Domenica 15 aprile 2018

15 aprile 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 15 aprile 2018 / Agenda Cagliari (Pagina 26 - Edizione CA)
VISITA ALL'ORTO BOTANICO
Apertura straordinaria dell'Orto botanico, questa mattina a partire dalle 10, in occasione della manifestazione “Passeggiate della bellezza”.

 

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 15 aprile 2018 / Cronaca di Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
VIALE SANT'IGNAZIO. Liceali e universitari raccontano i riti della moda importata dalla Spagna
La notte dei ragazzi del botellón
«Beviamo, balliamo e ci divertiamo ma non siamo dei teppisti»

Finalmente un botellón “civile”. Che per la prima volta non è degenerato nel solito mare di rifiuti e danni agli arredi urbani. In viale Sant'Ignazio, teatro dell'ultimo evento, ieri mattina la situazione era quasi normale: poca immondizia e nessun segno tangibile della festa all'aperto della notte prima a cui hanno preso parte liceali, universitari, Erasmus e giovani lavoratori.
IL BOTELLÓN È l'ultima moda importata dalla Spagna. Si viene a conoscenza del botellón su Facebook o con il passaparola. La sera, finiti gli studi o il lavoro, si compra una bottiglia di birra o di vino e con gli amici si va nella piazza prescelta. Non ci sono regole, nessun abito particolare né invito. Nella notte tra venerdì e sabato la location era perfetta, il numero dei ragazzi non superava le 200 persone, età media tra i 19 e i 26 anni. Drink e impianto per la musica, un furgoncino per la vendita di panini. Poi tutti a ballare sino all'alba. E la mattina seguente via a ripulire da bicchieri di plastica e bottiglie in vetro.
VANDALISMO A volte però non succede. E la memoria torna al 27 gennaio, quando il bastione di Saint Remy venne lasciato in condizioni indecenti. «È il senso civico che non funziona, non abbiamo tutti la stessa educazione e non tutti si possono controllare - dice Carlo Delitala, 26 anni -. Il fine è positivo, un modo per trovarsi, divertirsi e spendere poco». E proprio perché non tutti si possono controllare, una regolamentazione andrebbe fatta per evitare vandalismo, frastuono e disordine. Il botellón assomiglia a una serata in un locale o in discoteca ma non ha regole. Non ci sono limiti numerici, né chi controlla che le cose vadano nel verso giusto.
I RAGAZZI «Questo è un evento diverso dagli altri, ci piace fare le cose semplici. Non siamo vandali ma dei ragazzi che si divertono» sostiene Alessandro Murgia, 19 anni di Villacidro. «Stasera ci siamo arrangiati con tre euro a testa per passare una bella serata - aggiunge Nicola Piredda, 21 anni -, non mi piace andare in discoteca e questa è un ottima alternativa. Il problema qui in viale fra Ignazio non è il rumore ma l'immondezza e gli eventuali disordini». E se il botellón attira troppe persone? «Si potrebbe chiedere il permesso in Questura come per le manifestazioni studentesche».
LE REGOLE Ma tra i gruppi universitari c'è chi, oltre a promuovere i botellón, diffonde anche il rispetto delle regole e della comune convivenza, come il caso di Unica.0 e Eureka. «Vogliamo sensibilizzare i ragazzi che partecipano - sostiene Agnese Setti, 19 anni, portavoce di Eureka -, formare dei gruppi di volontari per ripulire come abbiamo già fatto al Bastione. Ci prendiamo le nostre responsabilità ma non rinunciamo all'evento»
Margherita Pusceddu

 

3 - L’UNIONE SARDA di domenica 15 aprile 2018 / Commenti (Pagina 55 - Edizione CA)
Figura quanto mai attuale
MARTIN LUTHER KING NON È UN FETICCIO

Luca Lecis
Docente di storia contemporanea
Università di Cagliari

Nel cinquantenario della morte (1968-2018), diverse sono state anche in Italia le iniziative promosse per ricordare la figura del leader afroamericano Martin Luther King jr. Approfondimenti, incontri e dibattiti, come quelli organizzati a Milano alla Fondazione Feltrinelli (Mal d'America. Il riscatto di chi non ha voce) e a Roma presso il Centro Studi Americani (Oltre il sogno), che hanno fornito un'occasione per riflettere su una figura quanto mai attuale, andando oltre immagini spesso stereotipate e letture pretestuose, per riscoprire la profondità intellettuale, politica e spirituale del pastore battista assassinato a Memphis, nel Tennessee, non ancora quarantenne.  Mi pare un'operazione necessaria per opporsi con forza all'attuale, imperante logica mercificatrice di icone del tempo passato oggi ridotte a feticci svuotati della loro dirompente forza anti sistemica. Ciò è ancor più valido se ci si domanda, come ha fatto la scrittrice indiana Arundhati Roy, cosa vi è da dire degli Stati Uniti di King oggi. Leader carismatico con una visione multirazziale e multiculturale capace di affrontare temi tabù (razzismo, povertà, militarismo) in un paese che tra gli anni '50 e '60 si trovava a confrontarsi con numerose e complesse questioni sociali e politiche, Martin Luther King espresse una forza inedita nel panorama statunitense dell'epoca: fu in grado di unire le battaglie del movimento per i diritti civili con la cultura liberal attraverso la pratica della nonviolenza inserita in una precisa strategia, capace di coniugare la mobilitazione di massa all'azione diretta pacifica ma dirompente e alla disobbedienza civile e alla pressione sul Congresso per abolire la segregazione razziale. King non cominciò subito come militante, lo divenne dopo una lunga meditazione dettata dalla fede e dall'intima persuasione che la violenza dovesse esser combattuta con la sola forza della parola. La marcia dell'estate del 1963 di Washington dedicata al lavoro e alla libertà avrebbe preceduto di due anni l'approvazione delle leggi fondamentali sui diritti civili che ponevano fine a una segregazione persistente fin dalla guerra civile.
Alcuni anni dopo questa vittoriosa battaglia, che nel 1964 gli valse il Nobel per la pace, davanti a migliaia di fedeli nella chiesa di Riverside a Harlem, allora degradato quartiere afroamericano newyorkese, King disse: «non potrei più levare la mia voce contro la violenza degli oppressi nei ghetti senza aver prima parlato chiaramente al più grande portatore di violenza del mondo di oggi: il mio stesso governo». Fu l'inizio della campagna antimilitarista con la denuncia del legame tra la guerra razzista del governo statunitense in Vietnam e la sua politica razzista in patria. Mentre il New York Times elogiava il fatto che nel paese asiatico i neri per la prima volta avessero avuto l'opportunità di fare la propria parte per il loro paese, dall'altra King denunciava la «crudele ironia di vedere sugli schermi della tv ragazzi neri e bianchi che uccidono e muoiono insieme per un paese che non ha saputo accoglierli nelle stesse scuole (...) brutalmente solidali mentre bruciano le capanne di un povero villaggio, ma ci rendiamo conto che difficilmente potrebbero vivere nello stesso isolato a Chicago». Una condanna senza appello per un governo di bianchi che, come recitava nel 1967 uno slogan del comitato studentesco nonviolento per i diritti civili, mandava i neri a fare la guerra ai gialli per difendere una terra che avevano rubato ai rossi, ma che oggi stride con i dati statistici: gli afroamericani, spesso per mancanza di concrete prospettive, costituiscono un quinto delle forze armate e quasi un terzo dell'esercito degli Stati Uniti.

 

4 - L’UNIONE SARDA di domenica 15 aprile 2018 / Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
Christian Rossi, docente dell'Università di Cagliari
«È STATO UN AVVISO, NESSUNA ESCALATION»

