Domenica 13 maggio 2018

13 maggio 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 13 maggio 2018 / Fondi Investimento (Pagina 23 - Edizione CA)
IN AGENDA
INCONTRO SULLA BLOCKCHAIN

Sarà Cagliari a ospitare martedì prossimo l'incontro pubblico del progetto “SardCoin - Tecnologie blockchain a supporto del turismo in Sardegna”, finanziato da Sardegna Ricerche e condotto dal Dipartimento di Matematica e Informatica dell'Università di Cagliari con il coinvolgimento di tredici imprese del territorio. L'appuntamento è previsto alle 9,30 nel Teatro anatomico dell'Università di Cagliari, in via Ospedale 140. L'incontro sarà l'occasione anche per un primo confronto tra lo staff tecnico guidato dal responsabile scientifico Michele Marchesi, le tredici imprese coinvolte e le altre potenzialmente interessate a partecipare.

 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 13 maggio 2018 / Cronaca di Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
Ateneo, associazione palestinese:
«Non siamo antisemiti»

Nei giorni scorsi il “Memoriale sardo della Shoa” aveva scritto una lettera alla rettrice Maria Del Zompo per protestare contro l'Israeli Apartheid Week, bollata come manifestazione antisemita.
Puntuale è arrivata la risposta di Sardegna-Palestina, l'associazione organizzatrice. «Provate a criticare Israele, anzi, provate anche solo a dubitare della sua politica nei confronti dei palestinesi, subito vi comparirà in fronte l'etichetta di “antisemiti”. Ogni volta è antisemitismo, ogni volta è tana libera tutti. Libero Israele, l'unico Stato al mondo la cui condotta è incontestabile, ogni crimine è consentito, a dispetto delle innumerevoli risoluzioni Onu (non di Sardegna Palestina); liberi gli antisemiti veri, quelli che possono scorrazzare liberamente e arrivare anche a stringere la mano agli stessi leader israeliani. Siamo assolutamente concordi sul fatto che la memoria della shoah sia poco storicizzata, l'orrore dei campi di concentramento è infatti troppo spesso ridotto a strumento ideologico e di giustificazione per quello che Israele fa in Palestina».
Il Memoriale sardo della Shoa sostiene che il boicottaggio accademico è una delle armi più virulente dell'antisemitismo moderno. «Le università israeliane sono bersaglio della campagna di Bds (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni)», risponde Sardegna-Palestina, «proprio in quanto parte di un sistema totalitario in cui scompare il confine tra società civile ed esercito, tra potere politico e militare. Lo ribadiamo ora: l'antisionismo è la forma più avanzata di lotta al nazismo, al fascismo e a qualsiasi forma di antisemitismo, perché si oppone all'idea concreta che un individuo o un popolo possano essere perseguiti e annientati per il proprio essere ebrei o palestinesi».

 

3 - L’UNIONE SARDA di domenica 13 maggio 2018 / Cultura (Pagina 63 - Edizione CA)
STAND SARDEGNA/2. Oggi protagoniste Manduchi e Marchi Antonio Gramsci e i popoli arabi
Giornata calda oggi al Salone e anche nello stand isolano. Tra i tanti eventi da segnalare alle 11 “Gramsci nel mondo arabo”, per Mulino edizioni. Il libro, redatto dalle curatrici Patrizia Manduchi e Alessandra Marchi, è presentato all'interno dello stand della Regione Sardegna ma fa parte di una apposita sezione del Lingotto, “Anime Arabe”, dedicato appunto al mondo arabo.
Il libro è strutturato in due sezioni dove sono raccolte le traduzione dall'arabo (tranne tre che arrivano dall'inglese e dal francese) di testi di autori arabi che hanno scritto su Antonio Gramsci o che comunque hanno preso spunto dal grande intellettuale sardo. Nella prima sezione sono raccolti gli scritti tratti dal convegno tenuto al Cairo nel 1990 dedicato a Gramsci e alla società civile. Mentre nella seconda, si trovano gli estratti degli autori più giovani, quelli che hanno scritto dal 2000 in poi. Studi che dimostrano come Gramsci sia seguito e studiato anche dalla cultura araba e non solo. Gramsci Lab che fa capo all'Università di Cagliari (dove è docente appunto Patrizia Manduchi) sta realizzando la mappatura degli studi gramsciani nel mondo soprattutto nei paesi dove potrebbe essere meno scontata la diffusione profonda del pensiero dell'intelletuale come l'Asia, l' Africa sahariana e il sud America. Un lavoro meritevole che stamane trova la ribalta al Salone.

