UniCa UniCa News Rassegna stampa Lunedì 18 settembre 2006

Lunedì 18 settembre 2006

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
18 settembre 2006
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 4 articoli delle testate L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna  

 
1 – L’Unione Sarda
Cultura Estate Pagina 35
Salute. Al via i corsi sulle tecniche di emergenza: coinvolti bambini e forze dell'ordine
Simulo, dunque imparo
Il primo soccorso? Ci pensa l'università
Resa familiare da serie televisive di successo, la frenetica attività del pronto soccorso sembra non nascondere più segreti. Ma in realtà la cultura dell'emergenza, che significa decidere cosa fare o cosa evitare in situazioni critiche, o anche solo cosa dire al 118, non è ancora diffusa. E questo comporta un incremento dei rischi, e dei costi, a carico della collettività. Il Policlinico dell'università di Cagliari ha intrapreso un percorso in questa direzione, coinvolgendo gli studenti di Medicina in attività pratiche di primo soccorso a partire dal primo anno. Dal 2004, su iniziativa del professor Antonio Marchi, le 170 matricole frequentano un corso teorico e pratico con i manichini per le esercitazioni. E quest'anno accademico vedrà la luce anche un corso per gli studenti del terzo anno dedicato all'uso avanzato del defibrillatore e al pronto soccorso pediatrico. «Dal 2008 - spiega Gabriele Finco, responsabile del centro universitario di medicina simulata e direttore della cattedra di anestesia e rianimazione al Policlinico di Monserrato - avvieremo altri corsi, dedicati alla gestione avanzata dell'emergenza e ai traumi. Sarà necessario creare una struttura in cui allestire una ricostruzione fedele degli ambienti ospedalieri, comprese diagnostica, ambulanza, degenza e sala parto». L'ateneo cagliaritano sta investendo per offrire agli studenti occasioni formative altrimenti non praticabili. «O la cui azione - precisa Finco - potrebbe causare situazioni critiche: per esempio, non è etico far visitare un paziente da cinquanta studenti.» L'idea di fondo è riuscire a sviluppare con simulazioni pratiche un argomento per ogni anno di corso: pazienti politraumatizzati, patologie cardiache, corsi di soccorso medico avanzato con utilizzo di diagnostica e trattamento farmacologico con pazienti critici. E la tecnologia viene in aiuto: «Il manichino che utilizziamo - spiega Finco - è uno dei più avanzati al mondo: per mezzo del computer possiamo gestire le funzioni vitali, cardiovascolari e respiratorie, simulando la casistica reale. Inoltre il docente, dalla cabina di regia, può dare voce al manichino fornendo agli studenti l'opportunità di prepararsi al dialogo con il paziente». Ma la diffusione della cultura dell'emergenza passa anche attraverso le forze dell'ordine. «Una serie di nuove attività - spiega Antonio Satta, docente di primo soccorso - sono state introdotte dal preside della facoltà di Medicina, Gavino Faa, come la manifestazione conclusiva del corso di Tecniche simulate di pronto soccorso, con la partecipazione di Carabinieri, Polizia, Vigili del fuoco, Croce Rossa, Soccorso alpino e Aci. Da un anno, grazie all'intesa siglata con il Questore di Cagliari, organizziamo corsi di primo soccorso per il personale della Polizia, frequentati fino a oggi da 200 persone». In alcune città italiane, su iniziativa delle associazioni di cardiologi, gli equipaggi delle Volanti, spesso le prime a intervenire sul luogo di un incidente, sono stati formati e dotati di defibrillatore semiautomatico: i ministeri della Salute e dell'Interno ipotizzano di estendere l'esperimento in altre zone. Avere competenza delle pratiche di pronto soccorso e saper usare un defibrillatore sono elementi di inestimabile valore, oltre che segno di civiltà. «Anche per prepararci a questi scenari - spiega ancora Finco - i corsi del Policlinico coinvolgeranno gradualmente tutte le forze dell'ordine. Inoltre, per umanizzare l'ospedale, abbiamo aperto le porte anche ai bambini: due classi di seconda elementare hanno trascorso alcune ore tra anestesisti, chirurghi e infermieri impegnati a operare un finto paziente. Un autentico successo: a partire dal prossimo anno scolastico queste visite potranno diventare più frequenti». In quest'ottica, lo scorso ottobre, gli agenti di Polizia hanno accolto le scolaresche in visita alla mostra di Fisica medica (organizzata dall'associazione culturale Scienza-società-scienza alla Cittadella dei musei) con attività di pronto soccorso simulato al manichino. Così, per i bambini, camici bianchi e verdi non saranno più soltanto personaggi della tv.
Andrea Mameli
 
