Lunedì 24 aprile 2006

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 aprile 2006
Rassegna a cura dell’Ufficio stampa e web
Segnalati  6 articoli delle testate L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna

 
 

1 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 47
Convegno
Che cosa accade a un cervello durante il coma?
Il rapporto tra mente e cervello nello stato di coma, ma anche terapie e risultati dei trattamenti post-coma. Sono i temi del convegno organizzato dalla fondazione "Nostra Signora del Rimedio" e dal Centro di Cura e riabilitazione "Santa Maria Bambina» di Oristano che richiamerà nell’Caesar’s Hotel di via Darwin alcuni dei maggiori esperti della materia. La segreteria scientifica della manifestazione (inizio previsto alle 16) è diretta da Renato Versace, primario del reparto di Chirurgia toracica dell’ospedale Binagli e da Giovanni Maria Sanna, direttore del centro di Oristano. Interverranno i relatori Francesco Marrosu (scuola di specializzazione in Neurofisiopatologia dell’Università di Cagliari), Lyudmilla Chernikova, professore di neurologia presso l’Accademia Russa delle Scienze Mediche. Durante il convegno verranno illustrati anche i risultati ottenuti in Sardegna dal Centro di Cura e Riabilitazione "Santa Maria Bambina" di Oristano, uno dei sette centri europei che dispongono di un sistema computerizzata per la deambulazione robotizzata.


2 - L’Unione Sarda
Prima Pagina - Pagina 1
L’altra faccia della Storia La lingua sarda è morta da 600 anni
di Francesco Cesare Casula
Ho raccontato altre volte, anche sulle pagine di questo giornale, che la lingua sarda nasce dalla lenta trasformazione del latino a ridosso del Mille dopo Cristo. Aveva già in sé il seme della disunione perché, dalla catena del Marghine in su, tutte le "c", accompagnate da "e"e da "i", si pronunciavano "k", e ancora oggi, nel Capo di Sopra, per dire "cento" si dice "kentu", per dire "cinque" si dice "kimbe", mentre nel Capo di Sotto si dicono "centu"e "cincu". Sennonché, sempre attorno al Mille, si formarono quattro Stati sovrani - i regni giudicali di Càlari, Torres, Gallura e Arborèa - che, in piena indipendenza, elaborarono ciascuno per proprio conto la lingua tanto che, se il processo fosse durato, alla fine si avrebbero avute quattro lingue nazionali distinte: il Calaritano, il Logudorese, il Gallurese e l’Arborense, probabilmente incomprensibili fra loro, come successe nello stesso tempo in Europa con l’italiano, il francese, lo spagnolo e il rumeno, anch’esse nate dal latino. Purtroppo, i regni giudicali durarono solo trecento anni, troppo poco per maturare ognuno una propria lingua. Visse più a lungo il Regno di Arborèa che, avendo conquistato nel Trecento quasi tutta l’isola, impose la sua lingua fin nei villaggi più sperduti della Sardegna, tenendo presente la grande divisione fra nord e sud; tant’è che la Carta de Logu è scritta nelle due varianti che i linguisti chiamano satem e kentum, ma che per noi sono semplicemente il campidanese e il logudorese. Con la caduta dell’Arborèa nel 1420 il quadro linguistico si sfece: da allora i documenti, le leggi, gli ordini, le orazioni, le prediche vennero scritte e dette quasi tutte in catalano o in castigliano, poi in italiano. La gente dei paesi continuò a parlare in sardo, è vero, ma elaborandolo, coartandolo, svilendolo con neologismi e acquisizioni di parole straniere. In pratica, in settecento anni ogni paese si è creato un propria variante di lingua, un proprio dialetto. E questa è la situazione odierna. Stando così le cose, la domanda che ci poniamo è se esiste ancora una lingua sarda generale che ci possa dare un’identità. La risposta è no. Ognuno dei 386 Comuni dell’isola che aspiri a coltivare le proprie radici culturali si tenga la propria parlata: la studi, la insegni, la mostri. Se, invece, si vuolesse operare a livello politico costruendo artificialmente una lingua sarda unitaria almeno per gli atti pubblici, ben venga la proposta della Regione. Purché, con la lingua, si veicolino buone idee.

