Martedì 29 gennaio 2019

29 gennaio 2019

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di martedì 29 gennaio 2019 / Cagliari (Pagina 17 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ. Venticinque nuovi posti per studiosi
nelle aree umanistiche, scientifiche, ambientali e biomediche
QUATTRO MILIONI DI EURO PER LA RICERCA, PREMIATI DIECI DIPARTIMENTI
Soddisfatte la rettrice Maria Del Zompo e la pro rettrice Micaela Morelli

Venti posti da ricercatore subito, altri cinque a breve. Grazie a un finanziamento complessivo di quattro milioni e seicentomila euro, in due tranche, l'Università di Cagliari centra un importante traguardo avviando percorsi di ricerca nelle aree umanistiche e in quelle scientifiche. Soddisfatta la rettrice Maria Del Zompo: «È l'ennesimo risultato di successo dei nostri dipartimenti». Mentre la pro rettrice della ricerca scientifica, Micaela Morelli, commenta: «I fondi coprono le aree umanistiche e quelle biomediche».
I FONDI  Le venti attività di ricerca sono finanziate dal Ministero dell'istruzione, università e ricerca (Miur) con il bando ricerca e innovazione e con quello sull'attrazione e mobilità internazionale. L'ammontare dei fondi messi a disposizione dell'Ateneo è di tre milioni seicentosettantunomila euro (a livello nazionale sono state finanziate 326 attività di ricerca). Le venti posizioni rientrano tra quelle della linea 1 (mobilità verso l'estero con previsione di un periodo al di fuori del territorio nazionale). I dieci dipartimenti premiati sono quelli di Fisica, Giurisprudenza, Ingegneria elettrica ed elettronica, Matematica e informatica, Pedagogia, psicologia e filosofia, Scienze biomediche, Scienze chimiche e geologiche, Scienze chirurgiche, Scienze della vita e dell'ambiente e Scienze mediche e sanità pubblica.
I NUOVI POSTI  Con un successivo decreto si dovrà giungere, come da bando, a finanziare le altre linee di attività (quella 2.1 sull'attrazione di ricercatori nel territorio nazionale) grazie a ulteriori 934 mila euro. Dunque complessivamente l'Università di Cagliari avrà un finanziamento di quattro milioni seicentocinquemila euro.
LA FORMAZIONE  «I fondi Pon-Aim», spiega la pro rettrice per la ricerca scientifica, «riguardano sia le aree umanistiche, sia quelle più prettamente scientifiche, con un riguardo speciale per quelle biomediche. Permetteranno di rafforzare il profilo dei nostri docenti, la qualità della didattica e della formazione avanzata messa a disposizione delle nuove generazioni».
LO SVILUPPO  «Siamo orgogliosi e soddisfatti per l'ennesima prova brillante dei dipartimenti della nostra Università. Risultati che», sottolinea la Del Zompo, «confermano il valore nella progettualità di ricerca in campo nazionale e ci permettono di assumere un'altra ventina di ricercatori. Più in generale, il successo nell'ambito dei programma Pon-Aim si inserisce nel percorso di miglioramento continuo dell'ateneo su tutti i parametri di sviluppo. Senza scordare che questi risultati sono particolarmente importanti e fonte di ulteriore accreditamento e reputazione per le filiere della ricerca scientifica del nostro ateneo».


2 - L’UNIONE SARDA di martedì 29 gennaio 2019 / Cagliari (Pagina 17 - Edizione CA)
VIDEO E TESTI IN GARA
C’è tempo fino a giovedì per iscriversi al concorso dell’Università “Il bello di essere donna” promosso dalla rettrice Del Zompo.


3 - L’UNIONE SARDA di martedì 29 gennaio 2019 / Agenda (Pagina 19 - Edizione CA)
VIA S. SALVATORE DA HORTA. Convegno su cause e rimedi
Denatalità, la Sardegna ai vertici in Italia: dal 2010 tremila nascite in meno

In Sardegna le nascite continuano a calare, una preoccupante tendenza che mette l'Isola ai primi posti per la denatalità a livello nazionale. I dati dell'Istat sono chiari: dai 13.538 nati del 2010 si è passati ai 10.142 dello scorso anno. Ciò significa che da otto anni a questa parte in media si sono registrate ogni anno 485 nascite in meno rispetto ai 12 mesi precedenti.
IL CONVEGNO  L'argomento è al centro del convegno “Culle vuote Sardegna e Denatalità” in programma venerdì alle 15 nei locali della Fondazione di Sardegna in via San Salvatore da Horta. L'obiettivo è esaminare gli aspetti e le conseguenze del fenomeno con i pareri di esperti e rappresentanti istituzionali che ne analizzino le cause e indichino possibili soluzioni. «La Società italiana di pediatria opera in Italia da 120 anni con la missione di promuovere e tutelare la salute fisica e psichica del neonato, del bambino e dell'adolescente», spiega Rossella Mura, direttrice della Struttura complessa di Oncoematologia pediatrica e patologia della coagulazione dell'ospedale pediatrico Microcitemico “Antonio Cao” e presidente della Società italiana di pediatria sezione Sardegna: «Vogliamo essere presenti e protagonisti nel dibattito sociale e culturale su questi temi e promuovere una riflessione sulla denatalità, che ha raggiunto nella nostra regione proporzioni allarmanti».
I RELATORI  L'iniziativa, organizzata dalla Società italiana di pediatria, avrà come moderatori la stessa Mura e Giuseppe Masnata, medico di Urologia pediatrica dell'ospedale Brotzu e presidente della Consulta pediatrica regionale. Tra i relatori ci sono Rino Agostiniani (vicepresidente della Società italiana di Pediatria, direttore della struttura complessa di Pediatria e neonatologia e responsabile del dipartimento materno infantile della Asl di Pistoia), Paolo Masile (già pediatra e neonatologo dell'ospedale Brotzu), Luisa Salaris (ricercatrice del dipartimento di Scienze sociali e delle istituzioni dell'Università di Cagliari) e Giampaolo Donzelli (direttore del dipartimento di Terapia intensiva neonatale e direttore del dipartimento Feto-materno infantile dell'ospedale Meyer, presidente della Fondazione Meyer Firenze e membro del Comitato nazionale di bioetica).

 

4 - L’UNIONE SARDA di martedì 29 gennaio 2019 / Prima Cultura (Pagina 42 - Edizione CA)
STORIA. Da domani
A Fonni e a Cagliari i canti ritrovati dei prigionieri sardi

Giuseppe Loddo arrivava da Fonni, Enrico Spiga era di Monserrato e Gustavo Varsi di Cagliari. Erano militari e i loro nomi figurano nella lista degli italiani registrati nei campi di prigionia tedeschi durante la Prima Guerra Mondiale e sono stati inseriti nel volume “Le voci ritrovate. Canti e narrazioni di prigionieri italiani della Grande Guerra negli archivi sonori di Berlino”, scritto da Ignazio Macchiarella ed Emilio Tamburini che verrà presentato domani a Fonni, poi a Cagliari e a Nuoro.
SALA CEAS DON MUNTONI  Frutto degli studi del Laboratorio Interdisciplinare sulla Musica del Dipartimento di Storia dell'Università di Cagliari, in collaborazione con il Phonogrammarchiv dell'Ethnologisches Museum di Berlino ed il Lautarchiv della Humboldt Universität zu Berlin, la pubblicazione sarà al centro dell'incontro che si terrà domani alle 17 nella sala Ceas don Muntoni, via don Burrai a Fonni. Interverranno il sindaco Daniela Falconi, Mario Mureddu, Marco Lutzu e gli autori Ignazio Macchiarella ed Emilio Tamburini. Si parlerà dello studio e dell'analisi delle voci registrate nei campi di prigionia e della realizzazione del volume arricchito da quattro Cd contenenti le narrazioni di 42 militari italiani provenienti da diverse regioni.
FONDAZIONE DI SARDEGNA  Giovedì sarà la Fondazione di Sardegna ad accogliere la presentazione cagliaritana: alle 17.30 in via San Salvatore da Horta ci saranno gli autori insieme a Francesco Atzeni, Antioco Floris, Anna Piras e Stefano Pisu. A Nuoro l'appuntamento è per lunedì alle 17.30 nella biblioteca dell'Isre con Matteo Pirisi, Diego Pani, Sebastiano Pilosu, e Ignazio Macchiarella.

 

5 - L’UNIONE SARDA di martedì 29 gennaio 2019 / Sassari e Alghero (Pagina 39 - Edizione CA)
SASSARI
Premio Massa

È stata prorogata la scadenza del termine di presentazione delle candidature relative al Premio Gianni Massa Giornalismo/Università/Scuola, Edizione 2018-2019, inizialmente fissata al 31 gennaio 2019. Le candidature devono essere presentate entro e non oltre il 18 febbraio 2019 all'indirizzo corecom@consregsardegna.it. (p. c.)

