Lunedì 24 luglio 2006

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 luglio 2006
Rassegna a cura dell’Ufficio stampa e web
Segnalati 5 articoli delle testate L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna

 
 
1 – L’Unione Sarda
Pagina 8 – Cagliari
Da oggi al 30 l'Università estiva
Danzaterapia, al Tanka esperti da tutto il mondo
Un momento di incontro, studio, approfondimento e confronto fra esperti nazionali e internazionali che lavorano nel settore della Danzaterapia. Si svolgerà da oggi al 30 luglio al Tanka Village di Villasimius la tredicesima edizione dell'Università Estiva di Danzaterapia organizzata dal Centrostudi Danza Animazione Arte Terapia presieduto da Vincenzo Puxeddu, medico danzaterapeuta. Durante la settimana verranno messe a confronto le diverse scuole attraverso l'esperienza di differenti tecniche e metodologie, workshops, seminari, video sections, comunicazioni a cura di operatori italiani e stranieri. Il programma 2006 (realizzato con il patrocinio dell'Università di Cagliari, del Ministero della Pubblica istruzione, dal Ministero della Salute, dell'Associazione Professionale Italiana Danzamovimento terapia, dall'Association Européenne de Danse Thérapie e dalla sezione sarda della Società italiana di Medicina psicosomatica) prevede un momento formativo-esperienziale dal 24 al 29 luglio: "Corpo, Arte, Relazione: il Processo Creativo attraverso la DanzaMovimentoTerapia Integrata", e una giornata di studio sul tema: "DanzaMovimentoTerapia: una professione creativa nella relazione d'aiuto" prevista per il 30 luglio. Agli incontri prenderanno parte, oltre al dottor Vincenzo Puxeddu, il professor Bernardo Carpiniello, direttore della Clinica psichiatrica dell'Università di Cagliari, Jeanette Mac Donald e Penelope Best ? danzamovimento terapeuti dell'associazione inglese di Danzamovimento terapia. L'Università Estiva di Danzaterapia in particolare è rivolta a coloro che operano professionalmente attraverso la DanzaMovimento terapia in ambito psicoterapico, riabilitativo, socio-educativo, ai responsabili, ai docenti, agli studenti delle differenti formazioni di DanzaMovimento terapia e Arti Terapie, alle associazioni e agli organismi che si occupano di DanzaMovimento terapia e Arti Terapie ma anche a tutti coloro che desiderano fare esperienza o approfondire la conoscenza di questa disciplina.
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 16 – Oristano
Pronti 40 tirocini per laureati
Ambiente e lavoro, quattro bandi del Gal
Energie alternative, tirocini formativi ma anche innovazione tecnologica per le aziende alimentari e animazione culturale sono le ultime proposte del Gal Montiferru, Barigadu e Sinis per dotare l'Alto Oristanese di infrastrutture necessarie per un rilancio dell'economia attraverso anche la formazione di laureati. In particolare i bandi riguardano contributi per l'installazione, nel territorio del Gal, di "impianti fotovoltaici" pilota per il miglioramento del sistema economico-produttivo utilizzando la produzione energetica diffusa e sostenibile attraverso la diffusione delle fonti rinnovabili. Il bando dei "Tirocini" riguarda 40 tra donne, giovani e soggetti diversamente abili diplomati e laureati del territorio del Gal. L'inserimento avverrà in imprese regionali e nazionali. Il bando "Innovazione tecnologica" intende sostenere l'adeguamento tecnologico delle linee di produzione esistenti delle piccole imprese del territorio e per introdurne nuove con piccole integrazioni nell'impiantistica per una diversificazione dei processi produttivi. Ciò a partire dall'utilizzo di materie prime locali. Infine il bando "Animazione culturale" rivolto agli Enti locali con priorità ai raggruppamenti di Comuni che presentino il loro programma di animazione culturale, mira a creare una "strategia di rete" per la fruizione di diverse espressioni culturali volte anche al recupero della memoria materiale ed immateriale del territorio. Sono previsti concorsi, esposizioni di pittura, fotografia, scambi culturali nei circuiti nazionali e internazionali. Gli operatori della sede del Gal in piazza Mannu a Seneghe sono a disposizione per fornire tutte le informazioni.
Joseph Pintus

