Venerdì 30 giugno 2006

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
30 giugno 2006
Rassegna a cura dell’ufficio stampa e web
Segnalati 5 articoli delle testate: L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna 

 
1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 19
Omaggio dell’Ateneo all’ex rettore Casula
Novant’anni, creatore dell’istituto di Medicina del lavoro, una vita passata nell’Università: ieri mattina Duilio Casula (foto Nicola Belillo), nato a Gesturi il 24 giugno 1916, è stato festeggiato nell’aula magna della cittadella di Monserrato dal rettore Pasquale Mistretta, il preside di Medicina Gavino Faa, il sindaco Emilio Floris, il presidente dell’ordine dei medici di Cagliari Raimondo Ibba e da tutti i suoi allievi.
 
2 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari Pagina 44
Sassari Università: mostra sui siti fenicio - punici
Sarà inaugurata nel pomeriggio di oggi, alle ore 18, nei locali dell’Aula Magna dell’Università degli studi, una mostra fotografica, che ripropone i momenti salienti dei ritrovamenti archeologici, nei principali siti della Sardegna, risalenti al periodo fenicio-punico. La mostra, realizzata dal Dipartimento di storia dell’ateneo sassarese, con la collaborazione del Corpo della Guardia di Finanza, vedrà la partecipazione del magnifico rettore Alessandro Maida, del comandante regionale della G.d.F., Fabio Morera, e del comandante provinciale, Giovanni Casadidio. (g.f.)
 
3 – L’Unione Sarda
Quartu S.Elena Pagina 22
verbum Cinque nuovi laureati in mediazione linguistica
Nuovi laureati tra gli allievi della Scuola superiore per mediatori linguistici "Verbum" di via Dante. A ottenere il titolo di studio sono stati Viviana Cuscusa, Maria Antonella Mercolella, Piero Tola e Silvia Tronci. I quattro studenti hanno conseguito la laurea in Scienze della mediazione linguistica per le lingue inglese e francese. Un altro neo-laureato, Federico Lampis ha invece ottenuto il massimo dei voti, per le lingue inglese e spagnolo. La commissione d’esame, oltre che dal direttore della scuola Giuseppe Contini e dalla docente Laura Jottini, esperto nominato dal ministero, era composta dai docenti Nicoletta Sciarrone, Dominique Garnier, Edoardo Pau, Massimo Cogotti, Peter Gregory-Jones e Andrea Asquer. La scuola di via Dante è l’unica in città abilitata dal ministero dell’Istruzione al rilascio di titoli universitari. (b. s.)
 
 