3 - L’Unione Sarda
Pagina 12 - Sassari
Taccuino
Scuole di specializzazione Sono aperti i termini per la presentazione delle domande di ammissione al primo anno delle scuole di specializzazione per i laureati in Medicina e chirurgia. Le domande devono essere inviate al rettore dell’università di Sassari entro il 15 maggio.

4 - L’Unione Sarda
Provincia di Sassari - Pagina 55
Sassari, imminente l’arrivo di mammografo e ecografo
Camera iperbarica e alta diagnostica nel futuro del Centro balneare salute
Nel Centro balneare salute di Platamona, sorto grazie ad un progetto integrato d’area promosso dal Comune di Sassari e dall’imprenditore Fulvio Salomone (già artefice del rilancio del Lido), opera da alcuni mesi l’unica camera iperbarica del nord ovest dell’Isola. Dotata di dodici posti, è stata allestita con le più moderne tecnologie di sicurezza e comfort per le terapie ambulatoriali. Infinito il campo sanitario in cui si può operare con la ossigenoterapia iperbarica: dalle intossicazioni da monossido di carbonio alle gangrene gassose, dalle embolie ai postumi di lesioni del midollo spinale. L’ossigenoterapia iperbarica è particolarmente consigliata nei casi di riduzione dell’ossigenazione dei tessuti a causa di problemi vascolari o per gli effetti della radioterapia. Nel Centro, di cui è direttore sanitario Alfonso Bolognini, vengono effettuate anche le visite di idoneità per chi svolge attività subacquea. Per ora il Centro opera in regime ambulatoriale ma sono state già avviate le procedure per l’accreditamento della struttura con la Asl n.1: «il convenzionamento - sostiene Alfonso Bolognini - ci consentirebbe di estendere la nostra attività 24 ore su 24 e di garantire così anche le emergenze che dovessero verificarsi in ospedale e nelle cliniche universitarie oltre che per i casi di competenza del 118». Nel Centro balneare è in funzione anche il settore della riabilitazione diretto dal dottor Daniele Serra. La struttura è dotata di una serie di vasche alimentate da acqua dolce o marina dove si svolgono la rieducazione funzionale, rivolta anche alle donne che hanno subito un intervento di mastectomia, e i trattamenti di fisioterapia, massoterapia e antistress. Il centro è dotato anche di una diagnostica di base ma a giorni avrà a disposizione un mammografo di ultima generazione e un ecografo multidisciplinare di supporto, strumenti che vengono considerati un importante punto di partenza per raggiungere un traguardo più ambizioso: dotarsi di una grande diagnostica a disposizione del territorio.
Gibi Puggioni


