Martedì 9 aprile 2019

09 aprile 2019

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di martedì 9 aprile 2019 / Prima (Pagina 1 - Edizione CA)
L'analisi
Il consenso non è tutto

Beniamino Moro
Un conto è che lo dicano le opposizioni parlamentari o lo scrivano i giornalisti, altro è sentirlo dire dallo stesso presidente del Consiglio. Per giustificare la fretta di inserire nel decreto Crescita la norma sui rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche, Conte ha dichiarato in pieno Consiglio dei ministri: «Dobbiamo tutti essere consapevoli di quanto vale questo provvedimento in termini elettorali, la fretta è più che giustificata». Il ministro Tria, invece, scuotendo la testa, non ha voluto sentire ragioni: «Ci vuole una norma ad hoc», ripeteva, come gli aveva suggerito di fare lo staff dei suoi collaboratori al Ministero, per evitare che un domani possa essere chiamato in giudizio dalla Corte dei Conti per danno erariale.
La preoccupazione di Conte era che per approvare una norma ad hoc come richiesto da Tria ci sarebbe voluto un altro Consiglio dei ministri, che avrebbe ritardato l'approvazione di un provvedimento di “interesse elettorale” fortemente voluto dai grillini. Ecco il segno dell'attuale governo: il disaccordo e la fretta, perché le elezioni europee incombono e bisogna monetizzare subito in termini di consenso elettorale i provvedimenti annunciati, anche quando la complessità dei problemi suggerirebbe di procedere con maggiore cautela.
Ma, tant'è: tra i due partiti al governo da tempo si è scatenata la corsa elettorale che determinerà il nuovo equilibrio di potere per il dopo elezioni. D'altronde, come scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera, far passare Tria come capro espiatorio delle difficoltà grilline non ha senso. (...) SEGUE A PAGINA 9

Politica (Pagina 9 - Edizione CA) SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
Tra fretta e liti continue i due vicepremier duellano con l'occhio alle elezioni europee
Sempre a caccia del consenso: ma così non si può governare

(...) Semmai, «il responsabile dell'Economia è testimone e vittima degli errori commessi dai giallo-verdi nella notte in cui sarebbe stata abolita la povertà». La finanziaria 2019, che tante tensioni ha creato a fine anno con la Commissione Ue, è stata subita da Tria, non voluta da lui. Perciò, oggi non può essere criticato se esprime il suo scetticismo sui nuovi provvedimenti: «Non è che basti un decreto - dice Tria riferendosi al provvedimento sulla crescita - per cambiare un trend economico».
È curioso il parallelismo tra l'incomunicabilità odierna del capo del governo e il suo ministro dell'Economia con la corrispondente dialettica d'incomprensione del governo Berlusconi, quando il cavaliere chiedeva a Tremonti: «Giulio, ma le cose per la gente dove sono?». «Silvio, non ci sono soldi». «E cosa vado a dire in conferenza stampa?». «Basta non fare la conferenza stampa».
E allora, conclude Verderami, «cosa si va a dire in conferenza stampa se tutti sanno che non ci sono i soldi, se Salvini ritiene che lo Sblocca cantieri in realtà non sblocca nulla e se le norme per il ristoro dei risparmiatori truffati slittano per l'ennesima volta?». Che poi, andare avanti così sino al voto per le Europee, con questo continuo rimpallo di responsabilità tra alleati, rischia di non pagare. Conclude Giorgetti: «Il clima di conflitto permanente nella maggioranza contribuisce a generare sfiducia nel Paese e si riflette sugli imprenditori e sui consumatori», cioè sugli elettori. Non a caso, al pari di Tria, anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio è mal sopportato dai grillini, sentimento cordialmente ricambiato.
Il problema è che la competizione elettorale per le europee è in pieno svolgimento e i due vice-premier marcano le distanze tra loro. Non sono d'accordo sull'antifascismo, sull'olocausto, sulle elezioni anticipate, sulla famiglia, sulla Tav, sui temi etici, sul processo penale, sui termovalorizzatori, sull'idea di Europa, sul Memorandum con la Cina, sull'autonomia differenziata delle Regioni del Nord, sulle future olimpiadi a Roma, e tanto altro.
I provvedimenti che arrivano a Palazzo Chigi, da ultimo il decreto Crescita, vengono approvati con la formula “salvo intese”, che nella sostanza vuol dire senza intese. Intanto l'economia ristagna e nei prossimi mesi rischia di affondare, ma i due alleati-avversari non trovano l'accordo su come rianimarla, né su una visione comune dell'interesse nazionale nel contesto europeo.
BENIAMINO MORO
DOCENTE DI ECONOMIA POLITICA
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI


2 - L’UNIONE SARDA di martedì 9 aprile 2019 / Commenti (Pagina 12 - Edizione CA)
IL DIBATTITO
Nuovi modelli per la Sanità

Ormai tutti ne parlano come un fatto certo. Una catastrofe sanitaria dovuta ad una carenza di medici in un prossimo futuro metterà a rischio la nostra salute ed il servizio sanitario come lo conosciamo. Peccato però che questi allarmi non siano seguiti da una disamina generale del servizio sanitario, dei nuovi modelli organizzativi necessari ad affrontare i mutati bisogni di salute, dei progressi della medicina, la necessità di una formazione diversa dei medici e del ruolo attivo che gli infermieri devono avere in una moderna organizzazione della sanità. Tutto sta ruotando attorno alla carenza di medici, ma sarebbe meglio chiamarla relativa perché gran parte dei servizi sanitari dei paesi europei e nordamericani possono contare su un numero di medici per mille abitanti nettamente inferiore al nostro.
Cominciamo dai nostri numeri. Facendo riferimento a fonti sindacali mediche il numero dei medici del servizio sanitario è passato da 118.659 del 2009 a 110.886 del 2017. Quindi una riduzione di circa 8.000 medici, 1.000 medici all'anno. I dati della Commissione europea e del Rapporto Eurispes-Enpam ci raccontano anche un'altra storia e cioè che dal 2005 al 2015 circa 10.000 medici sono dovuti andare all'estero per lavorare. Ed ancora ogni anno 1.500 laureati in Medicina vanno via dal nostro paese per frequentare scuole di specializzazione e raramente rientrano in Italia. Sorvoliamo ma non troppo sul fatto che la formazione di un singolo medico costa alla collettività 150.00 euro e che quindi facciamo un regalo enorme ai paesi che li accolgono. Quel che conta è che perdiamo dei giovani medici ai quali non siamo capaci di dare un'opportunità. Questi vanno in Inghilterra, in Svizzera, in Germania, nel nord Europa dove trovano subito lavoro perché in quei paesi per l'accesso alla professione il merito conta veramente, le prospettive di carriera sono migliori e le retribuzioni sono molto più alte.
Non solo. Nello stesso periodo anche 7.000 infermieri hanno fatto le valige e si sono trasferiti all'estero rendendo ancora più grave la drammatica carenza di infermieri. Ormai si è arrivati a questo punto. Il numero dei medici faceva parte del concetto di pianta organica che veniva calcolato sulla base dei posti letto e sulla loro occupazione. Poi sono intervenuti tutta una serie di tagli correlati al blocco delle assunzioni nella sanità che avevano lo scopo di ridurre la spesa pubblica. Al fondo c'è l'incapacità di conoscere quanti e quali medici servono per venire incontro ai bisogni di salute. Da questo ne consegue la difficoltà di selezionare per tempo il personale necessario.
L'altro grande errore è quello di non a mantenere in servizio oltre l'età pensionabile medici di particolare valore che potrebbero essere fondamentali per la formazione dei giovani medici, per la ricerca scientifica, per mantenere standard elevati di qualità. Perché poi siamo arrivati al delirio quando la regione Veneto sta richiamando in servizio medici già in pensione.
Il cuore degli ospedali è ormai concentrato nelle terapie intensive, nei servizi, in diagnosi rapide e terapie che iniziano quasi prima del ricovero. Degenze brevi e necessità di medici altamente preparati che si prendono in carico ogni singolo paziente e lo seguono fino alla dimissione. Una selezione finalmente basata sul merito è la forza più potente per dare vigore ai nostri servizi sanitari e valore al ruolo dei medici.
ANTONIO BARRACCA, MEDICO

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie