Giovedì 14 giugno 2018

14 giugno 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / Agenda Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
PREMIO MARCELLO ANDRIA 2018
Stasera alle 17, nell'aula magna del Rettorato, si terrà la cerimonia di premiazione del vincitore della quarta edizione del premio intitolato a Marcello Andria. Quest'anno il prestigioso premio verrà assegnato a Chiara Murru. Si tratta di un riconoscimento che viene attribuito annualmente, dal Rotary Club Cagliari Nord, ad una tesi di laurea che tratta argomenti relativi alla sanità e alla medicina in Sardegna.

 

2 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / Provincia di Cagliari (Pagina 31 - Edizione CA)
Muravera Studenti alla “CasaClima”
Dalla facoltà di Architettura di Cagliari a Muravera per studiare la “CasaClima”. È quanto hanno fatto lo scorso sabato gli studenti che stanno frequentando un master europeo di secondo livello in bioedilizia ed efficienza energetica. Studenti che hanno visitato il cantiere dove sta sorgendo la prima CasaClima del Sarrabus, un edificio cioè caratterizzato da elevate prestazioni energetiche nel massimo rispetto dell'ambiente.
L'impresa che sta realizzano gli edifici CasaClima (la certificazione è nata nel 2002 a Bolzano) è quella di Adriano Mascia: «Il nostro obiettivo - ha spiegato Mascia - è fare in modo che chi va poi ad acquistare queste case lo possa fare al costo di una casa tradizionale. Questo è possibile con una adeguata progettazione». Gli edifici CasaClima stanno sorgendo in via Machiavelli, a pochi metri dal Comune di Muravera. (g.a.)

 

3 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
I SARDI? SEMPRE DI MENO 
Sono quasi cinquemila i residenti persi nel 2017

La fuga dalla Sardegna si è arrestata, ma le poche nascite non sono bastate ad arginare lo spopolamento. Nel 2017 l'Isola ha perso poco meno di 5.000 residenti: un'emorragia lenta ma costante, dovuta soprattutto al tasso di natalità più basso d'Italia, e attenuata in gran parte dall'arrivo di immigrati stranieri che hanno deciso di vivere e lavorare nella nostra Isola.
LE CIFRE DEL 2017 Il report demografico regionale che è stato pubblicato ieri dall'Istat ha contato in Sardegna lo scorso 31 dicembre 1.648.176 abitanti, lo 0,3% in meno rispetto ai 1.653.135 del primo gennaio dello stesso anno. Il saldo negativo è arrivato perciò 4.959 persone, ma poteva essere ancora più pesante se non fosse stato per i 7.218 arrivi dall'estero registrati nell'arco degli stessi dodici mesi, che hanno compensato in parte il bilancio tra nuovi nati e decessi, chiuso con un passivo di 6.631 abitanti.
Sì, perché nonostante la Sardegna sia il regno degli ultracentenari, si muore ancora più di quanto si nasca, a causa del tasso di natalità più basso del Paese. Sono state infatti solo 6,1 le nascite per ogni 1.000 abitanti durante lo scorso anno, in calo del 4%. Non c'è regione che abbia procreato meno della nostra e solo la Liguria condivide a pari punti questo triste primato.
CON LA VALIGIA E a preoccupare sono anche gli oltre 36mila residenti che hanno deciso di lasciare l'Isola, in cerca di una vita oltre Tirreno. Trentamila dei quali rimasti in Italia, mentre 3.500 addirittura espatriati. A questi poi bisogna aggiungere circa 2.200 cittadini oggetto di pratiche di rettifica anagrafica e perciò non più iscritti ai registri sardi. Per fortuna in senso contrario si sono mosse verso l'Isola complessivamente oltre 38mila persone, 29mila delle quali dal resto d'Italia, circa 7.200 da oltre confine e altre 1.415 ricomprese anagraficamente nella popolazione sarda. Insomma, coloro che hanno scelto la nostra regione come casa sono stati più numerosi di quelli che l'hanno lasciata, ma non abbastanza da controbilanciare i quasi 17mila decessi accertati nel 2017. La scarsa natalità ha fatto il resto (solo 10.142 i nati), e così nell'Isola bisogna ringraziare i nuovi cittadini arrivati dall'estero se il tasso di spopolamento non ha raggiunto cifre peggiori.
DALL'ESTERO La popolazione straniera nell'Isola ha infatti toccato nel dicembre dello scorso anno le 54.224 unità, in crescita del 7,7% rispetto al gennaio precedente. Un trend in costante crescita confermato anche dalle 424 nascite di cittadini stranieri registrate nel 2017 contro i soli 95 decessi. La quota di stranieri, arrivata al 3,3%, rimane comunque ben al disotto rispetto all'8,5% censita a livello nazionale. Ecco forse spiegato perché le cifre della Sardegna sono rimaste sotto la media italiana. Complessivamente nel 2017 la popolazione nello Stivale è diminuita solo dello 0,17%, pari a 105.472 unità rispetto all'anno precedente. Il calo complessivo è stato determinato dalla flessione della popolazione di cittadinanza italiana (202.884 residenti in meno), mentre la popolazione straniera è aumentata di 97.412 unità. Inoltre è proseguito anche fuori dall'Isola il calo delle nascite in atto dal 2008. Per il terzo anno consecutivo i nati sono stati meno di mezzo milione (458.151, vale a dire 15mila in meno rispetto al 2016), di cui 68mila stranieri (14,8% del totale), anch'essi in diminuzione. 
Luca Mascia