 
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
Oristano, al liceo De Castro la scuola dei Quattro Mondi
Molti stranieri frequentano l’unico istituto in Sardegna a consegnare il diploma di italiano
Di mattina Catullo e Sofocle, Hegel e Kant, storia dell’arte e letteratura, come si conviene in un liceo classico come il “De Castro” di Oristano dove gli alunni sono arrivati a quota 670. Di sera si cambia registro, meno umanesimo e più tecnologia, meno antichità e più tempi moderni, la scuola si apre all’esterno, alla città, al territorio, anche agli immigrati, anzi soprattutto a loro visto che questo liceo, convenzionato con l’Università Roma 3, è l’unica istituzione scolastica in Sardegna a consegnare il certificato di conoscenza della lingua italiana. Ha una biblioteca intitolate al grande editore ed ex allievo Raimondo Carta Raspi, quello della libreria «Il nuraghe» di piazza Costiuzione a Cagliari. Ha 15 mila volumi, è l’unica a essere inserita nel sistema bibliotecario nazionale, può essere consultata da qualunque pc sl sito www.liceodecastro.it.
È questo «Il liceo dei quattro mondi». Nell’aula magna o nei laboratori trovate ragazzi e adulti provenienti da quattro Continenti, c’è il mondo sudamericano e quello asiatico, l’africano e l’europeo, cinesi e giapponesi, venezuelane e bielorusse, ucraine e polacche, tunisini e senegalesi, Indhira David arriva dalla Repubblica Domenicana, Yaima Gonzalez da Cuba, Jovita Venckunaite dalla Lituania. Risponde ogni giorno all’appello Cheever David, californiano, autotrasportatore di 62 anni, si definisce un giramondo. «Volevo imparare bene l’italiano, è una lingua che mi piace molto, volevo vivere in una città tranquilla, serena, ed eccomi a Oristano. Al De Castro gli insegnanti sono semplicemente eccellenti, è una scuola okay».
Italiano, ma non solo. Perché questo è davvero un liceo di vita, come più di duemila anni fa era stato concepito ad Atene. I battenti - piazza Aldo Moro, zona del palazzo di Giustizia - aprono alle otto, chiudono alle nove della sera perché dopo i mattutini under 18 arrivano i più maturi per occuparsi anche di teatro e di lingua sarda, di informatica e lingua inglese e di tante altre materie. C’è chi frequenta il liceo anche perché vuol prendere il diploma di scuola media come sta facendo Sara Ennas, bella ventenne residente a Santa Giusta: «Mi sono ritrovata solo con la quinta elementare perché mi ero ritirata dopo essere stata bocciata alle medie. Ma senza il diploma ho capito che non posso far nulla, non posso accedere ad alcun concorso pubblico, neanche a un semplice corso di formazione professionale. Ma soprattutto ho bisogno di essere informata, preparata, voglio capire in quale società sto vivendo. Al De Castro mi hanno accolto a braccia aperte, ci sono anche altre amiche nella mia condizione, se supererò gli esami continuerò, studierò l’inglese sperando di avere maggiori e migliori opportunità di lavoro».
La rivoluzione didattico-sociale di questo eccellente liceo di provincia è collegata alle disposizioni dell’Unione europea, ai Pon (Programma operativo nazionale) che consente di superare gli schemi spesso troppo rigidi della programmazione ministeriale. È così che sono nati i Ctp (Centri territoriali permanenti) che - come aveva fissato la legge 455 del 1997 - si occupano della formazione per gli adulti. Attività che decolla nell’anno scolastico 98-99 e che oggi impegna tra seicento e settecento corsisti. «A Oristano gli stranieri sono in aumento ed era necessario che anche la scuola si accorgesse concretamente di loro», dice il preside Guido Tendas. Che si occupa degli immigrati già dagli anni ‘94-‘98 quando era vicesindaco e assessore alla Cultura. «In una società multietnica deve essere tale anche la scuola, guai a chiuderci nel nostro guscio nuragico».
Col professor Tendas c’è un sestetto di insegnanti che si occupa solo di adulti. Vicecoordinatore è Carlo Passiu (Paulilatino), docente di matematica e scienze prestato all’informatica insieme a un architetto, Luigi Santus di Solarussa. Per l’inglese c’è Maria Carlotta Ghinami, per l’italiano “avanzato” e il teatro si alternano Franca Cadau (di Scanomontiferro) e Maria Contini (Aidomaggiore), l’italiano per gli stranieri è affidato a Marina Serra oristanese. Un team affiatato, che ha stretto un ottimo rapporto con gli alunni senior. Basta sentirli parlare tutti insieme nell’aula magna e rendersi conto - se ce ne fosse bisogno - che la Sardegna piace molto «per il sole, il mare, le campagne, per la sua gente» anche se talvolta scattano episodi, pur isolati, di razzismo o giù di lì. «Spesso ci prendono in giro, alcuni ci maltrattano perché siamo extracomunitari, ma l’ambiente mi piace, a Oristano mi trovo bene», dice Yaima Gonzalez, 26 anni, geometra cubana. Giunge da Cuba anche Teresita Rodriguez Smith, tecnico per il controllo di qualità: «A Vicenza ho lavorato in nero per diversi mesi, facevo la baby sitter, ma è vero che molti italiani, sardi compresi, ci guardano dall’alto in basso. Ho avuto un figlio in ospedale a San Gavino e non vi ripeto quali frasi mi son sentita dire». Damian Oana Andrea, 24 anni, rumena, laurea in Economia: «Quando ci va bene diventiamo cameriere o donne di pulizia, molti non riconoscono neanche i nostri titoli di studio». Severa nei giudizi Elena Kobesova, 34 anni, ucraina, dottore in medicina. «Col lavoro non ci si umilia mai, ho fatto la lavapiatti e la cameriera, in ospedale porterei i pappagalli, ma nel settore sanitario registro molto deficienze. In un ospedale dell’isola ho fatto una broncoscopia, preferisco non commentare. Ma non mi lamento, sono grata alla Sardegna». Difende d’ufficio l’Isola Tiziana Camedda, oristanese: «I sardi non sono razzisti, forse insofferenti, così come un oristanese può apparire verso un nuorese. Ma il lavoro manca anche per noi. Non siamo ancora abituati a convivere con persone di altre nazioni, il flusso di immigrati si è fatto imponente. L’iniziativa di questo liceo è straordinaria perché questa è anche scuola globale».