«No, non credo sia l'inizio di qualcosa di più grande. A meno che non succeda altro che faccia precipitare tutto, l'intervento per ora dovrebbe chiudersi lì». Christian Rossi, docente di Relazioni internazionali nella Facoltà di scienze economiche, giuridiche e politiche dell'Università di Cagliari, vede nella «precisione chirurgica» dell'attacco in Siria contro le basi di Bashar Assad la ragione di un'incursione che ha giusto il peso di un altolà contro l'uso delle armi chimiche.
LA LINEA ROSSA «Non a caso i missili degli Stati Uniti e degli alleati Francia e Regno Unito hanno colpito solo siti delle forze siriane. Si è stati ben attenti a non puntare su presidi delle forze russe in Siria». Un'attenzione che, al di là delle dichiarazioni di rito del Cremlino che ha condannato l'attacco contro l'alleato Assad, è stata confermata da Mosca. Putin, infatti, è stato contattato dal Pentagono attraverso la linea rossa, canale telefonico diretto tra le due potenze utilizzato per comunicare le rispettive operazioni aeree. Insomma, i russi non sono certo stati messi al corrente dell'imminente attacco, ma sono state date loro informazioni utili per evitare vittime tra i loro soldati nonché tra i civili.
PUNTO DI NON RITORNO La ragione dell'attacco, sottolinea il docente dell'Università di Cagliari, «è veramente quella che è stata ribadita sia dal presidente Trump che dagli alleati: l'utilizzo di armi chimiche, come di quelle nucleari, è una linea che non può essere oltrepassata da nessuno». Questo attacco «è un avviso, anche da un punto di vista politico. Dopodiché, ripeto, se non succede qualcosa di imprevedibile, credo proprio che la si finisca qui. Si tratta di schermaglie di riposizionamento delle grandi potenze in un'area come la Siria che agli americani non interessa più già dai tempi dell'amministrazione Obama e che invece oggi è sotto l'influenza di Mosca». Trump «è espressione della destra isolazionista, non certo interventista. Come Bush figlio prima dell'11 Settembre, gli interessa la grandezza degli Stati Uniti da un punto di vista economico e perciò fa le battaglie commerciali, basti vedere la doppia politica adottata con la Cina».
LE MOSSE DELL'IRAN Al di là delle dichiarazioni fatte dall'ayatollah Ali Khamenei neppure l'Iran - alleato di Damasco - reagirà. «Ha necessità di salvare l'accordo con gli Stati Uniti». Ora il cerino è in mano a Putin. «Nella peggiore delle ipotesi cosa potrebbe fare? Intervenire bombardando la base di Cipro? Fantapolitica. In Siria ci sono troppi interessi strategici: Putin continuerà a controllare l'area e a fare da padrino ad Assad».
LA SCELTA E l'Italia? Da alleata dei Paesi del blocco atlantico deve quantomeno mettere a disposizione le basi del territorio nazionale. Ieri il premier Gentiloni ha chiarito che l'operazione non è partita da basi italiane. Come al solito, dice il docente di Relazioni internazionali, «l'Italia ne è uscita come la Cenerentola dei Paesi che un tempo contavano. Ma tutto sommato, visto che non abbiamo ancora il nuovo governo e questo esecutivo può operare solo per l'ordinaria amministrazione, egoisticamente parlando ci è andata bene: siamo stati messi al riparo dalla necessità di schierarci. Ci avrebbero chiesto la disponibilità delle nostre basi e sarebbe cominciato il dilemma». Interveniamo o non interveniamo?
Piera Serusi



 

La Nuova Sardegna

  
 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 15 aprile 2018 / Sardegna - Pagina 5
Gabriele, dall’isola agli studi in Medio Oriente
I ricordi del 35enne esperto di relazioni internazionali: i miei amici scappati in Libano e in Giordania

di Claudio Zoccheddu
SASSARI Nel 2011 l’aria iniziava a diventare pesante. Era l’alba di quella che è passata alla storia come “Primavera araba”, gli jihadisti iniziavano a mettere pressione al governo siriano e gli stranieri che vivevano a Damasco iniziavano a fare le valige. Tra loro c’era Gabriele Pedrini, cagliaritano, che frequentava l’università della capitale siriana per approfondire la conoscenza della lingua araba dopo la laurea all’università di Cagliari in Relazioni internazionali e dopo il dottorato, sempre a Cagliari, in Storia e istituzioni del vicino Oriente. Damasco era ancora un’isola felice e l’analista sardo sarebbe rimasto in Siria se non avesse terminato i suoi studi e non avesse avuto impegni altrove. Adesso Gabriele ha 35 anni, collabora con l’Institute for global studies che si occupa di relazioni internazionali, studi strategici e sicurezza. Nonostante la Siria sia ormai un ricordo, Gabriele segue con molta attenzione quello che accade in Medio Oriente. Lo fa perché lo impone il suo impiego ma anche perché quella di Damasco è stata una tappa importante nel suo percorso formativo. La notizia dell’attacco missilistico realizzato da Usa, Francia e Uk contro il governo di Assad ha lasciato perplesso il giovane analista sardo: «Dovrebbe essere la risposta al presunto attacco chimico del 7 aprile a Duma che secondo i governi occidentali sarebbe stato ordinato proprio da Assad. Dicono di avere le prove di quanto affermano maper il momento non sono state fornite, perché? E poi perché Assadavrebbe dovuto usare le armi chimiche ora che l’80 per cento del territorio siriano è ritornato sotto il suo controllo?». Anche l’aggressione Francoangloamericana non ha convinto Gabriele Pedrini: «Un attacco di basso profilo, annunciato al governo russo e all’Unione europea che ha causato pochi danni. Mi sembra più una mossa mediatica che un vero atto di forza, tra l’altro contro un governo che, fino a prova contraria, è legittimo». I dubbi, insomma, sono tanti. Gabriele, però, ha una certezza: «Non si può pensare di uscire dalla crisi siriana usando la forza, l’unica via possibile è quella diplomatica che per il momento è stata intrapresa solo da Mosca con gli incontri di Astana tra Iran, Turchia e Russia che aveva permesso di individuare le zone di de-escalation». Il punto di vista di Gabriele, che legge l’arabo, è maturato ascoltando tutte le campane, anche quelle che in occidente vengono filtrate da traduzioni non sempre perfette: «E purtroppo anche da analisti che non sono mai stati in Medio Oriente e che parlano senza aver toccato con mano la vita in quei Paesi». Un’esperienza che non manca al 35enne cagliaritano che è ancora in contatto con amici e colleghi siriani che hanno condiviso i suoi studi a Damasco: «Alcuni sono ancora in patria, altri sono dovuti scappare – racconta – e adesso stanno in Libano, in Giordania, in Turchia e alcuni anche qua in Italia».
 

