Sabato 25 maggio 2019

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
25 maggio 2019

L'Unione Sarda

Rassegna quotidiani locali
a cura dell’Ufficio stampa e redazione web



L’UNIONE SARDA
 
1 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 maggio 2019 / Prima Economia (Pagina 18 - Edizione CA)
LO STUDIO. Alcuni segnali incoraggianti in un'economia che resta comunque fragile
L'ISOLA CRESCE, MA A BASSA VELOCITÀ
Il rapporto Crenos: il Pil a +0,8 grazie all'export dei prodotti petroliferi

Il barometro dell'economia della Sardegna, rilevato dall'ultimo rapporto del Crenos, dice che l'Isola sta crescendo, ma lo fa troppo lentamente, a una velocità che è la metà rispetto a quella del resto del Paese: +0,8% (31,3 miliardi di euro) il Pil sardo nel 2017, contro il +1,6% a livello nazionale. Se si considera che già l'Italia cresce meno rispetto al resto d'Europa, questo non fa altro che aumentare le distanze tra la Sardegna e i Paesi Ue (per sviluppo economico, l'Isola è al 214esimo posto in Europa su 281 regioni).
ECONOMIA FRAGILE
«L'economia della Sardegna è fragile», conferma Emanuela Marrocu, direttrice del Crenos. «Abbiamo comunque segnali incoraggianti, e uno dei più significativi è l'aumento dei laureati tra i 30 e i 34 anni». Oggi la percentuale è del 24%, ancora ben lontana, comunque, dal 40% indicato dell'Europa per il 2020, «ma la crescita di 7 punti negli ultimi 5 anni dice che stiamo andando nella giusta direzione», aggiunge.
BASSA VELOCITÀ
La Sardegna prova a dare un'accelerazione all'economia, ma in generale la sua velocità resta molto bassa. E questo perché praticamente dietro ogni voce positiva c'è quasi sempre un elemento meno confortante. Per esempio, «il calo del tasso di disoccupazione», sceso dal 17% al 15,4%, «e i 20mila occupati in più tra il 2017 e il 2018 rappresentano segnali incoraggianti», spiega Bianca Biagi, Crenos. Un'analisi più attenta sull'occupazione con il filtro della qualità dei contratti offre però un quadro non proprio esaltante. «È vero», ammette Biagi, «l'84% dei nuovi posti di lavoro sono contratti a tempo determinato, ma si tratta comunque di un segnale positivo».
PETROLIO E ARMI
Stesso discorso per l'export: le vendite all'estero sono cresciute di oltre 360 milioni di euro, trainate perlopiù dai prodotti petroliferi, dalle armi e munizioni (+23%). A frenare l'entusiasmo ci sono i dati sulle vendite dei prodotti lattieri caseari, calate del 24% («sono ormai tre anni che il settore mostra il segno meno», spiega Biagi), e quelli della bilancia commerciale che è negativa per 2,4 miliardi. Calano gli investimenti, - 0,9% rispetto al 2015, e diminuisce la propensione delle imprese a innovare (solo il 15% tra i privati investe in ricerca e innovazione).
TURISMO IN SALUTE
Tra i settori più in salute c'è ancora il turismo, da sei anni col segno più: crescono gli arrivi, +7,6% (oltre 3 milioni quelli complessivi), crescono le presenze, +5,5% (oltre 14 milioni, la metà concentrata nei mesi luglio e agosto a testimonianza che si tratta ancora di un turismo prettamente marino-balneare). Nel 2017 la quota dei turisti stranieri ha raggiunto il 50% (era 32% nel 2008) eguagliando la media nazionale. Un dato resta, però, allarmante, quello relativo al turismo sommerso: il Crenos stima che ci siano circa 13 milioni di presenze (il 64%) in nero solo tra i turisti italiani che soggiornano in Sardegna.
Mauro Madeddu

I SINDACATI
«Uscire dalla crisi non basta, servono più investimenti»