Indhira David, 27 anni, dominicana, per la Sardegna la lasciato la Svizzera. «Al De Castro seguo l’italiano e l’informatica, nel tempo libero vado in un salone faccio la manicure, porto a casa 190 euro al mese». Stanno bene a Oristano Ana Garcia, venezuelana e con lei Renata Dunderiene, ragioniera lituana: «Tra qualche mese diventerò mamma, sono sbarcata in Sardegna dopo aver girovagato per gli Usa, Giappone, Germania. Qui la qualità della vita è elevata».
Un’altra lituana, Jovita Venekunaite, 22 anni, frequenta i corsi superior di italiano «per potermi poi iscrivere all’università, ho un diploma di scuola artistica, mi piacerebbe frequentare il Dams di Bologna». Razzismo? «Non mi risulta, ma dobbiamo capire che siamo in un Paese diverso dal nostro». Tra le più giovani del gruppo è Maria Teresa Villareal, 19 anni, diploma di perito meccanico in Venezuela. «Registro solo una chiusura verso le donne. Quando vado a chiedere un posto di lavoro in un’officina mi rispondono con la solita frase: ma questo è lavoro per maschi. Allora posso anche perdere la bussola». Dall’oriente è giunta quattro anni fa Hoshi Setsuko, giapponese di 58 anni nata a Jokohama. Ha in tasca il diploma di manager in informatica. Apprezzamenti per la Sardegna tanti. Qualche difetto? «Mi sembra che non ci sia una marcata propensione al rischio, vedo gente lenta, abulica». Wang Rufang è la mascotte del gruppo, ha 18 anni, cinese, è in Sardegna da un anno: «Abbiamo un negozio a San Vero Milis, sono trattata ebbene, di mattina frequento il tecnico per diventare ragioniera, di sera vengo qui per l’italiano. Non posso pretendere di più». Ines Meira ha 26 anni, è brasiliana di Bahia, si è sposata alcune settimana fa con un giovane di Ghilarza. «Mi manca la mia professione, facevo l’insegnante di matematica, con i corsi di italiano penso di poter trovare lavoro anch’io, ma mi rendo conto che la disoccupazione intellettuale è pesante anche in Sardegna».
L’aula magna del “De Castro” è affollata. Tanti vorrebbero raccontare le proprie esperienze come Olga Tkachuk ucraina o come propone Carmen Buliga, mediatrice culturale rumena, laurea in Veterinaria: «Trovo gente cordiale, lavoro al centro per i servizi culturali di Santulussurgiu». È entusiasta dell’Unione europea. «Diventeremo davvero un grande Continente, per la nostra cultura e per la nostra economia». Olga e Carmen esaltano questa scuola: «Sì, questo è un vero liceo, qui si studia per la vita».
Resta da dire di Salvator Angelo De Castro (1817-1880), un sacerdote-pedagogista di famiglia originaria di Santa Giusta, deputato al Parlamento sabaudo di Torino dove conosce Cavour, Rattazzi, “strinsi amicizia con Gioberti”, partecipa alla discussione del trattato di pace con l’Austria. Un prete progressista, vuole l’unità d’Italia, la libertà d’insegnamento, nel 1867 fa istituire le scuole elementari a Cabras, Paulilatino, Bosa, Bortigali, Silanus e Bolotana. Per il ministero ispeziona le scuole dell’Ogliastra. Dal 21 novembre 1867 è provveditore agli studi di Sassari. Due anni prima della morte esalta l’opera di un professionista sassarese, Giovanni Antonio Sanna, che «con la potenza del genio, con una patriottica operosità fondò l’industria mineraria in Montevecchio moltiplicando il lavoro e la vita nelle valli poc’anzi deserte». Viene coinvolto in un giro di documentazioni storiche più o meno inventate chiamate “falsi d’Arborea”, la sua figura si offusca e i meriti passano in second’ordine. Lo storico Giuseppe Murtas, scrive: «De Castro, ai suoi tempi, s’è rattristato nel vedere trascurata la storia della sua città e non curato quanto restava, in monumenti mura edifici di un momento importante del passato che l’aveva fatta grande protagonista negli avvenimenti politici dell’Isola». A quell’“onorevole-sacerdote” era stata restituita dignità con l’intitolazione del liceo. Che oggi è calamita per stranieri, ma qui ci sono laboratori attrezzati per il «Progetto Marte» con 12 computer per cinque aule, si fanno i corsi di panificazione artistica in trasferta a Paulilatino con Antonietta Sanna, autrice del libro «In nome del pane». Chi vuole studiare il francese lo fa con una docente di madrelingua, Caroline Courcière. «Per chiunque lo desideri» precisa Tendas, si tengono corsi tematici di teatro sardo, di storia e cultura della Sardegna, corsi per guide equestri territoriali. E poi lezioni per far conseguire la licenza media agli adulti non solo a Oristano ma anche a Busachi e nella casa circondariale. In queste aule rilasciano l’Ecdl, la patente europea per l’uso dei computer. Con un’azienda artigiana di Nurachi gli alunni adulti hanno seguito anche i corsi per l’uso delle argille e della terra cruda per fare i mattoni di fango. Teoria e pratica. Scuola e cultura diffusa, proprio come auspicava Salvator Angelo De Castro, il sacerdote-deputato-progressista che un secolo e mezzo fa, dal parlamento sabaudo, invocava la «libertà d’insegnamento» da garantire a tutti.

