Mercoledì 6 giugno 2018

06 giugno 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 6 giugno 2018 / Cronaca di Cagliari (Pagina 15 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ
Via definitivo per i corsi di laurea magistrale
L'Università si arricchisce di tre nuovi corsi di laurea magistrale, ai quali sarà possibile iscriversi dal prossimo anno. Sono, per l'area tecnica, Computer engineering, cybersecurity and artificial intelligence, per l'area umanistica in Scienze della produzione multimediale e per l'area sanitaria in Scienze delle professioni sanitarie tecniche diagnostiche. «L'Ateneo», commenta la rettrice Maria Del Zompo, «mantiene un'offerta didattica diversificata e multidisciplinare, e nel contempo potenzia le lauree magistrali con una didattica ad alto contenuto di innovazione scientifico-culturale. I nuovi corsi rispondono anche all'esigenza di evitare l'emigrazione intellettuale, perché i giovani potranno formarsi qui in settori assolutamente all'avanguardia». Sulla base della programmazione regionale e in accordo con l'Università di Sassari, attivati i corsi di formazione di figure professionali necessarie al Sistema sanitario nazionale.

 

2 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 6 giugno 2018 / Provincia di Sassari (Pagina 35 - Edizione CA)
Progetto nato dalla collaborazione fra gli atenei di Cagliari e Sassari
START CUP ALL'UNIVERSITÀ: gli studenti fanno business
Gli studenti, i ricercatori o gli imprenditori mettono l'idea, un pool di esperti aiuta a rendere efficace il loro business plan e la Start Cup Sardegna finanzia i migliori progetti. Negli ultimi anni una ventina di nuove imprese sono riuscite ad emergere e proseguire l'attività. È partita da Sassari l'edizione 2018 del premio per le migliori idee imprenditoriali innovative maturate in contesti di ricerca.
ALLEATI Nato dalla collaborazione tra le due università di Sassari e Cagliari, la Start Cup Sardegna offre a tutti i partecipanti percorsi di apprendimento all'autoimprenditorialità e incontri che favoriscono lo scambio di esperienze e contatti. Non a caso la presentazione si è tenuta al Cubact, l'incubatore dell'ateneo sassarese che accoglie futuri e neo imprenditori offrendo spazi comuni, hardware, software e assistenza per lo sviluppo delle idee e i primi passi dell'attività.
LE TAPPE Il delegato dell'Università al Trasferimento Tecnologico, Gabriele Mulas, ha spiegato le varie tappe che consentiranno di trasformare le idee in business plan: «Il nostro ateneo e quello di Cagliari, insieme al Banco di Sardegna, svolgeranno attività di scouting in diverse località. Il 12 giugno saremo a Cagliari, il 19 a Nuoro, il 26 a Oristano e il 3 luglio a Olbia. Selezioneremo i gruppi che parteciperanno all'evento finale di ottobre e i migliori potranno concorrere alla fase nazionale». Non c'è limite al settore di ricerca. Anche perché come ha sottolineato il direttore generale del Banco di Sardegna, Giuseppe Cuccurese, «non necessariamente deve essere un progetto di innovazione spinta, ma può anche essere un'innovazione di processo, un sistema che consente di migliorare la produttività e/o di risparmiare sull'utilizzo dell'energia, come ad esempio accade per le innovazioni in agricoltura».
CAMBIO DI MARCIA Il pro-rettore Luca Deidda ha spiegato che il vero obiettivo è il cambio di mentalità: «Gli studenti escono dall'Università con l'idea di entrare nel settore pubblico o fare un percorso protetto in una grande organizzazione imprenditoriale, dobbiamo fargli capire che il talento e le potenzialità che hanno gli consentono di diventare imprenditori». La conferenza stampa è servita pure per presentare una novità assoluta, che si affianca alla competizione sarda e nazionale: Fristart Cup, network che coinvolge Sardegna, Corsica, Toscana, Liguria, Paca (Provence-Alpes-Côte d'Azur) ed è finanziato all'interno dell'Interreg Marittimo Italia-Francia. Quattro i settori: Nautica e cantieristica navale, Turismo innovativo e sostenibile, Biotecnologie blu e verdi, Energie rinnovabili blu e verdi.
Giampiero Marras

 

3 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 6 giugno 2018 / Agenda Cagliari (Pagina 17 - Edizione CA)
PA SOCIAL DAY
Oggi alle 9.30, l'aula 6 del dipartimento di Pedagogia, psicologia e filosofia (via Is Mirrionis 1) ospita la “Pa social day”. In programma le relazioni di Alessandro Lovari, Fabrizio Meloni, Francesca Ervas e Riccardo Porcu. Previsti anche gli interventi del responsabile social media della Regione Lazio Carlo Guarino, del direttore Assl Cagliari Luigi Minerba e del direttore generale dell'Azienda ospedaliero-universitaria Giorgio Sorrentino.