 

6 - L’UNIONE SARDA di martedì 29 gennaio 2019 / Provincia di Cagliari (Pagina 24 - Edizione CA)
PULA. Affitti alti, tassazione comunale elevata: i negozi aprono solo d'estate
COMMERCIO, CRISI SENZA FINE
La sindaca Medau commissiona uno studio all'Università

Gli esercizi commerciali chiusi negli ultimi anni non si contano. Una crisi senza fine che ha portato ad abbassare le serrande di ristoranti, pizzerie e negozi di abbigliamento. Per conoscere le ragioni del declino del commercio pulese, il Comune si affida all'Università di Cagliari: una iniziativa che però non convince del tutto gli esercenti, secondo i quali servirebbe più dialogo tra l'amministrazione comunale e le partite Iva.
I PROBLEMI  Affitti fuori mercato, pressione fiscale esagerata e la concorrenza dei negozi on line: le cause della crisi sono molteplici. Ettore Caboni, titolare di una ferramenta storica di Pula e vice presidente dell'Associazione dei commercianti, parte dal problema numero uno: i canoni di locazione. «Non è pensabile che a Pula si debbano pagare affitti di mille euro per meno di 100 metri quadri, sono cifre fuori mercato per un paese. I negozi continuano a chiudere, ma nessun provvedimento viene adottato per fermare questa emorragia: molti commercianti, per contenere i costi, ormai si sono arresi ad aprire solo d'estate. La fiscalità non ci aiuta: sarebbe opportuno agevolare chi lotta contro la crisi e offre un servizio ai cittadini aprendo tutto l'anno, e far pagare di più ai commercianti del mordi e fuggi estivo. Non so quanto possano essere utile uno studio sulla crisi del nostro settore: vorremmo che il Comune dialogasse di più con noi e conoscesse le iniziative che l'Associazione dei commercianti e il Centro commerciale naturale intendono portare avanti».
IN CENTRO  Eva Falqui ha gestito un bar in piazza Italia per otto anni, ma lo scorso novembre ha abbassato le serrande per sempre. «Oltre che dagli affitti, le difficoltà nascono dal costo eccessivo dei tributi - dice - rispetto a mio fratello, che gestisce un locale in piazza Yenne, a Cagliari, pagavo tre volte tanto la tassa dell'immondizia, e il doppio del suolo pubblico: trovo assurdo dover spendere 2.890 euro all'anno per sei tavolini all'aperto. Il problema è che a Pula manca una visione d'insieme del commercio, la burocrazia, poi, rende difficoltoso portare avanti qualsiasi iniziativa».
IL COMUNE  La situazione preoccupa anche la sindaca, Carla Medau. «Nella stesura del Puc stiamo portando avanti delle indagini per inquadrare questo fenomeno, che, ovviamente non colpisce solo Pula - dice - , abbiamo avviato una collaborazione con l'Università di Cagliari per correre ai ripari: al vaglio ci sono strumenti per sostenere l'imprenditoria come agevolazioni tributarie e altri strumenti. Alla base della crisi non c'è solo il caro affitti, purtroppo i prezzi dei negozi di Pula spesso sono troppo alti, così i cittadini sono costretti a fare acquisti altrove».
Ivan Murgana

 

La Nuova Sardegna

 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 29 gennaio 2019 / Salute - Pagine 22/23
L’INTERVISTA. TENDENZE Chirurghi in estinzione tra rischi professionali e un “imbuto” formativo
ANDREA MONTELLA «GLI STUDENTI SARDI DI MEDICINA SEMPRE PIÙ COMPETENTI»
Il preside della Facoltà parla di qualità della didattica e opportunità di lavoro
Andrea Montella, 59 anni, della Maddalena, si è laureato a Sassari
È preside della Facoltà di Medicina dal 2018, prima era direttore di Scienze Biomediche
Quali sono i sogni degli aspiranti medici della Sardegna? La passione è tanta ma si sceglie con la testa per trovare presto il lavoro: e che non sia troppo duro

di GABRIELLA GRIMALDI
Solo pochi anni fa, nel 2013, l'allora direttore del dipartimento di Scienze biomediche Andrea Montella aveva dovuto fare i conti con una posizione non proprio lusinghiera nella classifica Anvur delle facoltà di Medicina italiane. Si parlava di scarsa attrattività per i docenti e i ricercatori e di poche pubblicazioni scientifiche. Oggi, fresco di nomina a preside della Facoltà di Medicina (luglio 2018) appare molto più rilassato. Consapevole, certo, delle tante difficoltà da affrontare quotidianamente per far andare avanti una struttura secolare e complessa, è però risoluto nell'affermare che il fronte della didattica, su cui sono state investite considerevoli risorse ed energie negli anni scorsi, è avanzato a favore degli studenti. «Posso affermare che il livello qualitativo dei nostri studenti è aumentato sensibilmente - dice Montella che a Sassari insegna Anatomia umana -. E questo grazie anche a un cambiamento nelle dinamiche nell'accesso agli studi di Medicina. Le graduatorie relative ai test di ingresso che vengono effettuati ogni anno a settembre, infatti, da alcuni anni sono nazionali e ciò ha comportato l'arrivo nella nostra facoltà di studenti da altre regioni italiane. All'inizio la maggior parte da quelle del Meridione, poi in tanti casi dal Nord Italia. Oggi la proporzione di studenti sardi e non nella nostra facoltà è del 50 per cento. Ecco, proprio la presenza di studenti che avevano compiuto, soprattutto nelle regioni settentrionali, un percorso di studi precedenti migliore e che quindi erano più performanti dei loro colleghi isolani, ha stimolato questi ultimi a darsi da fare per non rimanere indietro. Il risultato è un netto innalzamento della qualità del profitto dei nostri ragazzi».Una competitività che ha spinto gli studenti, sempre secondo il presidente, a prendere parte alle attività di ateneo andando a ricoprire importanti ruoli di rappresentanza all'interno dei vari organismi amministrativi. «La commissione paritetica, ad esempio - dice Andrea Montella - è costituita per metà da docenti e da studenti ed è chiamata a pronunciarsi nel caso di cambiamenti e decisioni importanti come ad esempio una variazione nel piano di studi. Compiere un percorso nelle rappresentanze di ateneo, arrivando a ricoprire ruoli di rilievo nel senato accademico o nel consiglio di amministrazione può essere una marcia in più importante per il proprio curriculum anche dal punto di vista manageriale. Anche in questo caso gli studenti sardi si sono dovuti "dare una mossa" perché per stare al passo in un corso così impegnativo e allo stesso tempo occuparsi della vita di ateneo è necessario uno sforzo particolare».Se gli aspiranti medici possono contare su una buona didattica restano tante falle nel sistema di collegamento con il mondo del lavoro. A partire dal fatto che in Italia, e Sassari non fa eccezione, il numero dei laureati in Medicina è inferiore alla necessità di medici negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie. «Ci vorrebbe almeno il 20 per cento in più di accessi - dice ancora Andrea Montella -, ma sicuramente ci arriveremo nei prossimi anni». Altro tasto dolente è quello delle scuole di specializzazione: anche in questo caso il numero delle borse messe a disposizione dallo Stato è nettamente inferiore ai posti e alla popolazione studentesca che si affaccia all'importante fase formativa che precede la vera e propria attività lavorativa. «La Regione in alcuni casi mette a disposizione borse aggiuntive per particolari esigenze del territorio. Così è successo negli anni scorsi per la necessità di sopperire alla penuria di anestesisti negli ospedali sardi».Ma quali sono le specializzazioni più gettonate dai neolaureati in Medicina? «Si tende a unire passione e affinità con considerazioni più pratiche. L'idea è di puntare su specializzazioni come cardiologia e oculistica che non comportino un'attività troppo sacrificante, insomma che si possano svolgere anche in ambulatorio. Più timore incutono prospettive come cardio e neurochirurgia, ad esempio. Il nostro impegno resta comunque quello di dare gli strumenti a tutti per accedere alla professione nel miglior modo possibile».

 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 29 gennaio 2019 / Salute - Pagine 22/23
Poco più di 3mila gli iscritti, 370 gli specializzandi
DODICI CORSI DI LAUREA PER ENTRARE NEL MONDO DELLA SANITÀ

La Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Sassari è la Struttura di raccordo tra i dipartimenti di area medica: dipartimento di Scienze Biomediche (direttore Pier Luigi Fiori) e dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Sperimentali (direttore Alberto Porcu).La facoltà offre agli studenti che scelgono di formarsi a Sassari 12 corsi di laurea tra magistrali a ciclo unico, magistrali e triennali per un totale di 3028 iscritti.Le scuole di specializzazione post laurea dell'area medica sono invece 25 e contano attualmente 370 iscritti.

 

9 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 29 gennaio 2019 / Salute - Pagine 22/23
IL TEMA La sclerosi multipla in Sardegna fa molta paura. E a ragione perché l'isola detiene un triste primato quanto a diffusione di questa malattia le cui cause sono sconosciuteCome alleviare i sintomi e innalzare la qualità della vita? Un progetto della Università di Sassari dà una risposta innovativa
UN ALLENAMENTO SPECIALE PER NON DARLA VINTA ALLA SCLEROSI
Il programma motorio messo a punto dall'équipe di Franca Deriu consente di incrementare l'autonomia dei pazienti. Il sostegno della Fism

La ricerca portata avanti dal gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze biomediche dell'università di Sassari, potrebbe cambiare radicalmente la vita delle persone con sclerosi multipla, malattia che in Sardegna ha un'alta incidenza. Il progetto che ha riscosso successo a Berlino è solo l'ultimo in ordine di tempo formulato dai ricercatori dell'ateneo sassarese: «Nei laboratori di Fisiologia umana e Neurofisiologia applicata del Dipartimento di Scienze biomediche sono attivi diversi progetti di ricerca, tra cui quelli condotti sulla sclerosi multipla», spiega la docente Franca Deriu. «I nostri studi sono sostenuti dal 2008 dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (Fism) che ci ha permesso di acquistare, nel corso degli anni, dispositivi tecnologicamente avanzati per la valutazione e l'allenamento dei pazienti ma anche di supportare con borse di studio giovani e promettenti ricercatori che collaborano a questi progetti».Dal 2013 i ricercatori del Dipartimento si stanno concentrando su tecniche innovative in grado di affrontare la malattia con approcci diversi: «Alla base delle nostre attività di ricerca clinica c'è l'idea di utilizzare su questi pazienti dispositivi e tecniche di test e allenamento derivanti dal mondo dell'esercizio e dello sport. La traslazione di principi cardine della fisiologia dell'allenamento alle disabilità indotta da sclerosi multipla sterza decisamente verso scenari riabilitativi nuovi, che hanno il potenziamento motorio del paziente come priorità assoluta», precisa Deriu. Nei giorni scorsi l'équipe di ricercatori ha tenuto un incontro pubblico per illustrare ai pazienti, ma anche a fisioterapisti e medici, le finalità del nuovo progetto e le basi scientifiche e sperimentali con cui è stato portato avanti. «Chi fosse interessato a partecipare ai nostri studi deve semplicemente contattarci. È utile anche rivolgersi alle associazioni che operano sul territorio sardo, come le sezioni Aism o la Sasm, cui siamo molto grati perché sono sempre state molto disponibili a diffondere tra i loro associati i nostri studi e ad aderire alle nostre iniziative», spiega ancora la professoressa Deriu. «I pazienti che vengono inseriti negli studi seguono un percorso piuttosto lungo in quanto passano attraverso una prima fase di valutazione fisiatrica globale effettuata dalla dottoressa Elena Aiello, che collabora ai nostri progetti da diversi anni. La valutazione clinica è seguita da quella strumentale. Dalle due valutazioni emerge la problematica su cui intervenire. Inizia quindi la fase di intervento che richiede più accessi settimanali, per diverse settimane, per completare il percorso di allenamento». Se dai progetti condotti nel campo della sclerosi multipla i ricercatori traggono soddisfazioni professionali e umane assistendo ai risultati e ai vantaggi di cui possono usufruire i pazienti, il campo di studio in cui si muovono non è dei più semplici: «Non posso certo negare che si tratti di una ricerca onerosa dal punto di vista finanziario. Il rapporto 1:1 tra fisioterapista e paziente, necessario per ottenere dati in condizioni sperimentali controllate, nonché ottimi risultati terapeutici, impone costi elevati, aggravati dall'utilizzo di tecnologie complesse, che necessitano di addestramento specifico e formazione ulteriore», spiega Franca Deriu. «Poi c'è un altro elemento: gli avanzamenti nella definizione di protocolli riabilitativi specifici per la sclerosi multipla sono stati piuttosto lenti. Probabilmente questo è dovuto a un retaggio storico che consigliava a questi pazienti di astenersi dall'esercizio fisico, sulla base della convinzione che potesse aggravare i sintomi della malattia. Oggi le evidenze sperimentali contraddicono questa visione e le conoscenze in materia di riabilitazione in sclerosi multipla stanno crescendo. I nostri studi hanno l'obiettivo di fornire al clinico e al riabilitatore nuovi strumenti per trattare le disabilità motorie indotte dalla malattia, implementando le abilità e l'autonomia dei pazienti ».
Vincenzo Garofalo
 

10 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 29 gennaio 2019 / Salute - Pagine 22/23
Stimati 337 casi ogni 100mila abitanti
PIÙ COLPITE LE DONNE
All'isola il record delle diagnosi in Italia

I dati Istat riportati nel Barometro della Sclerosi multipla, pubblicato dalla Associazione italiana Sclerosi multipla (Aism) nel 2018, dicono che in Sardegna le persone con Sclerosi multipla al 1° gennaio 2017 erano 5.700, con 200 nuovi casi registrati nel corso dell'anno. Viene stimato che in Sardegna ci siano 337 casi ogni 100mila abitanti, più del doppio della media rilevata nelle altre regioni d'Italia. Nel mondo si contano circa 2,5-3 milioni di persone con sclerosi, di cui 600mila in Europa e oltre 118mila in Italia. La malattia può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e nelle donne, che risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini. La causa o meglio le cause sono ancora in parte sconosciute, tuttavia in questi ultimi anni la ricerca ha fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce, permettendo così di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce che consentono di mantenere una buona qualità di vita per molti anni.
 

11 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 29 gennaio 2019 / Salute - Pagine 22/23
A TUTTO SPORT
Anche vela, windsurf e arrampicata tra le attività consigliate

Se hai la sclerosi multipla, sport impegnativi come la vela, l'arrampicata o il windsurf fanno per te. Un'iniziativa promossa da Aism e la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (Fism) e dall'università degli Studi di Genova ha evidenziato come sport complessi e faticosi possano avere un effetto positivo, stimolando chi li pratica, sia da un punto di vista fisico, sia emotivo. L'evento "MS and sport activity: wind of change", che si è svolto a maggio scorso all'Elba, si proponeva di affiancare allo stimolo fisico degli sport acquatici anche quello emozionale e psicologico che proviene dal contatto col mare e dalle attività legate a questo contesto, e in particolare dalla navigazione a vela. Si è osservato che i partecipanti sono migliorati dopo l'evento di circa il 10% sia in test che valutano la resistenza che in quelli relativi all'abilità nel compiere gesti di motilità fine delle mani, senza riscontrare un aumento della fatica. Alcuni hanno persino ripreso attività sportive abbandonate.
 

12 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 29 gennaio 2019 / Lettere e commenti - Pagina 28
L’intervento
SE L'UNIVERSITÀ MUOVE GUERRA AL BIOLOGICO

di Alberto Maria Delogu
L'università italiana muove guerra all'agricoltura biologica. In una petizione del 18 dicembre scorso 66 professori attaccano la proposta di legge con una serie di osservazioni: 1) "Il pianeta ha fame", dicono i prof, e l'agricoltura biologica non potrà mai sfamare tutti. È un trepidare per le sorti del mondo che qualche riga più sotto rivela i suoi veri propositi: la soluzione sta "nella genomica, la proteomica, la metabolomica..." ed altre nembo-scienze le cui chiavi, ovviamente, sono nelle salde mani dei firmatari. Come dire: alla fame nel mondo ci pensiamo noi, lasciateci le chiavi del laboratorio e d'ora in poi vedrete che abbondanza. 2) La "sostenibilità locale" non va più bene, sostengono i prof: bisogna adottare la "sostenibilità globale" che però non è la somma di quelle locali, ma è un'altra cosa. Che tradotto in termini laici significa: lasciate che chi già ipersfrutta le risorse possa continuare a farlo senza seccature, sempre ovviamente mossi dal nobile intento di sfamare i poveri del mondo. 3) La legge "mette biologico e biodinamico sullo stesso piano", inorridiscono i prof, che considerano la biodinamica una "pratica magica", insomma una cosa che va a braccetto con le scie chimiche e l'autismo post-vax. D'altronde l'astio verso l'olismo steineriano e l'amore per il riduzionismo taylorista, cioè la pratica di spezzettare un problema complesso in piccoli pezzi credendo di poterli risolvere uno alla volta, è cosa vecchia nell'università. La biodinamica potrà essere un insieme di pratiche naïf, ma non fa male a nessuno e non è più esoterica di quell'altra credenza, molto diffusa nel mondo scientifico, che una molecola di sintesi possa eliminare una forma di vita senza che questa si acconci per resistere e rifarsi viva più aggressiva di prima. 4) Il biologico "non è migliore, perché non è avulso dalla chimica", denunciano i prof, dimenticando che il bio è uno standard operativo e non analitico, ed è un sistema basato sulla fiducia e sul minimo impatto sugli equilibri naturali. Ma non è un principio che interessi ai professori quanto il beccare il bio-furbetto con le mani nel barattolo del solfato di rame e così gettare discredito su un intero settore. 5) Il prodotto bio costa "2-3 volte più del prodotto convenzionale" quindi l'agricoltura bio è "classista", sostengono i prof. Che il vero prezzo sia quello biologico, e non quello convenzionale che scarica tutti i costi esterni sull'ambiente, questo non è dettaglio che li riguardi. Né che gli alti prezzi del prodotto bio vadano a migliorare il reddito degli operatori bio. 6) "Il libero scambio delle sementi si tradurrà inevitabilmente in perdita di biodiversità e di qualità dei prodotti", lamentano i prof. Che un agricoltore possa produrre la propria semente pare offendere il dirigismo sementiero in stile kolkhoz cui restano affezionati. 7) La crescita del settore biologico mette in pericolo la "sovranità alimentare" italiana, avvertono i prof. E qui il pennarello rosso trascolora nell'azzurro autarchico. L'agricoltura bio, avvertono, finirà per far dipendere l'Italia dalle importazioni. Che l'Italia sia una potenza mondiale della trasformazione e dell'export alimentare, che un terzo del prodotto agricolo italiano vada nel rumine dei bovini, che un altro terzo vada perduto come scarto, e che tutto ciò non vada certo a sfamare i poveri del mondo ma ad alimentare (male) una popolazione ad alto rischio di obesità (i bambini italiani sono i più obesi d'Europa), questo non sembra preoccuparli. L'università italiana si schiera quindi risolutamente dalla parte della conservazione e della chemiocrazia, senza riguardo al fatto che il biologico è in crescita tumultuosa sui mercati mondiali e che grandi paesi come l'India, dopo aver pagato all'agrochimica un costo immane in termini di vite umane, impoverimento e distruzione delle risorse, abbiano intrapreso anch'essi con decisione la strada dell'agricoltura biologica.
 