6 – La Nuova Sardegna
Pagina 11 - Attualità
Alle scimmie piace il cibo di qualità
Una ricerca del Cnr dimostra come anche nelle scelte culinarie siano vicine all’uomo
ROMA. Anche le scimmie danno il giusto valore alle cose. Il classico spot pubblicitario che offre due prodotti scadenti al posto di uno di buona qualità, con loro non funzionerebbe. Al pari dell’uomo, le scimmie percepiscono la differenza fra qualità e quantità e scelgono di conseguenza. E’ il risultato di un esperimento effettuato dall’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr di Roma. La specie umana non è l’unica in grado di effettuare scelte razionali ed economicamente vantaggiose: anche le scimmie ne sanno qualcosa. In particolare il sudamericano cebo dai cornetti (Cebus apella), sceglie oculatamente tra due cibi in base al loro differente valore. Questi i risultati di un recente studio effettuato da Elisabetta Visalberghi, dirigente di ricerca dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (Istc) del Cnr di Roma, Camillo Padoa-Schioppa (attualmente all’università di Harvard) e Lucia Jandolo.
«Nel corso dell’esperimento - dice Elisabetta Visalberghi - i cebi avevano la possibilità di scegliere e mangiare solo uno fra due diversi cibi loro offerti. Abbiamo osservato che la loro scelta teneva conto sia della quantità sia della qualità dei cibi proposti; in altre parole le scimmie sceglievano in base al valore dei cibi che venivano loro offerti dallo sperimentatore. Questo accadeva anche quando si trattava di scegliere fra due cibi che non avevano mai dovuto scegliere prima.
La ricerca, pubblicata dalla rivista Cognition, dimostra inoltre che le scimmie attribuiscono valori in modo transitivo. La scimmia non solo preferisce il bene che vale di più, ma quando la scelta è fra due beni di valore simile è indecisa proprio come capita a noi.

Questionario e social

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