 

4 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 6 giugno 2018 / Cultura (Pagina 40 - Edizione CA)
CONFERENZA. Oggi alle 16 Alla Mem le Carte
Allegretti-Crespellani

Quarto incontro oggi alle 16 alla Mediateca del Mediterraneo dell'iniziativa “Sardegna fuori di Sardegna. Archivi lontani per una storia vicina”. Protagonisti saranno “Gli archivi toscani” dei professori Umberto Allegretti e Teresa Crespellani, studiosi di origine cagliaritana residenti ora a Firenze. Sarà l'occasione per ufficializzare, con l'assessore alla Cultura del Comune Paolo Frau e dei due studiosi, l'acquisizione delle Carte Allegretti-Crespellani che, su proposta della Soprintendenza archivistica, troveranno ospitalità alla Mem (via Mameli, 164, Cagliari). Sono sei buste di atti raccolti o personalmente prodotti negli anni '60-'80 del '900, testimoni della militanza giovanile, civile e intellettuale dei due docenti impegnati in diversi settori, dal movimento per la casa alla partecipazione a gruppi cristiani, legati per esempio ad Arturo Paoli. Intervengono Bianca Fadda dell'Università di Cagliari su “La Sardegna negli archivi pisani. Il caso dell'Opera Santa Maria di Pisa” e Franco Masala sulle “Carte Allegretti-Crespellani”.

 

5 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 6 giugno 2018 / Cronaca di Cagliari (Pagina 13 - Edizione CA)
Storia del ficus che domina via Roma, arrivato nel 1850 dopo un lungo viaggio dall'Oriente
IL CONDOMINIO SUL GIGANTE DI LEGNO
Nidi di uccelli e topi, un'edicola e un salone di bellezza open air

