Domenica 9 aprile 2006

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
09 aprile 2006
Rassegna a cura dell’Ufficio Stampa e web
Segnalati 7  articoli delle testate: L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna

 
 
1 – L’Unione Sarda
Analisi della Cisl
In provincia 40 mila precari: quasi 400 lavorano all’ateneo
Anche nell’Università cresce il lavoro precario. Sono infatti 381 i collaboratori coordinati e continuativi che operano nell’ateneo cagliaritano, suddivisi nelle varie aree: ricerca (141), amministrativo (170), linguistica (49), tutor (9), tutor disabili (12). I dati sono stati illustrati da Tomaso Demontis, segretario della Cisl universitaria, durante il seminario organizzato dal sindacato, con la regia di Barbara Gessa, Le collaborazioni nella pubblica amministrazione. «Un fenomeno di vaste dimensioni», ha spiegato Demontis, «che deve essere inquadrato giuridicamente. Ci troviamo infatti di fronte a giovani, con buone professionalità ed elevati titoli di studio, che, come tutti i lavoratori con contratti continuativi, non hanno alcuna tutela, come le ferie, il diritto alla malattia e i permessi di studio». Il segretario della Cisl università, davanti al rettore, Pasquale Mistretta, e al preside della facoltà di Giurisprudenza, Francesco Sitzia, ha poi avanzato una richiesta: «Aprire un confronto con la parte pubblica per raggiungere un accordo sindacale come è avvenuto in altri atenei italiani». In Sardegna i collaboratori iscritti sono oltre ottantamila e solo nel territorio cagliaritano superano i quarantamila. (m. v.)
 
2 – L’Unione Sarda
Pagina 22 – Cagliari
Organizzata dalla Pristem
Giochi matematici, 50 studenti alla sfida fra geni
Una cinquantina di giovanissimi geni della matematica partiranno per Milano per la finale italiana dei campionati internazionali di giochi matematici organizzati dal centro Pristem (Progetto ricerche storiche e metodologiche) dell’Università Bocconi di Milano. Una vera e propria gara di abilità destinata a studenti (o semplici appassionati di matematica di tutte le età) che quest’anno, per la ventesima edizione, ha impegnato oltre 500 giocatori da tutta l’Isola. Allestita dal Crsem (Centro di Ricerca e sperimentazione dell’educazione matematica), con sede nel Dipartimento di Matematica dell’università di Cagliari, la fase regionale della gara si è chiusa nei giorni scorsi con 54 partecipanti che hanno superato il turno e partiranno per le finali nazionali di Milano. Top secret sul nome dei vincitori che verranno proclamati ufficialmente mercoledì prossimo in una cerimonia nell’aula magna del palazzo delle Scienze. «Per affrontare le gare - spiega Maria Polo, direttore del Crsem - non occorre la conoscenza di formule o teoremi particolarmente impegnativi, ma una voglia matta di giocare, un pizzico di fantasia e l’intuizione per capire che un problema appartenente molto complicato è in realtà più semplice di quello che si poteva prevedere». Cinque le categorie in gara: studenti di prima e seconda media, terza e prima superiore, un’altra sino alla quarta e, infine, raggruppati assieme i ragazzi di quinta superiore con quelli del primo biennio universitario. C’è anche una categoria destinata al grande pubblico riservata agli adulti oltre il terzo anno universitario sino a 99 anni e oltre. Il 20 maggio è prevista la finale nazionale alla Bocconi di Milano, mentre la finalissima internazionale si tiene ogni anno a Parigi alla fine di agosto con i migliori da tutto il mondo. «Lo scorso anno - spiega Francesco Ragnedda, del Dipartimento di matematica dell’Univeristà - un giovane liceale sardo, Carlo Metta, ha partecipato alla finalissima classificandosi al settimo posto. Prima ancora, nel 2001, il sassarese Edoardo Valori aveva vinto la finale assoluta di Parigi nella categoria per gli studenti di quinta superiore e del primo biennio universitario». Anche quest’anno parte delle quote di iscrizione (8 euro) saranno devolute ad un’associazione che sostiene 25 ragazzi del Camerun, garantendo loro le cure necessarie e la possibilità di frequentare la scuola. A conti fatti, nel mondo sono oltre 200 mila gli sfidanti che partecipano ai campionati internazionali di matematica. (fr. pi.)
 