 

4 - L’UNIONE SARDA di domenica 13 maggio 2018 / Provincia di Oristano (Pagina 47 - Edizione CA)
STUDENTI. Lilliu: «Prefettura assente alle premiazioni»
Concorso sull'amianto, i vincitori

Era assente la Prefettura nella giornata mondiale dedicata alle vittime dell'amianto. Lo ha denunciato Giampaolo Lilliu, presidente dell'associazioni ex esposti amianto, nel corso delle premiazioni del concorso “Amianto e scuole 2018”. Un momento di confronto fra la memoria storica dei lavoratori e le nuove generazioni sui problemi dell'amianto che continua a mietere vittime. Al concorso hanno preso parte centinaia di studenti a conferma che i temi dell'ambiente e della salute non vengono sottovalutati dai giovani. Questi i vincitori per la sezione università: Antonella Scintu, il gruppo di lavoro formato da Emanuela Demontis, Bonaria Deriu e Annalisa Sanna. Istituti superiori: classe 4 M (“Mossa”), Gaia Scanu (“Croce”), Giada Scanu (“Croce”). Scuole medie: Camilla Teresa Uccheddu (Comprensivo via Marconi), terza classe (via Bellini), Francesca Grazioli (Deledda). Premio sezione grafica al Centro giovani di Oristano. Targa speciale all'Istituto artistico “Contini”.
Nel giardino del Mossa è stato messo a dimora un albero che rappresenta il premio nazionale “Vivaio Eternot” assegnato da Casale Monferrato al Giampaolo Lilliu. Il presidente ex esposti lo ha donato al sindaco Andrea Lutzu per l'impegno di Oristano nella lotta contro l'amianto.
Elia Sanna

 

5 - L’UNIONE SARDA di domenica 13 maggio 2018 / Agenda Cagliari (Pagina 29 - Edizione CA)
CONFERENZA SUGLI INSETTI
“Insetti? Non solo molesti, ma anche utili”. È il tema della conferenza che Ignazio Floris, docente di Entomologia dell'Università di Sassari, terrà domani alle 20 nell'Ateneo, in via Università 32.

 

6 - L’UNIONE SARDA di domenica 13 maggio 2018 / Commenti (Pagina 59 - Edizione CA)
SCUOLE E CETI SOCIALI
Mario e Giovanna (nomi di fantasia) sono due fratelli di Cagliari. Figli di una casalinga e di un artigiano. Mario ha frequentato l'Istituto Tecnico “Marconi” di Cagliari laureandosi poi in scienze dell'informazione all'Università di Pisa e successivamente (seconda laurea) in ingegneria informatica. Giovanna ha frequentato il Liceo “Dettori” di Cagliari per laurearsi poi in lettere moderne sempre nel capoluogo sardo (ha fatto poi un master alla Sapienza di Roma). I due ragazzi si sono sempre mantenuti con le borse di studio per meriti. Il giornalista Michele Serra che ha scritto che i figli dei poveri frequentano scuole di serie B ha perso una grande occasione per stare zitto, perché oltre ad essere razzista ha dimostrato di essere disinformato e lontano da ogni ragionevole realtà. Luciano Cocco, Cagliari

Caro Luciano, l'articolo di “Repubblica” al quale Lei fa riferimento affrontava in realtà il tema del bullismo. La tesi - ferocemente criticata anche a sinistra - è che il fenomeno prolifera soprattutto nelle scuole meno prestigiose, frequentate perciò dai ragazzi di famiglie meno abbienti. Come ho già avuto modo di dire a suo tempo a chiunque capita di prendere cantonate, soprattutto quando si vuole generalizzare o - peggio- voler essere anticonformisti a tutti i costi. L'esempio da Lei citato è solo uno dei tanti: ci sono ottimi studenti ma anche bulletti in tutte le scuole, a prescindere dal ceto sociale. Perché l'educazione, in primo luogo, è quella che si riceve in famiglia.