Il gigante silenzioso di via Roma ha braccia pronte ad accogliere tutti e piedi talmente larghi da attraversare un parco intero. Si chiama ficus macrophylla o magnolioide ed è arrivato da molto lontano. Sorveglia l'incrocio in cui viale Regina Margherita si affaccia nello slargo che guarda al mare e dicono sia qui dal 1850, uno dei tre alberi più vecchi di tutta la città. L'Oriente, Algeri, la Sicilia. Dopo un lungo viaggio ha piantato le sue radici nell'angolo che ora gli appartiene e nel quale, generoso, concede piccoli spazi ai tanti che vivono tra i suoi rami.
TOPI E GIORNALI Inquilini di ogni genere e specie che qui trovano cibo, un riparo dal sole o un rifugio dalla pioggia. Coppie di uccelli, famiglie di topi neri e, unico residente stabile a poter parlare, Antonio Durzu che con il padrone di casa condivide gli spazi adattando la sua edicola alle esigenze di tronchi possenti e radici affamate di terra. «Qui c'è un po' di tutto. I topi di sicuro, ma quelli sono in tutta la piazza anche se fortunatamente si vedono di rado. E molti tipi di uccelli. Da qualche tempo ho notato anche una colonia di pappagallini. Forse dovrebbero valorizzarlo di più, sistemare una targa. Di tanto in tanto i turisti vedendolo così grande restano colpiti dalla sua maestosità e decidono di scattare una foto davanti al suo enorme tronco. Io da parte mia ho sollevato il pavimento dell'edicola per lasciare che le radici scorrano al di sotto. Una delle condotte con il passare degli anni ne è stata inghiottita e ora passa al suo interno» racconta Durzu mentre indica un tubo di gomma che scompare nel legno all'improvviso.
LE BADANTI Ogni settimana una radice bitorzoluta che si è spinta fino a piazza Ingrao è sacrificata a un rito di bellezza. «Di giovedì pomeriggio le badanti si ritrovano qua dietro per tagliarsi i capelli». Un video mostra quel salone improvvisato sul legno scuro: forbici svelte e una bandiera arcobaleno usata a mo' di telo. Una notte di settembre anche quattro algerini sbarcati in città hanno chiesto protezione al vecchio custode verde. «Li ho trovati una mattina che ancora dormivano rannicchiati nella cavità formata dalle radici, si riparavano a vicenda. Poi sono intervenuti i carabinieri».
Tra i clacson di chi è in coda al semaforo e il chiacchiericcio dei passanti, la vita sul ficus scorre placida. A guardarlo dal marciapiede, durante il giorno, sembra un grande condominio disabitato e silenzioso, eppure tra i tronchi grigi e le foglie verdi si muovono decine di creature. «Di sicuro è un albero molto frequentato dalla fauna urbana. Tra i suoi rami possono nidificare capinere e merli» racconta l'ornitologo Sergio Nissardi. «Dei pappagallini, ovvero i parrocchetti monaci, non ho notizia. Di solito nidificano nelle palme, ma è possibile che vadano al ficus per cibarsi e poi tornino a dormire su altre piante».
C'è stato un tempo in cui questi rami erano ancora più affollati. «Grandi stormi di tordi spiccavano il volo, soprattutto in autunno, dopo essersi cibati delle bacche a Capoterra» racconta l'ex rettore Pasquale Mistretta che del grande albero è un vicino di casa. Poi venne un Capodanno che cambiò tutto. «I fuochi d'artificio quella volta furono troppo rumorosi e gli uccelli si spaventarono al punto da non tornare più. Anche nella cortina di alberi che stanno dall'altra parte della strada i tordi non sono più così tanti. E poi c'è un'altra che chi conosce l'albero non può tralasciare: in questo periodo i suoi frutti cadono abbondanti per strada e rischiano di far scivolare chi passa di lì». Qualche anno fa il ficus è stato anche terreno di caccia ricco di prede. «Un falco pellegrino ogni sera si posava sul palazzo dell'Enel e trovava una cena sicura mangiando uno dei suoi tanti storni. Si tratta di un uccello che nidifica in parete. A Cagliari c'era una coppia che viveva a Sant'Elia e che veniva in centro ogni giorno solo per mangiare» spiega Nissardi. Tra i tanti abitanti del ficus anche un giovane che ai suoi piedi chiede aiuto ai passanti. Rannicchiato alla destra del tronco, il cappuccio in testa e un bicchiere di plastica in cui raccogliere le elemosine davanti a tre palmette che oltre la recinzione rubano qualche raggio di sole sfuggito alla folta chioma.
L'ESPERTO «Si tratta di sicuro di uno degli alberi più vetusti della città, ma potrebbe trarci in inganno. L'apparenza potrebbe farci pensare a un patriarca millenario, invece non credo abbia più di 150 anni» dice Gianluigi Bacchetta, direttore dell'Orto botanico. «Il fatto è che i ficus hanno uno sviluppo straordinario e questo in particolare è in ottimo stato. In fin dei conti si trova in un angolo, tra il cemento, un'edicola e la strada ma sembra aver trovato il suo ambiente e di certo è sottoposto a una buona manutenzione. Il servizio verde del Comune da questo punto di vista sta eseguendo delle potature molto equilibrate». Eppure, nel primo pomeriggio un pensionato in attesa del taxi nota più di un ramo secco e qualche foglia gialla. «Forse dovrebbero tagliarlo di più e liberarlo dalla spazzatura che sta là sotto» suggerisce indicando un paio di bottiglie e qualche cartaccia buttata sul retro del condominio di legno.
IL GIARDINO DI HAMMA Il ficus sarebbe stato portato fin qui da un giardiniere in arrivo dalla Sicilia. Bacchetta dissente. Anzi, precisa: «In passato chi tornava da un lungo viaggio portava con sé le piante e le essenze tipiche di terre lontane. Tutti i ficus arrivano dall'Oriente e quello di via Roma non fa eccezione. Non posso escludere che prima di arrivare in Sardegna sia stato fatto acclimatare in un orto botanico della Sicilia ma, ancor prima, sarà passato di certo dal giardino di Hamma che si trova ad Algeri. Si tratta di un luogo meraviglioso nel quale venne preso anche il ficus che è stato usato per la prima versione cinematografica del film dedicato alla leggenda di Tarzan».  Anche il grande e vecchio ficus che sta alla fine di via Roma si è ritagliato i suoi momenti di celebrità: testimone silenzioso di quasi due secoli di storia del capoluogo.
Mariella Careddu

 

La Nuova Sardegna

 

6 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 6 giugno 2018 / Sardegna - Pagina 5
Medico ematologo, ha individuato una nuova terapia contro linfomi e leucemie
DA SASSARI A NEW YORK L'ONCOLOGA KILLER DEI TUMORI
Da 30 anni in America vorrebbe aiutare i giovani colleghi sardi nella ricerca

di Silvia Sanna
SASSARI La sveglia ancora tace ma lei ha già occhi spalancati e pensieri che corrono veloci. Sono le 5.30 a New York e Lia Palomba davanti al primo caffè della giornata sta riflettendo sull'ultimo caso da affrontare: un paziente arrivato da Londra in condizioni gravissime, colpito da un linfoma estremamente aggressivo. «Ha 55 anni, la mia età. Altri medici gli hanno detto che non c'è niente da fare». Ma Lia non è abituata ad arrendersi. Anzi, la sua sfida sono le missioni sulla carta impossibili. Alcune le ha già vinte. È stata ribattezzata Dottoressa House quando nel 2009 ha salvato un giovane di Pittsburgh dato per spacciato. L'ha riportato alla vita e restituito alla moglie e alla sua bambina: un miracolo della scienza che le è valso l'elogio sulle pagine del New York Times nel reportage sui «medical detectives», quelli che risolvono i casi impossibili. Ma Lia Palomba non si cura della celebrità e guarda avanti: ogni giorno in laboratorio a studiare nuove terapie, incrociare dati, trasformare ipotesi in fatti. Scavalcare il muro di fronte al quale altri si sono arresi. Lia Palomba è una eccellenza sarda, sassarese, la città da cui è partita più di 30 anni fa: oncologo-ematologo al Memorial Sloan Kettering di New York, associa la ricerca in laboratorio alla cura dei pazienti, due professioni generalmente separate. Grazie alla ricerca la dottoressa Palomba ha individuato una nuova terapia per la cura di linfomi e leucemie di tipo linfatico. È questa l'unica speranza per il 55enne londinese che si è affidato a lei.Dottoressa Palomba, in che cosa consiste la terapia innovativa?«Si basa sulla manipolazione genetica del sistema immunitario autologo, le cellule vengono spedite in laboratorio e geneticamente modificate. A quel punto sono in grado di attaccare il tumore e riescono a sconfiggerlo nel 50 per cento dei casi. È una percentuale alta se consideriamo che la terapia rappresenta l'ultima chance per pazienti che non hanno risposto alle cure tradizionali».Quali malattie si possono curare con questa nuova terapia?«Inizialmente è stata approvata soltanto per la leucemia in età pediatrica, successivamente anche per la leucemia linfatica a cellule B e per i linfomi aggressivi a cellule B, come nel caso della signora siciliana che siamo riusciti a salvare».Una storia a lieto fine, ce la racconti.«Concetta ha 80 anni ed è arrivata in America negli anni Sessanta. Quando è venuta qui non riusciva più a camminare perché il linfoma premeva sulla gamba destra e le aveva paralizzato i movimenti. Aveva già affrontato due terapie convenzionali e una di tipo sperimentale ma il linfoma non era scomparso. Con la nuova terapia invece è andato in remissione e Concetta sta bene». Ci sono stati anche insuccessi?«Si, come nel caso di un ragazzo di Portland, nell'Oregon. Era convinto di morire perché nessuno gli aveva dato speranza. Si è fidato di me, ha fatto la terapia e la malattia è scomparsa. Purtroppo però dopo tre mesi è ritornata. Aveva problemi economici e non poteva più permettersi di stare a New York per affrontare una nuova terapia. Allora è tornato dalla madre, è stato seguito da una équipe medica ma nel frattempo il male era diventato molto aggressivo e lui non ce l'ha fatta».Ha parlato di problemi economici. Questa terapia è disponibile gratuitamente o è carico dei pazienti?«La terapia è costosissima ma è garantita a tutti i cittadini coperti da assicurazione così come prevede il sistema sanitario americano. Obama aveva fatto una riforma eccezionale per estendere il diritto alle cure a milioni di persone, purtroppo con Trump la situazione è peggiorata perché ha deciso di cancellare i sussidi governativi alle assicurazioni sanitarie per i cittadini a basso reddito. Questo significa zero assistenza per 20 milioni di persone».Lei da 30 anni vive e lavora in America, come giudica l'assistenza sanitaria in Italia?«Per quanto riguarda le mie discipline, oncologia ed ematologia, in Italia ci sono centri d'eccellenza e molti luminari. Penso al San Raffaele e all'Humanitas a Milano, ai centri di Aviano, Torino e Bologna per la cura dei linfomi».Quale il giudizio sulla sanità in Sardegna?«Non ho elementi per giudicare perché non ho mai lavorato come medico in Sardegna a parte un breve periodo durante la specializzazione a Sassari: ho conosciuto colleghi e specializzandi bravissimi, la qualità c'era. Ma un aspetto mi ha colpito in maniera negativa, soprattutto se raffrontato alla mia esperienza in America».Si spieghi meglio.«Ho notato che non si lavorava in équipe, c'era una situazione gerarchica che ostacolava il lavoro di squadra. Questo è un difetto, perché il confronto tra colleghi è fondamentale, serve il contributo di tutti nella elaborazione della diagnosi e nella ricerca di nuove cure. L'altro aspetto negativo riguarda l'accoglienza dei pazienti».Si riferisce alle strutture non in buone condizioni?«Mi ha colpito in particolare la poca attenzione verso il paziente che dovrebbe trovare un ambiente positivo. Ho visto sale d'attesa spoglie, in Ematologia a Sassari pazienti che aspettano il risultato dell'emocromo seduti accanto ad altri su sediette di ferro in attesa di fare la chemioterapia. Intorno tanta confusione, gente che entra e che esce. Non è un ambiente pensato per i pazienti. Noi qui stiamo costruendo il nuovo palazzo che ospiterà l'Ematologia: sono stata coinvolta anche nella scelta degli arredi e della tinta alle pareti. Per fare sentire i pazienti a proprio agio non serve tanto: bastano poltroncine, giornali, una macchinetta del caffè, una stanza appartata in cui sfogarsi, piangere di fronte a una brutta notizia, telefonare a un amico».La sua vita e il suo lavoro è a New York, ha mai pensato di tornare in Sardegna?«Tornerei per collaborare, per raccontare quello che ho imparato in 30 anni. Vorrei aiutare i neolaureati e gli specializzandi a ottenere le borse di studio e i fondi per fare ricerca clinica. In Sardegna se ne fa poca, invece il futuro e le speranze dipendono proprio dalla ricerca».
CHI È
Laurea a Pavia poi il volo negli Usa

Maria Lia Palomba è nata a Sassari 55 anni fa. Dopo gli studi al Liceo Classico, ha frequentato per tre anni la facoltà di Medicina e Chirurgia. Poi la decisione di andare via, a Pavia, dove ha conseguito la laurea. «Sassari mi stava un po' stretta», confessa Lia. Quello è stato il punto di non ritorno perché dopo Pavia è arrivata la prima esperienza in America: a Pittsburgh, in Pennsylvania, due anni con una borsa di studio regionale. Lì è avvenuto l'incontro con il futuro marito, Marcel Van den Brink, medico oncologo anche lui, olandese. I due si separano giusto il tempo di finire la specializzazione nei rispettivi Paesi dai quali vanno via perché non trovano prospettive professionali valide. Poi si rincontrano in America, quello che diventerà il loro paese. Prima a Durham nel North Carolina, alla Duke University. Poi nel Massachusetts, a Boston, al New England Medical Center. Infine la specializzazione in Oncologia allo Sloan Kettering di New York. Tra una valigia e l'altra Lia e Marcel si sposano: è autunno, 1993, la chiesa scelta è in campagna a Ottana. Nascono due figli, Alessandro e Lucas., oggi 22 e 16 anni. La Sardegna resta nel cuore, luogo degli affetti più veri, della famiglia, il rifugio in estate durante le vacanze. Ma la vita ormai è là, proiettata verso nuovi traguardi.


7 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 6 giugno 2018 / Sassari - Pagina 30
Undicesima edizione del concorso dedicato agli aspiranti imprenditori
Start Cup, a caccia di innovazione
SASSARI Riparte da Sassari il sogno dei giovani sardi di diventare imprenditori sfruttando ingegno e innovazione. Ieri mattina, nella sede del CubAct, l'incubatore universitario dell'ateneo sassarese, alla presenza del prorettore vicario dell'Università di Sassari, Luca Deidda, il delegato al Trasferimento tecnologico, Gabriele Mulas, e il direttore generale del Banco di Sardegna, Giuseppe Cuccurese, è stata lanciata la undicesima edizione della Start Cup Sardegna, affiancata quest'anno dalla prima Fri Start Cup che coinvolge Francia, Liguria e Toscana. La Start Cup Sardegna è un concorso nazionale ormai collaudato, presente in Sardegna dal 2008, e realizzato grazie alla collaborazione fra gli uffici di Trasferimento Tecnologico delle Università di Sassari e di Cagliari, finanziata con le risorse Por Sardegna 2014-2020 e con il sostegno di Sardegna Ricerche, Banco di Sardegna, Abinsula e Legacoop Sardegna.Una fucina di idee imprenditoriali che in questi primi dieci anni ha messo alla prova dei fatti 290 idee di business, mille partecipanti, 85 business plan finali, 48mila euro di premi e ha fatto nascere venti nuove imprese che sono riuscite a conquistare i mercati e ora viaggiano sfornando progetti, fatturato e buste paga. Un successo che ha convinto gli organizzatori a raddoppiare. Da quest'anno Start Cup Sardegna non è più sola, ma ha una competizione gemella: è Fri Start Cup, business plan competition trasnfrontaliera, che intende creare una rete di incubatori d'impresa europei certificati e favorire la creazione di imprese nei settori nautica e cantieristica, turismo innovativo e sostenibile, biotecnologie marine e ambientali, energie rinnovabili. A entrambe le manifestazioni si può partecipare iscrivendosi entro il 16 luglio. Dopo di che le idee entreranno nelle varie fasi di valutazione e le migliori, oltre a vincere dei premi, saranno accompagnate sulla strada della pratica e dello sviluppo. I vincitori della Start Cup Sardegna parteciperanno al Premio Nazionale per l'Innovazione che si svolgerà a fine novembre a Verona. Nel frattempo per agevolare gli imprenditori in pectore ad avvicinarsi a Start Cup Sardegna, chi è interessato a presentare progetti si può avvalere del roadshow partito oggi da Sassari con il camper del Banco di Sardegna, che farà tappa il 12 giugno all'Università di Cagliari, il 19 giugno a Nuoro, il 26 giugno a Oristano e il 3 luglio Olbia.
Vincenzo Garofalo


8 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 6 giugno 2018 / Sassari - Pagina 30
L'Aou fa gli straordinari per tenere aperto il centro trasfusionale
SASSARI Una disposizione che consente di garantire l'attività in orario straordinario del personale del Centro trasfusionale di via Monte Grappa quindi, grazie alla convenzione con l'Avis del maggio 2016, sarà garantito il supporto per la raccolta di sacche di sangue dei donatori.È quanto attivato dalla direzione aziendale dell'Aou di Sassari per far fronte a una temporanea carenza di personale medico, a seguito di quiescenza di due dirigenti del centro al secondo piano del palazzo rosa. Garantita quindi la continuità assistenziale di un servizio importante e strategico per l'attività chirurgica e l'assistenza territoriale. E, se in un primo momento era stata paventata la sospensione temporanea dell'attività ambulatoriale trasfusionale e infusionale per esterni, così non è stato, perché in tempi brevi la direzione ha trovato una prima soluzione.«Si perché nel frattempo abbiamo avviato le procedure per la selezione di due medici da inserire nel centro trasfusionale - fa sapere il direttore sanitario Nicolò Orrù - mentre sono alle fasi conclusive le procedure per la selezione del neo direttore della struttura. Sono stati nominati i componenti della commissione esaminatrice e, a breve, si conosceranno le date dell'esame». Sino all'espletamento delle procedure concorsuali, il personale è autorizzato a lavorare in orario straordinario, con il supporto dei volontari Avis, garantendo così le prestazioni.

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