3 – L’Unione Sarda
Pagina 21 – Cagliari
Castello. La struttura sventrata dalle bombe il 26 febbraio del 1943 rinascerà fra due settimane come arena all’aperto
Riapre il Civico: benvenuti a teatro
Nel cantiere fra gli ultimi lavori e i fantasmi della storia
In visita al cantiere del teatro Civico per scoprire i segreti della ristrutturazione che ridarà alla città se non un teatro tradizionale un’arena all’aperto che coniuga linee moderne e tradizione
Il fantasma ha fatto sapere, bisbigliandolo lungo i muri di via De Candia, che l’inaugurazione non se la perderà. Non ne ha cannata mezza (che è un modo di dire che non gli appartiene ma l’ha sentito dire ai ragazzetti sugli scooter e l’ha fatto suo) quindi figurarsi se mancherà per questa riapertura per cui ha dovuto attendere la bellezza di 63 anni. Era il 26 febbraio del 1943 quando le fortezze volanti angloamericane sventrarono il suo teatro all’ingresso di Castello. Poi calò l’oblio. E quindi non c’è nulla di strano se ora fischietta felice fra gli operai che lavorano da domenica a domenica (senza sosta) perché il 26 aprile si riaccendano le luci del blasonato Teatro Civico, che una volta fu Regio. In questi giorni formicaio di operaie. Le saldatrici fanno scintille, i marmisti poggiano gli ultimi scalini. L’ingegner Mario Mossa (Edilizia privata del Comune), che a volerlo nel cartellone dell’opera potrebbe essere un buon tenore, trotta fra torretta e proscenio. E spiega. Chiarisce che le scelte del restauro hanno una particolarità che al fantasma piace molto. Questione, la sua, legata alla genetica e al Dna. Dicono che lui, lo spettro, potrebbe essere uno degli evirati cantori che nel Settecento cinquettavano per il Teatro dell’Università. Quindi: carattere nobile, raffinati gusti, indole retrò. Ecco perché si è illuminato, come una vecchia lampada ad olio, quando ha notato che si è scelto di seguire la formula del Globe, quel teatro circolare di tradizione scespiriana (che si pronuncia così ma si scrive shakespiriana) dove il pubblico sui ballatoi guarda verso il palco. E un’altra novità gli ha fatto palpitare il cuore: le finestre dei corridoi (ultimo piano), che danno sulla città, non sono state chiuse e infagottate in pesanti tende ma solo rivestite di vetro chiaro. Regalano una vista da mozzare il fiato verso mare e monti. Ada Lai (dirigente comunale) dice che ai turisti farà un effetto sconvolgente. E il fantasma si è gongolato perché solleticato nell’orgoglio cittadino. Sarà un bel vedere. Con una particolarità che però, allo spirito del Civico fa un po’ scoppiettare le guance, spia delle piccole paure che si hanno prima di andare in scena. Una questione di testa, anzi di tetto. Che non c’è. Già, non c’è. Il nuovo Civico è un’arena all’aperto attraversata da scale in acciaio, con i muri di un rosa pallido poco sfrontato, percorsa da travi di legno secolare. Ma niente copertura. Non c’è e non si farà. O forse (più in là) verrà una tensostruttura mobile. Tutto è ancora da studiare. Così è chiaro che un pizzico di preoccupazione c’è: la capiranno o no questa scelta i cagliaritani? Sarà funzionale o no? Le farfalle, quelle che trottano nello stomaco, fanno venire una piccola angoscia anche a lui. Ci sarà il fantasma evirato cantore perché vuol sentire cosa dirà la gente che già arriva a fiumi e vuole curiosare nel cantiere. Così tanti in questi giorni che gli operai fanno fatica a contenere. Lo spirito vuole essere rassicurato che dire addio al pavimento in legno della platea, abbassare il proscenio non abbia compromesso la cassa armonica. Che il cemento non abbia creato troppi compromessi sul fronte del suono e della musicalità. Ma si risparmia il giudizio, perché sa che la sua sarebbe una sentenza un po’ troppo partigiana e poi legata alla sua epoca, ai suoi modi che, se anche influenzati dal correre del tempo, così facilmente non si cambiano. Avrebbe preferito una minor commistione fra modernità e tradizione, ma sa che se qualcuno si accoderà al suo lamento in tanti la penseranno in maniera opposta. E magari quando la finirà di trottare irrequieto su questa terrà sull’argomento chiederà un consulto a Gaetano Cima, collega che ne capisce. Ora, in verità, da fantasma codino, ciò che gli scoccia veramente è che gli abbiano chiuso l’ingresso privato da palazzo Zapata e tutti, popolo e nuovi sovrani, dovranno entrare da via De Candia. E anche questo lo mette un po’ sul nervosetto. Ha fatto sapere, comunque, che non mancherà soprattutto perché dopo 63 anni finalmente un’inaugurazione ci sarà. Fa nulla -per lui conservatore di tradizione- se nel bel mezzo di una lizza elettorale. «Altri avevano solo ridato acqua agli zampilletti delle fontane della città», ha soffiato con tono stizzito. E siccome in materia la sa lunga, capisce che spetterà ad altri la sentenza. Lui è solo un povero testimone, di cui nessuno ricorda neppure il nome. Il 26 si parte, un tocco di cerone e sarà lì, in prima fila.
Francesco Abate
 
4 – L’Unione Sarda
Pagina 17 – Lettere
Trentenne preoccupata
Master and back E i precari sardi?
Apprendo con soddisfazione dell’opportunità di tornare a casa a lavorare offerta dalla Regione Sardegna a una decina di giovani sardi dalle eccelse menti, che si trovavano a lavorare, studiare e sviluppare progetti di ricerca in campo medico, chimico, biologico (e via elencando) presso alcune delle più insigni Università del Mondo. Non voglio chiosare l’epigramma di Marziale, che all’avvocato che perorava la sua causa presso il Foro romano, adducendo elevatissime questioni filosofiche ed esempi storici eccellenti, chiese: «E le mie caprette?». Ma devo aggiungere la preoccupazione di chi, come me - trentenne, laureata a 25 anni con 110 e la lode, con un master, e cinque anni di intenso lavoro, adeguato e coerente con i titoli di studio conseguiti, si ritrova a sperare che qualche Nume tutelare intervenga presso i componenti della Giunta per difendere il proprio lavoro e la propria dignità. Non chiedo finanziamenti, contributi o altro, solo che si dia continuità al mio lavoro, che mi si permetta di mettere a frutto l’esperienza acquisita in questi anni. Sono capace, onesta, preparata, professionale e sensibile: mi dia la Regione Sardegna la possibilità di proseguire per la mia strada, o sarò costretta a fare quello che aborrisce Soru: la cameriera in un albergo gestito da stranieri. Al saggio che studiava le stelle con il naso all’insù, accadde di non vedere la buca entro la quale incautamente sprofondò.
Lettera firmata

 
 
5 - La Nuova Sardegna
Pagina 6 - Sardegna
Università
Cagliari vola più di Sassari grazie ai servizi nel territorio
Come vengono spese le risorse finanziarie nelle due realtà dell’isola: 163 milioni di euro per il Nord, 250 milioni per il Sud
 
