Venerdì 8 giugno 2018

08 giugno 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 8 giugno 2018 / Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)
Il comandante regionale dei carabinieri: «È una peculiarità della criminalità sarda» Nell'Isola della marijuana Crescono le coltivazioni, sequestrate 25mila piante nel 2017
Per il bocciolo perfetto servono almeno cinque o sei ore di sole diretto e temperature tra i 19 e i 25 gradi, dicono le bibbie online per i coltivatori di marijuana. Le condizioni ideali si trovano facilmente nell'Isola e le prime ad accorgersene sono state le organizzazioni criminali, come dimostrano le statistiche del 2017 diffuse dai carabinieri: in un anno sono stati sequestrati 820 chili di “erba” già pronta alla vendita, 68 piantagioni e circa 25mila piante.
L'ALLARME L'ultima generazione di coltivatori diretti fuorilegge ha stretti legami con mafia, camorra e 'ndrangheta. Non a caso il comandante regionale dei carabinieri Giovanni Truglio, nella giornata di celebrazioni per l'anniversario della fondazione dell'Arma, ha voluto accendere i riflettori su un fenomeno in crescita: «Il traffico e lo spaccio di stupefacenti è diffuso, ci sono reti e organizzazioni che se ne occupano», ha spiegato il generale, prima di aprire il capitolo della marijuana: «La Sardegna si distingue per la coltivazione della canapa indiana», diventata ormai «una peculiarità della criminalità sarda». Insomma: non più banditi, rapinatori o assaltatori di camion portavalori, ma produttori di droga per il mercato locale e non solo.
IL CAMBIAMENTO Non mancano gli esempi di questa mutazione genetica delinquenziale, emersa per la prima volta con Graziano Mesina: da bandito con 40 anni di prigione alle spalle, sequestratore e responsabile di un omicidio, dopo la grazia e l'uscita dal carcere è andato a guidare una banda che trafficava nell'Isola grandi quantità di droga, marijuana compresa. Certo, l'ex latitante era al vertice dell'organizzazione, non certo un produttore diretto. Infatti le differenze tra il profilo di un malvivente e di un coltivatore di cannabis sono molto marcate: «I soggetti che compiono queste azioni hanno caratteristiche completamente diverse dai rapinatori o dai protagonisti di altri reati più complessi: si tratta di persone con un profilo di pericolosità basso, con una personalità deviante non strutturata, livelli medi di disimpegno sociale e morale. E prevalentemente loro stessi sono fruitori di marijuana e altre droghe», spiega Cristina Cabras, docente di Psicologia criminale e forense dell'università di Cagliari.
LA CRIMINOLOGA È innegabile però che il business delle piantagioni attiri sempre di più. I sequestri di coltivazioni, a volte distribuite su diversi ettari di terreno, sono all'ordine del giorno. Qualche mese fa nelle campagne di Olbia i carabinieri hanno scoperto una distesa di 5mila piante, cresciuta a un impianto di irrigazione composto da otto chilometri di tubi. «Ci sono tanti fattori che possono spiegare il boom di coltivazioni di marijuana. Da un lato c'è la crescente domanda, che viene dal contesto sociale, dall'altro si deve considerare la percezione illusoria di una bassa probabilità di essere identificati e puniti», chiarisce la criminologa. Non sono questi gli unici fattori che spingono verso il mondo della droga: «Anche sotto il profilo dell'esecuzione della pena, le maglie oggi sono larghe e permettono una detenzione ai domiciliari e un costante ricorso a misure alternative al carcere. Considerati tutti questi elementi, nei casi in cui gli individui abbiano poca attitudine al rispetto delle regole, è facile che», conclude Cristina Cabras, «con un minimo capitale economico e criminale, possano decidere di entrare nel mondo della coltivazione e spaccio di marijuana. È un prodotto facile da vendere, non richiede grandi trasformazioni della materia prima, come invece sarebbe necessario fare per altre droghe. Si tratta un'azione criminale semplice nella sua realizzazione e permette elevati guadagni. Anche lo stigma sociale, in caso di arresto, non è severo e emarginante come per altri reati».
Michele Ruffi

 

2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 8 giugno 2018 / Provincia di Cagliari (Pagina 24 - Edizione CA)
Sarroch Torneo di calcio femminile
per i bimbi del Policlinico Un torneo di calcio per sostenere il reparto di terapia intensiva neonatale del Policlinico di Monserrato. Domenica, dalle 18,30, allo stadio Tiddia, scenderà in campo la solidarietà per la seconda edizione del “Fiocco Azzurro”, appuntamento organizzato dalla società di calcio a cinque femminile Santa Vittoria, in collaborazione con l'assessorato allo Sport e il Centro coordinamento del Cagliari club, per raccogliere fondi a favore dei bambini meno fortunati. Al triangolare di calcio a 11, oltre alle ragazze di Sarroch, parteciperà una selezione dell'Università di Cagliari, e la squadra degli ex rossoblù. L'ingresso sarà libero, ma ogni spettatore potrà effettuare una donazione per aiutare il Policlinico di Monserrato.
Dopo la partita si terrà l'estrazione dei premi della lotteria: aiutando i bambini ricoverati nel reparto si potranno vincere le maglie di Pavoletti, Sau, Dessena, Cigarini, Barella, Cossu, e Ceppitelli. (i. m.)

 

3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 8 giugno 2018 / Cultura (Pagina 44 - Edizione CA)
FESTIVAL. Dal 14 al 19 giugno nel paese di Emilio Lussu laboratori e incontri
“Un caffè ad Armungia” tra arte, suoni e libri

Dal 14 al 19 giugno, per la terza edizione del Festival dei piccoli paesi, ideato per favorire la rinascita delle aree interne, si svolgerà “Un caffè ad Armungia”, progetto finanziato dalla Fondazione di Sardegna col sostegno dell'università di Cagliari «il cui obiettivo - spiega Tommaso Lussu, nipote di Emilio e Joyce e membro del comitato organizzativo - è principalmente quello di dare continuità al lavoro sulla resistenza allo spopolamento e contrastare la fragilità sociale, economica e culturale di un intero territorio, quello del Gerrei, attraverso la valorizzazione del patrimonio immateriale».
Il programma prevede, giovedì 14 dalle 10 alle 18 e venerdì 15 dalle 10 alle 13, i laboratori di botanica, cucina, archeologia e storia dell'alimentazione (docenti Luigi Erriu e Mary Anne Tafuri), di tessitura collettiva (tenuto da Caterina Maioli) e di tintura naturale della lana (docente Alessandro Nonnoi), ospitati nei locali dell'ex maglieria di Armungia. Sempre il 15 giugno, alle 18 a Casa Lussu, Giacomo Casti e Chiara Effe saranno protagonisti del reading-concerto “Un paese ci vuole”.
Il giorno dopo, alle 9.30 nei locali dell'ex maglieria, si svolgerà una tavola rotonda sul tema “La comunità di eredità come democrazia del fare”, relatori Pietro Clemente, Tiziana Sassu, Elisabeth Euvrard, Alessandra Broccolini e Renata Meazza. A seguire, alle 12, presentazione del libro “Saludi e trigu”, di Gerardo Piras. Alle 17, in località Conca de Gruppa, spazio all'installazione “Hydrofrequenza” del Collettivo Res, seguito dal concerto di Massimo Congiu e Federico Orrù.
Tra gli eventi della giornata conclusiva, domenica 17, alle 12 nello spazio polifunzionale l'anteprima del progetto transmediale “365nsv” di Vincenzo Ligas. A seguire, alle 16 al museo Emilio e Joyce Lussu, la presentazione del libro di Mariangela Sedda “La cancellazione”. Per concludere, alle 17, visita guidata al sistema museale di Armungia e al laboratorio di tessitura di Casa Lussu. (fa. mar.)