 

4 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
Parla il sociologo Bottazzi: «Gli immigrati servono, si selezionino le figure più utili»
«Bisogna fare più figli ma c'è una paura irrazionale»
Servizi efficienti e una politica dell'immigrazione intelligente che non preveda arrivi indiscriminati ma faccia selezione.

Per Gianfranco Bottazzi, professore ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro all'università di Cagliari, è questa la soluzione per rallentare lo spopolamento. «È un fenomeno di cui in Sardegna sento parlare da trent'anni ma non ho ancora visto soluzioni efficaci», racconta il sociologo che studia il fenomeno da anni e nel 2014 stilò un rapporto che ancora oggi è un punto di riferimento per chi studia l'argomento. «Trent'anni fa c'era un'associazione di piccoli comuni che richiamava l'attenzione su questo tema ma da allora è cambiato poco. C'è anche il fatto che non si fanno figli: per un ricambio della popolazione il tasso di fecondità dovrebbe essere di 2,2 invece ora è di 1,07. E quello dei pochi figli è un problema che non si risolve con un assegno da mille euro. I paesi scandinavi hanno investito miliardi in politiche sulla fecondità ma non riescono ad avere un sufficiente ricambio della popolazione, che in tutta Europa è garantito dagli immigrati.
Per questo», aggiunge il sociologo, «sono convinto che il fenomeno vada governato con una politica migratoria intelligente che selezioni le figure che vogliamo, che ci servono. I sardi nel dopoguerra hanno contribuito a risolvere il problema dell'appennino tosco-emiliano così come in Sardegna stanno facendo rumeni, senagalesi e marocchini che fanno i pastori nelle nostre zone interne e sono utili, come lo sono le badanti ucraine che assistono gli anziani».
Ma per Bottazzi il crollo delle nascite non si può arginare solo con misure, anche efficaci, sul lavoro o sulla casa. «Sono elementi importanti ma non dirimenti. Il problema è che in questa fase di trasformazione profonda della società, si concentrano paure del tutto irrazionali associate a un mutamento del panorama dei valori. Non ci si assume la responsabilità di fare figli perché si è irragionevolmente sfiduciati. Io, ad esempio, non sarei nato se mio padre avesse aspettato la stabilità». (f. ma.)

 

5 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
I dati confermano l'emergenza spopolamento delle aree interne
ENTRO QUARANT'ANNI SPARIRANNO 31 COMUNI
L'assessore Erriu: «È un disastro antropologico»

Entro il 2060, prevede l'Istat, nell'Isola scompariranno 31 Comuni sotto i mille abitanti. Il Sardinia socio-economic obervatory si spinge vent'anni più avanti e predice che entro il 2080 in Sardegna ci sarà solo un milione di residenti: circa 650mila persone in meno rispetto ad oggi con un calo demografico del 34 per cento. Del resto, come certifica l'Istituto nazionale di statistica nel rapporto diffuso ieri, ogni anno l'Isola perde cinquemila abitanti. E non solo a causa del calo delle nascite, che con un solo figlio per donna (per gli statistici 1,07), colloca la regione all'ultimo posto in Italia. Ma soprattutto a causa del fenomeno dell'emigrazione dalle campagne alla città, dal sud al nord della Sardegna, dall'Isola all'estero. «È come se ogni mese scomparisse un paese come Nughedu Santa Vittoria», esemplifica Emiliano Deiana, presidente regionale dell'Anci. Ecco perché per Comuni, Giunta e Consiglio regionale quello dello spopolamento non è un problema ma il problema. Cristiano Erriu, assessore regionale agli Enti locali, gli dà una definizione: «Emergenza antropologica», che comprende «tutti i fenomeni di deriva pauperistica e di desertificazione economica dell'interno».
«SUBITO SFORZO COMUNE» Il fatto è che di parole sul tema ce ne sono state abbastanza, come evidenzia Deiana, e ora bisogna moltiplicare gli sforzi per arginare il fenomeno. Del resto perché l'Isola si spopola? Perché ci sono più morti che nati, perché la ripresa economica non si percepisce (ieri Bankitalia ha certificato una crescita del Pil dell'1,1%) e non c'è lavoro. E perché attirare imprese che creino occupazione è complicato in assenza di un'infrastrutturazione adeguata e a causa di una elevata burocratizzazione del sistema.
LE COSE FATTE Chi governa, cioè il Pd, tende a ricordare ciò che è stato fatto. «Sono in corso molti interventi, dall'infrastrutturazione ferroviaria a quella stradale, dalla metanizzazione alla connessione a banda larga di tutti i Comuni, da Iscola per ridurre la dispersione scolastica e migliorare gli edifici al piano LavoRas», dice il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau. Ba bisogna coordinarli con le misure nazionali, come Resto al sud.
«SERVE UNA GOVERNANCE» Erriu ammette che «le ricette finora sono state inefficaci». E suggerisce il potenziamento della «governance territoriale» attraverso un «master plan, cioè uno strumento organizzativo di costituzione di reti e servizi, di potenziamento, o meglio di “non arretramento” dei servizi, che assieme a fiscalità di vantaggio e altri incentivi, come quelli all'insediamento abitativo, saranno tanto più efficaci se immaginati in una dimensione di cooperazione intercomunale, perché i Comuni da soli non ce la fanno».
STATI GENERALI Ecco perché l'Anci propone di convocare in Consiglio «gli stati generali sullo spopolamento dei paesi nelle zone interne e nelle periferie così da promuovere un lavoro coordinato con il Consiglio regionale e la Giunta». Del resto, rileva il presidente del Consiglio delle autonomie locali Andrea Soddu, «se lo spopolamento in generale è mitigato dall'immigrazione» oltre 7mila lo scorso anno, «le zone interne non attirano immigrati e iniziative interessanti come le case a un euro non bastano», come conferma l'ideatore dell'iniziativa, il sindaco di Ollolai Efisio Arbau. Il tema, per Soddu, è anche culturale. «Se muoiono le zone interne si perdono tradizioni e storia».
I PARTITI DISCUTANO Insomma, mettere l'argomento al centro dell'agenda politica è una priorità. E in questo senso l'iniziativa del presidente dell'associazione ex parlamentari sardi, Giorgio Carta, di organizzare nell'ottobre scorso a Ollolai un convegno sullo spopolamento (ieri è stato presentato un volume che contiene gli atti) è stata utile a spingere la politica ad accelerare i tempi. «Di questo si deve discutere dentro i partiti che non sono finiti ma proprio su argomenti come questo devono trovare la loro ragione di vita».
Fabio Manca