PIER GIORGIO PINNA
 
SASSARI. Tante nuove messe a fuoco: le foto in parallelo delle due università sarde riservano scatti con conferme e sorprese. A partire dalle risorse: ogni anno 250 milioni vanno a Sud, 163 a Nord. E Cagliari conta su un’efficace rete di servizi e infrastrutture.
 La parola ai numeri. Da una parte, nell’università che fu di Pacinotti e Brotzu, più di 36mila studenti e oltre 1200 professori. Dall’altra, nell’università di Cossiga e dei Segni, poco meno di 16mila iscritti e più di 700 insegnanti. E se il corpo docente presto aumenterà in entrambi gli atenei, dappertutto appaiono in leggera crescita risorse per i centri di eccellenza, razionalizzazioni didattiche, investimenti immobiliari. Accompagnati da strumenti per diffondere cultura come i Master and Back. Elementi, fin qui, positivi. Sulla ripartizione dei fondi continuano però a serpeggiare logiche di campanile. E allora qualche dato in più può forse consentire di lasciare alle spalle strategie che non giovano. E, insieme, permettere di radiografare le due realtà in maniera circostanziata. Non contano, in effetti, i soli fondi di Ministero, Regione, Ue e i contributi derivanti dalle tasse. Bisogna confrontare forze e mezzi disomogenei.
 Spiega l’economista Marco Vannini: «Sassari è una città dentro l’università, Cagliari un’università dentro la città». Non è un gioco di parole, ma la sostanza dei fatti. Qualsiasi iniziativa delle facoltà sassaresi influisce su un capoluogo senza più ruolo guida: la patria dei Berlinguer oggi dipende dall’efficienza dell’ateneo (oltre che da ospedali, banche e poco altro). Così il Nord Ovest, pur avendo modernizzato prima la ricerca (è il caso del centro di Porto Conte), ha sempre più bisogno di attrarre talenti. In parte Cagliari vive invece di rendita: l’ateneo è una delle fonti di ricchezza, non la sola.
 Per capirlo basta confrontare la mole d’investimenti in settori come telematica, innovazione, collegamenti. E pensare a snodi di sviluppo come il Crs4, ai rapporti rilanciati con Polaris, Cnr, sanità, commercio e industria. I raffronti chiariscono. E un punto appare evidente: a fare la differenza non sono i 90 milioni l’anno che separano il monte-risorse delle due università», ammettono a Cagliari. Stesso discorso vale per il 15% di stanziamenti regionali in meno per Sassari: non è qualche milione l’anno a marcare il divario. E allora?
 Nel meridione dell’isola esiste una rete di sostegno: insufficiente quanto si vuole rispetto agli standard europei, ma c’è. Nel settentrione ci si confronta col vuoto, o quasi. Così l’ateneo turritano opera tra profonde debolezze. Studenti e prof mettono in rilievo il basso reddito pro capite (Sassari è al numero 73 in campo nazionale con 15.670 euro a famiglia) e, per le imprese, l’alto indice di mortalità seguito dal basso indice di natalità. Il tasso di occupazione è poi del 50,4% a fronte del 56% dell’Italia e del 62% dell’Ue. E ciò limita le sinergie con le aziende. Più confortanti, invece, sebbene dentro statistiche che rientrano nel Mezzogiorno italiano, le medie del Cagliaritano.
 Alcuni mali di tutti e due gli atenei, poi, sono in comune con le «accademie» nazionali. La ricerca mai al centro della competizione. Meccanismi di selezione basati su pressioni ovunque giudicate paramafiose. L’autonomia accademica spesso apparente. La carenza di molti servizi. Nessuna soluzione per agevolare i ricercatori che ottengono risultati. Penalizzazione dei giovani brillanti con fuga di cervelli all’estero. Altre questioni appaiono al contrario specifiche della Sardegna. Si va dai rapporti con le diverse zone dell’isola costruiti solo con gemmazioni al mancato avvio in aree strategiche di poli d’eccellenza per turismo e biotecnologie. Non è un caso che Paolo Pani, docente di Patologia generale, in una «lettera aperta su ateneo cagliaritano ... e dintorni», titolo «Università addio», edizioni Cuec, continui a parlare di «riformismi sindacali», di «diritto allo studio», «baroni» e «gradi di libertà». Il cammino è insomma tortuoso. Ma perché dovrebbe tradursi in un conflitto tra le due università?
 A Sassari il prorettore Attilio Mastino, uno dei maggiori storici sardi dell’antichità romana, pone l’accento su alcuni interventi possibili. Compresi lo sviluppo dei prodotti di eccellenza e la lotta alle duplicazioni dei corsi di laurea. «L’università - osserva poi - è un grande bacino: elabora modelli concettuali che defluiscono nella società. Nelle norme regionali, per evitare polarizzazioni selvagge, va perciò recepito il tema-base del riequilibrio territoriale. La nostra responsabilità in Sardegna è rilevante: le innovazioni avranno riflessi positivi sull’intera società. Di qui la prospettiva di guardare ai bisogni contribuendo a immaginare nuovi scenari e nuovi orizzonti». E ancora: «La vitalità del nostro ateneo è legata alle sue radici secolari, alla tradizione culturale, a energie interne che possono trasformare le facoltà nei luoghi delle identità, del sapere disinteressato che oggi non può però ignorare la pervasività dei saperi tecnici». A Cagliari l’hanno capito da tempo, come dimostrano molti accordi fra partiti avversari nell’interesse superiore del territorio: dal porto canale alle iniziative per l’arte.
 Incalza Vannini: «Una delle nostre debolezze è legata al desiderio da parte della Regione di disegnare l’università in maniera dirigistica. Un esempio? Eccolo. S’identifica Sassari come centro destinato alle specializzazioni in Agraria e Veterinaria. E’ una falsa prospettiva: ci sono sì questi gioielli, ma ne esistono altri. Dalle nanotecnologie alle biometrie. Dall’ingegneria connessa alle costruzioni alle scienze biomediche e all’economia». I rimedi? «Uno è iniziare a pensare che una sana competitività tra atenei non sia di per sé lesiva - conclude l’economista - Un altro prevedere incentivi per le strutture che hanno ottenuto buoni risultati. L’ultimo che una quota apprezzabile dei finanziamenti regionali si fondi su bontà dei progetti e verifica dei successi, a prescindere dal peso attuale delle due università».
 
Cagliari. Il rettore Pasquale Mistretta
«Investimenti diffusi in tutta la Sardegna»
CAGLIARI. Poli di eccellenza, nuove facoltà, interventi mirati diffusi in tutto territorio dell’isola, ruolo sociale dell’ateneo, autonomia didattica in un mercato sempre più globale, biotech avanzate, ulteriori impulsi alla modernizzazione della ricerca. Come il suo «omologo» sassarese, il rettore Pasquale Mistretta ha idee chiare e compiti gravosi sulle spalle circa il futuro dell’università. Vediamoli.
 Formazione. «E’ giusto che la Regione faccia la sua parte: dove c’è qualità d’investimenti ci sono competitività e lavoro. La Giunta ragiona sul mercato internazionale, privilegiando le esperienze in Europa e negli Usa con voucher, visiting professor e strumenti che dovrebbero consentire di superare gap negativi. L’università, l’intera università italiana, deve però poter contare sulla propria autonomia. E’ dunque tenuta a insegnare a tutti i giovani, non solo alle punte avanzate. E noi come ateneo ci sentiamo responsabili di questa doppia missione: da un lato ci sono la ricerca e la concorrenza del futuro, dall’altro lato esistono comunque i problemi dei ragazzi e della realtà nella quale operiamo. Bloccare in toto gli aiuti agli enti di formazione non serve. Bisogna al contrario svolgere quest’attività in modo più efficace. Tutti insieme dobbiamo insomma capire in che misura si possa incidere sulle nuove povertà e sulla sfiducia delle famiglie. Per me è un vero cruccio non poter dare risposte di lavoro a chi lo merita, e nell’isola sono in tanti».
 Campanili. «Anche per questi motivi l’ateneo di Cagliari ha a cuore gli interessi dell’intera Sardegna. Ho 73 anni, sono rettore da 15 e mi candido per un altro mandato. Non lo faccio perché mi ritengo indispensabile: nessuno lo è. In realtà, i motivi sono altri: garantire una democrazia accademica senza ingerenze politiche e mantenere una visione equilibrata sia tra le facoltà sia con le nuove generazioni di studenti. In questo senso mi porto dietro una disponibilità nei confronti di tutta l’isola: non sono mai stato uomo di campanile».
 Architettura. «La scelta d’istituire Architettura, specie sotto questo riguardo, non dev’essere mal interpretata. Noi pensiamo a una facoltà fondata su un’impostazione che si basi sulle costruzioni piuttosto che sulla libera progettazione. Alghero ha una qualità di prodotto con il suo punto di forza nel paesaggio, rappresenta una realtà fortemente caratterizzabile. Cagliari dovrà fare i conti con la scuola d’ingegneria e si muoverà in un entroterra formativo-culturale altrettanto ben definito ma diverso. In definitiva noi e Alghero siamo destinati a specializzarci in campi non sovrapponibili».
 Ricerca. «Nei miei interventi, anche nel settore dell’indagine scientifica, ho spesso messo l’accento sul rilievo che hanno per l’ateneo i giovani e le donne. Costituiscono una risorsa, un valore aggiunto. Noi tutti, poi, andiamo sempre più verso una società multietnica. E anche perciò dobbiamo tenere come punto fermo la cultura delle diversità. Ci attendono sicuramente nuovi scenari, sia nella didattica sia nella ricerca. Abbiamo di fronte prospettive e problemi dipendenti persino dall’allungarsi della vita umana. In tutto questo, per una nuova impostazione delle scienze e delle tecnologie, l’ateneo deve reinterpretare i processi di cambiamento. E in un simile contesto, lo ribadisco ancora, la chiave per affrontare i fenomeni e analizzare gli avvenimenti non può che avere una dimensione regionale». (pgp)
 
