Giovedì 6 dicembre 2018

06 dicembre 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di giovedì 6 dicembre 2018 / Regione (Pagina 4 - Edizione CA)
SANITÀ. Il varo del piano dell'assistenza inaugura l'attività del Mater Olbia
Posti letto, la mappa nell'Isola
L'assessore Arru: «Un tassello della riforma ospedaliera»

La giunta regionale approva il piano di ripartizione dei posti letto tra gli ospedali del Nord-ovest e quelli del Sud-est della Sardegna. Un provvedimento che rivede quindi l'intera offerta assistenziale degli ospedali pubblici e privati per avviare ufficialmente l'attività dell'ospedale Mater Olbia che proprio ieri ha inaugurato il centralino con la prenotazione delle visite specialistiche. Intanto nel resto dell'Isola non si brinda. Monta la protesta nei territori che difendono il loro piccolo ospedale e cresce il malumore degli operatori della sanità pubblica sempre più impoverita di servizi e di personale.
L'ASSESSORE  «Si tratta di un passaggio importantissimo nell'ambito della riforma della rete ospedaliera e dell'offerta dei servizi sanitari nei confronti dei cittadini - annuncia l'assessore alla Sanità Luigi Arru -. Con questo provvedimento, in linea con le indicazioni date dal Consiglio regionale, rafforziamo il nodo hub di Sassari, accogliamo la rimodulazione dell'offerta del Mater Olbia richiesta dal nuovo referente scientifico, cioè l'ospedale Gemelli subentrato al Bambin Gesù, la rimodulazione della rete degli operatori privati per renderla più coerente con le effettive esigenze dei cittadini nelle singole aree».
L'ACCREDITAMENTO  «Per quanto riguarda il Mater Olbia - precisa Arru - questa delibera consente di andare oltre l'accreditamento degli ambulatori, come è avvenuto nei giorni scorsi, avviando di fatto tutta l'attività ospedaliera del nuovo presidio. Insomma, è un passaggio fondamentale molto atteso, che ci permette di imprimere un'accelerazione all'intera procedura». L'assessore Arru ricorda inoltre che «le aziende sanitarie dovranno modificare gli atti aziendali di organizzazione, rendendoli coerenti con la delibera appena approvata».
L'ORGANIZZAZIONE  Il passo successivo tocca all'Ats. «L'azienda di tutela della salute, dal suo canto, dovrà definire il numero minimo di posti letto da assegnare alle singole strutture pubbliche e procedere alla loro qualificazione in degenza ordinaria, day surgery e day hospital - sottolinea l'assessore Arru -. Le aziende sanitarie dell'area Sud-Est dovranno invece elaborare programmi concordati per la graduale riconversione dell'ospedale Marino di Cagliari e per il trasferimento delle Unità operative che dovranno essere ricollocate presso diversi presidi in coerenza con la distribuzione delle discipline specialistiche. Stessa cosa dovranno fare le aziende sanitarie dell'area Nord-Ovest, per consentire all'Ats la gestione delle Unità operative che rimangono collocate presso l'ospedale Santissima Annunziata di Sassari.
«NO AL MATER OLBIA»  Durissimo il comunicato della Rete sarda in difesa della sanità pubblica che, con la portavoce Claudia Zuncheddu, denuncia, «la palese privatizzazione del sistema sanitario pubblico». Il Mater Olbia, viene sottolineato, «sostenuto da tutta la politica sarda, non serve ai sardi e ha pesanti costi in termini di posti letto sottratti ad altri ospedali e in termini finanziari visto che le casse sarde devono garantirgli 58 milioni all'anno per dieci anni. L'ospedale del Qatar è di fatto un nuovo centro di potere per la politica sarda e i loro referenti italiani». La Rete richiama le vertenze aperte aperte in tutta la Sardegna, a cominciare dal policlinico di Sassari. «Le multinazionali della sanità, in attesa che crollino gli ospedali pubblici da rilevare, acquisiscono Rsa, laboratori di analisi, centri di riabilitazione nonché numerose cliniche private convenzionate in difficoltà. Non è ammissibile che la classe politica garantisca i finanziamenti con le nostre casse ai nuovi padroni della Sanità, senza che chiedano conti sui licenziamenti di medici, infermieri, amministrativi sardi. Invitiamo le autorità politiche regionali e l'assessore Arru a vigilare affinché, con i cambi di proprietà in corso, vengano mantenuti perlomeno i livelli di occupazione del personale».
P. S.

 

2 - L’UNIONE SARDA di giovedì 6 dicembre 2018 / Regione (Pagina 5 - Edizione CA)
L'EVENTO. Nell'opera di Costa tre decenni di storia dell'Isola.
Ganau: «Un modo per riflettere sulla nostra unicità»
Autonomia speciale, un film racconta gli anni della Rinascita

Tre decenni di storia sarda (1948-1978) raccontati in poco più di 20 minuti dal film realizzato da Guido Costa “Sardegna: sguardi e passaggi dell'autonomia speciale”. Ieri al Cineteatro Nanni Loy di Cagliari la prima proiezione dopo un lungo lavoro di restauro curato dalla Cineteca sarda e durato più di sei mesi. Al dibattito successivo e incentrato sul valore dell'Autonomia hanno partecipato il massimo rappresentante dell'Assemblea sarda, Gianfranco Ganau, i docenti di storia contemporanea dell'Università di Cagliari, Luca Lecis e Gianluca Scroccu, e il sociologo Salvatore Cubeddu. «Il film è uno spaccato chiaro e tristemente reale di quello che era allora la Sardegna - ha commentato Ganau - il piano di rinascita, economica, sociale e culturale che ha caratterizzato quegli anni, la fase di industrializzazione necessaria per superare una condizione generale molto difficile, caratterizzata da povertà, disoccupazione e analfabetismo. Il termine rinascita, racchiuso nel nostro Statuto speciale, costituisce ancora il senso e il significato della nostra specialità e invita la Sardegna a valorizzare le proprie risorse per uscire ogni giorno dall'isolamento e per rilanciare la propria unicità oltre i confini dell'Isola». Lecis e Scroccu hanno parlato della nascita della Regione Autonoma, del dibattito sull'autonomia e del ruolo giocato dalle sinistre, Cubeddu si è soffermato invece sulla crisi della prima autonomia.
Ro. Mu.