«La ripresa è timida e conferma la debolezza del sistema economico isolano», dicono in coro i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil leggendo il rapporto Crenos sull'economia della Sardegna. «I dati certificano l'uscita dalla crisi ma molto deve essere fatto per tornare ai livelli pre-crisi del 2008. «È una Sardegna che produce poco, con forti eterogeneità tra settori e territori», dice Francesca Ticca, Uil. «Preoccupano il calo degli investimenti e il fatto che il 97% delle imprese sarde sia sotto i 10 dipendenti», sottolinea Gavino Carta, Cisl: «Il tutto, con la decrescita demografica, non fa ben sperare per il futuro. Servono investimenti». La stessa ricetta di Michele Carrus, Cgil: «Abbiamo bisogno di investimenti nelle infrastrutture, per esempio per portare il metano nell'Isola. Molti indicatori positivi sono deboli: l'occupazione cresce ma è precaria e di bassa qualità». ( ma. mad. )


2 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 maggio 2019 / Regione (Pagina 7 - Edizione CA)
LA STRADA CHIUSA. Conferenza stampa sul lungosaline in mezzo a un gruppo di contestatori
Quartu, tre mesi per il ponte: lavori necessari

Delunas promette e premette: «Servono bravura e fortuna»
In un clima caldo per la temperatura e le proteste di alcuni residenti, che ne chiedono le «dimissioni» tacciandolo di «incompetenza», il sindaco di Quartu Sant'Elena prende il microfono e, dopo un lungo preambolo, annuncia: «Se siamo bravi e fortunati», scandisce Stefano Delunas, «il ponte di viale Colombo sarà percorribile per i primi dieci giorni di settembre». Non i due anni indicati dall'assessore all'Urbanistica Paolo Passino, defenestrato proprio per questo motivo e al quale lo stesso sindaco ora vuole togliere anche il posto di presidente del Parco di Molentargius. La fiducia nell'ex braccio destro, che fu suo vice sindaco, è scomparsa. «Lei è indignato?», replica Delunas a un anziano particolarmente critico, «pensi io, spinto a dire che i lavori duravano due anni. Non sono forse mortificato e deluso? Sono molto inc...to».
LA REPLICA A PASSINO E PANI
Così, durante una conferenza stampa durata un'ora, il capo di una Giunta che dal 2015 ha perso otto assessori e un presidente del Consiglio cancella le ultime polemiche («Passino parla di cacciata pretestuosa e manuale Cencelli? Lui non è più un problema mio»), liquida l'attacco di Tonio Pani, leader del Polo civico («dietro la mia decisione si nasconde altro? Gli assessori da sostituire ci sono, scopre l'acqua calda»), e spiega cosa accadrà nei prossimi mesi, dopo l'ordinanza di chiusura della strada.
LE PROSSIME TAPPE 
Il primo passo è stato valutare «la stabilità» del ponte e «la fattibilità tecnica ed economica dell'intervento di manutenzione straordinaria», spiega Delunas: «I carotaggi sono già cominciati». Se ne occupa una ditta di ricerca legata all'Università, la “Secured solution”, che deve scavare sino a 7 metri di profondità. «Sotto il ponte ci sono tre metri di melma. Oltre, speriamo di trovare basamenti solidi. Dobbiamo evitare un disastro ambientale eccezionale», nello stagno nidificano i fenicotteri; ma anche che un crollo provochi una disgrazia per la quale «sarei il primo a piangere». Ecco il perché della chiusura: «Incolumità, salvaguardia e salute dei cittadini. Mi rendo conto di aver spezzato delle abitudini, ma non credo di aver attentato alla vita di chi, per andare a Cagliari, impiega dai 12 ai 15 minuti in più. Non si tratta di sistemare dieci metri di strada, è necessario mettere in sicurezza la parte idraulica del parco ed eseguire operazioni che necessitano del nulla osta di tutti gli enti preposti. Poi ci saranno gare d'appalto e lavori». Lunedì dovrebbe arrivare il via libera al passaggio dei mezzi di soccorso e delle forze dell'ordine sul ponte; martedì si terrà «il tavolo tecnico» con chi «deve dare le autorizzazioni». La Città metropolitana ha fornito 300 mila euro «ma deve approvare il bilancio»; il Comune, che si occuperà degli interventi sul ponte (il Parco di quelli necessari sotto), ha «messo a bilancio 250 mila euro».
LE PROTESTE DEI CITTADINI
Tutto intorno diversi residenti protestano e interrompono Delunas, definiscono «massa di incompetenti» sindaco e amministratori ed espongono un piccolo striscione con scritto “dimettiti”. «Abbiamo bisogno di strade, marciapiedi e vigili urbani, troppo pochi», lamentano Maria Rita Mereu e Annamaria Nardelli, «chiediamo alla città di protestare così che il sindaco lasci la sua bellissima poltrona». Serafica la replica del primo cittadino: «Dimettermi? Non vedo perché. Ho agito secondo coscienza. Bisogna scegliere la strada legittima, non quella più facile, nonostante i cittadini facciano credere di essere esperti. Se non comprendono che bisogna rispettare le leggi, lo capiranno col tempo». L'ultimo affondo su Passino («protesta anche perché gli ho tolto l'incarico di vicesindaco») e sull'ironia esplosa in rete con decine di fotomontaggi sul ponte chiuso («sono stato colpito nella mia dignità»), poi la chiusura: «Ai quartesi dico che bisogna avere pazienza». Fino a settembre.
Andrea Manunza