Sassari. Il rettore Alessandro Maida
«Strategico il polo Agraria-Veterinaria»
 SASSARI. Nascita dell’azienda mista nella sanità, rilancio di Agraria-Veterinaria, creazione di un sistema d’interesse diffuso città-ateneo, confronto con le altre realtà dell’isola. Sono soltanto alcune delle sfide che attendono l’università di Sassari fin dai prossimi mesi e che probabilmente la impegneranno per i prossimi anni. Il punto della situazione con il rettore, Alessandro Maida.
 Eccellenza. «Nel piano coordinato con la Regione è prevista la costituzione del polo Agraria-Veterinaria e dell’azienda zootecnica. In passato si era parlato di una sede a Mamuntanas. Ora, più opportunamente, la scelta cade su Bonassai. Qui esistono strutture regionali che saranno così integrate. Per le due facoltà bisogna dunque pensare a un trasferimento da Sassari. Non è un passo indolore. Ma la strategia del nostro ateneo e della Giunta Soru darà risposte ad aspetti della formazione e della ricerca che ci permetteranno di essere più competitivi. La Regione stanzia 40 milioni in tre anni, noi 10. Il vantaggio è evidente: l’accreditamento in Europa ai massimi livelli. Esiste però più di un problema, legato soprattutto al rischio-svuotamento di un capoluogo che s’impoverirebbe ancora di più. Da qui l’assoluta esigenza di precisi requisiti. Il campus sarà diurno: nelle ore di non attività studenti e professori continueranno a gravitare su Sassari. E’ inoltre previsto un piano per il collegamento navetta su rotaie che consentirà di raggiungere la nuova sede in un quarto d’ora. Per quanto riguarda sempre l’eccellenza, comunque, non trascureremo altri campi. A cominciare dalla biodiversità: settore che vede le sinergie di Agraria, Scienze, Farmacia e Medicina».
 Legami. «Con i contatti che abbiamo intrapreso con Comune e Provincia si assiste a un risveglio di collaborazione: la ripresa di Sassari, come dimostra l’intesa per la riqualificazione dell’area del vecchio mattatoio, è possibile a patto di valorizzare tutti gli aspetti culturali e ricreativi. Un altro punto centrale di sviluppo sarà rappresentato dal pieno utilizzo dell’auditorium comunale in via di ultimazione».
 Architettura.«La facoltà sta decollando. Ottime le collaborazioni con il Comune di Alghero e con l’arcivescovado, che ha fornito locali per le aule. Ora s’inserisce Cagliari con una iniziativa parallela. Non vedo un danno gravissimo: le iscrizioni sono a numero chiuso. L’importante è che non ci siano sovrapposizioni e che i processi formativi vengano differenziati».
 Unità. «Credo ci sia spazio, in generale, per moderne allenze con Cagliari su servizi inter universitari, scuole di specializzazione, progetti integrati di decentramento, altre aree di comune interesse. Riuniti in consorzio con imprese private, di recente abbiamo partecipato insieme al progetto per l’ateneo telematico: confidiamo che le università di Cagliari e Sassari unite possano vincere la gara d’appalto».
Azienda mista. «Crediamo in una nuova organizzazione della sanità nel territorio con una forte prevalenza dell’università. Anche qui l’impegno maggiore consisterà nell’evitare le duplicazioni. Penso inoltre che nei rapporti con l’Asl possa passare anche da qui non soltanto un intelligente processo di riqualificazione di personale e servizi, ma anche una logica di maggior efficienza e diminuzione degli sprechi». (pgp)