 

7 - L’UNIONE SARDA di domenica 13 maggio 2018 / Cultura (Pagina 62 - Edizione CA)
Santadi, tempio nuragico scoperto 50 anni fa
Su Benatzu, grotta di tesori e di veleni 

Quando Jacques Balmat decise di scalare l'inviolata cima del Monte Bianco si fece indicare da un pastore valdostano, Jean Laurent Jordaney, il percorso migliore per tentare la salita. L'impresa venne coronata dal successo l'8 agosto del 1786, Balmat si assicurò un posto nella storia dell'alpinismo e ricevette un premio di tre ghinee. Il pastore gioì per l'impresa e non ebbe nulla da ridire sui meriti degli scalatori. Né osò farsi avanti per pretendere la ricompensa. Altri tempi, altra gente. In terra sarda è andata diversamente. Accadeva giusto cinquant'anni fa: alcuni speleologi che si trovavano a Su Benatzu, un pugno di case nei dintorni di Santadi, vennero informati da una persona del posto che, poco distante, c'era una caverna dove, a memoria d'uomo, non era mai entrato nessuno. Era un invito a nozze. I giovani raggiunsero la grotta, superarono il cumulo di pietre che delimitava l'ingresso e iniziarono l'esplorazione. Poi si divisero e tre di loro raggiunsero una sala dove il pavimento era ricoperto di cenere e, illuminate dalla luce incerta delle lampade ad acetilene, apparvero cumuli di anfore. Era il 24 giugno del 1968. Gli speleologi avevano trovato un tempio nuragico ancora intatto. Accanto a una colonna stalagmitica che fungeva da altare e a un focolare sacro erano disseminati 109 oggetti di bronzo, rame e tre pezzetti d'oro, poi 1500 vasi di ogni forma e dimensione. I nomi dei tre (Sergio Puddu, Franco Todde e Antonio Assorgia) apparvero sui giornali e nessuno si fece avanti per contestare la paternità dell'impresa. Ma più tardi, quando venne assegnato il premio previsto per gli scopritori, a intascare i soldi fu l'uomo che aveva indicato la grotta, non gli speleologi.
MISTERO La vicenda del tempio ipogeo di Su Benatzu è una storia che si dipana in numerosi filoni. C'è il mistero di una grotta che, abitata dall'uomo per lunghissimo tempo, venne improvvisamente abbandonata tremila anni fa. Accadeva tra i secoli VIII e VII avanti Cristo, quando la civiltà nuragica, giunta al massimo splendore, si confrontava alla pari con le culture più progredite del mondo egeo. Erano i tempi in cui i commercianti fenici che si erano insediati sulla costa e commerciavano pacificamente con le popolazioni dell'interno venivano scalzati dai cugini cartaginesi che avanzavano con la forza persuasiva delle armi. I soldati di Cartagine si insediarono nel territorio di Santadi e costruirono una fortezza a Pani Loriga, appena tre chilometri dal tempio ipogeo di Su Benatzu. Il frettoloso abbandono del santuario è in qualche modo legato a queste vicende?
LITE ACCADEMICA La scoperta della grotta aveva aperto una finestra temporale che avrebbe consentito di raccogliere preziose informazioni ma quel varco venne subito chiuso. Venne murato per i contrasti sul possesso dei reperti sorto tra due cattedratici: Carlo Maxia, docente di Antropologia all'Università di Cagliari, e Ferruccio Barreca, titolare della cattedra di Archeologia fenicio-punica nello stesso ateneo e da pochi mesi nominato Soprintendente reggente ai Beni archeologici. La battaglia si concluse a Roma e a vincerla fu Barreca ma, per restare sul tema, fu una vittoria di Pirro. Perché i danni furono gravissimi: in attesa del verdetto bronzi e ceramiche erano stati rimossi in tutta fretta, senza che venisse effettuata neppure una ricognizione sommaria. Era stata persa un'occasione unica e irripetibile per fare luce su uno dei periodi più importanti della preistoria sarda.
SPELEOLOGI BEFFATI C'è poi una seconda storia, ed è altrettanto amara. Il fatto che siano stati gli speleologi a fare l'eccezionale scoperta non è mai stato messo in dubbio. I giovani, però, commisero l'errore di informare immediatamente non le “autorità competenti” ma il professor Maxia col quale già collaboravano. Applicando alla lettera le norme di legge sulle scoperte archeologiche, il professor Barreca li escluse da ogni beneficio. E in quel varco si inserì l'uomo che aveva indicato la grotta agli speleologi, Ezio Littarru, il quale inviò una lettera alla Soprintendenza autoproclamandosi scopritore del tempio nuragico. Il sindaco e l'assessore anziano confermarono il suo racconto; lo stesso soprintendente Barreca, che per due volte in precedenza aveva attribuito il merito agli speleologi, la terza volta cambiò idea e, accettando la versione santadese, consentì a Littarru di incassare il premio di dodici milioni di lire. L'equivalente di 54 mila euro attuali.
ACCUSE INFONDATE Un altro filone riguarda le accuse rivolte agli scopritori (quelli veri) del tempio nuragico. Dapprima erano malignità da bar («se hanno consegnato tutta quella roba, chissà quanto si sono messi in tasca»). Presero corpo quando il soprintendente Barreca sostenne che tutti i danni erano stati provocati da persone digiune di archeologia che avevano rimosso “tutto il materiale” prima del suo intervento. Era un addebito pesante rivolto a quanti (tra questi anche gli speleologi) avevano collaborato col professor Maxia. Ma i fatti erano andati diversamente: l'antropologo aveva prelevato 275 reperti raccogliendoli in superficie mentre gli operai inviati da Barreca avevano raccolto 1.243 pezzi e, per portare via ogni cosa, avevano spaccato anche le colate stalagmitiche. Ma le parole di un'autorità hanno sempre maggior peso e, da allora, la vulgata corrente (accolta anche da studiosi di chiara fama) dice che il santuario ipogeo venne saccheggiato e devastato dagli speleologi.
GROTTA-SANTUARIO A Santadi, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della scoperta, si riparlerà della grotta-santuario di Su Benatzu e sarà possibile prendere conoscenza di nuove immagini del tempio e dei documenti conservati negli archivi della stessa Soprintendenza. Forse, dal letame nasceranno fiori.
Angelo Pani