13 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 29 gennaio 2019 / Cultura e spettacoli - Pagina 29
LA RICERCA
Droga e baby gang
La nuova frontiera della criminalità sarda

di Costantino Cossu
Non esiste una sola Sardegna. L'isola è una realtà differenziata economicamente, socialmente e culturalmente. In tempi in cui si tende a tagliare tutto con l'accetta e i modi dell'analisi della realtà sociale corrono il rischio di uniformarsi a quelli sbrigativi dei social network, sarebbe importante, nel rappresentare l'isola e i suoi problemi, recuperare rigore conoscitivo e senso della complessità. Un passo in questa direzione è il libro "Dualismo in Sardegna. Il caso della criminalità" (Franco Angeli Editore, 170 pagine, 23 euro), curato da Antonietta Mazzette docente di Sociologia urbana all'Università di Sassari, responsabile dell'Osservatorio regionale sulla criminalità ed editorialista della Nuova Sardegna.
PAROLA CHIAVE. «La parola chiave del presente volume - scrive Mazzette nell'introduzione - è "dualismo". In senso tanto territoriale quanto socio-culturale». Seguendo questa traccia, il team che la curatrice del libro ha messo al lavoro ha scoperto (ma in realtà è la conferma di ricerche che l'Osservatorio dell'Università di Sassari conduce ormai da molto tempo) che se si parla di criminalità esistono due Sardegne, nettamente differenziate. Dualismo, appunto. Da una parte ci sono le aree metropolitane di Cagliari, di Sassari e di Olbia; dall'altra la ZCO (Zona centro orientale), un territorio che va dalla Baronia al Goceano, dal Nuorese all'intera Barbagia, per arrivare sino all'Ogliastra. I dati raccolti dall'Osservatorio mostrano come per i reati più gravi tra la prima e la seconda Sardegna - tra le città e la vasta zona rurale della ZCO - esista un dualismo molto evidente: è infatti la seconda di queste aree che detiene di gran lunga il primato negativo di omicidi, rapine, attentati e traffico di droga.
OLTRE LA TRADIZIONE. Mazzette ricorda che nella Zona centro orientale «non c'è più il tessuto sociale ed economico agro-pastorale a cui la passata criminalità sarda (quella dei sequestri di persona e dell'abigeato) faceva riferimento; i legami comunitari di cui era composto questo tessuto sono andati frantumandosi e sono scomparsi rapidamente in relazione ai processi di modernizzazione». Nessuna continuità con il passato dei Tandeddu e dei Mesina, dunque. Anche perché, scrive sempre Mazzette, «è proprio la Zona centro orientale quella in cui si riscontrano i maggiori fattori di innovazione e di trasformazione della criminalità in Sardegna, a partire dalle coltivazioni di cannabis».
ECLISSI DEL BANDITO. Eclissi definitiva, quindi, del bandito sardo con tutti i suoi tratti socio-culturali e antropologici. E la sua distorta mitologia. Nascita, invece, di nuove forme di criminalità, legate prevalentemente alla coltivazione della marijuana e al traffico di droghe pesanti, con infiltrazioni mafiose sempre più evidenti e sempre più inquietanti. Una svolta sulla quale insiste, nel saggio che apre il volume, il procuratore della Repubblica di Sassari, Gianni Caria. Il quale riflette anche sugli effetti che le norme giuridiche (e le riforme delle stesse per input politici spesso discutibili) hanno sulle caratteristiche della criminalità, in Sardegna come in tutta l'Italia. «La facile equazione - scrive il magistrato - tra pena più alta e meno reati è un mito da sfatare. In alcuni casi, paradossalmente, la pena più alta corrisponde a un aumento delle condotte criminose più gravi».