 3.Fine. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 18 marzo e il 1º aprile
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
Campionati internazionali di giochi matematici
Ottanta giovani a Milano per la sfida dei numeri
CAGLIARI. Chiamarli geni non sarebbe proprio la cosa giusta: a guidarli è piuttosto una voglia matta di giocare, accompagnata da un’abbondante dose d’intuito. Loro sono gli 80 giovani sardi che il 20 maggio si ritroveranno, insieme ad altri coetanei provenienti da tutta Italia, nell’università Bocconi di Milano per sfidarsi nei Campionati internazionali di giochi matematici. La prima scrematura, a livello regionale, è già avvenuta: il 18 marzo 543 ragazzi, dalle scuole medie all’università, hanno affrontato le prime prove, consistenti in otto, e in qualche caso 10, quesiti sui casi più vari. Esercizi divisi a seconda della difficoltà, dove accanto ai classici problemini (del tipo se per fare un dolce servono 6 uova, quanti dolci si possono fare con due dozzine?), ci sono anche quesiti basati sul gioco del sudoku. Esercizi che ovviamente non sono uguali per tutti, perché le difficoltà dei giochi variano a seconda delle diverse categorie: C1 per gli studenti di prima e seconda media, C2 per quelli di terza media e prima superiore, sino a L2 per giovani dell’ultimo anno delle superiori e del biennio universitario, sino a Gp, riservato agli adulti appassionati della disciplina. In Sardegna i giochi sono gestisti dal Crsem (Centro di ricerca e sperimentazione dell’educazione matematica), un’associazione che mira soprattutto a un’adeguata formazione dei docenti di discipline matematiche. Quest’anno poi, per la seconda volta consecutiva, i ragazzi sono affiancati dal Comitato scuola città, un gruppo di genitori, insegnanti e studenti sensibili alle problematiche del mondo della scuola. Sono nove anni che la regione partecipa ai Campionati: l’anno scorso alle finali internazionali di Parigi, Carlo Metta, giovane cagliaritano, era riuscito a qualificarsi settimo nella sua categoria, mentre nel 2001 il sassarese Edoardo Valori fu vincitore assoluto. (s.z.)
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 37 - Cultura e Spettacoli
Aneddoti, polemiche, ricordi alla commemorazione dell’intellettuale fatta all’università a 31 anni dalla morte
Naldini: «Pasolini eroe dei nostri tempi»
Cagliari, il poeta e cugino parla della sfera privata del regista-scrittore
L’affetto per la madre, le infinite tenerezze, una vita tormentata e il destino tragico
 
