Sabato 31 marzo 2018

31 marzo 2018

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di sabato 31 marzo 2018 / Cultura (Pagina 41 - Edizione CA)
ARTE Quarantenne, originario di Iglesias, ha una lunga esperienza di curatore di mostre
EFISIO CARBONE ALLA GUIDA DEL MUSEO MACC DI CALASETTA

Chi frequenta la scena artistica sarda è rimasto affascinato dalla sua intelligente ironia rivelatrice di cultura, capace com'è di intrecciare universi che solo in apparenza iniziano con l'arte, ma si nutrono di filosofia, letteratura, religione, e tanta musica. Efisio Carbone, 40 anni, storico e critico d'arte di Iglesias, assistente dei Musei Civici di Cagliari, è il nuovo direttore del Macc, il museo di Calasetta, un avamposto di bellezza sul mare. Voluto e pensato nel 2000 da un grande artista internazionale come Ermanno Leinardi, toscano di nascita ma felicemente adottato dal Sulcis, che aveva scelto di custodirvi la sua collezione di arte contemporanea, perché tutti ne godessero, uno spazio pieno di fascino, dove penetra la luce bianca dello Zenit, più simile a una casa dove essere sempre accolti.
EREDITÀ Raccolta questa spirituale eredità, Efisio Carbone, che lega il suo nome in particolare allo Spazio (In)visibile, (la galleria d'arte di via Barcellona) inizia una straordinaria avventura, forte di un bagaglio costruito in anni di lavoro, soprattutto a Cagliari, città più veloce e dinamica, per applicarlo a una terra difficile come il Sulcis. Trasformandolo in nutrimento, occasione, opportunità. «Il museo - racconta Carbone - ha radici nel luogo in cui è nato, e deve saper ascoltare i bisogni, le urgenze, i sogni che da qui vengono ma al tempo stesso farsi attivatore di processi culturali».
Un'attitudine racchiusa in uno “sguardo strabico”. «Oggi non c'è più alcuna distanza tra periferia e grande centro, si può emergere anche vivendo lontano ma è necessario che il museo sappia aiutare chi coltiva arte, cultura. Per questo, sul campo, abbiamo già intrecciato legami con Giuseppe Frau Gallery di Iglesias e Cherimus di Perdaxius».
OLTRE MARE L'altro sguardo è invece oltre il mare, e non poteva essere altrimenti in un paese che dall'acqua ha sempre accettato scambi e incontri. «Il museo farà una programmazione in cui artisti internazionali, grazie a una rete di contatti costruita nel tempo, saranno protagonisti con residenze: la prima è già in corso con l'architetto cileno Paulina Herrera Latelier e la compositrice e musicista sarda Francesca Romana Motzo, al lavoro sulla trachite rossa di Calasetta». Insomma il museo di Carbone deve essere uno spazio permeabile, da vivere, scrollandosi di dosso quell'idea di staticità e solennità, inevitabilmente implicita nella parola museo. «Per questo il Macc è in dialogo con le principali imprese culturali regionali; ha stretto rapporti di collaborazione con musei quali l'Archeologico di Sant'Antioco, i musei Civici di Cagliari, il centro d'arte Exma, la Pinacoteca Contini di Oristano, la Fondazione Bartoli-Felter, l'Archivio Maria Lai, la Fondazione Sciola, L'Università degli Studi di Cagliari e tanti altri. Il Museo Macc intende arricchire notevolmente la sua rete».
LEINARDI Tutto accade accanto al tesoro di Leinardi, rappresentato da opere dei maestri degli anni Trenta (Josef Albers, Mario Radice, Carla Badiali), degli aderenti del Movimento Arte Concreta del decennio Cinquanta (Atanasio Soldati, Luigi Veronesi), dal ventaglio dei gruppi e dei collettivi coinvolti dell'arte Cine-Visuale degli anni Sessanta e Settanta (Bruno Munari, Giuseppe Capogrossi, Lucio Fontana, Ermanno Leinardi e molti altri), al gruppo degli sperimentatori sardi (Antonio Atza, Giovanni Campus, Rosanna Rossi, Vincenzo Satta, Italo Utzeri, Gaetano Brundu, Zaza Calzia). Collezione dalla quale curiosamente mancano opere di un grande recentemente scomparso, come Primo Pantoli, un altro forestiero catturato dall'Isola. È l'interrogativo al quale proverà a dare una risposta il 21 aprile la mostra che apre il nuovo corso, un omaggio al talento dell'artista. Mentre l'estate sarà segnata da una ricerca sul “genius loci” in Sardegna: grandi artisti storici quali Costantino Nivola, Maria Lai, Salvatore Fancello, Pinuccio Sciola dialogheranno con Antonello Ottonello, Lalla Lussu e il giovane Ruben Montini.
Efisio Carbone prende il posto del critico d'arte e pittore Pino Mantovani, con cui ha curato insieme alla critica d'arte Roberta Vanali, la grande mostra dedicata a Carol Rama, sdoppiata tra l'Exma di Cagliari e il Macc.
Caterina Pinna

 

La Nuova Sardegna



 

2 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 31 marzo 2018 / Atlanti - Pagina 14
RICERCA > CRS4
C’È UN GRANDE FUTURO PER LE MICROALGHE SE IL CEPPO È SARDO
Il progetto guidato da Giacomo Cao (Università Cagliari)
Dal riciclaggio di gas di scarico alle bio-plastiche. Coinvolte 11 aziende

di Stefano Ambu
Microalghe, risorsa del presente e del futuro. Servono per riciclare i gas di scarico, ma anche per agroalimentare, cosmesi o medicina. E allora perché non coltivare anche quelle sarde? Ci stanno pensando Centro interdipartimentale di Ingegneria e Scienze ambientali dell'Università di Cagliari, Crs4 e undici imprese. Che potrebbero diventare anche di più. Il progetto si chiama Comisar, acronimo di coltivazione di ceppi microalgali sardi. Siamo già nella fase pre-operativa: mercoledì a Cagliari c'è stato un primo incontro
pubblico tra le impreseche hanno aderito all'iniziativa. E il privato mostra interesse. Perché – spiegano i promotori del progetto – lo sviluppo di tecnologie innovative basate sull'utilizzo di microalghe può portare all'estrazione di prodotti di varia natura da commercializzare in diversi mercati strategici quali quello nutraceutico, biomedico, cosmetico e agroalimentare. Bene per chi deve fare profitto. Ma vantaggi anche per tutti. Queste tecnologie hanno importanti ricadute in campo ambientale perché si possono utilizzare per il riutilizzo di anidride carbonica da gas di scarico (e chi avrebbe mai potuto immaginare che anche quella sarebbe potuta tornare utile), per la depurazione di reflui urbani e per la produzione di bio-plastiche. Il sottoprodotto del processo potrebbe poi essere utilizzato per la produzione di fertilizzanti come foraggio. Ma prima di volare alto bisogna muovere i primi passi. E innanzitutto bisogna capire quali sono i ceppi di alghe che fanno al caso del progetto. E poi quali sono i terreni più adatti alla coltivazione. Passaggi successivi: ottimizzazione della tecnologia di estrazione e realizzazione di un impianto pilota. L'incontro di avvio è stato l'occasione per un primo confronto tra lo staff tecnico che coordinerà il progetto, guidato dal responsabile scientifico Giacomo Cao (Cinsa), il CRS4, rappresentato da Alessandro Concas, le undici imprese già coinvolte e le altre potenzialmente interessate a partecipare (presto si potrebbe salire a quota 13/14). «Ritengo che la tecnologia a microalghe – spiega Cao – sia estremamente promettente nei settori della nutraceutica o nella produzione di biocombustibili anche per l'aerotrazione». Tempi? «Noi siamo pronti – spiega Cao – se domani qualcuno dovesse mostrare interesse, noi siamo capaci di progettare un impianto, farlo realizzare, fare un piano di impresa. Abbiamo esperienza e siamo già operativi. La novità ora è che stiamo lavorando con alghe, quelle sarde, con le quali non ha mai lavorato nessuno in chiave industriale». Chi ha risposto presente all'appello? Imprese soprattutto del Cagliaritano e del Sulcis Iglesiente. Ma c'è anche la Sarda Compost Servizi Ambientali Srl di Olbia. Non ci sono ancora in Sardegna – spiega la scheda del progetto – aziende che portano avanti questo tipo di attività. Quindi la partecipazione abbraccia tutta la filiera. Le aziende agricole ad esempio potranno fare un pensierino a diversificare la loro produzione. Poi ci sono le imprese che si potrebbero occupare della realizzazione degli impianti e quelle che potrebbero commercializzare i prodotti ottenuti con l’utilizzo di microalghe. Le aziende saranno coinvolte in attività di formazione e seminari. Il Comisar è uno dei 35 progetti collaborativi promossi da Sardegna Ricerche attraverso il Programma “Azioni cluster top-down” ed è finanziato grazie al Por Fesr Sardegna 2014-2020.
 