3 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 maggio 2019 /
LA SAGRADA FAMILIA
Martedì alle 17, alla facoltà di Architettura, Fabio Ziranu, responsabile delle torri absidali e degli interni, parlerà dei lavori


4 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 maggio 2019 / Economia (Pagina 19 - Edizione CA)
SCUOLA. Aumenti ai presidi
Piano per l'assunzione di 17mila maestre

C'è il via libera del ministro della pubblica amministrazione Giulia Bongiorno alle procedure per il reclutamento di quasi 17mila maestre della scuola dell'infanzia e primaria. «Via libera a concorsi per 16.959 posti di personale docente della scuola dell'infanzia e primaria, di cui 10.624 per l'anno scolastico 2020/2021 e 6.335 per l'anno scolastico 2021/2022», annuncia in una nota il Ministero. Autorizzato anche l'aumento di stipendio dei presidi che, spiega una nota, «interessa circa 8mila dirigenti e permetterà il quasi totale riallineamento della retribuzione dei dirigenti scolastici a quella delle altre categorie di dirigenti pubblici». Un aumento di circa 160 euro al mese collegato al «raggiungimento degli obiettivi». È il primo contratto della dirigenza dopo un lungo periodo di sospensione (perdurava dal 2009) dei rinnovi contrattuali; interessa 7.452 capi di istituto e gli oltre 300 dirigenti delle Università e delle Accademie e dei Conservatori.


5 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 maggio 2019 / Prima (Pagina 1 - Edizione CA)
Il commento
REFERENDUM SULLA UE

Aldo Berlinguer
Siamo ormai alla vigilia delle elezioni europee. Dai dibattiti emerge di tutto: dentro o fuori dalla UE, più Italia, più Europa, meno poteri, più flessibilità. Emergono visioni nuove, a volte sogni, pure stravaganti. Viene il sospetto che molti dei candidati conoscano poco l'Unione europea e si propongano intenti immaginari, che poi, se eletti, si tramuteranno in provocazioni inconcludenti, non per questo meno pericolose.
Taluni sembrano dimenticare che la tensione tra spinte funzionaliste e spinte governative (oggi diremmo sovraniste) non è certo una novità. La prima Comunità europea, quella di difesa comune (CED), fallì proprio per questo. Gli Stati fondatori (in particolare la Francia) non vollero cederle lo scettro più autentico della sovranità: la forza.
Eppure quando le Comunità europee vennero fondate il bilancio era di oltre 80 milioni di morti: tanti ne avevano fatti le due guerre mondiali con una quantità di feriti, mutilati, danni alle città, le campagne, le infrastrutture ecc.. che nessuno è mai riuscito a stimare compiutamente. Ma quel bilancio, evidentemente, non bastò ad indurre i fondatori a rinunciare ai propri eserciti in favore di una difesa comune. E fu dunque il progetto economico il motore dell'aggregazione, precedendo, di molto, quello politico, ad oggi non ancora compiuto. Ne è nata così una creatura strana. Gli stessi giuristi (cosiddetti comunitaristi) non riescono a definire la UE. (...) SEGUE A PAGINA 17