 

6 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / Primo Piano (Pagina 5 - Edizione CA)
La professoressa Manduchi
«L'Italia da sola non può reggere tutto il carico»

«I flussi di migranti non si fermeranno, le persone continueranno a fuggire dall'Africa nera, dalle guerre, dalla fame, dalla sofferenza, e la governance di questo fenomeno deve avvenire a livello europeo, se non mondiale. Per l'Italia la situazione è diventata insostenibile, il carico è troppo pesante, non possiamo fare tutto noi».
Patrizia Manduchi, professoressa associata all'Università di Cagliari di Mondo arabo contemporaneo e Culture e società dei Paesi arabi mediterranei, spiega: «Il primo principio è salvare vite umane, portare bambini, donne e uomini in un porto sicuro, poi però nascono tutta una serie di problemi che vanno risolti, non si può continuare a giocare sulla pelle di queste persone, che stanno buttate nei centri d'accoglienza, attendono per lunghissimo tempo il riconoscimento dei loro diritti e la possibilità di potersi ricostruire un'esistenza dignitosa».
Manduchi è chiara: «Intendiamoci, lungi da me condividere i metodi e le politiche del ministro dell'Interno, i porti si aprono, non si chiudono, e anche quando Salvini dice rimandiamoli a casa, in Libia, dice una grossa fesseria. Perché la Libia non è la loro casa, arrivano da molto più lontano e lì non ci possono tornare. Detto questo, nonostante queste chiamiamole “boutade”, era necessario richiamare tutti i Paesi europei alle loro responsabilità».
Il trattato di Dublino - che in sintesi prevede che il primo paese ospitante prenda in carico l'istanza di rifugiato e la richiesta d'asilo, e che dunque crea disparità tra paesi facilmente raggiungibili come l'Italia, rispetto ad altri meno accessibili - «è assolutamente da rivedere», sostiene ancora Manduchi. «Questo regolamento è profondamente iniquo per il nostro Paese, a prescindere dal governo in carica. Però, fino a quando non sarà ridiscusso e riscritto nelle sedi opportune resta in vigore, dunque anche l'Italia lo deve rispettare, e gli altri, come ha fatto la Spagna nei giorni scorsi, possono legittimamente parlare di possibili sanzioni per chi non lo rispetta». (cr. co.)

 

7 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / conomia (Pagina 18 - Edizione CA)
IL RAPPORTO BANKITALIA. Difficoltà per l'agricoltura, industria in lenta ripresa, povertà diffusa
IL TURISMO TRAINA L'ECONOMIA SARDA
Crescita lieve in tutti i comparti, resta il gap nelle infrastrutture

Il turismo è il settore più dinamico, aumentano di poco i consumi, cresce l'export (trainato come sempre dai prodotti petroliferi), nell'edilizia si arresta il trend negativo, l'industria sopravvive senza infamia né lode, l'agricoltura arranca, il Pil regionale è a +1,1%. Nel 2017 l'economia della Sardegna è cresciuta moderatamente, dopo la leggera flessione dell'anno precedente, Bankitalia registra una ripresa lieve e un gap infrastrutturale col resto del Paese dal quale non si riesce a venir fuori.
LA PRESENTAZIONE «L'Isola non ha avuto una brillantezza di ripresa come quella osservata in altre regioni, qua e là si registrano tracce di cambiamento, ad esempio nell'Ict e nelle start up tecnologiche, ma nel complesso l'economia stenta a decollare», dice il direttore uscente, Luigi Bettoni, che si sta trasferendo nella sede di Trieste, mentre qui arriverà Giancarlo Fasano. Il consueto report annuale - a cura di Rosario Ballatore e Roberto Rassu della Divisione analisi e ricerca economica territoriale - è stato presentato ieri, di mattina alla stampa e di pomeriggio nel corso di un convegno al quale hanno preso parte Vittorio Pelligra, docente di Politica economia all'Università di Cagliari), Stefano Sardara (ad di Double S Insurance e presidente della Dinamo Basket Sassari), Andrea Brandolini (capo servizio analisi statistiche di Bankitalia).
I COMPARTI La produzione agricola regionale delle principali coltivazioni si è ridotta notevolmente (-20%) soprattutto a causa della siccità, e il calo ha colpito in particolare il vitivinicolo, i cereali e i carciofi. Tra i comparti zootecnici - spiega l'indagine - la produzione è diminuita complessivamente dell'11%, nella seconda parte dell'anno si è però registrato un aumento del prezzo del latte ovino, grazie alla domanda dei prodotti trasformati, che in parte ha compensato l'andamento negativo del comparto vaccino. Per quanto riguarda l'industria, alla dinamica positiva della domanda estera si è associato il contributo di quella interna: così il valore aggiunto è salito dell'1,4% a prezzi correnti. Gli investimenti sono cresciuti del 15,7% (al netto del comparto petrolifero) in particolare nella chimica e nel metallurgico.
Il settore delle costruzioni tira di nuovo il fiato, dopo cinque anni neri, beneficiando del rafforzamento della domanda da parte di famiglie e imprese.
IL TURISMO Il turismo è il comparto che corre di più: nel 2017 gli arrivi hanno superato quota 3 milioni di persone (+7,3% rispetto al 2016), con i flussi internazionali particolarmente favorevoli, specie da Francia, Germania e Svizzera. La crescita ha riguardato in maniera diffusa tutto il territorio regionale, ma l'incremento più marcato è in Ogliastra e nel Sulcis Iglesiente. Anche il turismo crocieristico registra grandi numeri: i passeggeri transitati negli scali sardi sono stati 560mila, in aumento di un quinto rispetto all'anno precedente.
LE FAMIGLIE Il reddito disponibile resta pressoché costante, la media pro capite è di 15mila euro (quella nazionale è 18mila). La spesa media mensile si attesta sui 2100 euro (contro i 2500 del resto del Paese) e a rischio povertà o esclusione sociale c'è il 38% dei residenti, il dieci per cento in più rispetto al 2012.
Red. Ec.

 

8 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / Agenda Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
CONFERENZA SU SANT'EFISIO
Nell'ambito delle iniziative #RaccontiamoEfisio legate alla mostra “Efisio. Martirizzato dai romani, santificato dai cristiani, venerato dai contemporanei” il direttore del museo archeologico, Roberto Concas presenta la conferenza “Sant'Efisio. La fondazione sacra di una colonia cagliaritana nella Sardegna barocca” di Giampaolo Salice, ricercatore di Storia moderna all'Università di Cagliari. Appuntamento per questo pomeriggio alle 17.30 al museo archeologico, alla Cittadella dei musei.

 

9 - L’UNIONE SARDA di giovedì 14 giugno 2018 / Cronaca di Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
Città metropolitana,
un bando per il piano strategico

Via al bando per la predisposizione del Piano strategico della Città metropolitana. C'è tempo fino al 6 luglio per partecipare alla gara europea che parte da una base d'asta di 400 mila euro. «È un documento fondamentale, oltre che obbligatorio, per delineare il futuro», spiega Francesco Lilliu, delegato alla Pianificazione territoriale strategica della Città metropolitana, «sarà un processo partecipato che permetterà di incontrare tutti gli attori locali dei vari settori per arrivare alla redazione del piano che sarà un insieme di misure che andranno a incidere sul territorio con infrastrutture materiali e immateriali».
Alcune Città metropolitane si sono già dotate di un piano strategico, con uno o due anni di lavoro in base alle dimensioni e alla complessità dei territori, e il bando è rivolto alle Università che possono gestire tutto da sole o partecipare in partnership con società private che si occupano di progettazioni territoriali o piani urbanistici. «Si tratta di una gara europea e potranno dunque partecipare realtà non locali, ma in ogni caso il meccanismo prevede un percorso dal basso - assicura Lilliu - chi si aggiudicherà il servizio dovrà incontrare gli attori locali dei vari settori, dal sociale alla cultura, dall'urbanistica alla mobilità per un processo partecipato che ci doterà di uno strumento fondamentale per garantire i migliori e più omogenei servizi a tutti i residenti».
Il Piano dovrà offrire «migliori condizioni per lo sviluppo economico, ambientale e sociale del territorio - spiegano da piazza Palazzo - in un'ottica di equità, economicità, efficacia, efficienza ed etica, con particolare riferimento alla qualità dei servizi».
Marcello Zasso