 

3 - L’UNIONE SARDA di giovedì 6 dicembre 2018 / Cultura (Pagina 44 - Edizione CA)
STORIA. Il direttore scientifico Mele anticipa per L'Unione Sarda il tema degli incontri Mariano IV, la  guerra arborense  e la questione della Nació sardesca
Oggi e domani a Oristano il grande convegno internazionale dell'Istar

Stamane a Oristano, nell'Auditorium San Domenico, si aprono due giorni di lavori del Convegno internazionale Istar “Mariano IV, la guerra arborense e la Nació sardesca”. Giampaolo Mele, docente dell'Università di Sassari e direttore scientifico Istar anticipa qui parte della relazione introduttiva.
Anno Domini 1353, settembre. Mariano IV nel castello di Serravalle a Bosa affidò propriis manibus , con le sue proprie mani, l'antico vessillo del Giudicato d'Arborea - albero verde in campo albo - a un fedelissimo. La bandiera - Arma Arboree - doveva essere recata a Sanluri e Villa di Chiesa, come segno della discesa in campo del Giudicato d'Arborea contro il re d'Aragona. Alghero era in mano ai rivoltosi, mentre l'esercito giudicale invadeva il Campidano, accampandosi a Quartu, per aggredire Castrum Callari. Sulle origini del conflitto sardo-catalano sono scorsi fiumi d'inchiostro. Un documento (citato tuttora in maniera incompleta) racconta che il capitano generale catalano Bernardo de Cabrera convocò Mariano IV ad Alghero. Ma il Giudice rispose che la Casa d'Arborea non si recava da nessuno che giungesse in Sardegna, se non a re, o a figlio di re, purché primogenito.
INSEGNE CAPOVOLTE  I rapporti si erano lacerati. Il sovrano arborense capovolse le sue insegne personali: in alto l'Albero degli Arborea e in basso i Pali catalani; nel frattempo fece invadere il sud dell'Isola. Le bandiere giudicali giunsero sino agli orti di Stampace. Nel 1353 il vessillo del Giudicato e lo scudo personale di Mariano IV convivono: nei territori extra giudicali del Giudice, come Bosa e Ozieri, sventolavano arma propria iudicis , mentre in Aristanis si vedevano solo Arma arboree . Sulla bandiera giudicale circolano poche trascrizioni (anche con gustose parole latine inventate). I Procesos , la raccolta dei vari processi contro gli Arborea e la Nació sardesca , danno informazioni a iosa sui vessilli. Compresa la notizia inedita di un magnum festum (festa grande), con cavalli e bandiere, per celebrare ad Aristanis una batosta inflitta ai Catalani. Dato di interesse eccezionale per Oristano.
CONTESTO POLIFONICO  Nel Convegno Istar, 23 studiosi delle Università di Cagliari, Sassari, Archivio della Corona d'Aragona, Isem-Cnr, illustreranno Mariano IV in un contesto polifonico, con voci di diverse estrazioni (il programma completo su Arborensia www. istar.oristano.it). La complessità del reale (H. I. Marrou) impone letture critiche, ma serene. Mariano va calato nella sua aura storica, anche con i suoi chiaroscuri. Di certo è quasi esilarante quando nega di essersi sollevato contro Pietro IV. Ma allora il suo esercito si era accampato a Quartu per una scampagnata al Poetto? Fantasie non mancano. In una prestigiosa enciclopedia nazionale si è inventato di sana pianta un presunto riferimento del Petrarca a Mariano IV. Si è detto poi che i Sardi trucidavano i Catalani cantando Ellori ellori elliri liri doy . L'episodio nei Procesos è ben diverso; di sicuro quel canto dava maledettamente fastidio a messer Rajadell, l'ex podestà di Castelgenovese, che fu fustigato e ammazzato. .
LA FINE  La morte di Mariano, nel 1375, giunse quando le sorti della Sardegna erano in pugno al grande Giudice di Aristanis. Fortuna velut luna cantavano nel Medioevo; la fortuna è mutevole come la luna, e la sua ruota gira senza pietà, mentre gli occhi piangono . Sia detto senza fatua retorica: la tragica vicenda di Mariano IV, di Ugone III ed Eleonora d'Arborea e della Nació sardesca sarebbe stata degna delle penne di Shakespeare e Verdi. Oggi, senza inutili nostalgie, spoetizzati ma sempre innamorati della nostra patria sarda, abbiamo il dovere morale e scientifico di studiare per capire, e vivere liberi e consapevoli. In una Sardegna di fronte ad un bivio epocale e in un'Europa pasticciona ma ineludibile, alla schizofrenica ricerca di se stessa. Mariano IV, ai tempi della peste, in un contesto segnato dalla potente e prepotente Corona d'Aragona, ha impartito una profonda lezione di dignità etica e storica.
Giampaolo Mele

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