  

3 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 31 marzo 2018 / Sardegna - Pagina 2
LA SCOMMESSA PER IL LAVORO
I 50 candidati selezionati saranno formati in prestigiose realtà imprenditoriali all’estero STOP AI CERVELLI IN FUGA
PARTE LA SFIDA DI TALENT UP

La nuova versione del Master & back valorizza il piano di rientro nell’isola
Giovani e meno giovani saranno supportati sino alla creazione di un’impresa
di Silvia Sanna
SASSARI Il passato e troppi giovani cervelli volati all’estero insegnano. Per questo la Regione rovescia la prospettiva e alla robusta fase di formazione affianca un altrettanto efficace piano di rientro. È il nuovo master & back, che si presenta con un diverso nome e diverse ambizioni: si chiama Talent up e punta a trasformare un’idea in un’impresa. È una caccia ai talenti, non necessariamente giovanissimi, che abbiano voglia di rischiare e dare gambe a un’attività che abbia il cuore e la sede in Sardegna. È proprio questo il punto cruciale che differenzia Talent up dall’esperienza del master & back. Se nell’iniziativa nata nel 2007 ha funzionato molto bene la prima parte, quella dedicata all’alta formazione fuori dall’isola, è stato invece classificato come un flop il back, perché i giovani – super formati e motivati – non hanno trovato nell’isola un terreno fertile dove fare attecchire le loro idee. Talent up, invece, punta a coltivare le idee dall’inizio alla fine: i talenti che rientrano a casa non saranno lasciati soli.
Talenti cercasi. A seguire il progetto in tutte le fasi (quattro) è l’Aspal, l’Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro. Talent up si rivolge a laureati e studenti iscritti a percorsi di studio universitari che abbiano sostenuto almeno il 75 per cento degli esami, che abbiano un’idea imprenditoriale innovativa
e siano nati o residenti in Sardegna da almeno 5 anni. Molto importante questo aspetto: l’idea non deve essere necessariamente “geniale” ma almeno interessante, così da costruirci intorno un piano d’impresa. Per le domande c’è tempo sino al 13 aprile: la scadenza, inizialmente fissata a marzo, è stata posticipata per consentire a un numero più alto di aspiranti partecipanti di farsi avanti.
Come funziona. Le fasi sono quattro e la prima è quella riservata alla “scrematura” delle candidature. Saranno ammesse 150 domande tra le quali selezionare le 50 portatrici di idee considerate vincenti che saranno ammesse alla fase 2. La valutazione è stata affidata a un’Ati, associazione temporanea di imprese, con capofila la Fondazione Giacomo Brodolinidi Roma e poi l’Università Luiss di Roma e la Iefca, Istituto europeo di formazione, cooperazione e analisi bio-economica di Cagliari. I candidati saranno valutati in base al proprio profilo e percorso personale e professionale (esperienze pregresse, in particolare con riferimento a contesti imprenditoriali) e in base all’idea imprenditoriale che presenteranno: importanza sarà data al grado di innovazione, alla fattibilità, ai vantaggio della realizzazione in Sardegna.
I 50 prescelti. I candidati selezionati
passeranno alla seconda fase di “pre-treatment”, cioè alla formazione, prima dell’avvio vero e proprio del progetto. Il piano prevede 26 giornate di formazione a Nuoro: i 50 acquisiranno competenze di base in area marketing, contabilità e strategia d’impresa in un percorso in aula che sarà svolto interamente in lingua inglese.
Si parte. Da Nuoro all’estero: 2 settimane in aree ad alta intensità imprenditoriale e strutture di eccellenza e sarà divisa in due momenti. Il primo si svolgerà in uno dei primi 20 ecosistemi imprenditoriali a livello mondiale individuati dalla classifica “Global Startup Ecosystem 2017” (tra i quali la Silicon Valley, New York City, Londra, Pechino, Tel Aviv, Shanghai, Los Angeles, Seattle ecc). Il momento successivo è invece finalizzato alla trasformazione dell’idea in attività imprenditoriale: i cinquanta partecipanti saranno formati sulle tecniche di presentazione dell’idea al mercato e di gestione dell’avvio e della fase di crescita in una delle migliori business school a livello mondiale. Si ritorna a casa. È la quarta fase, quella in cui le idee iniziano a camminare. Si torna a casa ma non si resta soli: il programma prevede l’accompagnamento attraverso percorsi individuali e sostegno finanziario adeguato all’impresa da sviluppare. Un back “dolce” gestito da Sardegna ricerche, per trattenere i cervelli e creare lavoro, per loro e per altri, nell’isola.
PIGLIARU ENTUSIASTA
«Giusto premiare le idee vincenti»

Crede moltissimo nelle potenzialità del progetto che ha seguito di persona e accompagnato nelle fasi di presentazione. Il governatore Francesco Pigliaru è il primo sostenitore di Talent Up: «È un progetto sperimentale, e come tutte le cose nuove ha bisogno di essere spiegato e promosso il più possibile perché abbia il riscontro che merita. Agli aspiranti imprenditori non chiediamo di avere a disposizione né capitali né garanzie: per accedere a un percorso di formazione che potrebbe essere la carta vincente del loro futuro bastano un’idea valida e la buona conoscenza dell’inglese. Come dimostrano altre iniziative alle quali ci affianchiamo e su cui investiamo, come il CLab dell’Università di Cagliari, stiamo mettendo i tasselli di un percorso giusto per creare i nuovi imprenditori di cui abbiamo assolutamente bisogno. La sfida è ambiziosa – sottolinea Pigliaru – ma sappiamo che Talent Up ci aiuterà ad aumentare il numero dei giovani sardi che vorranno scommettere sul fare impresa. Ogni giovane che accetta di mettersi in gioco dentro questo progetto apre possibilità di occupazione non solo per sé, ma anche per tutti gli altri che sarà in grado di coinvolgere e che intorno a quell’idea potranno trovare lavoro. E quando un giovane di talento concretizza la sua idea, contribuisce ad aumentare la densità delle imprese nel territorio, incoraggiando altri a seguire la stessa strada. È un circolo virtuoso – conclude Pigliaru – che muove in positivo l’economia e noi mettiamo tutto l’impegno per favorirlo e sostenerlo».
A DISPOSIZIONE UN TESORETTO DA 7 MILIONI
Voucher e finanziamenti per mettere ali ai sogni

Il Talent up può contare su una dotazione finanziaria di 7 milioni di euro, a valere sul Programma operativo 2014-2020 del Fondo sociale europeo, di cui 2milioni150mila destinati alla prima annualità. Ulteriori fondi, destinati a finanziare il rientro imprenditoriale, arrivano dal Fondo europeo di sviluppo regionale 2014-2020.I candidati saranno sostenuti economicamente durante tutte le fasi. Nelle 12 settimane all’estero verrà garantito un voucher per coprire i costi di viaggio, vitto e alloggio per la prima fase del treatment (un mese), per le altre fasi i costi di permanenza saranno coperti dallo stesso soggetto che erogherà la formazione. Le somme ammontano a un massimo di 7mila euro  Al rientro in Sardegna i candidati potranno beneficiare di un mini voucher di 10mila euro, di un voucher Startup con un contributo massimo di 100mila euro o partecipare al Bando nuove Imprese Innovative che prevede un finanziamento da 100mila a 700mila euro.
 
 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 31 marzo 2018 / Sardegna - Pagina 5
I 70 ANNI DELLO STATUTO
DEMURO: L’AUTONOMIA È FRENATA DALLA BUROCRAZIA

Le autonomie speciali sono state l’argine per evitare strappi al principio di unità Un nuovo Piano di rinascita non è attuale Meglio diversi piani per ogni singolo settore
Il costituzionalista ed ex assessore: «All’isola serve un ordinamento più semplice
L’insularità nella Carta non è la soluzione, il problema va posto a livello europeo»