La Nuova Sardegna

 

10 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 14 giugno 2018 / Primo piano - Pagina 3
SETTEMILA CERVELLI IN FUGA NEGLI ULTIMI DIECI ANNI
I laureati sono aumentati ma il tasso di occupazione è in calo. Stabili le imprese, crescono le start up

CAGLIARI In Sardegna la quota di laureati sulla popolazione è cresciuta in dieci anni seguendo la media nazionale, nonostante - scrive la Banca d'Italia - «la perdita di capitale umano per effetto dell'emigrazione». C'è un numero preciso sui cervelli in fuga: settemila in dieci anni, circa cinque ogni cento residenti con lo stesso titolo e concentrati soprattutto nei Comuni dell'interno. «A quattro anni dalla conclusione del corso di studi universitari - si legge nel report - i laureati che nel 2011 vivevano in Sardegna erano inferiori di circa un decimo se messi a confronto con quelli residenti prima dell'inizio del percorso universitario» Per poi fare un passo indietro e aggiungere: «Però già in fase d'immatricolazione è stata registrata una mobilità netta a sfavore delle due università sarde e questo dato riflette, oltre alle peculiarità geografiche, anche una minor offerta di corsi sul territorio». Tant'è che subito dopo la migrazione costante è spiegata così: «I laureati che si sono trasferiti nelle altre regioni hanno quasi sempre conseguito la laurea in una disciplina scientifica o in ingegneria». Un vuoto confermato anche da quest'altra realtà: «Contrariamente a quanto registrato a livello nazionale, il tasso di occupazione dei giovani in possesso di un titolo universitario è diminuito, mentre aumenta solo quello dei diplomati. Nel confronto con le regioni settentrionali, nell'isola i laureati hanno molte meno probabilità di trovare un'occupazione», e quindi preparano la valigia ed emigrano. La Banca d'Italia chiude il capitolo sulla fuga dei cervelli con questa considerazione: «Sono questi fattori negativi a comprimere la crescita del capitale umano in Sardegna, già bassa di per sé nel confronto con le quote nazionali». Mentre è proprio di quei cervelli in fuga che avrebbe «oggi bisogno per far risalire l'economia». Invece il numero delle imprese è stazionario, a parte quelle artigiane comunque in calo. C'è una sola voce in questa tabella col segno più: l'aumento delle start up, però prima che producano posti di lavoro in quantità ci vuole tempo. Hanno un'incubazione lunga. (ua)


11 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 14 giugno 2018 / Primo piano - Pagina 3
IL REPORT DELLA BANCA D’ITALIA
Il Pil aumenta solo grazie al turismo. Imprese, crescono i tassi d'interesse
L'ISOLA NAVIGA A VISTA
la ripresa è al rallentatore

