Lunedì 9 settembre 2019

09 settembre 2019

L'Unione Sarda

Rassegna quotidiani locali
a cura dell’Ufficio stampa e redazione web



L’UNIONE SARDA
 
1 - L’UNIONE SARDA di lunedì 9 settembre 2019 / Agenda (Pagina 12 - Edizione CA)
L'INCONTRO. Appuntamento oggi alle 9 in via Nicolodi 102
Gli studenti universitari a confronto nell'ottavo congresso di Unica 2.0

Gli studenti universitari a confronto. Questa mattina, dalle 9, nell'Aula-teatro della facoltà di Scienze economiche, giuridiche e politiche (via Nicolodi 102), è in programma in programma l'ottavo congresso di Unica 2.0, associazione degli studenti universitari che aderisce, a livello nazionale, all'Udu.
IL PROGRAMMA
I lavori cominciano alle 9.45 con i saluti ed entrano nel vivo alle 10. Dopo la pausa pranzo, in programma alle 13.30, riprendono alle 15 per concludersi alle 17. Sono previsti, tra gli altri, gli interventi della rettrice Maria Del Zompo, del presidente dell'Ersu Gian Michele Camoglio e di alcuni consiglieri regionali e comunali. Annunciata anche la presenza di associazioni che fanno parte del mondo degli studenti universitari, come Unica-Lgbt. Ma a essere rappresentanti saranno anche i giovani che frequenteranno gli atenei in futuro come i ragazzi che fanno parte di Eureka-rete degli studenti medi Cagliari.
GLI ARGOMENTI
Il congresso è un momento estremamente importante di riflessione sulle tematiche universitarie. Si parlerà, per esempio, di argomenti legati agli alloggi riservati agli studenti, di borse di studio e dell'annoso problema dei trasporti. E, naturalmente, di come viene declinato il diritto allo studio.
NUMERO CHIUSO
Grande attenzione sarà dedicata al tema caldo in questi giorni del numero chiuso. «Come Udu - Unione degli Universitari e Rete degli studenti medi», si legge pagina Facebook di Unica 2.0, «chiediamo l'immediata abolizione del numero programmato per i corsi in Architettura, Medicina Veterinaria e Formazione primaria e un piano strutturato per superare nel medio periodo anche la programmazione per Medicina e odontoiatria, prevedendo nel frattempo l'introduzione di un modello transitorio, che abbia l'obiettivo di arrivare alla totale apertura dei corsi dell'area medica». Una richiesta legata al fatto che rappresentano «una vera e propria competizione, una guerra tra poveri, dove i soggetti economicamente meno abbienti partono fortemente svantaggiati rispetto a chi, consapevole della propria scelta, ha speso gran parte di quest'anno nella preparazione con corsi privati a pagamento».

 

2 - L’UNIONE SARDA di lunedì 9 settembre 2019 / Regione (Pagina 4 - Edizione CA)
INNOVAZIONE. Dall'Open Campus a The net value:
la formazione dei giovani professionisti si fa anche con le aziende
Nell'Isola delle start up mancano talenti digitali: i neo laureati non bastano, nascono le academy

I NUMERI
3,5 La crescita Percentuale del numero di aziende che operano nel digitale in Sardegna
64% La percentuale di imprese sarde che hanno un basso livello di informatizzazione

Le imprese che operano nel digitale e vendono prodotti e servizi on line sono in costante crescita: in Sardegna sono 2.822 e nell'ultimo triennio sono aumentate del 3,5 per cento. Un dato apparentemente positivo ma in realtà inferiore a quello nazionale, che registra un +9,1%, come ha certificato Confartigianato imprese.
Ma nonostante il 64% delle imprese sarde abbia un mediocre livello di informatizzazione, l'ecosistema sardo - e quello cagliaritano in particolare - resta favorevole all'insediamento di aziende innovative. Non a caso continuano a nascere start up interessanti (per quanto sei su dieci muoiano entro cinque anni) e, soprattutto, colossi come Accenture, Avanade, Amazon, Huawei continuano ad investire in Sardegna.
MANCANO PROFESSIONISTI
C'è un solo problema: nell'isola dei disoccupati (sono il 15,4%), la richiesta di professionisti del digitale è superiore all'offerta. Mancano programmatori, sviluppatori, esperti in marketing digitale e in cybersecurity perché quelli che escono dalle università sarde sono insufficienti.
LE ACADEMY
Ecco perché due importanti realtà del territorio nel campo dell'innovazione, Open Campus (Tiscali) e The net value, stanno investendo nella formazione ed hanno creato due academy che si propongono come riferimento per le aziende che cercano competenze digitali. L'iniziativa di Open Campus è stata annunciata a metà luglio dalla Ceo Alice Soru: si tratta di una scuola dedicata all'innovazione, che risponde all'esigenza di formare studenti, professionisti e aziende in tutti gli ambiti del digitale attraverso esperienze formative uniche e a stretto contatto con l'intera community che ruota attorno al coworking. Proprio in questi giorni parte il Master per sviluppatori riservato a 18 persone diplomate o laureate.
COMUNITÀ DI INNOVATORI
L'ultima iniziativa è quella di The net value, fondata dall'ex cofondatore e amministratore delegato di Tiscali, Mario Mariani, che da puro incubatore di startup diventa comunità di innovatori. «L'evoluzione prevede, oltre all'ospitalità di startup e freelance nei nuovi spazi di viale La Plaia, la realizzazione di un programma di workshop, partito l'inverno scorso, e un'academy dedicata alla formazione di competenze digitali», spiega Mariani.
LE RICHIESTE DELLE AZIENDE
L'academy parte con il corso “Junior Full Stack Developer”, che dura tre mesi (richieste entro il 16 settembre) volto a formare 15 sviluppatori junior da inserire nelle aziende innovative del nostro territorio. Il corso è progettato assieme a Salvatore Carta, docente del Dipartimento di Matematica e Informatica dell'università di Cagliari, e ad alcune aziende del territorio che stanno mettendo a disposizione delle borse di studio di 2mila euro che vengono raddoppiate da un'equivalente borsa di studio di The net value. L'aspetto interessante è che le aziende che finanziano le borse, se lo studente supera con profitto il corso di tre mesi, coinvolgeranno i borsisti nei loro percorsi di inserimento aziendale.
COMPETENZE DIGITALI
«L'esigenza delle imprese del settore dell'Information communication technology di incrementare il proprio personale è sempre più grande», spiega il manager, «ma le università hanno difficoltà a soddisfare la domanda di junior developer, tanto è vero che i laureati in discipline informatiche vengono assunti prima che terminino il loro percorso di studio. Ma c'è un altro mercato», prosegue: «è quello dei laureati in discipline non direttamente legate all'informatica, penso alla Filosofia ma anche a tutti coloro che nel percorso di studi sviluppano capacità logiche, che spesso faticano a trovare sbocchi. Noi glieli diamo e li formiamo assieme alle aziende partner stando molto attenti a valorizzare oltre alle competenze operative specifiche anche l'apertura mentale. E nel contempo contribuiamo a tenere vivo quell'ecosistema che ha fatto sì che molte aziende innovative abbiano scelto di insediarsi a Cagliari». (f. ma.)

 

3 - L’UNIONE SARDA di lunedì 9 settembre 2019 / Regione (Pagina 5 - Edizione CA)
Deriu (Pd) boccia la proposta Solinas: ma sulle borse di specializzazione si può collaborare
«Riforma delle Asl? Razzia di poltrone senza un progetto»

Cinque Asl. O una sola. Oppure tre. Discorsi insensati, per Roberto Deriu. Almeno finché non si basino su valutazioni scientifiche, che suggeriscano il modo per dare servizi sanitari efficienti spendendo il giusto. Secondo il consigliere regionale del Pd, che nella scorsa legislatura guidò la commissione d'inchiesta proprio sui costi della sanità, sta qui la vera debolezza della riforma delle Asl annunciata dal governatore Christian Solinas. «C'è un concetto che la classe politica sarda non ha capito», ragiona Deriu, «o meglio: ne ha capito solo la metà».
Vale a dire?
«Quello dell'ottimalità. Qual è la dimensione territoriale che garantisce i migliori servizi al minor costo possibile».
Perché dice che la classe politica lo capisce solo a metà?
«Perché ha studiato solo una parte della questione: le economie di scala. Il concetto per cui, se aumenti la dimensione territoriale, riduci i costi unitari del servizio».
E non è così?
«Fino a un certo punto. Ci sono anche le diseconomie di scala: se vai oltre una certa dimensione, i costi riprendono a crescere».
È una critica all'Asl unica voluta dalla Giunta Pigliaru?
«Anche quella riforma non si basava sul ragionamento che sto facendo. Però sono stato convinto a votarla perché nasceva in un contesto emergenziale, la legislazione della crisi: era necessario ridurre la spesa pubblica. Le politiche del centrosinistra si articolano sempre in due fasi: nella prima si rimettono a posto le cose. Nella seconda perdiamo le elezioni, ritorna il centrodestra e rimette tutto com'era prima».
A questo punto può dirci cosa pensa della riforma annunciata dal presidente Solinas.
«Per le ragioni che ho detto prima, quando senti che si fanno coincidere gli ambiti delle Asl con quelli giuridico-amministrativi delle Province, si capisce già che è una riforma sbagliata».
Quale sarebbe l'ambito giusto?
«Serve uno studio per capirlo. Nella scorsa legislatura lasciai la presidenza della commissione d'inchiesta sulla sanità proprio perché non si volle fare uno studio simile».
Anche Massimo Zedda voleva superare l'Asl unica: magari su questo non sarete contrari.
«Guardi che in realtà questa riforma conserva il nostro impianto, che accentra la gestione del personale e degli appalti. E aggiunge alcune storture reazionarie, restituendo alla Giunta la nomina dei manager delle Asl. Una razzia dei posti. Fanno come i costruttori medievali, che usavano i materiali smontati dagli edifici dei Romani. Noi siamo i Romani».
I posti li spartiscono tutti.
«Noi però avevamo affidato le nomine locali al manager dell'Ats. Nel centrodestra sta prevalendo l'anima tradizionale, le vecchie pulsioni, rispetto alla novità rappresentata dalla Lega, che qui è distratta dai guai di Salvini e dal timore di perdere i posti in Consiglio, per via del ricorso elettorale pendente».
Da nuorese, non le fa piacere che la città riottenga un'Asl?
«Io non chiedo cose per Nuoro: vorrei dare ai nuoresi, e a tutti, servizi efficienti a costi ottimali. Il centrodestra dovrebbe completare la riforma nella parte in cui noi siamo stati carenti: il territorio, la medicina di base. Su questo, lo ammetto, dobbiamo dichiararci inadempienti».
Nelle intenzioni, la riforma Solinas sarà attenta ai territori.
«L'attenzione ai territori non è avere uno che comanda localmente le strutture sanitarie. Io parlo dei medici di famiglia, cruciali per la prevenzione; di case della salute, poliambulatori. La sanità non ospedaliera: se non funziona, ne risentono anche gli ospedali. I medici di base stanno andando tutti in pensione: la Giunta cosa intende fare?»
Tema simile a quello delle borse di specializzazione per i giovani medici.
«Chiariamo: non ci servono più medici, ma più specialisti. E non li crei in un anno, non basta aprire i rubinetti dei fondi regionali. Il sistema di formazione è nazionale. Non è materia da assessori, ma da presidenti».
Quindi Solinas che cosa dovrebbe fare?
«Andare dal governo e negoziare un intervento generale, per raddrizzare il sistema negli anni a venire».
Nel frattempo collaborerete con la maggioranza per la legge sull'aumento delle borse?
«Sì, purché ci sia un piano, come chiede la mozione che ho presentato sul tema: ci dicano quanti specialisti servono, quanti soldi ci vogliono, di cosa hanno bisogno le università e così via. Non è un procedimento qualunque interno a un assessorato, è una questione che definirei di rilievo autonomistico».
In che senso?
«Beh, rischiamo di diventare dipendenti dall'esterno per la sanità specialistica. O ti formi tu i professionisti, o vengono da fuori, o devono andare fuori i pazienti».
Giuseppe Meloni

 

La Nuova Sardegna

 


LA NUOVA SARDEGNA
 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 9 settembre 2019 / Sardegna - Pagina 5
Giorgio Metta, 49 anni, è il direttore scientifico dell'Istituto Italiano di tecnologia
IL SARDO CHE VIVE NEL FUTURO: «PROGETTO I ROBOT VOLANTI»
È il padre di iCub, l'automa che aprirà le strade del cielo all'intelligenza artificiale