 
 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 3 - Fatto del giorno
Sardegna, dal vecchio «balente» al balordo 
Spariscono sequestri e vendetta. Aumentano le rapine, ma nelle aree urbane 
Dopo 35 anni, un rapporto rigoroso dell’ateneo sassarese rivela i cambiamenti nei delitti nell’isola 
COSTANTINO COSSU 
SASSARI. La Sardegna ha una sua specificità anche nelle forme di criminalità. E’ il primo dato che emerge dal rapporto di ricerca coordinato da Antonietta Mazzette per il Dipartimento di economia, istituzioni e società dell’Università di Sassari. Si tratta del primo rapporto dell’ateneo sassarese, di un nuovo rapporto dopo quello della commissione d’inchiesta del 1972 che rivela i mutamenti della criminalità sarda.
 La particolarità dell’isola è già stata messa in evidenza più volte, con riferimento alle strutture economiche e sociali della Sardegna e alla loro arretratezza. Ciò che è del tutto nuovo, nel rapporto che ora viene reso noto, è che la criminalità isolana è messa in relazione, invece, con i mutamenti radicali che proprio quella struttura economico-sociale ha subito per effetto di un processo di modernizzazione pluridecennale, ormai giunto a compimento. Siamo, insomma, a un vero e proprio salto di paradigma. La specificità delle forme di criminalità rispetto al quadro nazionale non è più da ricercare nel passato, ma in un presente in cui la tradizione, antichi codici di valore compresi, gioca ormai un ruolo residuale.
 Si scopre allora, leggendo il rapporto, che, se rispetto alla maggior parte dei reati la Sardegna è in linea con i dati nazionali, ci sono due categorie di delitti che nell’isola sono sensibilmente più frequenti: gli omicidi e gli attentati. E che tutt’e due queste categorie di crimine hanno tassi di frequenza particolarmente alti in una zona che non è più la Sardegna centrale. Alla Barbagia si aggiunge la fascia costiera occidentale, da Olbia sino a Tortolì.
 Antonietta Mazzette e Camillo Tidore, che si sono occupati della parte del rapporto dedicata agli omicidi, hanno scoperto che la motivazione tradizionale di questo crimine, la vendetta, è praticamente scomparsa, sostituita, al primo posto tra le cause che spingono ad uccidere, dai «futili motivi» (il 25 per cento del totale). Un segnale che dei vecchi codici ormai sopravvive solo la forma, ovvero il ricorso alla violenza come modalità diffusa di regolazione sociale. La sostanza non ha più nulla a che fare con la reale articolazione dei rapporti tra gli individui all’interno della comunità. I “balentes” di oggi non sono più agenti di un codice di giustizia alternativo a quello della modernità; sono balordi che usano la pistola per risolvere una lite al bar.
 Gli attentati. Di questa parte della ricerca si sono occupati Maria Grazia Giannichedda e Carlo Usai, che rilevano come questo tipo di reato sia relativamente nuovo in Sardegna. Nel passato era molto meno presente. E’ solo a partire dal 1985 che gli attentati cominciano a crescere con un andamento vertiginoso, sino al picco del 1991: 385 in un anno. Oggi le frequenze di questo delitto sono il triplo di quelle della Sicilia e di poco inferiori a quelle della Calabria. Più della metà degli attentati sono compiuti nella provincia di Nuoro: il 52,3 per cento contro il 22,9 di Sassari, il 20,3 di Cagliari e il 4,5 di Oristano. Se si considerano, però, i dati comune per comune, c’è una sorpresa. Il primo posto va a Olbia: 16,8% rispetto al 9,7 di Nuoro. Il terzo e il quarto della classifica sono occupati da Fonni e da Orgosolo. Al quinto c’è Buddusò.
 Dal punto di vista dell’analisi qualitativa, Giannichedda e Usai rilevano come la stragrande maggioranza degli attentati resti impunita, quasi mai si arriva ai colpevoli. Altro dato importante è che questo tipo di delitto non è esclusivo delle zone interne né di aree povere e marginali, come dimostra il dato clamoroso di Olbia ma anche l’alta frequenza di attentati lungo tutta la fascia costiera da Santa Teresa a Tortolì, zona turistica con tassi di reddito pro capite in crescita. Infine, soltanto l’8,7 delle vittime ricoprono incarichi politici o amministrativi e solo il 4 per cento sono poliziotti o carabinieri. Dato che ha una sua rilevanza se si vuole spiegare il fenomeno attentati. Spiegazione che Giannichedda e Usai legano a quattro principali moventi: le estorsioni, la concorrenza tra piccole imprese, la pressione verso autorità o istituzioni pubbliche, i contrasti di famiglia o di vicinato. Con una netta prevalenza delle prime due tipologie, a conferma del fatto che anche per gli attentati la radice del problema non affonda più nel passato e invece ha molto a che fare con il processo di modernizzazione, o meglio, con le particolari caratteristiche che quel processo ha assunto in alcune zone della Sardegna. In alcune aree urbane, ad esempio Olbia, la modernizzazione sembra essersi compiuta senza residui. E qui siamo in presenza di forme di criminalità molto simili, nei modi e nei moventi, a quelle di qualsiasi altra area urbana. Nelle zone, invece, dove più forte era il peso della tradizionale struttura economico-sociale e dei suoi codici di valore, sembra essersi realizzato una sorta di equilibrio, in cui alcuni aspetti del vecchio (l’uso della violenza come strumento di regolazione dei rapporti sociali) convivono con una società ormai pienamente inserita nel contesto dell’economia mondializzata.
 Un’analisi che pare confermata anche dal capitolo della ricerca dedicato alle rapine, tipico reato urbano, di cui si sono occupati Stefania Paddeu e Camillo Tidore. Al contrario di quanto avviene per omicidi e per attentati, la media sarda di questo delitto è nettamente inferiore a quella nazionale, con una prevalenza della provincia di Cagliari, la più urbanizzata dell’isola. Il dato interessante è che mentre Cagliari e Sassari, nel periodo dal 1993 al 2003, viaggiano su un trend di stabilità, per Nuoro e provincia il tasso di rapine è in costante ascesa. Spariscono i sequestri di persona e aumentano, di anno in anno, le rapine. Un altro segnale di modernizzazione, in un quadro, dentro il quale la violenza è ancora una costante.
 «Occorre spiegare - scrive Giovanni Meloni nel capitolo «La criminalità in Sardegna, un’interpretazione» - perché, nonostante i notevoli mutamenti economici e sociali, che hanno determinato la scomparsa del “banditismo classico” legato al “codice della vendetta”, si conservi pur sempre, in determinate aree dell’isola, un tasso di violenza assai elevato. L’ipotesi che qui avanziamo parte dalla constatazione che i processi economici, mentre hanno mutato la struttura della società delle aree interessate (eliminando la pastorizia transumante), non hanno risolto i problemi sociali di fondo».
 Il vecchio, insomma, sopravvive come forma senza più contenuti. La violenza, slegata dagli antichi codici, diventa uno degli aspetti di una modernità realizzatasi solamente a metà. Con il rischio che il peggio del vecchio e il peggio del nuovo si puntellino a vicenda. Rischio che vale, in Sardegna, per la criminalità e per molte altre cose.
 
5 - La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Laureati costretti a lavorare come braccianti 
Stranieri nell’isola: ignorati i loro titoli 
CAGLIARI. Sono circa quindicimila gli stranieri in Sardegna di cui il 49.5% sono donne e molti di questi, nonostante un elevato grado di formazione, sono spesso costretti a trovare lavoro come braccianti, badanti o venditori ambulanti di chincaglieria, spesso anche a causa delle difficoltà di ottenere il riconoscimento dei titoli di studio. Ma sono sempre più numerosi anche gli italiani che scelgono di studiare all’estero.
 Individuare i modi per far riconoscere i propri titoli diventa fondamentale anche per evitare che tante capacità, conoscenze e competenze vadano perse in mercati dove la specializzazione è diventata indispensabile.
 Se ne è discusso ieri in un seminario dal titolo ‘Ti riconosco’ organizzato dall’associazione Aidos in collaborazione con l’Università di Cagliari nei locali dell’Ersu di Via Trentino. Secondo Patrizia Mureddu, pro-rettore alla didattica dell’ateneo cagliaritano «sistemi burocratici, farraginosi e costosi scoraggiano a richiedere il riconoscimento dei titoli».
 Il problema non è solo italiano. Oggi, con una sempre maggiore mobilità della popolazione mondiale, si è sentita l’esigenza di adeguare le norme alle richieste di una società sempre più multietnica. Già dal 2002 non si parla più di equipollenza, proprio perché è considerata una procedura obsoleta. La Convenzione di Lisbona ha introdotto alcune novità come il diritto ad un equo riconoscimento dei titoli e alla non discriminazione, ma restano problemi comparativi fra modelli di istruzione diversi anche all’interno dell’Europa stessa, dove coesistono il modello anglosassone e quello continentale.
 Secondo Carlo Finocchietti, responsabile della fondazione Cimea «fra gli ostacoli vi è il tentativo di autofesa dei sistemi basata su un principio di autoreferenzialità, che vede accademici e ordini professionali restii a riconoscere i titoli esteri».
 L’università - è stato detto - non è più il solo ente preposto al riconoscimento, che oggi può essere richiesto a vari enti a seconda delle finalità, ma vi sono poi ostacoli di natura culturale, ossia laddove vi è scarsa integrazione e scarsa mobilità si tende ad essere diffidenti nei confronti di persone con titoli conseguiti all’estero.
Stefania Siddi 

Questionario e social

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