ANDREA MASSIDDA
 
Sono cresciuti insieme sin dai tempi di Casarsa. Per questo dice di averlo amato così tanto. Al punto che un giorno, parafrasando Mefistofele del «Faust», gli è scappato persino di dire: «Che disgrazia essere un cugino». Nico Naldini, figlio di Enrichetta Colussi, sorella di Susanna, la madre di Pasolini, a settantasette anni si ritrova ad ammettere che certe parentele ti lasciano sì una ricchezza immensa, ma anche una bella responsabilità. Specie se di mestiere fai pure tu il poeta e lo scrittore. «Pierpaolo era il mio eroe - spiega - e il rapporto con lui è entrato in me come i rami di un grande albero. Un albero che è sempre stato alimentato dalle reminiscenze e dalla filologia, l’unica disciplina in grado di placare l’ansia di conoscere se stessi e l’oggetto della propria ricerca». Non sorprende, perciò, che Nico abbia poi deciso di raccontare in svariati libri vita, morte e miracoli letterari di Pasolini. Cosa che ha fatto anche ieri mattina alla facoltà di Lettere di Cagliari, dove -ospite dell’associazione culturale “La fabbrica illuminata” - in poco meno di due ore ha svelato aneddoti gustosi sull’intellettuale friulano ucciso a Ostia il 2 novembre di trentuno anni fa.
 A partire dall’affetto smisurato che Pasolini nutriva nei confronti della madre, alla quale non a caso fece interpretare il ruolo di Maria nel film «Il Vangelo secondo Matteo». «Zia Susanna - racconta Nandini - era una donna dai forti valori tradizionali. Tuttavia in Pierpaolo poté scatenarsi un grande spirito di contestazione nei confronti di un certo stile di vita borghese. E quando questo spirito ribelle di tanto intanto riusciva a emergere, mamma e figlio, che si adoravano, erano comunque disposti a difendersi».
 Ma che tipo era Pasolini da ragazzo? Il cugino lo descrive come un leader naturale, ma anche così ingenuo da non riuscire a sottrarsi a una vita tormentata. «Mi è capitato spesso di vederlo andare incontro a storie che non potevano finir bene - ricorda Nandini - e io in quei momenti provavo una forma di tenerezza per un destino avverso che continuamente lo logorava».
 Le polemiche di ogni genere, com’è noto, nella vita di Pasolini non mancarono. Per esempio quella generata dal cosiddetto «Scandalo di Ramoscello», che nel ’49 - per via dell’accusa di essersi appartato con un ragazzo - lo costrinse a lasciare il Friuli per Roma. «Fu una storia in gran parte alimentata dagli avversari politici - continua Naldini - e non fu digerita nemmeno dal Pci». La linea difensiva di Pasolini, che si appellò a uno sbandamento intellettuale dovuto alle letture di Andrè Gide e Jean-Paul Sartre, bastò forse a convincere il maresciallo dei carabinieri, ma certo non il partito di Togliatti, che lo espulse «perché con quel gesto erano tornate fuori le sue origini borghesi».
 Sul rapporto di amore-odio tra l’intellettuale di Casarsa e il Pci si è già detto tutto. Naldini si limita a ricordare che Guido, il fratello di Pierpaolo, fu ucciso proprio dai partigiani comunisti. «Era iscritto al Partito d’azione e faceva parte della Brigata Osoppo, comandata dallo zio di Francesco De Gregori - racconta -. Quando si opposero ai tentativi espansionistici dei soldati di Tito, spalleggiati dai partigiani della Brigata Garibaldi, ci fu l’eccidio».
 Pasolini, insomma, era destinato a essere un «compagno-estraneo», capace di giudicare il Sessantotto prendendo le distanze dai «figli borghesi in lotta contro i padri borghesi», di raccontare un sottoproletariato che sfuggiva alle classificazioni marxiste, di schierarsi contro l’aborto e persino di accettare la collaborazione con il Corriere della Sera, il giornale della borghesia milanese. Fu proprio suo cugino Nico a comunicargli che in via Solferino erano interessati ai suoi scritti. «Con lui c’era l’attrice Laura Betti, che quasi mi aggredì - racconta - ma alla fine Pierpaolo accettò, pretendendo solo che i suoi articoli fossero annunciati dalla testatina “tribuna libera”».
 Infine il capitolo «morte». Nico Naldini, cui toccò di riconoscere il cadavere, dice subito di non credere ai complotti o alle nuove versioni di Pino Pelosi, che fu condannato per l’omicidio. «Ho in mente il film di ciò che è accaduto - spiega - e non c’è molto da aggiungere a quanto dichiarò l’assassino. Di una cosa sono certo: Pierpaolo si tolse la camicia per tamponare le ferite del suo corpo. Un disperato tentativo di presentarsi a sua madre in modo accettabile».

Questionario e social

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