di Umberto Aime
CAGLIARI La Sardegna è descritta così dalla Banca d'Italia: naviga lenta in un mare ancora tempestoso. Non farà la fine del Titanic, l'augurio, ma continua a essere un fragile guscio di noce e con ancora troppi squarci. Ha avuto qualche sussulto: nel 2017 il Prodotto interno lordo dovrebbe essere aumentato dell'1,1 per cento, ma l'anno prima era crollato dello 0,9, quindi il saldo nel biennio è appena positivo. Poi se non ci fossero state le ultime performance del turismo, starebbe persino peggio. Nel giorno dei saluti, dopo quattro anni è stato trasferito a Trieste, il direttore regionale Luigi Bettoni ha detto: «In giro ci sono tante buone idee, vanno però messe in pratica». Alla Sardegna per risorgere servirebbero più intraprendenza, più velocità, più fiducia e soprattutto più investimenti pubblici e privati. C'è subito un dato che salta fuori dall'indagine: alle imprese sarde costa di più anche ottenere un prestito. In percentuale la differenza sui tassi d'interesse è all'incirca un punto (6,1 contro una media del 5) e questo handicap s'è aggiunto a quelli storici: poche infrastrutture, alto costo dell'energia, trasporti a singhiozzo e altro ancora. Tanto che, negli ultimi anni, la Sardegna è andata peggio delà disastrato Mezzogiorno, con - testuale - «è cresciuta molto meno rispetto alla macroarea di riferimento». Fra stime e dati ufficiali, il 2017 è stato buono solo per il turismo, stagnante nell'agricoltura, mentre l'industria, a cominciare da quella manifatturiera, è riuscita a sopravvivere grazie alle esportazioni seppure trainate come al solito dai prodotti petroliferi del polo di Sarroch. Questo perché il mercato interno, nonostante una leggera ripresa nei consumi da parte delle famiglie, è rimasto in coda al convoglio nazionale della ripresa. Altrove ha ripreso a navigare abbastanza spedito, in Sardegna non ancora e per colpa di quello che si sa da sempre: ha un mercato interno troppo piccolo e frastagliato. Con un risultato finale per nulla soddisfacente: il Pil pro capite è rimasto inchiodato sotto i 20mila euro e i redditi delle famiglie sono ancora staccati (15mila contro 18mila) dalla media italiana figuriamoci da quella europea. Il mosaico malmesso dell'economia sarda, che vale più o meno 33 miliardi l'anno, è composto dal 30 per cento prodotto dalla pubblica amministrazione allargata, 24,7 dal commercio e affini , 24,3 dalle attività finanziarie e assicurative, 10,7 dall'industria in senso stretto, 10 dal turismo, 5,6 dalle costruzioni, 4,9 dall'agricoltura e il resto dai cosiddetti servizi in generale. Per gli appassionati di statistica, gran parte di queste voci però si portano appresso un segno negativo nel passaggio da un anno all'altro, con l'industria in fondo alla classifica (-7,9 come incidenza sul totale) e il turismo in testa come crescita dopo aver superato per la prima volta il tetto dei tre milioni di arrivi negli aeroporti e nei porti. In sostanza «la Sardegna non ha avuto quella brillantezza nella ripresa osservata invece in altre regioni - è scritto nel rapporto - Solo a macchia di leopardo sono state registrate tracce di cambiamento e dinamicità, ad esempio nell'alta tecnologia, ma nel mare burrascoso dell'economia, il grosso stenta a riprendersi e rimangono evidenti vuoti strutturali». Anche l'Europa, seppure con il suo solito ritardo, s'è accorta che la Sardegna ormai non cresce da anni. Poche settimane fa l'ha retrocessa nella classifica continentale, promettendole però più finanziamenti a partire dal 2020 e quell'annuncio resta comunque una magra consolazione. La prova del nove dell'attuale crisi socioeconomica arriva anche dai dati sull'occupazione, stazionaria, e da quelli sulla disoccupazione, è scesa appena dello 0,3. C'è un flebile raggio di luce: nella fascia 15-24 anni e 25-34 sono cresciuti i contratti seppure solo quelli a tempo determinato. Senza però farsi illusioni. «È proseguita la migrazione di giovani, soprattutto laureati, verso il Nord Italia e l'estero per un'evidente riduzione della richiesta qualificata di lavoro». Con infine un ultimo preoccupante allarme: «Oggi i sardi a rischio povertà o esclusione sociale sono oltre il 38 per cento della popolazione residente e dal 2012 l'aumento è stato di ben 10 punti». Da brividi.