 
2 – L’Unione Sarda
Cultura Estate Pagina 34
Un cervello di nome Golgi Dalla "reazione nera" alla luce
Cento anni fa il fondatore delle neuroscienze moderne regalava all'Italia il primo Nobel per la medicina
«Non mi sono mai pentito di essere stato in silenzio, ma di avere parlato». Niente riflette meglio il carattere di Bartolomeo Camillo Golgi, uno dei rigorosi ricercatori che fondarono nel diciannovesimo secolo la scienza moderna. A cento anni dal conferimento del premio Nobel per i suoi studi sulla struttura del sistema nervoso, è importante ricordare Golgi non solo come lo scienziato fondatore delle neuroscienze moderne, ma anche per le scoperte nel campo della biologia e della medicina. Camillo Golgi nasce a Corteno che diventerà Corteno Golgi, un villaggio delle montagne bresciane, nel 1843. Studia medicina all'Università di Pavia dove si laurea nel 1865. Ancora studente frequenta l'istituto di psichiatria di Cesare Lombroso e il laboratorio di Giulio Bizzozero, brillante giovane professore di istologia e patologia che lo introduce alla ricerca istologica. Nel 1872, spinto da difficoltà economiche, accetta il posto di Primario all'Ospedale Pio Luogo degli Incurabili di Abbiategrasso, vicino a Milano. Tutto fa presagire che questo incarico segni la fine della sua attività di ricercatore. Al contrario, è proprio nel piccolo e rudimentale laboratorio ricavato da una cucina, che Golgi mette a punto la "reazione nera" che gli permette di visualizzare per la prima volta nella loro interezza gli elementi che formano il tessuto nervoso, solo più tardi chiamati neuroni da Wilhelm Waldeyer. La "reazione nera" o "colorazione di Golgi" consiste nel rendere il tessuto nervoso, molle e quasi gelatinoso, sufficientemente duro in potassio bicromato e nell'impregnarlo col nitrato d'argento. Questa reazione rivoluzionaria, ancora largamente in uso, per motivi sconosciuti impregna un numero limitato di neuroni in modo casuale permettendo una chiara visualizzazione delle parti che compongono il neurone, il corpo, i dendriti, l'assone. Un anno più tardi, nel 1873 Golgi scrive al suo amico Nicolò Manfredi: «Ho trascorso lunghe ore al microscopio e sono incantato dall'avere scoperto una nuova reazione per dimostrare anche ad un cieco la struttura dello stroma (la trama del tessuto) della corteccia cerebrale». L'osservazione di Golgi al microscopio è filtrata da convinzioni che affondano nel dibattito scientifico e filosofico diviso tra la concezione olistica, che attribuisce un'azione unitaria al sistema nervoso, e che Golgi condivide, e quella modulare, basata sull'autonomia delle cellule nervose. Golgi immagina le ramificazioni delle fibre nervose collegate tra loro attraverso anastomosi (adesione diretta o contatto intimo) in modo da formare una rete ("teoria reticolare") in cui l'impulso nervoso, già conosciuto grazie alle scoperte di Galvani, si propaga. Nel 1876 torna a Pavia come professore di Istologia e un anno più tardi sposa Lina Aletti, nipote di Bizzozero. I due non hanno figli ma adottano la nipote Carolina. Nella sua pubblicazione più importante "Sulla fine anatomia degli organi centrali del sistema nervoso", Golgi svolge un lavoro importantissimo per la descrizione del sistema nervoso. Alcune delle figure originali, bellissime nei colori e finissime nelle descrizioni, sono probabilmente disegnate dalla moglie Lina. Alcuni suoi articoli, per la loro modernità descrittiva, sono stati di recente tradotti in inglese e pubblicati su autorevoli riviste scientifiche per permetterne la divulgazione. Golgi godette sempre di grande rispetto e stima in Italia come all'estero. Rettore dell'Università di Pavia per vari anni, ritirandosi nel 1918 rimase all'Università come professore Emeritus. Golgi svolse un ruolo attivo nella vita pubblica, diventando senatore, e nella salute pubblica, promuovendo il trattamento riabilitativo dei feriti della prima guerra mondiale. Ironia della sorte, la "colorazione nera" permise, al suo grande rivale spagnolo Santiago Ramón y Cajal di interpretare correttamente il sistema nervoso come composto di unità anatomicamente e funzionalmente distinte, mentre Golgi testardamente contestò sempre la teoria del neurone. Cajal descrisse così la sua emozione quando osservò gli elementi neuronali grazie alla colorazione di Golgi: «Sullo sfondo giallo, di una translucidità perfetta, appaiono sparsi filamenti neri, lisci e sottili o spinosi e spessi, i corpi neri triangolari, stellati, fusiformi. Si direbbero disegni all'inchiostro di china sopra un foglio trasparente del Giappone... Meravigliato l'occhio non può staccarsi da questa contemplazione! Il sogno tecnico è realtà! L'impregnazione metallica ha fatto questa dissezione fine, insperata. È il metodo di Golgi». Nel 1906 Golgi condivise con Cajal il premio Nobel per i suoi studi sulla struttura del sistema nervoso. Durante la cerimonia, i due scienziati cosi vicini nel loro lavoro di ricerca ma cosi lontani nell'interpretazione dei fenomeni osservati non si parlarono neppure. Golgi e Cajal anche se uniti nel desiderio di conoscenza del sistema nervoso erano profondamente diversi nel carattere e nello stile di vita. Cajal artista, amante della vita all'aria aperta, studente difficile, frequentatore di caffè dove amava trattenersi in conversazioni filosofiche, ebbe 7 o 8 figli (il numero resta incerto). Al Museo di Pavia dedicato a Golgi è conservata una cartolina nella quale Cajal annuncia una visita a Pavia e il desiderio di incontrare Golgi, che si negò, cosicché i due si incontrarono solo durante la cerimonia del Nobel. Golgi fu un ricercatore molto prolifico e fece scoperte che costituiscono dei capisaldi delle neuroscienze e della biologia in generale. Un'altra sua scoperta rivoluzionaria nel campo della biologia, fu l'identificazione, attraverso una variante della "colorazione nera" di organelli situati all'interno delle cellule a forma di sacculi che presero il suo nome, "apparato del Golgi". Per anni la sua esistenza fu messa in discussione fino a che, nella metà degli anni cinquanta, il microscopio elettronico, che da una parte dimostrò la presenza di sinapsi tra i neuroni, in contrasto con la teoria reticolare di Golgi, dall'altra fornì la prova incontrovertibile dell'esistenza dell'apparato del Golgi. Camillo Golgi, come i veri grandi scienziati e maestri, non solo portò la ricerca biomedica italiana a livelli mai prima raggiunti, ma motivò e ispirò tantissimi allievi le cui ricerche sono ancora oggi ricordate come capisaldi della biologia moderna, da Adelchi Negri a Emilio Veratti, Carlo Martinotti.
Micaela Morelli
 