di Alessandro Pirina
SASSARI  Settant’anni dopo l’approvazione dello Statuto l’autonomia speciale resta più attuale che mai. Ad affermarlo è il costituzionalista Gianmario Demuro, già assessore agli Affari generali nella giunta Pigliaru, che vede nella Carta dei sardi lo strumento che più di tutti può far crescere l’isola. Il mezzo per rafforzare il ruolo della Sardegna all’interno della Repubblica italiana.
Professor Demuro, settanta anni dopo l’approvazione dello Statuto ha ancora senso parlare di autonomie speciali?
«L’autonomia speciale non solo è attuale ma oggi è ancora più necessaria. Il fondamento di questa mia affermazione è nella stessa Costituzione. Da un lato, l’articolo 5 che tiene insieme l’unità e indivisibilità  della Repubblica con l’esigenza di riconoscere e promuovere le autonomie locali. Dall’altro, l’articolo 1 che sancisce come la sovranità appartenga al popolo che la esercita nelle forme previste dalla Carta costituzionale. Attraverso l’autonomia si realizza quella democrazia nel territorio che con il fascismo era andata distrutta. Dal mio punto di vista, autonomia significa capacità di agire in modo libero da parte di chi intende la democrazia come partecipazione al governo del territorio».
Con la riforma del Titolo V sono aumentati i poteri delle Regioni a statuto ordinario. A questo punto la specialità ha ancora ragione di esistere?
«L’autonomia speciale è stata una delle grandi novità dello stato regionale in Italia. Ricordiamoci che la proposta di Emilio Lussu di diventare uno stato federale fu bocciata. E dunque l’autonomia speciale fu l’alternativa per garantire a una parte del territorio con una forte identificazione autonomista una quota di autonomia che permise a quelle realtà di restare all’interno dello Stato. Grazie alle autonomie speciali si sono evitati separazioni e strappi del principio di unità. E tutto questo per 70 anni».
Grazie alla autonomia speciale la Sardegna ha una maggiore autonomia finanziaria, ma ciononostante resta tra le regioni più povere d’Italia.
«Ci sono due tipi di autonomie speciali, quelle delle regioni del Nord e quelle delle due isole. Bisogna distinguere tra contesto giuridico ed economico. Che alcune realtà avessero grosse difficoltà dal punto di vista economico era una premessa storica della Repubblica. Sicuramente però in questi settant’anni si poteva fare di più per migliorare una amministrazione che nel tempo si è fatta sempre più complicata. Bisognava evitare che la Regione si trasformasse in una sorta di grande centro. L’iperburocratizzazione è stato il grande problema della Sardegna. Quando Lussu portò lo Statuto della Valle d’Aosta in Assemblea costituente disse: “ora datele un ordinamento semplice e civile”. Ecco, la nostra autonomia andava costruita con un ordinamento semplice e civile. Invece, si è puntato su ordinamenti troppo burocratici. Da assessore io l’ho potuto vedere da vicino».
Settant’anni dopo quali modifiche apporterebbe allo Statuto?
«La domanda che andrebbe fatta è: cosa vuole la comunità della Sardegna nel suo statuto? Questo è il grande tema relativo alla consistenza delle tre materie tra potestà esclusiva, concorrente, integrativa. Per quanto mi riguarda io credo che nello statuto bisognerebbe puntare su scuola e istruzione per dare un maggiore impulso alla lotta alla dispersione scolastica. Oppure alla cultura, con riferimento alla profondissima identità culturale che la Sardegna ha, che esiste a prescindere da quello che scriviamo nello statuto, ma che va rafforzata. E ancora: io inserirei la diversità ambientale della Sardegna. Noi abbiamo fortissime identità che si devono mantenere. Da gallurese penso allo stazzo, che può essere paragonato a una villa palladiana. E infine c’è tutto il tema fiscale collegato con il tema dello Stato. Dobbiamo sapere quale quota di riequilibrio debba spettare a una regione che ha la metà del Pil delle regioni del Nord e come si può agire sulla leva fiscale».
C’è chi immagina un nuovo Piano di rinascita per il rilancio economico dell’isola.
«Se avesse la stessa aspettativa popolare che c’era negli anni Sessanta e se al piano fosse collegata una forte iniziativa politica sia regionale che nazionale potrebbe essere la soluzione. Ma i piani erano strumenti tipici di quei tempi, quando l’economia si poteva pianificare. Per aggredire il gap economico che separa l’isola dal resto d’Italia ci vorrebbe un piano di rinascita per ogni singolo tema: dall’agricoltura all’industria, alla scuola».
Che giudizio dà sul referendum che si è svolto qualche mese fa in Lombardia e Veneto?
«Il tema del regionalismo differenziato a me sembra molto corretto, anche perché previsto dal terzo comma dell’articolo 116. Le regioni a statuto ordinario chiedono di poter gestire funzioni amministrative sotto la propria responsabilità. Io non vedo nulla di sbagliato nel fare gestire alle regioni determinate competenze. Lo possono fare il Veneto, la Lombardia e qualsiasi altra regione. Anche perché questa novità si fonda su un’intesa con lo Stato su quali competenze possono essere gestite al meglio a livello regionale. Ma questo ovviamente non significa che con una maggiore autonomia le regioni più forti economicamente possano tenersi i soldi del gettito fiscale».
In Sardegna invece il referendum per inserire il principio di insularità nella Costituzione è stato bocciato. «Faccio una premessa. Il principio di insularità, come anche il Mezzogiorno, esistevano già nel vecchio articolo 119 prima della modifica del Titolo V. Quindi c’era già una consapevolezza nella Costituzione che in Italia si dovesse trovare un punto di equilibrio tra le varie aree del Paese. La norma è cambiata e si è introdotta una formulazione più caratterizzata sul principio di uguaglianza, che prevede un riequilibrio del territorio dello Stato a prescindere dalla definizione geografica. Questa scelta è stata fatta nel 2001 e poi confermata da un referendum. Oggi dunque avrebbe senso introdurlo? Io non ci trovo niente di sbagliato a prevederlo nella Costituzione, ma non è la soluzione. L’unica strada possibile è porre il problema a livello europeo. Occorre fare delle deroghe rispetto alle regole europee sulla concorrenza. Se poi l’introduzione del principio di insularità potesse servire a supportare le politiche pubbliche nazionali a livello europeo allora ben venga la sua introduzione nella Carta».
La Sardegna fa fatica a rapportarsi con il governo centrale, ma la stessa lamentela arriva dai Comuni nei confronti della Regione.
«Attraverso la democrazia locale passa la tenuta della democrazia in generale. L’Italia si è inventata le regioni, mentre ha una lunga tradizione dei Comuni. Purtroppo la crisi economica degli ultimi anni ha comportato fenomeni di accentramento, mettendo i Comuni in grande difficoltà. A mio avviso oggi, anche per mettere in difficoltà il populismo, servirebbe una maggiore autonomia locale. Basterebbe applicare il principio di sussidiarietà verticale sancito dall’articolo 118. Dare maggiore responsabilità ai Comuni significa avere una maggiore controllabilità dei cittadini. Io sono convinto che occorra restituire agli enti locali quei percorsi di democrazia che negli ultimi tempi sono venuti meno. Una ricollocazione di funzioni ai Comuni non è importante solo dal punto di vista amministrativo ma anche per l’affermazione del principio democratico. Più si è vicini e meglio è».
Nella Sardegna del 2018 si riparla di indipendenza.
«Nei sistemi regionalisti come il nostro, a differenza di quelli federali, la regione determina la sua esistenza in ragione dell’esistenza di una costituzione unitaria. L’indipendenza, dunque, è vietata».
CHI È
Docente all’università di Cagliari, per due anni e mezzo con Pigliaru agli Affari generali
Gallurese di origine -padre di Luogosanto -, Gianmario Demuro è nato a Cagliari. Classe 1960, è professore Ordinario di Diritto costituzionale nella facoltà di Giurisprudenza dell’università degli studi di Cagliari. È componente della direzione scientifica della collana editoriale Per una koiné costituzionale, Giappichelli editore e Studi di diritto pubblico, Franco Angeli editore. De,muro ha inoltre tenuto corsi di Diritto costituzionale e di European governance in molte università europee e americane. Autore di oltre cento pubblicazioni, tra cui cinque libri, in materia di Diritto costituzionale italiano ed europeo si è occupato, in particolare, del funzionamento del sistema delle fonti normative, dell’integrazione europea nella tutela multilivello dei diritti fondamentali, della ripartizione tra i livelli di governo delle competenze in materia ambientale. Dal marzo 2014 al dicembre 2016 ha ricoperto l’incarico di assessore agli Affari generali della giunta guidata da Francesco Pigliaru. Una scelta personale, presa a 48 ore dalla vittoria del No al referendum costituzionale: lui era schierato a favore della riforma. Al suo posto Pigliaru ha nominato Filippo Spanu.
 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 31 marzo 2018 / Agenda - Pagina 22
GSA FOR CHILDREN
Uova di Pasqua per i piccoli ricoverati nei reparti dell’Aou

SASSARI Tante uova di Pasqua per rendere più serena la permanenza dei bambini che, in questi giorni, sono ricoverati nei reparti dell’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari. L’iniziativa, “Gsa for children”, l’atra mattina ha visto gli operatori antincendio della società Gsa consegnare le dolci uova pasquali ai bambini ricoverati. Gli operatori, che quotidianamente garantiscono la sicurezza antincendio all’interno del presidio ospedaliero dell’Aou, hanno prima fatto visita ai bambini e ragazzi ricoverati nel reparto della clinica di Neuropsichiatria infantile quindi un saluto ai piccoli della Pediatria infettivi, della Pediatria e del day hospital pediatrico. Per ciascuno dei bimbi un uovo con gli auguri personalizzati da parte dei singoli operatori. I ringraziamenti degli operatori sono andati ai direttori delle strutture, Stefano Sotgiu e Roberto Antonucci, quindi a tutto il personale dei reparti e alla direzione aziendale che hanno permesso lo svolgimento dell’iniziativa. «La nostra speranza – hanno detto gli organizzatori dell’iniziativa – era quella di strappare un sorriso ai piccoli che si trovano a trascorrere le festività pasquali in ospedale. A Sassari è la prima volta che svolgiamo questa iniziativa e sicuramente ci ripromettiano di replicarla anche in futuro».

Questionario e social

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