA GRAZIA MARILOTTI

CAGLIARI. T-shirt e maglioni capaci di leggere il battito cardiaco o la pressione. Giacche in grado di registrare fughe di gas e bruschi innalzamenti di temperatura degli ambienti. O ancora, rilevatori che percepiscono se una bistecca si sta deteriorando o se un uovo è scaduto da tempo. Fantascienza? Tutt’altro. Forse da qui a qualche anno Cagliari potrebbe essere la sede di una prima azienda specializzata nella produzione di questi oggetti che, nella terminologia degli addetti ai lavori, vengono chiamati «sensori organici».
 Un altro importante tassello che arricchisce la piccola Silicon Valley sarda. Artefice e promotore di questo sogno è uno staff che opera all’interno del Dea (dipartimento ingegneria elettrica ed elettronica della università di Cagliari).
 Un gruppo di cui fa parte anche Emanuele Orgiu, 28 anni, nato a Laconi e ricercatore a Ingegneria. Infatti, grazie all’impegno congiunto tra ambasciata americana, commissione Fulbright Italia-Stati Uniti e Confindustria, Orgiu ha ottenuto una borsa di studio per seguire lezioni in una business School nella prestigiosa Santa Clara University in California. Inoltre potrà seguire uno stage in una tra le importanti aziende della Silicon Valley, la regione che ha visto proliferare il fior fiore delle società Hi-Tech (Google, Yahoo, Cisco etc.). Questo percorso permetterà al giovane sardo di impadronirsi degli strumenti necessari alla moderna gestione di un’azienda.
 Una volta tornato in Sardegna potrà condividere con i colleghi del gruppo le conoscenze di pianificazione ed economia aziendale e le esperienze acquisite con l’obbiettivo di creare un’impresa sostenibile. Un vero e proprio gruppo d’elite, quello cagliaritano coordinato dalla professoressa Annalisa Bonfiglio e ritenuto nel suo settore tra i primi quindici nel mondo. Uno staff di raffinati cervelli, che però necessitano di capacità imprenditoriali per dar vita ad un’azienda.
 Orgiu assieme ad altri quattro candidati italiani è riuscito a sbaragliare la concorrenza. Per sei mesi il talentuoso Archimede sardo godrà di un tuffo nella terra della tecnologia, dove l’aria che si respira sembra fatta di microchip e tecnologie ipersofisticate: il nonplusultra di tutto quanto è innovazione e ricerca scientifica applicata.
 Se questo viaggio di Emanuele Orgiu potrebbe sembrare l’ennesimo caso di un cervellone che emigra all’estero per poter realizzare i propri sogni, questa volta tutto sarà all’insegna del «master and back», in linea con la politica di Renato Soru: partire, affinare le proprie competenze, tornare per metterle a disposizione dello sviluppo della propria regione. Emanuele Orgiu è uno di questi giovani. Ha un curriculum da far invidia al più navigato ricercatore scientifico. Già al liceo la sua passione erano molecole, elettroni e correnti, racconta seduto davanti ad un pc nel laboratorio di ingegneria.
 - Come si diventa ricercatore a questi livelli di eccellenza?
 «Passione, fede nei propri mezzi, incrollabile perseveranza».
 - Quanto sacrificio per raggiungere questi obbiettivi?
 «Sto seguendo quello che ho sempre sognato, le mie inclinazioni, quello che sento dentro. Se poi questo sogno si traduce in un lavoro retribuito, ben venga, ma è la passione a spingermi. Ma dopo il lavoro esco con la mia ragazza, vedo gli amici, ascolto musica e leggo tanto».
 - Consiglierebbe ad altri giovani sardi il suo percorso?
 «Certo, anche se è impegnativo. Ci vuole testa, tempo e impegno. Il campo dei sensori organici è un po’ come un cantiere aperto in continua espansione. Ben vengano nuovi “operai” e “manodopera”. È necessario un continuo ricambio di idee, c’è un potenziale enorme che si può tradurre in moltissimi posti di lavoro».
 - Chi è il suo mentore,?
 «Si chiama Annalisa Bonfiglio, la mia professoressa di dispositivi elettronici, è una vera e propria madrina scientifica: mente infallibile e eccezionali doti di coordinamento».
 - Sarà un viaggio di andata e ritorno?
 «Assolutamente. Non ho mai pensato di fare l’emigrante di lusso. Anche se sono stato allettato da tante proposte, in Austria e altrove, resto qui. Voglio dare il mio piccolo contributo al benessere della mia terra».

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