Commenti (Pagina 17 - Edizione CA) Segue dalla prima
UE, domani è un referendum
(...) Cresciuta tra spinte contrapposte essa è un ibrido: con un parlamento subalterno, due esecutivi (Consiglio e Commissione), che spesso collaborano poco, una moneta unica (non per tutti), senza un corrispondente, unico braccio economico-finanziario, e con invece un potere giudiziario al contempo defilato e preponderante: vero, recondito architetto dell'edificio europeo.
La UE è un gigante d'argilla, un grande regolatore senza mani e senza piedi, che demanda l'esecuzione dei suoi atti agli Stati membri e che ha un apparato amministrativo esiguo. I tanto odiati eurocrati sono poco più di 40.000 per 500 milioni di europei. Il solo Comune di Roma, nel suo complesso, ha circa 60.000 dipendenti per meno di 3 milioni di residenti. Anche il bilancio europeo appare esiguo rispetto a quello capitolino.
Cosa possiamo dunque pretendere da una UE che da organizzazione internazionale poteva diventare Stato federale ma, per interdizione degli Stati membri, si è fermata a metà del guado (complici anche i referenda francese e olandese, contro la Costituzione europea, nel 2005)?
Cosa pretendiamo da una bicicletta senza manubrio (forse anche senza sellino) che tutti criticano, tutti vorrebbero sterzare dalla propria parte e al contempo tutti vorrebbero più sicura e più veloce? A sentire gli aitanti candidati alle elezioni la UE dovrebbe gestire l'immigrazione, combattere la concorrenza sleale straniera, prevenire gli attacchi informatici e i cambiamenti climatici, garantire la coesione economico sociale, una politica commerciale comune..ecc. Al contempo però essa dovrebbe lasciare liberi gli Stati di convenire rapporti bilaterali, spendere e spandere a piacimento e evitare di metter becco nelle loro decisioni. In buona sostanza: una UE a fisarmonica, capace di estendersi e ritrarsi, che dovrebbe fare mille cose in più magari con meno risorse e meno poteri. Insomma: un vero delirio elettorale. Ma stavolta il battage antieuropeo si è fatto davvero assordante. Sono ormai anni che le classi dirigenti nazionali nascondono la loro inettitudine e le loro gravi responsabilità agitando il feticcio europeo. Ed è illusorio pensare che questo non abbia provocato un danno di immagine irreparabile. Andiamo quindi a svolgere domani non un esercizio democratico, volto a selezionare le migliori idee e i migliori candidati, ma un ennesimo, malcelato referendum: pro o contro la UE, non troppo dissimile da ciò che l'irresponsabile Cameron propose agli inglesi. Cambia solo il quesito referendario ma l'esito sarà simile: spediremo a Strasburgo una pletora di twittatori seriali, con poche idee e confuse, animati dal solo fine di sabotare il processo europeo, che invece di essere orientato a salvaguardare i nostri valori ed i nostri interessi, correrà il rischio di incepparsi definitivamente, con buona pace degli uni e degli altri. Poi, come gli inglesi, ce ne pentiremo.
ALDO BERLINGUER, UNIVERSITÀ DI CAGLIARI

 