 
 
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 15 - Cronaca
Seminario. Incontro organizzato dalla Unioncamere
Università e aziende d’accordo: «Lavorare insieme per la ricerca»
CAGLIARI. Impresa e università, due mondi talmente complementari che però continuano a non comunicare a causa della reciproca mancanza di confidenza. È quanto è emerso da uno studio promosso dal Centro Servizi Promozionali per le Imprese, all’interno di un progetto a cui hanno aderito quaranta camere di commercio in tutta Italia. Il seminario «Impresa e Ricerca: due Mondi che si incontrano» è stato promosso proprio per agevolare il dialogo soprattutto alla luce di quelle che sono le esigenze tecnologiche delle imprese cagliaritane. I settori analizzati sono stati quello della lavorazione dei metalli e dell’agro-alimentare, e dallo studio è emerso che le aziende incontrano grandi difficoltà nell’investire in innovazione, sia per i costi sempre più gravosi sia per le dimensioni ridotte delle aziende che non possono sostenere i costi e hanno invece costante bisogno di supporto da parte dell’Ente Pubblico. Le piccole e medie imprese non investono in innovazione anche perché spesso non sanno a chi rivolgersi, ma tutte hanno mostrato una forte consapevolezza dell’importanza dell’innovazione tecnologica sia di prodotto che di processo. Gli imprenditori hanno lamentato anche un rapporto carente proprio con i centri di ricerca e le università, nonostante guardino con particolare attenzione alla formazione professionale come strumento essenziale per reperire personale qualificato. Al seminario hanno partecipato l’assessore alla Programmazione Francesco Pigliaru, l’università il Consorzio 21, le associazioni imprenditoriali e sindacali e l’Union Camere. (sts)
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 15 - Cronaca
Sa Duchessa. La protesta di Rifondazione comunista
Stadio del Cus abbandonato, gli studenti senza più sport
CAGLIARI. Un centro sportivo che potrebbe essere il fiore all’occhiello dell’Università, ma invece è dimenticato e ha persino qualche area divenuta ormai inservibile. E’ il Cus, il Centro sportivo universitario, ormai il fantasma di sé stesso soprattutto visto lo stato della palestra e dei campi da tennis e da basket.
 La denuncia arriva da Michele Piras, dirigente provinciale di Rifondazione comunista che dice: ‹‹Sono passati solo cinque anni da quando la nuova palestra del Cus è stata messa a disposizione degli studenti, ma sembra che siano passati dieci››. Il motivo? ‹‹Non è stata fatta mai alcuna manutenzione - dice Piras - la metà degli attrezzi non sono più utilizzabili e molti altri sono proprio rotti››. Che non si cerchino responsabili tra gli studenti, ammonisce il dirigente rifondarolo: ‹‹E’ normale - dice il portavoce di Rinfodazione - che col tempo qualsiasi strumento possa rovinarsi. Ma non è normale che questi attrezzi siano stati abbandonati a sé stessi, senza neppure essere mai ingrassati››. Un fattaccio che contribuisce ad abbassare il livello della qualità dei servizi resi agli studenti che per le cifre pagate in tasse, va avanti Piras, ricevono ben poca roba. Ma la palestra non è che la punta dell’iceberg: ‹‹Nello stesso centro sportivo - dice ancora Michele Piras- dei quattro campi da tennis solo uno è utilizzabile, perché negli altri sono presenti troppe bolle d’aria, mentre il capannone del campo da basket e il campo da baket all’aperto forse non sono mai stati usati››. Le conseguenze sono un diffuso scoraggiamento degli studenti, dice Piras, e quindi un preoccupante l’azzeramento delle attività sportive. (sz)
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
Il decano degli archeologi isolani, Giovanni Lilliu