3 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari Pagina 22
Alghero
Tecnologie: esperti mondiali a confronto
All'Hotel Catalunya, da oggi al 20 settembre, dalle 9 alle 18, si terrà la conferenza internazionale "MobiMedia". Per accademici e ricercatori di tutto il mondo sarà una delle principali occasioni di confronto sulle ultime tecnologie legate alla comunicazione multimediale attraverso canali mobili. L'incontro è organizzato dal gruppo di ricerca di telecomunicazioni del dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell'Università degli studi di Cagliari.
 
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 11 - Sassari
Uno screening per vivere meglio 
Specialisti del fegato in campo per fornire analisi e consulenze 
Grande successo dell’iniziativa proposta in piazza d’Italia dall’associazione Amore per la vita 
Antonio Salvatore Sassu
 SASSARI. «Un successo oltre le aspettative». È questo il primo bilancio degli organizzatori dello screening gratuito del fegato, una iniziativa che si è svolta per due giorni, sabato scorso e ieri, in una gazebo montato per l’occasione in piazza d’Italia. Lo screening del fegato è stato organizzato dall’associazione Love for life, love for liver, (Amore per la vita, amore per il fegato).
 L’iniziativa ha attratto una grande folla di interessati, oltre 1.500 persone in due giorni, giovani e anziani, uomini e donne, non solo interessati allo stato di salute del proprio fegato ma anche alle varie iniziative dall’associazione sassarese che è gemellata con l’Associazione sarda trapianti e che aderisce alla Federazione nazionale delle associazioni di volontariato malattie epatiche e trapianto. Sabato pomeriggio si sono sottoposti ai prelievi anche i componenti della banda Città di Sassari che hanno tenuto un mini concerto, eseguendo anche «Fratelli d’Italia».
 All’interno del gazebo volontari, crocerossine e volontari della Misericordia, e, ovviamente, medici specialisti del fegato e i tecnici della casa farmaceutica Roche, che ha fornito anche i kit per l’esame del sangue che veniva prelevato con una puntura sul pollice; all’esterno volotantari arrivati da Cagliari che distribuivano volantini, depliant e compilavano le schede di chi si sottoponeva allo screening. Una pattuglia che si è mobilitata per mettere a disposizioni del pubblico la propria esperienza nel campo delle malattie epatiche e dei trapianti, non solo per dare un referto medico ma per fornire solidarietà e sostegno morale a chi più ne ha bisogno, soprattutto a chi non ha ancora elaborato la propria patologia. E sono state oltre 700 le persone che si sono sottoposte allo screening, e altrettante sono dovute andare via perché non c’è stato il tempo materiale di soddisfare tutte le richieste, dato che a ogni paziente venivano dedicati almeno una decina di minuti.
 Dell’iniziativa abbiamo parlato con Noemi Sanna, medico e psichiatra della clinica universitaria di Sassari e uno dei fondatori dell’associazione Love for liver, love for life.
«L’associazione è nata dopo che è stata resa pubblica la notizia che il prof. Paolo La Colla, dell’istituto di microbiologia dell’università di Cagliari, ha individuato un antivirus, in corso di sperimentazione, che combatterebbe anche il virus dell’epatite C. Dopo aver saputo di questa scoperta, Ica Cherchi e io abbiamo fondato questa associazione, coinvolgendo altri trapiantati e specialisti come il professor Antonello Solinas, il dottor Franco Bandiera, il dottor Vincenzo Migaleddu, il professor Alberto Porcu, e l’epidemiologo Renzo Ginanneschi, che formano il comitato scientifico, assieme ad altri specialisti. Lo scopo della nostra associazione è quello di sensibilizzare la popolazione sulle epatopatie, mettendo l’accento sulla ricerca e sulla prevenzione». Soddisfatta dei risultati della due giorni in piazza? «Sicuramente. È stata la nostra prima iniziativa pubblica di una certa importanza e i risultati sono stati molto soddisfacenti. Lo screening in piazza è come se il laboratorio scientifico entrasse nelle case, e la gente non si è lasciata sfuggire questa occasione. Colgo l’occasione anche per ringraziare il sindaco Gianfranco Ganau, che si è dimostrato molto sensibile all’argomento, venendoci incontro in tutto i modi. Ed è importante che anche gli amministratori pubblici si rendano conto dell’importanza di queste iniziative».

Questionario e social

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