6 - L’UNIONE SARDA di sabato 25 maggio 2019 / Regione (Pagina 10 - Edizione CA)
EUROPEE. Gli studenti: «L'Unione è troppo importante, andiamo alle urne sperando che cambi qualcosa» Il voto dei diciottenni: «Il partito giusto lo scegliamo sul web»
Dall'ambiente alla coesione tra gli Stati: l'Ue vista con gli occhi dei giovani sardi

C'è un fuggi fuggi generale tra i giovani elettori, non appena sentono qualche domanda sulle elezioni europee. «Non sono abbastanza preparato, faccio di sicuro figuracce», è la risposta più diffusa. Eppure sono tanti i ragazzi appena diventati maggiorenni che per la prima volta si accingono a dare il loro voto con le idee ben chiare.
SU INTERNET
Francesca Sofia Cocco ha da poco compiuto diciannove anni, studia economia a Milano ed è tornata a Cagliari proprio per le elezioni di domenica. «Mi rendo conto che l'Unione europea sia per noi giovani una grande opportunità. L'abbattimento delle barriere, l'ambiente, il mercato comune: sono questi i temi che hanno catturato la sua attenzione. «Per informami ho partecipato agli incontri organizzati dall'università e sono stati utili anche alcuni test online» dice. Si tratta degli “Europartitometri”, esami che individuano in base alle risposte date il partito più vicino alle proprie idee politiche. «Però», commenta Francesca, «si conoscono i partiti ma si sa davvero poco sui candidati».
LE OPINIONI
«L'Unione europea è pace», dice Antonella Sitzia, classe 2000, studentessa del liceo Dettori e aspirante insegnante di lettere. Al parlamento europeo di domani chiede più coesione, aiuti reciproci e solidarietà soprattutto in un momento in cui si stanno riaffermando nazionalismi e il problema dei migranti è così urgente. «L'idea di conoscere nuove culture e lingue mi piace e grazie ai finanziamenti europei so che un domani potrò farlo», conclude.
«Andare da Cagliari a Berlino senza passaporto, ordinare e avere a casa prodotti direttamente dalle Francia grazie agli accordi di Schengen, vivere in un'Europa sostenibile con i protocolli sull'ambiente, la possibilità di una prospettiva estera di lavoro. La lista è lunga», dice Matteo Porru, pronto a dare il suo voto da neo-maggiorenne. «Per me il più grande onere dell'Ue è quello di calarsi anche nelle realtà locali, incentivando i progetti scolastici e regionali, che rappresentano si un finanziamento ma soprattutto sostentamento» afferma.
AMBIENTE
Attenta alle tematiche ambientali è invece Cristina Palomba «Mi aspetto che si prenda una decisione sul cambiamento climatico. Ci tengo e mi impegno in prima persona, qualche settimana fa sono andata a pulire Su Siccu e da scout ho partecipato a tante altre iniziative», racconta.
«L'abolizione del roaming, l'abbattimento dei confini, l'apertura globale sono tutte vittorie dell'Europa unita, ma sono praticamente nato con loro e non ci faccio più neanche caso», dice Michele Mura, che invece nota le profonde disparità presenti all'interno l'Unione. «L'uscita dell'Italia però sarebbe una vera catastrofe», commenta, «voto perché possa cambiare qualcosa all'interno del parlamento». Opinione condivisa anche da Francesco Lavena, diciottenne convinto che per combattere lo strapotere economico di colossi come America e Cina sia fondamentale la coesione di tutti i paesi europei. C'è poi chi sogna l'Erasmus come Lidia Polverino, studentessa fuori sede tornata in città per votare. «Un progetto inizialmente elitario e che invece adesso grazie all'Europa ha ampliato la sua offerta» afferma, confessando anche il suo desiderio di partire per poi tornare.
Chi dell'Unione europea è innamorato e intende un domani farne parte attivamente è Federico Cannas, studente del liceo Eleonora D'Arborea. «Domani voto per l'Europa ma anche per la Sardegna, affinché rimanga un paradiso, e isola non significhi isolamento».
MICHELA MARROCU

 

La Nuova Sardegna

 

LA NUOVA SARDEGNA

 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 25 maggio 2019 / Sassari - Pagina 25
C'È TEMPO FINO AL 31 MAGGIO PER PARTECIPARE ALL'ERASMUS
SASSARI C'è tempo fino alle 12.30 del 31 maggio per presentare domanda di partecipazione al programma Erasmus Traineeship 2019-2020. L'Università mette a disposizione dei propri iscritti 1321 borse per finanziare mobilità a fini di tirocinio (durata minima 2 mesi, durata massima 6 mesi). Il bando è pubblicato sul sito dell'Ateneo al seguente link:https://www.uniss.it/bandi/bando-erasmus-traineeship-201920. Quest'anno ci si può iscrivere on line direttamente attraverso l'area riservata self studenti (https://uniss.esse3.cineca.it/Home.do). L'elenco delle sedi strutturate suddivise per dipartimento, in cui è possibile svolgere un tirocinio, è pubblicato sul sito dell'Università.

 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 25 maggio 2019 / Primo piano - Pagina 3
Solo 214esima su 281 regioni Ue, il reddito medio non arriva a 19mila euro
LA SARDEGNA VA AL RALLENTY E RESTA IN CODA IN EUROPA

di Umberto Aime
CAGLIARI Gli economisti li chiamano sussulti. Sono gli strappi di cui la Sardegna soffre da sempre e anche stavolta è stato così. Non riesce a dare continuità alla riscossa. Come ogni anno, il Crenos, centro studi delle università di Cagliari e Sassari, ha pesato quanta vale la nostra terra: dagli abitanti all'industria, dall'occupazione alla disoccupazione, dai trasporti al turismo. Anche nel rapporto numero 36, i ricercatori non hanno tralasciato nulla. E gli strappi, o contraddizioni, sono saliti di nuovo a galla. Lo hanno confermato Emanuela Marrocu, direttrice del Crenos, e Bianca Biagi, coordinatrice scientifica, nel presentare una relazione in cui la Sardegna avanza appena, oppure retrocede di qualcosa, ma almeno non crolla come negli anni della crisi globale. Oggi è sempre un'isola in fondo alla classifica delle regioni europee, al 214 posto su 281, eppure nonostante non sia ricca, o meglio non completamente povera, sta abbastanza meglio di molte altre terre del Sud e del Continente europeo. Ha voglia di riscattarsi. Certo, non è e non sarà facile risollevare la testa, quando, nel 2017, il reddito medio di un sardo non è arrivato a toccare i 19mila euro l'anno. È il 64 per cento della media europea, visto che sulla terra ferma - dalla Toscana in su - arrivano a mettersi in tasca fino a 25mila euro. Oppure è e sarà complicato rinascere se il Prodotto interno lordo, la ricchezza di un territorio, quello sardo è inchiodato sui 31 miliardi, cresce solo dello 0,8 per cento in un anno. Altrove è stimato che invece possa schizzare fino all'1,6, il doppio. Però qualche segnale di ripresa il Crenos l'ha individuato ed è a quelli che la Sardegna deve aggrapparsi. Il tasso di occupazione è salito fino al 40 per cento: in 582mila lavorano su una popolazione che, oltre i 15 anni, è appena superiore al milione e 400mila abitanti. È stato possibile grazie a 20mila assunzioni, confermate dall'Inps e dall'Istat, anche se molti di quei contratti sono