Il Sardo: parlalo, così lo salvi
«I beni culturali della nostra isola dobbiamo gestirli noi»
CAGLIARI. Accanto a un’acquaforte del nuraghe di Barumini c’è una foto a colori dell’Ardia di Sedilo, con la Prima Bandiera che scende al galoppo dal cocuzzolo di Su Frontigheddu e si appresta ad attraversare l’arco di San Costantino.
 L’angolo del cuore del professor Giovanni Lilliu è simboleggiato in queste due immagini, appese in cornice al muro del salone di casa sua, in via Copernico a Cagliari. La reggia nuragica del paese natale, da lui dissotterrata nei primi anni Cinquanta con una felice intuizione - la mega struttura era completamente coperta di terra, sulla sua sommità i contadini baruminesi seminavano fave - è un rimando materno di intensità ineffabile, mentre l’A’rdia è l’immagine più consona a rappresentare la costante resistenziale dei Sardi, la teoria che da tre decenni porta il nome dell’illustre archeologo accademico dei Lincei. In queste settimane il professore emerito - che ha compiuto novantadue anni il 13 marzo scorso - vive un momento di profonda felicità interiore, alimentata dalla svolta impressa dalla Regione alla politica linguistica nel suo complesso, con la proposta di un modello di lingua comune e una linea programmatica più attenta al problema della formazione degli insegnanti di lingua sarda e alla tutela concreta delle varianti. Ma gli piacerebbe che si puntasse ancora di più e meglio sulla lingua parlata.
 - Partiamo dalla svolta. Sulla limba, dunque, si va avanti bene?
 «Non c’è dubbio. Però ancora manca il passaggio fondamentale: per poter vivere, la lingua ha bisogno di essere parlata. Se ne discute molto ma la si parla poco, troppo poco. Occorre parlarla di più. La migliore tutela è quella che viene dalla lingua viva in bocca alla gente. Da questo punto di vista siamo carenti».
- Infatti negli ultimi tempi la Regione, a quanto si dice, insiste con l’Università perché intensifichi l’impegno e lo renda produttivo.
 «L’Università in passato è stata sempre nettamente contraria. Oggi, per fortuna, non lo è. Questo mi sembra un fatto molto positivo. Ai miei tempi la lotta era dura. Ma adesso l’Università deve fare di più e - mi permetto di aggiungere - anche di meglio».
- In quale direzione?
 «Deve finalmente entrare a far parte della società. Bisogna riconoscere che finora se n’è tenuta lontana. Ma adesso deve lavorare per e con la società. Lo dice la parola stessa: Università significa di tutti. E di tutti dev’essere, non solo di chi studia ma anche del popolo sardo. Se non è di tutti non ha diritto di chiamarsi Università».
- Se gli Atenei si mettono davvero a formare gli insegnanti, allora la lingua potrà entrare a scuola, anche se la prima scuola vera dovrebbe essere la famiglia.
 «Tutti abbiamo imparato il sardo in casa. Io stesso, orfano di madre fin da bambino, l’ho appreso così. I miei nonni materni mi parlavano solo in sardo, mai in italiano. La lingua deve essere patrimonio comune, la si deve parlare il più possibile. Insisto, il problema di fondo è proprio questo: bisogna parlare la lingua».
- Parlarla e scriverla, anche?
 «Sì, certo. Non ho alcun dubbio. Però, vedi, la scrittura è importantissima e c’è già chi lavora molto e bene, su questo fronte, facendo un’opera meritoria. Ma la parola è ancora più importante. La lingua vive solo se suona di continuo in bocca alla gente. Se non viene parlata muore a poco a poco».
- Il rifiuto del sardo negli anni Settanta nasceva da una sorta di vergogna. Oggi da che cosa può venire, questa avversione?
 «Molti degli avversari pensano che il sardo sia una lingua minore. Qualcuno, e dico il peccato ma non i peccatori, arriva a sostenere che il sardo non si deve insegnare né imparare perché è una lingua di pastori».
- Invece?
 «È la lingua di tutti, in Sardegna. Di tutte le classi sociali, senza distinzione: è sempre stato così. Chi dice il contrario afferma il falso».
- Questi della serie “ne parlo ma non la parlo” temono soprattutto che entrino in gioco i parlanti veri. Se avvenisse questo, i parlanti apparenti e i non parlanti perderebbero importanza. Non le sembra?
 «Sono perfettamente d’accordo con te. Perciò è fondamentale che la lingua sarda sia parlata e scritta. In più anche la nostra è una lingua universale e non è affatto vero che sia povera, come qualcuno si ostina a sostenere. Se per ogni paese della Sardegna si facesse un repertorio lessicale, ne verrebbe fuori in tutto il suo splendore la grande ricchezza della nostra lingua».
- La politica regionale oggi le sembra più attenta al problema linguistico di quanto non lo sia stata finora?
 «Mi sembra evidente. C’è stato un netto miglioramento, non lo si può negare. Lo stesso presidente Renato Soru, che parla molto bene il sardo nella sua variante, è venuto due volte a casa mia e tutte e due le volte abbiamo parlato in sardo. Io gli ho raccomandato di prendersi a cuore il problema della lingua e lui mi ha promesso che l’avrebbe fatto. Eravamo proprio qui, nello stesso punto in cui siamo stamattina noi due. Mi fa piacere che Soru stia mantenendo la promessa».
- Che cosa pensa, invece, della scarsa attenzione che gli amministratori regionali incontrano da parte di Prodi, che pure guida un governo considerato amico?
 «Noto anch’io una scarsa considerazione e ne sono molto preoccupato. Non riesco a capirne i motivi. La mia preoccupazione nasce anche da questo. Però sono convinto che la Regione saprà difendere i suoi sacrosanti diritti, che le derivano innanzi tutto dall’avere uno statuto speciale».
- Lei è stato anche consigliere regionale. Come le sembra, complessivamente, la politica sarda di oggi?
 «I giovani li vedo lontani e poco interessati alla politica. E invece avremmo bisogno proprio di forze fresche animate da ideali veri: il ricambio sarebbe un colpo d’ala e restituirebbe alla politica l’interesse per i problemi generali, distogliendola dalla coltivazione dei singoli orticelli. Ci si deve allontanare dalla meschinità degli interessi singoli per volare alto, verso la difesa di tutti i cittadini».
- Nel tempo in cui lei faceva politica attiva non era così?
 «No, e non solo per quanto mi riguarda. Io e molti altri consideravamo la politica un’arte nobile e il nostro fine era l’interesse della Sardegna. Ricordo un nome su tutti: Sebastiano Dessanay. Lui socialista, io democristiano. Ma nei nostri comportamenti non c’era differenza».
- Oggi un Dessanay non c’è?
 «Sicuramente no. Un nuovo Sebastiano non esiste proprio».
- Un’altra questione, professore. Lei non ha mai fatto mistero di essere credente. Non le sembra che oggi la Chiesa sia troppo lontana dalla politica?
 «Sì. È lontana dalla politica e dalla lingua, sempre più lontana. Negli anni scorsi il clero sardo sembrava interessato al problema ma poi, purtroppo, ho visto che non si trattava di interesse vero e profondo».
- Parlare con lei senza toccare il problema dei beni archeologici sarebbe come andare a Barumini e non visitare il nuraghe. Qual è la questione di fondo?
 «I beni archeologi e culturali in genere li dobbiamo gestire noi, come avviene in tutte le altre Regioni a statuto speciale. L’ho ricordato anche a Soru, che è d’accordo: la gestione dei beni non può continuare ad essere dello Stato».
Anche lui è un nuraghe, il più grande di tutti, ma si tutela da sé attraverso la stima e l’affetto degli uomini di buona volontà.
 
 

Questionario e social

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