Sabato 28 aprile 2018

28 aprile 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di sabato 28 aprile 2018 / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Le accuse di Scanu: «Basta congiure sull'ospedale della Gallura» Mater Olbia, avanti tutta
ARRU: NON AFFOSSO CAGLIARI

La Gallura, compatta, rilancia: il “Mater Olbia” è il nostro ospedale, Governo e Regione mantengano gli impegni. «Basta con le congiure», ha tuonato l'ex deputato Gian Piero Scanu dal Consiglio comunale straordinario, ieri sera nella città gallurese. Intanto, l'assessore regionale alla Sanità replica alle accuse di Gian Benedetto Melis. «Non è stata affossata la sanità cagliaritana per far posto al Mater Olbia», rilancia Luigi Arru.   P. PAOLINI, BUSIA ALLE PAGINE 2, 3

Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
ARRU: «NON AFFOSSO L'AOU DI CAGLIARI»
di Paolo Paolini, ppaolini@unionesarda.it
«Stimo il professor Gian Benedetto Melis, l'ho contattato spesso perché lo ritengo un professionista di valore. Dice di non aver affrontato con me i problemi della sanità? Pace, un'amnesia può averla chiunque». Per ventiquattr'ore l'assessore regionale alla Sanità Luigi Arru ha compulsato l'intervista al direttore del dipartimento materno-infantile dell'azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari. Poi ha deciso di ribattere punto per punto: «È doveroso fare chiarezza».
«C'è un disegno per affossare Cagliari e far posto al Mater Olbia», ha sostenuto il ginecologo. Dietro, ha ipotizzato, c'è (anche) la manona dell'assessore. «Le dichiarazioni del docente universitario sono un pot-pourri che genera solo confusione».
Il Mater Olbia avrà un reparto di ginecologia oncologica?
«Sì».
Depotenzierà il policlinico di Monserrato.
«Il decreto ministeriale 70 è preciso nelle attribuzioni: l'Aou di Monserrato è di primo livello, non c'è alcuna intenzione di sminuirla».
Melis afferma che la clinica ginecologica ha i requisiti per il secondo livello, quindi chiede una deroga.
«Non esistono deroghe per singoli reparti. Ha una Ginecologia di altissimo livello ed è stato riconosciuto».
L'avete inserita nella rete oncologica?
«Ovviamente sì, stesso discorso per la clinica universitaria di Sassari, forse è sfuggito al professor Melis».
Il Mater Olbia sarà solo l'anticamera del policlinico Gemelli di Roma?
«Potrà avvenire solo se non ci sarà controllo. Stiamo cercando di risolvere il problema di un ospedale lasciato a metà. C'è un investitore, ci sono finanziamenti da utilizzare con la massima trasparenza. Ha un tetto di spesa, non può togliere niente agli altri. Se tutto andrà come abbiamo previsto, sarà un centro di ricerca che aiuterà a ridurre il numero di viaggi della speranza».
Melis la accusa di non aver neppure varato il registro tumori.
«È falso. Lo abbiamo istituito con il via libera del garante per la privacy. Nuoro e Sassari lo avevano già, in passato sono stati dati 200 mila euro all'università di Cagliari per crearlo ma non si sa cos'abbiano prodotto».
Perché la rete ospedaliera è bloccata al ministero della Sanità?
«Non è ferma, la direzione generale sta facendo una serie di valutazioni. Stiamo spiegando ai dirigenti perché contiene numerose deroghe».
Cosa pensa delle modifiche apportate dal Consiglio regionale?
«Rispetto la volontà espressa dal Consiglio. La riforma che avevo auspicato poteva essere più marcata per recuperare il tempo perduto: non c'è una seria programmazione da oltre vent'anni».
L'Aula dovrà rivotare eventuali novità.
«Non è detto».
Quanto è alto il rischio che salti tutto?
«Non credo che possa accadere perché abbiamo rispettato le norme di legge».
Il Consiglio ha riaperto alcuni punti nascita che lei voleva chiudere.
«Sono d'accordo col professor Melis: dobbiamo garantire la sicurezza».
Quindi?
«Le donne hanno il diritto a partorire in centri sicuri».
La Maddalena chiuderà?
«Nessuna pregiudiziale, tanto meno motivazioni politiche, però dobbiamo rientrare negli standard di sicurezza. Chi è sotto i cinquecento parti l'anno si dovrà adeguare».
Nuovi ospedali?
«È possibile realizzarli a Cagliari, Alghero e nel Sulcis. Stiamo studiando la fattibilità di nuove sedi: costruirle costerebbe meno che mettere a posto quelle esistenti».
Il sindaco di Cagliari e una fetta del centrosinistra chiedono che il San Giovanni di Dio resti in funzione.
«Potrebbe essere un ospedale di giorno per tutelare i residenti nella zona. Le idee si chiariranno durante il confronto che stiamo per avviare con Zedda».
Il Marino?
«Sono convinto che debba essere trasformato in un centro di riabilitazione per lungodegenti».
Franco Meloni, ex manager del Brotzu ed esponente dei Riformatori, dice che nell'ospedale spicca il vecchiume tecnologico.
«Osservazione legittima, anche se il problema esisteva anche con la precedente maggioranza di centrodestra. Stiamo provvedendo: c'è un piano per ammodernarlo tecnologicamente».
Il Brotzu non è più l'ammiraglia della sanità sarda.
«È stato confermato il secondo livello. È un'Azienda che comprende anche il Microcitemico e l'Oncologico».
L'Ats finora non ha prodotto alcun risparmio.
«Invece sì».
Quanto?
«Settanta milioni, più o meno».
Pentito dell'Azienda unica?
«No, adesso raccoglieremo i frutti dell'operazione monstre che abbiamo condotto in porto».
Viste le polemiche che l'hanno accompagnata, rifarebbe la nomina di Moirano?
«Sì, abbiamo scelto sul merito».
La sede a Sassari?
«Un segnale politico forte di decentralizzazione da Cagliari».
Si insegue l'efficienza con una scelta esclusivamente politica?
«Certo, il grosso delle attività è a Cagliari, e lì resterà».
Il presidente provinciale dell'ordine dei medici vede una manovra per spostare il potere verso nord.
«La Sardegna ha due nuclei, Cagliari e Sassari. Vogliamo sviluppare un'idea di unità regionale, quale potere».
Avete detto che la sanità ha un disavanzo di 400 milioni. Di quanto vorreste ridurlo?
«Di trecento. Cento milioni sono la somma di spese incomprimibili con questo modello organizzativo».
Assunzioni, nomine: nella sanità la politica conta troppo.
«Meno di un tempo. Abbiamo ridotto il numero di posti disponibili, alcuni non l'hanno presa bene».
Il peso della massoneria?
«Non lo so perché non sono massone».
Però da assessore ha ben chiari i poteri in campo.
«L'importante è che l'appartenenza non condizioni il merito. Ho la coscienza a posto».
La rete territoriale è in alto mare?
«La proposta è stata fatta nel 2015. È in corso il confronto con i medici di famiglia e gli altri soggetti coinvolti. È un processo culturale non breve».
L'emergenza-urgenza?
«Già partito il processo di formazione del personale dell'elisoccorso. A fine giugno saremo operativi».
Cosa risponde a chi le dice che la riforma provoca più tagli che qualità?
«Mi dispiace che qualcuno lo pensi. In realtà c'è il taglio di cose inappropriate e più qualità. Non vogliamo fare macelleria sociale, siamo preoccupati di offrire il massimo ai pazienti».
Mater Olbia, Korian: è partito l'assalto da oltre Tirreno alle cliniche private?
«Viviamo in un mondo globale, giusto confrontarsi con esperienze diverse. Non c'è un problema etnico, porte aperte agli ottimi investitori».

 

2 - L’UNIONE SARDA di sabato 28 aprile 2018 / Cronaca di Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
Chernobyl, 32 anni dopo:
«La Bielorussia ringrazia i sardi»

Sono passati 32 anni dal giorno in cui la centrale nucleare di Chernobyl fu distrutta. Un'esplosione immane, paragonabile a quella di più di cento delle bombe lanciate su Hiroshima e Nagasaki. Il disastro avvenne in territorio ucraino ma a sopportare le conseguenze peggiori fu la Bielorussia, distante appena sedici chilometri dal luogo del disastro: i venti che soffiavano in quelle ore portarono nel territorio nel paese più del settanta per cento del materiale fuoriuscito dal reattore.
Una tragedia dalla quale è nato un grande rapporto tra la Sardegna e la Bielorussia: grazie alle associazioni di volontariato sarde, alle istituzioni, decine di migliaia di famiglie sarde sono state protagoniste di uno straordinario movimento di solidarietà che ha visto in questi anni oltre 30.000 bambini bielorussi ospitati nell'Isola nell'ambito dei programmi di accoglienza temporanea che continuano ancora oggi, con gli arrivi di giugno, luglio, agosto e dicembre.
Da quella tragedia è nata una vera diplomazia popolare dal basso che ha creato legami solidi e duraturi, oggi la Sardegna è una delle regioni italiane protagoniste della cooperazione con la Bielorussia.
«A nome delle istituzioni e del popolo bielorusso - scrive il console onorario Giuseppe Carboni -, voglio ringraziare le famiglie e le associazioni di volontariato sarde per l'impegno concreto a favore dell'infanzia bielorussa e l'apprezzamento per il sostegno che la Regione autonoma della Sardegna, le amministrazioni comunali, le università sarde garantiscono, affinché, questa solidarietà continui e si sviluppi. Il popolo bielorusso non dimenticherà mai coloro che nel momento della disgrazia hanno teso la propria mano per sostenere e aiutare».

 

3 - L’UNIONE SARDA di sabato 28 aprile 2018 / Cultura (Pagina 51 - Edizione CA)
CONVEGNO. Lunedì a Cagliari
Accademia di storia dell'arte sanitaria

“Problematiche nell'alimentazione in Sardegna. Archeologia, storia, arte, medicina, antropologia”. È il titolo del convegno che, organizzato dal Centro sardo dell'Accademia di storia dell'arte sanitaria diretto da Maria Francesca Vardeu, si terrà lunedì 30 aprile nella chiesa di Santa Chiara a Cagliari. Due le sessioni: una mattutina (9-13), l'altra pomeridiana (15-18). Parteciperanno docenti delle Università di Cagliari e Sassari, di Alicante e del South Florida, antropologi, medici, archivisti, storici dell'arte, archeologi e paleomicrobiologi. Contribuiranno inoltre ad approfondire l'argomento - si partirà dalla protostoria per ragionare anche del futuro dell'alimentazione - cultori di storia della medicina, funzionari del Ministero dell'Agricoltura e del Ministero dei Beni culturali che patrocina l'evento con la Società italiana storia della medicina, l'Ordine dei medici della provincia di Cagliari e l'Associazione italiana celiachia. Collaborano Polo museale e società Sant'Anna. (m. a.)

 

La Nuova Sardegna

4 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 28 aprile 2018 / Atlanti - Pagina 14
SOFTWARE DOMOMEA
Il tablet-fisioterapista per fare riabilitazione nel salotto di casa

di Stefano Ambu
La tecnologia al servizio di chi sta cercando di superare difficoltà e problemi legati all'ictus cerebrale. La riabilitazione si fa normalmente nei centri specializzati. Ce ne sono di ottimo livello, ma, per ovvie ragioni non possono essere dappertutto. E spesso possono essere lontani da casa. Con tutti i disagi legati al continuo andirivieni e alla necessità di coinvolgere familiari o altre persone per il trasporto nella sede dove si fanno le terapie. E allora Sardegna Ricerche e Università di Cagliari e Sassari stanno lavorando a un'altra soluzione. Riabilitazione sì, ma da casa. In una parola tele-riabilitazione. Il progetto si chiama DoMoMEA.Le idee sono molto chiare. Innanzitutto sull'uso degli strumenti. Il sistema a cui stanno lavorando i ricercatori sfrutta sensori inerziali, depth-camera e ausili sensorizzati per l'analisi quantitativa del movimento del soggetto durante l'esercizio riabilitativo, fornendogli feedback di vario tipo (visivi, uditivi e vibrotattili). Il paziente è coinvolto nella sua riabilitazione grazie a interfacce semplici su tv o tablet mediante l'approccio dell'exergaming (esercizi mediante il gioco) per una maggiore partecipazione e una riduzione degli abbandoni. Gli esercizi comprenderanno componenti di recupero articolare, recupero stenico, della coordinazione, di inibizione della spasticità (se presente), mirando al miglior ricondizionamento neuromotorio possibile sulla base delle abilità recuperabili. DoMoMEA - si legge nella scheda del progetto - propone lo sviluppo di un sistema di tele-riabilitazione domiciliare di tipo store-and-forward (per garantire la massima fruibilità delle risorse in rete - ndr) con l'opzione di un telemonitoraggio in tempo reale. Il sistema utilizzerà dispositivi elettronici avanzati (indossabili e non) comunque sempre facili da usare. Saranno affidati ai pazienti, da tenere presso il proprio domicilio. La loro caratteristica principale sarà quella di poter comunicare con l'infrastruttura software di telemedicina sviluppata. E permettere l'esecuzione e il monitoraggio quantitativo di esercizi funzionali mirando al miglior ricondizionamento neuromotorio possibile sulla base delle abilità recuperabili. Al lavoro un team nato dalla collaborazione (formalizzata in Ati) fra i due atenei sardi, al quale aderiscono anche numerose aziende del settore. Il progetto è finanziato da Sardegna Ricerche. Un'idea nata, studiata e pensata anche per le caratteristiche del territorio sardo, caratterizzato da una bassa densità di popolazione su un'area molto vasta.«Il sistema proposto da DoMoMEA è in grado di superare i limiti della riabilitazione tradizionale - spiega in una nota dell'Universitá di Cagliari Danilo Pani, ricercatore del Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica - perché risolve le difficoltà logistiche rendendo il sistema accessibile a tutti, persino in realtà rurali e poco servite dai tradizionali sistemi di riabilitazione, e permette di abbattere i costi, garantendo al contempo un uso efficiente delle risorse sanitarie. Le stesse tecnologie e metodologie sviluppate possono essere facilmente re-impiegate in altri contesti di tele-riabilitazione, ampliandone significativamente orizzonti e prospettive». DoMoMEA è uno dei 35 progetti collaborativi promossi da Sardegna Ricerche attraverso il Programma "Azioni cluster top-down" ed è finanziato grazie al Por Fesr Sardegna 2014-2020.

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