 

12 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 14 giugno 2018 / Oristano - Pagina 32
ZONE UMIDE >> L’INNOVAZIONE
Sta per partire il progetto del Centro marino internazionale
Allevare ostriche: a S'Ena Arrubia come in Bretagna
Studio della situazione e sperimentazione di nuove tecniche

di Davide Pinna
ORISTANO Non saranno rinomate come quelle della Bretagna, ma anche le ostriche sarde possono essere appetibili, gradite ai palati più esigenti e, soprattutto, avere un mercato. Per ora l'Oristanese è fuori dalle zone di allevamento, ma le cose potrebbero cambiare. L'International marine center di Torregrande, si trova dove un tempo sorgeva la laguna di sa Màrdini. Il centro è una delle perle del mondo scientifico oristanese. Si pone su un livello di eccellenza nella ricerca marina e oggi è protagonista di un progetto regionale che punta a rinnovare completamente l'allevamento e la produzione di ostriche in Sardegna. La questione potrebbe sembrare marginale ai non addetti ai lavori, ma in una terra come la Sardegna, dove lagune e stagni abbondano in proporzioni molto alte, ha una certa rilevanza. E ancora di più potrebbe averla nell'Oristanese, dove si registra la più alta concentrazione di zone umide dell'isola, e nello specifico a S'Ena Arrubia.In Sardegna l'allevamento delle ostriche è praticato solo in alcune lagune e in alcuni stagni. Proprio da qui è partito il lavoro dell'Imc - con il patrocinio di Sardegna Ricerche e la collaborazione di Agris, Laore, Istituto Zooprofilattico, Università di Cagliari e Sassari e Università di Sterling, in Scozia - con lo studio della situazione attuale e la sperimentazione di nuovi metodi produttivi nei bacini che già lavorano sulle ostriche. L'obiettivo è quello di raccogliere dati sufficienti a costruire un modello e delle mappe che permettano di dire se un determinato bacino ha o no le caratteristiche adatte alla produzione di ostriche. «Non si tratta solo di aspetti biologici - spiega Stefano Carboni, ricercatore dell'Università di Sterling - ma anche di aspetti giuridici o economici. Può esistere una laguna dall'ottimo potenziale biologico, ma che potrebbe rendere di più se destinata ad altri scopi come il turismo o la conservazione». È Gianni Brundu, ricercatore dell'Imc, a spiegare i dettagli del progetto Ostrinnova che è giunto ora all'ultimo anno dei tre previsti e ha coinvolto, oltre agli enti di ricerca, 16 imprese di tutta l'isola. In questi ultimi 12 mesi sarà avviata, in collaborazione con la cooperativa Sant'Andrea, una sperimentazione di allevamento nella laguna di S'Ena Arrubia, dove alcune specie di ostriche crescono in maniera spontanea, ma non è praticato l'allevamento. Il bacino, che è ciò che rimane dalla bonifica all'inizio del Novecento del vastissimo stagno di Sassu, potrebbe avere le caratteristiche adatte a questo tipo di produzione, ma il lavoro scientifico di sperimentazione darà la possibilità di valutare ogni singolo aspetto e capire se quel tipo di impiego potrebbe essere produttivo. Il connubio tra ricerca scientifica e sistema produttivo si conferma un aspetto fondamentale dello sviluppo territoriale, in questo caso si riduce il rischio iniziale dei soggetti produttori garantendo dei modelli che permettano di valutare la sostenibilità economica e per l'ecosistema dell'ostricoltura. La questione non è oziosa anche perché nel 2020 scadrà la maggior parte delle concessioni di pesca nei bacini interni sardi e nuovi progetti di sviluppo economico potrebbero costituire una marcia in più per chi vorrà aggiudicarsi le nuove concessioni.

Questionario e social

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