La Nuova Sardegna

 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 13 maggio 2018 / Sardegna - Pagina 6
SASSARI, SI PUO' FARE: PAROLA DI VESCOVO E RETTORE
di Daniela Scano
Si può fare. Gian Franco Saba e Massimo Carpinelli, non proprio due passanti, hanno lanciato un messaggio incoraggiante e ottimista intervenendo in un importante confronto a quattro voci organizzato dalla Nuova Sardegna per parlare delle prospettive di Sassari e del nord dell'isola. Si può fare, hanno detto l'arcivescovo e il rettore dell'Università, intendendo «si può fare sistema, si può fare squadra, si può fare futuro» per rilanciare questa città e questo territorio. Affinché questo progetto sia realizzabile devono concorrere tutti gli attori sulla scena sociale, ciascuno mettendo a disposizione le proprie competenze.E che si debba fare, non necessariamente restando nella stessa barca, hanno convenuto gli altri due ospiti: il sindaco Nicola Sanna e l'ex senatore dem Silvio Lai. I due sono protagonisti della vita politica, hanno condiviso un lungo tratto di strada nel Partito democratico e da molto tempo sono impegnati in un antagonismo difficilmente risolvibile con il dialogo, come si è capito anche dal confronto, pur civile e pacato nei toni, dell'altro pomeriggio. Ma questo, se ancora non è chiaro, alla gente interessa poco o nulla. Il destino personale dei singoli, i giochi di partito, i sudoku delle poltrone valgono zero nella gerarchia degli interessi di un elettorato che ha già dimostrato di avere superato la soglia del non ritorno a un passato dai contorni sbiaditi che solo qualcuno continua a considerare presente. Il tempo è scaduto.Si può fare? Questa è la domanda alla quale devono rispondere i politici e gli aspiranti amministratori di questo nord Sardegna devastato dai problemi della disoccupazione, della crisi industriale, di un turismo che non riesce a decollare, dei trasporti che non marciano, di una sanità che registra il record della intramoenia. Cosa si può fare, come lo si deve fare e con quali tempi certi è esattamente il tema della futura campagna elettorale. Esasperati dai personalismi e dai bizantinismi di una politica che continua a guardarsi l'ombelico, i sassaresi aspettano che qualcuno dia risposte chiare ai problemi che affrontano. Gliele darà un centro sinistra che dopo la batosta elettorale ha ripreso, come se niente fosse, a occuparsi di poltronifici? Oppure risponderà alla chiamata un centro destra che, a livello locale, è da molto tempo uscito dai radar della scena politica. O infine un M5S che baldanzosamente pensa di "vincere facile", ma che deve velocemente riscrivere l'agenda delle cose da fare. Perché anche il contesto nazionale insegna che vincere, da solo, non basta per governare. Si può fare, dunque? Certo, ma solo se si smette di litigare, se ci si sveste dei panni logori della politichetta da cortile per indossare quelli dignitosi della politica capace di sedersi intorno a un tavolo e di confrontarsi nell'interesse di tutti. Che poi è l'interesse della collettività, non il proprio. Per raggiungere il traguardo della rinascita ci vogliono coraggio, lungimiranza, passione civile, amore per la propria terra, senso di responsabilità. E qualche personalità capace di trasformare i sogni in realtà. Si può fare? Si deve fare.

Questionario e social

Condividi su:
Impostazioni cookie