stati a tempo determinato. Ma non può sfuggire che, nell'ultimo periodo, sono state assunte più donne (14.770) che uomini (5.106) e così l'occupazione femminile ha risalito diverse posizioni. C'è un altro dato positivo, quasi eccezionale: dal 2016 al 2018 la disoccupazione giovanile (15-24 anni) è scesa dal 56,3 al 35,7 per cento, con un picco da Paese sviluppato e speriamo l'effetto duri. Certo, sono dati, freddi e crudi, e infatti alla fine la percezione reale è spesso molto diversa. Anche se il mercato del lavoro - scrive Crenos - «ha dimostrato discreta vivacità soprattutto nell'intraprendenza di chi non vuole scoraggiarsi».
CHIARO E SCURO. L'alternanza del bianco e del nero, nel dossier, è una costante. Ad esempio il saldo demografico continua a essere negativo, nel 2017 sono nati appena 10.427 bambini, ed è il minimo storico dal secondo dopoguerra. Ma di contro è salita fino a 23 punti la percentuale di sardi oltre i 65 anni, perché - secondo un'altra tabella - «la qualità della vita è molto alta, dalla sicurezza all'ambiente, e gli indicatori di benessere sono in aumento». Però, ecco la discesa, lo strappo fra ricchi e poveri è sempre più netto di anno in anno, con la Sardegna che si allontana dalle medie nazionali. Il divario è diventato una voragine nel confronto fra Nord e Sud dell'Europa. Però di contro c'è da essere contenti, perché sono aumentati i consumi delle famiglie, seppure solo per i beni di prima necessità. Oppure è cresciuto il numero di laureati con un botto intorno ai 7 punti in più nel confronto 2013-2017. Ora la percentuale è intorno al 26,6 ma ancora molto lontana dalla soglia che l'Europa vorrebbe, il 40. È migliorata anche la voce, sempre tragica, della dispersione scolastica, con un calo fino al 21 per cento, sono tre punti in meno, ma in Italia la maglia nera è comunque ancora sulle spalle della Sardegna.
CHI SALE E CHI SCENDE. Il tessuto economico delle imprese bene o male ha retto, sono 143mila e la mortalità è stata meno invasiva che in passato. Ci sono settori in crescita inarrestabile, il turismo su tutti, mentre industria ed edilizia continuano a essere troppo vicine al baratro. C'è dell'altro: le aziende sarde continuano a essere malate di nanismo, hanno massimo 10 dipendenti, e poi investono poco nell'innovazione. Non fa meglio la Regione, che non riesce ad andare oltre i 281 milioni per la ricerca, troppo pochi. C'è qualche sussulto anche nella sanità: la spesa totale è scesa a 3,27 miliardi recuperando qualcosa, ma l'indice di qualità non è salito. Il Crenos l'ha definito insufficiente e le contestazioni popolari sono ancora e sempre molte. Anche i Comuni hanno ridotto la spesa pro capite per i cittadini. Azzerati i trasferimenti dello Stato, hanno tagliato fette di servizi, ed è staro forse proprio per questo che la Sardegna continua a spopolarsi. Il buco al centro della ciambella s'è allargato e all'orizzonte non s'intravede ancora un'altra ciambella, quella di salvataggio.

Le vendite all'estero dei prodotti agricoli crollano del 24%, le armi salgono del 23
L'ISOLA ESPORTA PIÙ ARMI CHE PECORINO

CAGLIARI Il rapporto Crenos è un toboga mozzafiato fra salite, o meglio risalite, e discese verticali. Le notizie buone e quelle cattive s'intrecciano, una dopo l'altra, nelle 160 pagine dell'edizione 36. Due esempi su tutti: il confronto fra industria bellica e agricoltura fra le esportazioni, o la crescita netta del turismo straniero contrapposto a un sommerso sempre più sconcertante.
PRIMO CASO. Nel capitolo esportazioni si legge tra l'altro che oltre a essere sempre più sbilanciato il rapporto import-export, con la Sardegna in rosso, per 2,41 miliardi contro l'1,4 dell'anno scorso, salta fuori anche un preoccupante pareggio fra la produzione di armi e l'agricoltura. Entrambe, con la stessa quota, contribuiscono alle vendite con 94 milioni a testa. Solo che la prima è cresciuta del 23 per cento, soprattutto per le forniture della fabbrica di Domusnovas all'Arabia Saudita e alla Gran Bretagna, mentre l'altra, leggi Pecorino romano, vino e tutto il resto del paniere, è crollata del 24 per cento nelle esportazioni, inanellando il terzo scivolone consecutivo dal 2016 in poi. Per essere ancora più dettagliati: quei due mondi così lontani, quasi si fosse scatenata una guerra fra demoni e angeli, contribuiscono con la stessa percentuale, l'1,6, al totale delle esportazioni.
SECONDO CASO. Per la prima volta i turisti stranieri in Sardegna hanno pareggiato i conti con quelli italiani: sette milioni di presenze per i forestieri, altrettante sono quelle tricolori. Basterebbe questo per far festa, vorrebbe dire che le campagne promozionali della Sardegna in mezzo mondo cominciano a fruttare qualcosa in più delle solite briciole. Ma nel rapporto dopo ogni salita sempre una discesa che mette i brividi. Eccola: sono in fortissimo aumento anche le presenze turistiche che sfuggono a qualunque registro o censimento. In estate, oltre 13 milioni gli italiani riescono ad aggirare il foglio delle presenze, e almeno 3 milioni sarebbero gli stranieri capaci di fare altrettanto, con la complicità di qualche indigeno. Tirate le somme, ogni stagione il sommerso "produrrebbe" da solo 16 milioni di fantasmi in costume da bagno, mentre i turisti ufficiali sono 14 milioni fra italiani e stranieri. Il che vuol dire: le presenze reali supererebbero quota 30 milioni, più del doppio di quelle censite. Solo che i fantasmi non contribuiscono a far crescere la ricchezza, servono giusto a gonfiare i portafogli di qualche evasore fiscale semmai della porta accanto. (ua)

LE CURIOSITÀ
Rifiuti, boom della differenziata

CASA E FAMIGLIA. I sardi alle faccende domestiche dedicano più tempo di qualunque altro. Lavoro esterno a parte, in una settimana i maschi sono impegnati per almeno 8,1 ore nelle pulizie, spolverare, lavatrice eccetera, ed è un record assoluto, con oltre 120 minuti di vantaggio sulla media del Mezzogiorno e 90 sul Nord Italia. Le donne sarde fanno ancora meglio. In casa il loro impegno è intorno alle 24 ore settimanali, 4 in più rispetto alla media nazionale. Tra l'altro sono anche stakanoviste: se lavorano, alla casa dedicano almeno 20 ore alla settimana. In Sardegna, nasceranno anche pochi bambini, ma se in famiglia c'è almeno un bebè la spesa sfiora i 90 euro al mese, quasi il doppio rispetto al Mezzogiorno.
UOMINI E DONNE. C'è un dato su tu tutti che sottolinea quanto pesi la differenza di genere. Se all'Università, facoltà di «Scienze della vita», le studentesse sono il 62 per cento, alla fine della carriera il rapporto si rovescia oltremisura, con l'83 per cento di professori ordinari maschi. AUTOBUS E TRENI. I sardi sono molto soddisfatti della qualità dei trasporti urbani, con un gradimento che va ben oltre quota 100. Mentre appena 9 su 100 utilizzano il treno almeno una volta l'anno. Tutti gli altri preferiscono l'auto: le ferrovie sono troppo lente.
RIFIUTI E AMBIENTE. La Sardegna ha la raccolta differenziata più alta, oltre il 63 per cento, con una produzione pro capite che è diminuita di 6 chili dal 2016 al 2017. Di contro, i Comuni pagano troppo quando devono smaltire rifiuti solidi urbani: 394,5 euro per tonnellata contro una media nazionale appena superiore ai 300. La Sardegna è anche una delle regioni più green nella produzione di energia da fonti rinnovabili: 36 per cento. Il rovescio della medaglia è invece che 39 sardi su cento patiscono la cosiddetta povertà energetica, rinunciando al riscaldamento. Sarà perché siamo rimasti l'unica regione senza il metano?

 

Questionario e social

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