LEGGI DA RIVEDERE. E' il caso, ad esempio, ricorda Caria, dei reati legati all'uso e allo spaccio degli stupefacenti, con tutti le statistiche più recenti (quelle sarde comprese) che stanno lì a dimostrare come l'approccio puramente repressivo al fenomeno droghe sia una strategia perdente e da rivedere al più presto, se davvero si voglio combattere le organizzazioni criminali.
SETTORI IN CRESCITA. Il traffico di droga, quindi. E' questa la nuova frontiera della criminalità sarda. Il saggio di Domenica Dettori, di Maria Gabriella Ladu e di Manuela Pulina dà il quadro di una crescita costante di questo fenomeno, sia in termini di piantagioni di cannabis scoperte e sequestrate nell'isola sia in termini di quantità di stupefacenti introdotti nel mercato regionale. Un settore criminale in netta espansione. «I sequestri di persona - scrivono le tre ricercatrici - sono stati sostituiti dalla coltivazione di cannabis e dal traffico di altre droghe. In particolare, si sta assistendo nell'isola a una vera e propria specializzazione criminale nella produzione di marijuana».
LUOGHI E REATI. Ma c'è qualcosa di specificamente sardo in tutto questo? «Uno dei tratti distintivi della nostra ricerca sulla criminalità - spiega Mazzette - è la scelta di indagare l'influenza che reciprocamente si può sviluppare tra particolarità dei luoghi e variabili sociali». A questo aspetto è dedicato, nel volume curato dall'Osservatorio, il saggio di Romina Deriu, intitolato "La comunità tra immaginario e conflitto". Non c'è niente di identitario, spiega Deriu, nelle nuove forme di criminalità. La Zona centro orientale che detiene il record dei reati più gravi è quella più legata ai valori tradizionali comunitari. Ma questi valori non incidono più. E invece le singole comunità, i singoli paesi sono segnati da conflitti anche aspri che più che con la tradizione hanno a che fare con dinamiche economiche e sociali tutte interne alla modernità.
CODICI MUTATI. Che poi, anche in termini di criminalità, la Sardegna abbia svoltato in maniera definitiva rispetto alla realtà analizzata a suo tempo da Antonio Pigliaru nel "Codice della vendetta barbaricina" lo dimostra un altro saggio contenuto nel volume, quello di Laura Dessantis e di Laura Spanu sulla diffusione delle baby gang in Sardegna. «Anche nell'isola - scrivono le due ricercatrici - lo stare insieme dei giovani sembra coagularsi con sempre maggiore frequenza attorno a condotte collettive violente. Manca ai giovani una prospettiva futura. Relegati in una condizione esistenziale di paura e di incertezza per il proprio cammino di vita, anche gli adolescenti sardi tendono ad adottare forme di controllo della propria realtà spesso molto pericolose».
LA CURATRICE. Antonietta Mazzette, editorialista della Nuova Sardegna, è professoressa ordinaria di Sociologia urbana all'Università di Sassari. Insegna Analisi delle politiche urbane nei corsi di laurea magistrale in Politiche pubbliche e governance e in Comunicazione e pubbliche amministrazioni. Coordina il modulo Città creative nel master di primo livello in Comunicazione per le industrie creative alla facoltà di Scienze politiche e sociali dell'Università Cattolica di Milano. Coordina il Centro Studi urbani e l'Osservatorio sulla criminalità in Sardegna.

Questionario e social

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