6 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 15 aprile 2018 / Sardegna - Pagina 8
Una docente sassarese
entra nel Cda della Bper

SASSARI C'è anche una docente universitaria sassarese nel nuovo consiglio di amministrazione della Bper, l'istituto bancario di cui fanno parte il Banco di Sardegna e la Banca di Sassari. Si tratta di Ornella Moro, docente di Economia degli intermediari finanziari nell'ateneo sassarese. Moro è stata eletta ieri a Modena dalla assemblea ordinaria di Bper insieme agli altri 14 consiglieri. Un'elezione annunciata, visto che, come ampiamente previsto alla vigilia, si è imposta la lista supportata dal Cds uscente, che ha ottenuto il 73,4 per cento dei consensi. I nuovi membri del consiglio di amministrazione di Bper sono Alessandro Vandelli, amministratore delegato del Gruppo Bper, Riccardo Barbieri, Massimo Belcredi, Mara Bernardini, Luciano Filippo Camagni, Giuseppe Capponcelli, Pietro Ferrari, Elisabetta Gualandri, Ornella Moro, Mario Noera, Rossella Schiavini. Valeria Venturelli, mentre Roberta Marracino. Eletti anche Alessandro Robin Foti e Marisa Pappalardo, che facevano parte della lista alternativa presentata dallo studio legale Trevisan e Associati che ha ottenuto il 26,5 per cento. «Sono molto soddisfatto sia del risultato che mostra fiducia nell'attuale management, sia della partecipazione - ha affermato Vandelli -. Era presente in sala il 45 per cento del capitale con un aumento di 4 punti rispetto al passato. Ora ci aspetta la presentazione del piano industriale. Vorremmo arrivare alla sua approvazione nei prossimi mesi, ci lavoreremo intensamente». Con un utile netto nel 2017 di 176,9 contro i 15,8 dell'anno precedente e un dividendo cash di 11 centesimi per azione per il Gruppo il 2017 si è chiuso in positivo.
 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 15 aprile 2018 / Sardegna - Pagina 9
Associazione Piludu nuovo incontro
Legge sul biotestamento zone d’ombra da colmare
CAGLIARI
L'Associazione Walter Piludu si riunisce venerdì 20 aprile alle 17 nella sala conferenze della Fondazione di Sardegna, in via S.Salvatore da Horta a Cagliari. L’occasione è un incontro dibattito, aperto a tutti, sul tema "Fine vita e Testamento Biologico" a cui parteciperanno esperti delle professioni legali e docenti universitari. L'intento è fornire ulteriori elementi sui diritti previsti dalla nuova normativa e indicazioni sulle novità della legge.
 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 15 aprile 2018 / Sardegna - Pagina 8
Rsu nel pubblico impiego
74mila lavoratori al voto

CAGLIARI Da martedì a giovedì si svolgono in tutta Italia le elezioni per il rinnovo delle Rsu nel pubblico impiego. In Sardegna interesseranno circa 74 mila lavoratori così ripartiti: quasi 16mila negli enti locali, 20mila sanità, 8mila ministeri, 2mila parastato, 28mila scuola, di cui 22mila docenti, 150 educatori e oltre 6mila amministrativi. Al Pubblico impiego appartiene anche il settore Università e Ricerca. Il 45 per cento del personale della scuola ricade nell'ambito territoriale scolastico di Cagliari. La Rsu più numerosa in Sardegna, e tra le più affollate in Italia, sarà quella dell'Ats, diventata a dimensione regionale, formata da ben 90 rappresentanti sindacali. I 6.500 lavoratori del comparto Regione voteranno il prossimo novembre. «La Cisl sarda - dice Gavino Carta, segretario generale Cisl - si è mobilitata per questo appuntamento elettorale. Nella Funzione pubblica abbiamo presentato 410 liste per 940 lavoratori candidati; nella scuola 258 liste per 660 persone disponibili a essere rappresentanti del personale nei luoghi di lavoro. Le Rsu costituiscono un presidio certo e un punto di riferimento per chi lavora rispondendo ai bisogni e alle concrete esigenze di tutela dei lavoratori». «Negli ultimi tre mesi - aggiunge Ignazio Ganga, segretario confederale che ha partecipato alla chiusura di importanti contratti del Pubblico impiego - abbiamo messo fine a 9 anni di sofferenza per tanti lavoratori il cui datore di lavoro, lo Stato, arriva per ultimo al rinnovo. La Cisl crede nel lavoro pubblico, che tiene insieme territori, bisogni, sviluppo e solidarietà sociale, e nella sua valorizzazione nella conoscenza, nei servizi, scuola, università, ricerca, enti locali, enti e ministeri, agenzie fiscali».
 

9 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 15 aprile 2018 / Provincia di Nuoro - Pagina 22
DIBATTITO A PIÙ VOCI
Siniscola, riflettori puntati su università e borse di studio

di Mauro Piredda
SINISCOLA I ragazzi delle scuole superiori, in procinto di scegliere il proseguimento della propria carriera all'università, hanno assistito ieri mattina a un convegno sul diritto allo studio presso l'aula magna dell'Itcg Luigi Oggiano. Massimiliano Conteddu, presidente dell'associazione Kaboom, ha introdotto i lavori partendo dai principi costituzionali: «Il diritto allo studio è il diritto ad essere liberi e consapevoli in questa società». Le relazioni sono state aperte dai saluti del dirigente scolastico Antonio Andrea Fadda («Lo studio e la conoscenza mantengono in vita la democrazia») e dell'assessore comunale Antonio Bellu («Bisogna lottare per un diritto allo studio accessibile a tutti»).Intervenuto anche Giuseppe Ciccolini, presidente dell'Unione dei Comuni del Montalbo, in merito allo «sforzo apprezzabile dell'esecutivo regionale». Il consigliere Cnsu Francesco Pitirra, oltre ad aver coordinato gli interventi, ha illustrato le tabelle sulla parità raggiunta tra idonei e beneficiari di borse di studio dall'anno accademico 2015/16 in poi. In rassegna anche i dati del Focus sulle misure previste nell'ultima legge di Bilancio approvata dal Consiglio regionale. Come riportato in tale documento sono, «per l'anno 2018 stati stanziati 17 milioni in più rispetto a quelli già proposti dalla Giunta». «Studiare paga», ha affermato la prorettrice dell'Università di Cagliari Micaela Morelli illustrando alcuni dati relativi alle iscrizioni e alla sitiazione economica e occupazionale dei laureati. «Ma chi deve pagare il diritto allo studio?», ha aggiunto il prorettore dell'università di Sassari Luca Deidda, secondo il quale l'università gratuita privilegerebbe comunque «i ragazzi ricchi» (che andrebbero in quelle private in questo modo ancora più esclusive). Tra gli interventi dal pubblico anche quello dell'ex rappresentante di istituto Mahdi El Adhy: «Non interessano agli studenti - ha chiosato - i meriti attribuiti a una parte politica». Secondo il consigliere Roberto Deriu, le borse di studio sono comunque ancora più basse rispetto ad altre regioni d'Italia. Annunciata dall'assessore regionale Giuseppe Dessena la delibera di giunta che aumenterà la soglia Isee da 20 a 23mila euro.

Questionario e social

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