 

4 - L’UNIONE SARDA di venerdì 8 giugno 2018 / Cultura (Pagina 44 - Edizione CA)
Il rapper col passamontagna oggi ad AteneiKa
E MezzoSangue ricomincia da “Tree”

Preparatevi per qualcosa di nuovo: MezzoSangue, l'outsider, il rapper col passamontagna, perché lui la fama la cerca solo per le sue barre, sta arrivando. A ospitarlo sarà oggi il palco del festival AteneiKa di Cagliari, dove porterà l'ultimo lavoro, “Tree - Roots & Crown”. Doppio album fondato su una simmetria architettonica studiata nei minimi dettagli, dall'assonanza del titolo, “Tree” (albero in inglese) con il numero tre, come le parti che lo compongono - radici tronco e chioma - al fatto che ognuno dei due cd sia composto da 9 tracce e che l'album, terzo lavoro di MezzoSangue, sia uscito a marzo, terzo mese dell'anno. Intriso di riferimenti alla mitologia norrena, il disco è stato anticipato dai singoli “Ned Kelly” e “Ologramma”, assaggio della profondità e della cura infuse dal rapper romano nel cesellare rime e suoni di un lavoro con cui cerca una nuova maniera: la sua.
Un doppio oggi è coraggioso.
«Cerco sempre di decontestualizzare ciò che faccio, voglio rimanere al di fuori da quello che c'è intorno».
“Roots & Crown”: due facce della stessa medaglia?
«In tutto il disco c'è dualismo, oltre al tre, che torna sempre. Rappresenta due modi diversi di vedere le cose, uno dall'interno e uno dall'esterno. “Roots”, le radici, “Crown” dove tutto avviene dentro come le foglie con la sintesi, in un continuo analizzarsi e mettersi in dubbio».
Nel primo disco c'è “System Error”, nel secondo “Fuck Them, Fuck Rap”. In che modo si sente estraneo alla scena?
«Quando una persona fa fatica a ritrovarsi in certi ambienti, penso che venga automatico allontanarsi. Nel mio caso cerco di andare via dalla mia cultura».
È ciò che racconta nel cd 2, quello in cui sperimenta di più a livello musicale.
«È piuttosto una ricerca. Nel primo disco tutti i suoni sono elettronici e le produzioni curate da vari producer che hanno lavorato singolarmente utilizzando strumentazioni digitali, nel secondo è tutto suonato in studio con batteria, basso, chitarre, viola, violino e sax».
Nuovo capitolo nella carriera?
«Non lo so, voglio riuscire a capire se sa rà solo un'esperienza o se cambierà tutto. Sicuramente però, cerco una strada che sia mia».
Ciò che caratterizza il progetto è la passione per la numerologia.
«Credo che alla base dell'esistenza ci siano numeri e lettere, quindi amo cercare l'archetipo al di là del segno grafico. Il disco ruota attorno al numero tre, “Tree”, albero, fatto di radici, chioma e tronco, che sta in mezzo, come l'io, che si trova tra l'Es e il Superio, primo e secondo disco. Il tutto cerca di spiegare la difficoltà della crescita di una persona. Poi, anche il primo e il settimo chakra in inglese si chiamano Root e Crown».
Nella copertina c'è un riferimento alla mitologia norrena.
«È una copertina particolare che fa riferimento all'albero cosmico, coi suoi simboli. I serpenti, lo scoiattolo, i cervi, il falco, l'aquila e il gallo hanno tutti una funzione rispetto all'albero e rappresentano le persone che avevo attorno durante il periodo di scrittura del disco, dai più infimi, i serpenti, fino ai più nobili, le aquile. Mi affascina la ciclicità della cultura norrena».
Vista la simmetria del disco, come organizzerà il live?
«Porteremo brani molto vecchi, che hanno fatto le mie radici, fino agli inediti diversi da quello a cui sono abituato. Sul palco ci saranno due chitarre, basso, batteria e su alcuni brani anche un violino».
Rapper sardi: Enigma, Dj Slait, Salmo. Ospite stasera?
«È un'idea, me l'hai suggerita tu, ci penso».
Cinzia Meroni

 

5 - L’UNIONE SARDA di venerdì 8 giugno 2018 / Agenda Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
SEARCH. I sindaci discutono del nuovo sistema di mobilità
Città metropolitana, le novità sui trasporti

Quale sarà l'organizzazione della mobilità nella nuova città metropolitana? Per capire a quali novità si andrà incontro e quale sarà il sistema dei collegamenti con l'hinterland oggi alle 17,30, nella sala Search del Comune di Cagliari (largo Carlo Felice, 2), si discuterà di uno dei compiti fondamentali del nuovo ente: la realizzazione di un nuovo sistema di mobilità integrato e multimodale quale risposta alla domanda di mobilità della comunità. Una risposta che viene data offrendo un servizio di trasporto pubblico qualitativamente e quantitativamente omogeneo ed elevato ai diciassette Comuni del territorio, con l'obiettivo di ridurre sensibilmente gli spostamenti con veicoli privati da e per il capoluogo. Saranno discussi gli aspetti legati all'assetto del territorio, alla pianificazione di una rete integrata, alla creazione delle necessarie nuove infrastrutture, al ruolo degli operatori pubblici e privati e alle modalità di affidamento dei servizi. Introduce e coordina il dibattito Fabrizio Rodin, vice sindaco della Città Metrolitana di Cagliari e presidente del gruppo consiliare Pd a Palazzo Bacaredda. Interverranno: Massimo Zedda (sindaco della città metropolitana di Cagliari), Fabrizio Salvatore Marcello (consigliere metropolitano delegato alla Mobilità e presidente della commissione Mobilità del Comune di Cagliari), Francesco Lilliu (consigliere metropolitano delegato alla Pianificazione strategica), Gigi Concu (sindaco di Selargius), Francesco Dessì (sindaco di Capoterra), Pietro Pisu (sindaco di Quartucciu), Paola Secci (sindaca di Sestu), Gianfranco Fancello (Centro studi Oic e docente universitario), Roberto Murru (Presidente Ctm spa), Chicco Porcu (amministratore Arst).

 

6 - L’UNIONE SARDA di venerdì 8 giugno 2018 / Provincia di Sassari (Pagina 38 - Edizione CA)
Sechi nuovo presidente Ersu
Massimo Sechi, preside per molti anni del Liceo Azuni e attualmente dirigente del Siotto Pintor di Cagliari, è il nuovo Presidente dell'Ersu di Sassari. L'ufficialità è arrivata ieri con il decreto firmato dal Presidente della Regione Francesco Pigliaru che, con il provvedimento, dà inoltre il via libera all'insediamento del Consiglio di Amministrazione dell'ente, vacante dal luglio del 2017. Il nuovo Cda resterà in carica per quattro anni e sarà formato inoltre dai consiglieri Giovanni Maria Cubeddu, Giovanni Antonio Ruzzittu, designati dal Consiglio regionale, Ciriaco Carru, eletto dal corpo docente dell'Università di Sassari, Mariangela Pinna, eletta dagli studenti dell'Università di Sassari. Sechi ha 58 anni, è laureato in Agraria e ricopre il ruolo di preside in prestigiosi istituti di istruzione secondaria di secondo grado dall'età di 31 anni.

 

La Nuova Sardegna

7 - LA NUOVA SARDEGNA di venerdì 8 giugno 2018 / Sardegna - Pagina 4

LA RICERCA: «Le cellule del feto combattono la nascita dei tumori»
Lo studio è di una docente dell'ateneo sassarese
Dagli amniociti presto potrebbe arrivare una terapia

La ricerca di Grazia Fenu Pintori ha un'ulteriore valenza su una patologia che in Sardegna è particolarmente diffusa e invalidante: la vitreoretinopatia proliferativa quando deriva dal diabete perché, purtroppo, quest'ultima malattia in Sardegna ha un'incidenza altissima. Una patologia grave la retinopatia che può portare alla cecità. Anche in questo caso gli amniociti sono stati messi in coltura con gli ialociti, che sono le cellule del vitreo alterate dalla malattia le quali sono state accerchiate ed eliminate dai macrofagi del sacco vitellino. Un risultato importante perché fa pensare che gli amniociti siano capaci di attaccare e distruggere anche cellule malate non solo tumorali. La ricerca propone di sperimentare l'inoculazione delle cellule macrofaghe direttamente all'interno del vitreo che costituisce una "camera chiusa" ideale per la sperimentazione clinica. (g.g.)

SASSARI Dai risultati di un primo studio clinico su una sola paziente arrivano nuove prospettive di cura per il tumore del seno in stadio avanzato (con metastasi), ovvero usare cellule immunitarie delle pazienti come killer della malattia. La fattibilità di questo approccio terapeutico è stata dimostrata dal gruppo di Steven Rosenberg del National Institutes of Health di Bethesda in Maryland. I linfociti T della donna sono stati in grado di eliminare completamente il tumore e tutte le metastasi, offrendole una chance di cura laddove tutte le terapie convenzionali somministrate precedentemente avevano fallito.Reso noto sulla rivista Nature Medicine, è un traguardo senza precedenti. La paziente è da due anni libera da malattia. Si tratta infatti della prima applicazione di successo della immunoterapia a cellule T per il cancro del seno in fase avanzata. Attualmente sono due gli approcci più efficaci di immunoterapia - che è l'ultima frontiera della lotta ai tumori e si basa sull'uso delle difese del corpo del paziente per sconfiggere la malattia: il primo è l'attivazione delle cellule immunitarie del paziente direttamente nel suo corpo tramite farmaci (ad esempio anticorpi specifici), il secondo è una terapia basata sull'uso diretto di cellule immunitarie. In quest'ultimo approccio i linfociti T del paziente sono isolati dal suo sangue o dal tumore stesso e poi gli oncologi selezionano solo le cellule di difesa in grado di riconoscere e attaccare la neoplasia. Questi linfociti T specifici per il tumore vengono coltivati in provetta e poi iniettati nuovamente nel corpo del paziente.Il successo delle cure immunoterapiche varia molto in funzione del tipo di tumore che si vuole vincere. Ad oggi le sperimentazioni cliniche basate sull'uso di farmaci immunoterapici non avevano avuto dato prova di efficacia nel trattamento del cancro al seno.di Gabriella GrimaldiwSASSARICi sono cellule che in gravidanza fanno la guardia al bambino perché non si ammali. Apparentemente sono inerti ma se entrano in contatto con cellule tumorali si "armano", le circondano, se le mangiano e le digeriscono distruggendole. Una forza immane scatenata per difendere la vita, un potere che spalanca scenari da brivido sulla cura del cancro. E la scoperta ha colto di sorpresa persino chi l'ha fatta: Grazia Fenu Pintori, 54 anni sassarese, una figlia, ricercatrice e professore associato di Anatomia umana nella facoltà di Medicina dell'università turritana. Magrissima, alta, avvolta nel camice immacolato, se ne sta seduta nel suo studio all'Istituto di Anatomia patologica, dove praticamente trascorre tutto il suo tempo, in mezzo a vetrini e provette o davanti al pc. Sette anni fa l'intuizione che poteva trovarsi davanti a qualcosa di estremamente importante per il progresso scientifico è arrivata da una frase che lei stessa aveva pronunciato durante una lezione alle ostetriche per spiegare la funzione del sacco vitellino in gravidanza. «Questo involucro protegge il feto da ogni insulto», aveva detto quel giorno Grazia Fenu Pintori. E poi, uscendo dall'aula ci aveva rimuginato sopra. «Da ogni insulto... soprattutto dall'assalto del cancro di cui il nascituro non si ammala. Allora pensai al funzionamento delle cellule che formano quel sacco, al loro compito, al programma scritto nel dna». E il compito prevalente è di proteggere il feto da traumi di natura meccanica ma anche di attivarsi e distruggere le cellule patologiche che minacciano la salute del nascituro. Quindi la scoperta che gli amniociti, le unità biologiche presenti nel sacco vitellino e nel liquido amniotico, messe a contatto con le cellule tumorali di alcune tipologie osservate in laboratorio, si trasformano in macrofagi, cioè letteralmente capaci di mangiare e distruggere le cellule maligne. Un risultato potenzialmente rivoluzionario nella cura delle patologie oncologiche che oggi è protetto da brevetto in Europa e negli Usa e che aspetta di essere condiviso con la comunità scientifica attraverso la pubblicazione in riviste specializzate e ulteriormente verificato con l'indispensabile sperimentazione clinica.Una scoperta che appare tanto semplice quanto sorprendente, quella di Grazia Fenu Pintori: il materiale inviato a suo tempo alla commissione scientifica del centro brevetti infatti è stato analizzato per due anni e nel 2017 è arrivato il riconoscimento, solo il primo passo del percorso che eventualmente porterà a una cura vera e propria.«Gli amniociti - spiega la ricercatrice - sono programmati per svolgere una funzione a termine: una volta che il bambino viene alla luce con addosso ancora i residui biancastri del sacco vitellino, le cellule che lo costituiscono cessano di esistere. Dunque non contengono, come le cellule staminali, una memoria a lunga scadenza specifica per "costruire" una parte del corpo umano, ad esempio le ossa o un organo. Diciamo che sono dormienti e anche estremamente lente nella riproduzione, si potrebbero definire dei bradipi, ma se si trovano a contatto con unità biologiche potenzialmente pericolose si svegliano improvvisamente e attaccano».A questa conclusione la docente dell'università sassarese è arrivata dopo una infinita serie di esperimenti in vitro, cioè in laboratorio. Dalle immagini realizzate per dimostrare il modo di agire degli amniociti si vede in maniera chiarissima come questi ultimi si organizzano per accerchiare, inglobare e distruggere le cellule "nemiche". Nelle prime 24 ore è possibile osservare che le cellule tumorali, in questo caso carcinoma della mammella, si moltiplicano in maniera esponenziale per colonizzare i tessuti. Dopo 36 ore però gli amniociti stanno già cominciando ad allungarsi e unirsi fra loro quasi a formare un cordone che accerchia le cellule cancerose. Dopo 72 ore le unità biologiche malate risultano scomparse, fagocitate dagli amniociti. Qualcosa di stupefacente che ha colto di sorpresa per prime Grazia Fenu Pintori e la sua collaboratrice, la biologa Maria Antonietta Moro: «Ci si potrebbe chiedere come mai nessuno fino ad ora si sia accorto di questa capacità prodigiosa degli amniociti. Ma io mi sono data una spiegazione: noi biologi estraiamo dalle cellule i cromosomi per analizzarli e non le vediamo nella loro interezza, la professoressa Fenu Pintori invece, partiva da una prospettiva diversa, quella anatomica. Ha visto le cellule nella loro conformazione (identica a quella dei macrofagi) e ne ha osservato il comportamento». Gli esperimenti delle ricercatrici si sono indirizzate su due tipi di tumore: il carcinoma della mammella e il neuroblastoma, un tumore infantile maligno. In entrambi i casi gli amniociti hanno mangiato e digerito le cellule cancerose. L'università ha dimostrato di credere nella ricerca finanziando il brevetto ma ora il progetto necessita della conseguente e indispensabile fase di sperimentazione clinica. Grazia Fenu Pintori è stata contattata da alcune case farmaceutiche, le uniche in grado di sostenere i costi della sperimentazione. Ma già da subito arriveranno le pubblicazioni sulle riviste scientifiche specializzate e le presentazioni nei congressi medici. Ci vorranno almeno tre anni per le prime conclusioni cliniche ma l'idea di arruolare come killer dei tumori le cellulle guardiaspalla dei feti sembra essere vincente. E a quanto pare vale la pena attendere tutto il tempo necessario.

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie