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Mercoledì 31 luglio 2019

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 luglio 2019

L'Unione Sarda

Rassegna quotidiani locali
a cura dell’Ufficio stampa e redazione web



L’UNIONE SARDA
 
1 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 31 luglio 2019 / Cagliari (Pagina 16 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ. Tra il 2009 e il 2011 l'indagata era nella segreteria di due dipartimenti
BUCO NELLE CASSE, DIRIGENTE SOTTO ACCUSA
Peculato: chiusa l'inchiesta su un ammanco superiore a 130 mila euro

FINANZA La Guardia di finanza ha eseguito le indagini coordinate dal pm Gaetano Porcu
LA DIFESA Il legale Secondo l'avvocato ogni spesa dell'indagata era stata approvata dai direttori di dipartimento. La funzionaria afferma di aver seguito le regole della contabilità universitaria operando sempre nel rispetto delle norme


Funzionaria della segreteria amministrativa e gestionale del dipartimento di “Ingegneria meccanica chimica e dei materiali” dell'Università: è il ruolo attualmente ricoperto dalla 63enne Marcella Pusceddu, originaria di Cuglieri ma residente nel capoluogo, in base a quanto indicato nel documento “Afferenza personale docente e tecnico amministrativo alle strutture dell'Ateneo” che risale allo scorso febbraio. Faceva parte di altri dipartimenti (“Ricerche economiche e sociali” e “Storico politico internazionale”) quando, tre anni fa, era finita al centro di un'inchiesta condotta dal pubblico ministero Gaetano Porcu e dagli uomini della Guardia di finanza. Gli investigatori avevano scoperto, grazie a una segnalazione interna alla facoltà, l'ammanco dalle casse dell'Ateneo di una cifra che toccava, nella ricostruzione investigativa, i 190 mila euro. Fondi destinati a diversi progetti e agli assegni di ricerca che, in base alle ipotesi del magistrato inquirente, negli anni erano finiti invece nelle tasche della dipendente. Ora, terminate le verifiche, l'inchiesta per peculato è chiusa: Pusceddu - che contesta integralmente la ricostruzione investigativa - è chiamata a rispondere di un buco pari a 134 mila euro, cifra inferiore rispetto a quella iniziale per la mannaia imposta dalla prescrizione.
LA SEGNALAZIONE INTERNA  
Secondo quanto ricostruito dalle Fiamme gialle, il periodo durante il quale la donna si sarebbe appropriata del denaro sarebbe stato più lungo ma all'esito degli accertamenti, trascorso troppo tempo dall'avvio delle verifiche, la contestazione finale si è dovuta limitare al triennio 2009-2011. La segnalazione era stata inoltrata da chi aveva sostituito Pusceddu nel ruolo e si era accorto della mancanza, ingiustificata, di decine di migliaia di euro. I militari, su delega della Procura, erano andati negli uffici universitari per acquisire tutta la documentazione necessaria a ricostruire i movimenti del denaro e capire cosa fosse accaduto, risalendo a chi in ipotesi poteva essere responsabile dell'ammanco. Di lì a poco la funzionaria era stata trasferita in un altro dipartimento.
IL DENARO E LE FIRME  
Diverse le soluzioni utilizzate da Pusceddu per intascare i soldi, sulla base di quanto descritto nell'imputazione. Il pm contesta all'indagata di aver incassato il denaro contante attraverso più versamenti eseguiti sul suo conto corrente in qualità di segretaria amministrativa del Dres (il dipartimento ricerche economiche e sociali) per un totale di 77.963 euro in tre anni; nello stesso periodo (2009-2011) avrebbe intascato ulteriori 56.313 euro come segretaria del Dispi (il dipartimento storico politico internazionale). Come? Pusceddu, così sostiene il magistrato inquirente, si serviva di mandati di pagamento a doppia firma: la sua e quella del direttore del dipartimento. Sigla quest'ultima che lei stessa falsificava o inseriva attraverso una copia fotostatica. In altre occasioni la firma era vera ma ottenuta imbrogliando il direttore.
ESBORSI INESISTENTI  
A volte giustificava le spese quale segretaria amministrativa dei dipartimenti: esborsi che in realtà Procura e Finanza ritengono mai effettuati e comunque non documentati. In altri casi la funzionaria imputava le fuoriuscite a rimborsi dovuti a sue prestazioni legate a progetti di ricerca finanziati da enti esterni, lavori (anche in questo caso) ai quali mai avrebbe partecipato o ritenuti addirittura inesistenti. Infine, nella ricostruzione investigativa la donna aveva iscritto poste fittizie a bilancio dei due dipartimenti per creare entrate inesistenti relative a quei progetti di ricerca così da incassare le somme. Comportamenti che, se non fosse sopraggiunta la prescrizione, sarebbero potuti costare all'indagata anche la contestazione del reato di falso.
L'AVVOCATO E LA MEMORIA  
Pusceddu però «contesta la ricostruzione investigativa e sostiene che ogni spesa era stata approvata dai direttori di dipartimento», sottolinea l'avvocato difensore Massimiliano Marcialis, secondo il quale la sua assistita «seguiva le regole della contabilità universitaria» e ha «sempre operato nel rispetto delle norme». Nei prossimi giorni il legale depositerà una memoria nel tentativo di smantellare la tesi della Procura.
Andrea Manunza

 

2 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 31 luglio 2019 / Prima (Pagina 1 - Edizione CA)
L'ANALISI
La Manovra che verrà

Beniamino Moro
Saltata la finestra elettorale di settembre, alla ripresa autunnale si porrà il problema della manovra finanziaria per il 2020. La situazione di partenza è definita dal quadro programmatico contenuto nel Def di aprile, che a politiche invariate prevede: 1) la disattivazione delle clausole di salvaguardia per evitare l'aumento automatico dell'Iva nella misura di 23,1 miliardi; 2) il finanziamento di 2,7 miliardi di spese indifferibili (aumenti di stipendio dei dipendenti pubblici e altre spese correnti e in conto capitale); 3) nuovi investimenti per 1,8 miliardi, per un totale complessivo 27,6 miliardi di risorse da finanziare. Per quanto riguarda le coperture, nella lettera inviata da Conte alla Commissione Ue, viene sottolineato che il Parlamento ha chiesto, in occasione dell'approvazione del Def, non solo l'abrogazione del rialzo dell'Iva, ma anche l'esclusione di aumenti alternativi della pressione fiscale con misure di pari efficacia. Ciò significa che il disinnesco delle clausole Iva potrà avvenire solo con una revisione della spesa di pari importo, ma non con un nuovo aumento del debito, perché in tal caso si riaprirebbe la procedura d'infrazione. Tuttavia, la revisione della spesa sinora prevista dallo stesso Def ammonta solo a 2 miliardi. Tenuto conto di altri 2 miliardi di minori interessi e 3 miliardi di risparmi su quota 100 e reddito di cittadinanza, resterebbero comunque circa 20,6 miliardi di spese da tagliare. Questa è la situazione attuale a legislazione vigente, cui si aggiungerebbero i costi dei nuovi provvedimenti, tra cui la flat tax della Lega. (...) SEGUE A PAGINA 7

Regione (Pagina 7 - Edizione CA) SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
Salvini insiste ma Tria specifica che il taglio delle tasse potrà essere solo graduale
FLAT TAX E AUMENTO DELL'IVA: INCOGNITE DELLA MANOVRA CHE VERRÀ

(...) Su questa al momento non esiste una quantificazione specifica dei costi, ma solo un'indicazione generica che va dai 10 ai 15 miliardi. Impensabile che si vada ad una manovra tra i 30-35 miliardi, tutta da finanziare con una nuova edizione della spending review, cui nessuno è disposto a credere.
Che fare allora? Salvini ripropone il finanziamento in deficit, che però riaprirebbe la procedura d'infrazione con la Commissione Ue. Strada impercorribile, dopo i due tentativi falliti a dicembre e ai primi di luglio. Tria fissa invece il quadro entro cui intervenire: il taglio delle tasse seguirà una «progressività di attuazione secondo gli spazi fiscali che si creano». I punti su cui è possibile intervenire sono due: l'aumento dell'Iva e la flat tax. Sul primo nessuno ha il coraggio di dirlo esplicitamente, ma nella sostanza sono in molti a concordare che, non riuscendo a fare una revisione della spesa per un importo così elevato, almeno una parte (si vocifera circa la metà) degli aumenti dell'Iva previsti dalle clausole di salvaguardia verrebbero fatti scattare in automatico dal primo gennaio 2020. Si tratterebbe di circa 10 miliardi, che ridurrebbero la spesa per disinnescare le clausole di salvaguardia a non più di 12-13 miliardi.
Quanto alla flat tax, esiste già una proposta che ne prevede l'introduzione marginale, sempre al 15%. In tal caso, però, l'aliquota si applicherebbe solo ai redditi incrementali da un anno all'altro. Ciò significa che se il reddito dichiarato nel 2020 aumenta di 10 mila euro rispetto a quello dichiarato nel 2019, l'aliquota d'imposta del 15% si applicherebbe solo a questi 10 mila euro e non all'intero reddito.
Messo in questi termini, l'intero costo della flat tax per il 2020 verrebbe ridimensionato a circa 2 miliardi di euro, che porterebbe il costo della prossima manovra a un valore intorno ai 12-13 miliardi di euro. Non inganni la minaccia di Salvini “o si fa la flat tax piena o non si fa la manovra”, lui per primo sa bene che questa sarà fatta nel rispetto delle regole europee, come sostiene Tria. Peraltro, in un clima di collaborazione con la Commissione Ue, si potrebbero avere le cosiddette flessibilità (ulteriori finanziamenti in deficit), di cui a suo tempo aveva beneficiato anche Renzi. Certamente una finanziaria così sobria diventa più gestibile, senza essere restrittiva, in attesa di decidere se tornare alle urne a primavera.
BENIAMINO MORO
DOCENTE DI ECONOMIA POLITICA UNIVERSITÀ DI CAGLIARI

 

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