di Stefano Ambu
CAGLIARI Un sardo alla guida del futuro. Da pochi giorni Giorgio Metta, nato a Cagliari 49 anni fa, è il direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia. Una storia che parte dall'isola. Appassionato sin da piccolo di calcolatori. Quando - tra la fine degli anni settanta e i primi ottanta - "Pocket calculator" e "The robots" sono solo canzoni dei Kraftwerk. In Sardegna, ma forse è così in tutta Italia, i primi pc entrano nelle case tra il 1981 e il 1982. A Cagliari studia per due anni all'istituto tecnico Giua e tre al Marconi. Poi non c'è più scelta. Perché a diciotto anni, elettronicamente parlando, in Sardegna alla fine degli anni Ottanta c'è ancora ben poco da fare. Diventa un cervello in fuga. Per studiare. Prima fuori dall'isola, Genova, poi lontano dall'Italia, Regno Unito, Usa. Laureato in ingegneria elettronica con lode (1994), ottiene un PhD (2000) all'Università di Genova. Dal 2001 al 2002 è ricercatore al prestigioso AI-Lab del Massachusetts Institute of Technology (Mit). Lavora all'Università di Genova e dal 2012 è anche professore di Robotica cognitiva all'Università di Plymouth (Uk). Vice direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia da gennaio 2016 fino a settembre 2019. E ora - notizia di questi giorni - è diventato il direttore scientifico. È il papà di iCub, il robot su cui si riversano applicazioni di studi e ricerche dell'Iti di Genova. E la novità è che ora iCub decollerà. Non in senso metaforico. Volerà nel vero senso della parola, si staccherà da terra. «Stiamo lavorando - spiega Metta - molto sulla mobilità del robot, sulla sua capacità di muoversi nell'ambiente. Stiamo facendo una cosa nuova: vorremmo consentire al robot di volare. Stiamo immaginando di sviluppare tutta l'ingegneria che serve per sollevarlo da terra. In maniera autonoma. Immaginate le ricadute. Ad esempio nello spostamento di oggetti, nel superamento degli ostacoli. Immaginate una situazione di emergenza dove magari il robot deve intervenire in un piano alto di un edificio quando c'è un incendio o un'altra situazione di pericolo. Potendo sollevarsi da terra, può saltare direttamente a quel piano. Non deve fare il percorso per le scale». E ancora , sempre su iCub: «L'altro aspetto di novità - continua - è che stiamo immaginando nuovi materiali e strutture per dargli più leggerezza e capacità di assorbire gli impatti. Cadere e rialzarsi, muoversi più velocemente. È arrivato il momento giusto per accelerare sui robot fatti di polimeri e fibre di carbonio con meno metallo e viti». Intelligenza artificiale. Piano con l'immaginazione, però: tra robot e umanoidi che si confondono con gli umani il passo non è proprio breve. Blade runner non sarà domani, insomma: «Uno scenario alla Blade runner? - spiega -. Forse, se non si pongono dei limiti, fra cinquecento anni. Pensiamo piuttosto a quello che potrà succedere fra quindici e venti anni: ci saranno importanti applicazioni di robotica e intelligenza artificiale». A Cagliari c'è una cameriera robot che porta il sushi ai clienti. Ma non ha nulla a che fare con iCub. «Conosco quel modello, l'ho visto qualche anno fa in Cina. Per ora - scherza - preferisco il cameriere in carne e ossa che mi spieghi che cosa mi sta portando. È più interessante». Lo studio del cervello. L'istituto di tecnologia non è solo iCub. E ora è Metta che deve impostare le strategie. «Siamo pronti a lavorare sul system neuroscience, in italiano neuroscienza di sistema. Abbiamo a disposizione persone che studiano le reti neurali del cervello, quindi naturali. Abbiamo anche delle persone che si occupano di modellare queste reti dal punto di vista computazionale. E poi abbiamo anche chi è in grado di connettere i modelli con il comportamento (decisioni, movimenti). Questi aspetti, messi insieme, ci consentono di effettuare uno studio del cervello che ci permette poi di trasformarlo in intelligenza artificiale. Quindi di implementarlo dentro un robot. Questo richiede un lavoro con il neuroscienzato, con il fisico che fa i modelli, con chi si occupa di scienze cognitive e comportamento e con persone che studiano intelligenza artificiale e robotica. Ed è importante mettere tutto insieme per realizzare qualcosa di nuovo. Per costruire robot che saranno sempre più autonomi, capaci magari anche di capire quando c'è un problema in una rete neurale, di trovare una patologia». Altre cose, mille progetti: «A Genova vorremmo espandere alcuni dei nostri laboratori - anticipa - l'anno prossimo termineremo il centro di robotica dei sistemi intelligenti. Stiamo ristrutturando un edificio e c'è già qualche robot. Finiremo entro il 2020 con tutti i nostri robot in un'unica location». Cose da fare. Sono tante ma ce ne sono altre che stanno cominciando a dare i loro frutti. «Sí - conferma - ad esempio sulle connessioni tra genetica, bioinformatica e intelligenza artificiale: importante analizzare i dati genetici per scoprire perché si sviluppano certe patologie. Su questo aspetto abbiamo già dei buoni risultati». Un voto alla tecnologia in Italia? «Difficile dare una risposta perché ci sono diversi settori - spiega -, però sulla robotica siamo molto avanti. Non ce lo diciamo da soli, ce lo riconoscono i database a livello internazionale». Futuro e prudenza: la strada dei robot che portano i cocktail agli umani seduti a bordo piscina è ancora lunga. Anche se a tutti sembra breve: «La scienza va avanti, ci sono sempre tante novità, ma prima che la tecnologia sia alla portata di tutti ci vuole del tempo - avverte Metta -. Ora diamo tutto per scontato. Ma tra il primo telefonino e lo smartphone che usiamo sono passati almeno quindici-vent'anni».

 

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie