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Fino a tarda sera ad ascoltare Eduardo Souto de Moura

La lectio del Premio Pritzker 2011 ha concluso la Scuola estiva di Architettura
17 settembre 2012

 

 
Cagliari, 17 settembre – Un’appassionata visita guidata tra le soluzioni avveniristiche e geniali della progettazione contemporanea: è la sintesi della lectio magistralis tenuta dall’architetto portoghese Eduardo Souto de Moura che ha concluso la Scuola estiva internazionale di Architettura, nell’aula magna di via Marengo affollata come mai lo è stata. Un’ora e quaranta di fila, senza pause, tra i segreti dei progetti più complicati.
 
La passione del vincitore del Premio Pritzker 2011 ha tenuto i presenti incollati alle poltroncine fino a tarda sera, per conoscere i dettagli dei suoi ultimi lavori: “Il paesaggio e la bellezza sono sempre qualcosa che si deve scoprire, sono sempre una conquista”, ha detto il maestro illustrando la ristrutturazione di un antico convento in Algarve.
 
“Ad un certo punto – ha confidato – è l’edificio che chiede a te, tu non imponi più nulla. Ma – perché questo si realizzi – bisogna cominciare a convivere con la propria opera: solo così si capisce davvero cosa si può realizzare”.
 
Prima di lui, a fare gli onori di casa ci avevano pensato il direttore del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura, Antonello Sanna, ed il direttore della Scuola internazionale, Nicola Di Battista. Il primo ha parlato della Scuola come di “una straordinaria esperienza formativa, realizzata grazie al contributo indispensabile della provincia del Sulcis”. “Volevamo che la nostra Scuola – ha aggiunto Di Battista – parlasse di architettura tra teoria e costruzione. Per noi ha voluto dire cercare alcuni maestri del contemporaneo che ce ne parlassero: e i maestri ci sono ancora, sono autentici testimoni del nostro tempo”.

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L’UNIONE SARDA

L’Unione Sarda di sabato 15 settembre 2012

Cronaca di Cagliari (Pagina 19 - Edizione CA)
V. Marengo
Architettura, a lezione da Souto de Moura

Sarà la lezione magistrale di Eduardo Souto de Moura a far calare il sipario - oggi - sulla Scuola estiva internazionale di Architettura. L’archistar portoghese vincitore - nel 2011- del Premio Pritzker, il più importante premio internazionale per l’Architettura, paragonabile al Premio Nobel. Considerato uno dei massimi maestri dell’architettura contemporanea, e le sue realizzazioni precise dalle case unifamiliari fino ai grandi lavori infrastrutturali. L’appuntamento è alle 18 e trenta nell’Aula Magna della facoltà di Ingegneria-Archittetura, in via Marengo. Autore del Mercato Municipale di Braga; della Casa deas Artes, Porto; della riconversione del Convento di Santa Maria do Bouro in Pousada, Amares; del Dipartimento di Geologia dell’Università di Aveiro; della Metro di Porto. (sa. ma.)
 

 

L’UNIONE SARDA
Cultura (Pagina 41 - Edizione CA)
Scuola di Architettura
Souto de Moura protagonista oggi a Cagliari
 
Sarà la lezione magistrale di Eduardo Souto de Moura a chiudere oggi la Scuola estiva internazionale di Architettura a Cagliari. L’architetto portoghese, vincitore nel 2011 del Premio Pritzker (il più importante premio internazionale per l’Architettura, paragonabile per importanza al Premio Nobel), concluderà i lavori nell’Aula Magna della facoltà di Ingegneria-Architettura in via Marengo, con una conferenza che comincerà alle 18,30 ed avrà come argomento i suoi ultimi progetti.
Seppur giovane, Souto de Moura è considerato uno dei massimi maestri dell’architettura contemporanea, talmente precise, chiare e convincenti sono le sue realizzazioni, dalle case unifamiliari fino ai grandi lavori infrastrutturali come la Metro di Porto. L’opera di Eduardo Souto de Moura è improntata ad una forte carica ideale dovuta alla sua convinzione che l’architettura ha in sé il potere di migliorare la vita degli uomini. In tutte le sue creazioni ha dimostrato capacità di lettura del luogo, di integrazione tra modernità e tradizione, alla scala urbana come a quella del dettaglio.
Attualmente l’architetto portoghese è impegnato anche in Italia in più lavori, dalla ristrutturazione di due Castelli, uno a Nocera Inferiore e uno a Santa Maria del Cedro, fino all’importante realizzazione della stazione Metro di piazza Municipio a Napoli e al recentissimo grattacielo a Milano.
Souto de Moura è l’ultimo, in ordine di tempo, dei grandi maestri che si sono confrontati con gli studenti della Scuola: dal genio della fotografia contemporanea Mimmo Jodice al maestro dell’Arte povera Jannis Kounellis. E ancora, Joao Nunes, Alfredo Pirri, Vittorio Magnago Lampugnani: nomi che hanno formato una squadra di docenti di altissimo profilo per la Scuola diretta da Nicola Di Battista, che nei giorni scorsi ha fatto tappa anche nel Sulcis, per conoscere da vicino i luoghi della memoria e del lavoro con l’ausilio delle amministrazioni locali.

 


 

L’UNIONE SARDA

L’Unione Sarda di lunedì 17 settembre 2012

Cultura (Pagina 25 - Edizione CA)

Souto de Moura, l’elogio della normalità
«L’architettura è vita, come mangiare»
Incontro con il premio Pritzker, protagonista a Cagliari
 
Lo chiami Maestro e ti corregge: Eduardo. Gli chiedi se il suo modo di fare architettura sia cambiato negli anni, e ride: «Ho venti chili in più». Accende una Davidoff senza filtro, e riprende: «I critici dicono che sono cambiato. Ma è giusto, non si può morire vergini». Sessant’anni, portoghese di Oporto come Tàvora e Siza, Eduardo Souto de Moura incarna il coraggio della normalità contro «l’ovvio, il frivolo e il pittoresco». La motivazione ufficiale della giuria del premio Pritzker, il Nobel dell’Architettura conferitogli un anno fa, gli piace. «Senza la regola non si produce niente, senza la regola non c’è l’eccezione che è vitale per il progresso».
Seduto su una panchina della facoltà di Ingegneria di Cagliari, è l’ospite attesissimo della giornata finale della scuola di Architettura. Tra pochi minuti racconterà in aula magna i suoi ultimi progetti, con la semplicità che lo distingue. Non ama il “branco” e il “preto”, la scelta netta tra bianco e nero. Per questo sorride se gli si parla di una scuola di Oporto. «Sono gli altri a dire che esiste. Io credo alle scelte operate di volta in volta, alle esigenze di un progetto, credo agli incroci». Allo stesso modo, non dice se preferisce restaurare o costruire dal nuovo. «I mezzi sono differenti ma l’atteggiamento per me è uguale». Esistono due tipi di architetture, aggiunge: «La vernacolare, dove il popolo utilizza il luogo che ha a disposizione e lo migliora, e quella erudita. Fatta da architetti e ingegneri che si rifanno alla storia. Ebbene, quasi sempre questa architettura si appoggia alla prima. Pensiamo ai grandi artisti che hanno copiato dalla cultura africana».
L’architettura deve risolvere problemi o suscitare emozioni?
«Deve fare le due cose, ma non insieme. Essere funzionale significa dare la possibilità di avere altre funzioni. Solo se fai questo e dopo gli altri riconoscono che c’è qualcosa di più della semplice funzione, il tuo lavoro diventa patrimonio di tutti».
Allora la buona architettura la fanno le persone…
«La gente è importante. Fernando Tavora mi ha spiegato molto bene quanto un progetto debba appoggiarsi alla storia. Diceva che l’architettura è la vita e la buona architettura è quella dove la gente si sente bene. L’architettura è come mangiare, non è un’invenzione intellettuale né uno stato emotivo, è la vita stessa. Lui e Alvaro Siza sono stati i miei maestri più vicini…».
Mies van der Rohe?
«Un riferimento costante, e lontano. Quanto più sono lontani, i maestri, tanto più li rispetti. Il suo insegnamento è stato fondamentale. Quando ho cominciato, il Portogallo usciva da cinquant’anni di dittatura fascista. Era dominato dal postmodernismo. Per me era necessario collaborare alla ricostruzione rifacendomi a modelli diversi. Serviva concretezza, non autocelebrazioni. L’interesse per Van der Rohe è nato così, ho pensato che fosse più giusto ispirarmi a un’architettura meno evocativa ma più pragmatica».
Può esistere un paesaggio senza il segno dell’uomo?
«Per l’architettura no, abbiamo bisogno sempre della differenza tra ciò che troviamo e ciò che vogliamo fare, può essere anche un tronco d’albero. Un architetto ha sempre bisogno di un punto d’appoggio, come Archimede».
L’hanno definita l’architetto della pietra. Le sta stretto?
«Ma no, è l’idea romantica dell’architettura tradizionale. La verità è che quando ho cominciato a lavorare, e ho progettato il Mercato di Braga, un muro di pietra costava meno di un muro di cemento…».
Maria Paola Masala

 

 

 

Cultura (Pagina 25 - Edizione CA)
Temi stimolanti e ospiti di spicco per l’iniziativa dell’Università
Occhi puntati sul Sulcis nella Scuola internazionale
 
Due folte sopracciglia nere su sfondo bianco. È Eduardo Souto de Moura distillato dal segno di Stefano Asili per il cartoncino d’invito all’incontro col grande architetto portoghese. L’ultimo, festoso e ricco di stimoli, della prima Scuola internazionale estiva di Architettura che si è svolta a Cagliari dal 2 al 15. Con un tema, “Sardegna, il territorio dei luoghi”, centrato sul progetto dei paesaggi minerari e insediativi costieri del Sulcis Iglesiente.
E proprio alle istituzioni sulcitane che hanno sostenuto questa iniziativa si rivolge per un ringraziamento speciale Antonello Sanna, direttore del Dipartimento di Architettura e coordinatore dell’iniziativa con Emanuela Abis, Giorgio Peghin e Paolo Ritossa. A lui il compito di accogliere Eduardo Souto de Moura, «un architetto che ha unito il grande impegno disciplinare a un forte senso civile e sociale, a una appartenenza alla cultura della sua terra che ce lo rende particolarmente vicino».
Un centinaio gli studenti e i docenti sardi e di altre sedi europee e internazionali che hanno dato vita alla Scuola. Tra gli ospiti più apprezzati, Jannis Kounellis, Mimmo Jodice, Vittorio Magnago Lampugnani, Joao Nunes. «Maestri, a dimostrazione che ancora oggi esistono», dice Nicola Di Battista, direttore della Scuola che un anno fa ha portato nella sede di via Corte d’Appello grandi nomi come Giorgio Grassi e Hans Kollhoff. Il primo per parlare di teoria dell’architettura, il secondo di costruzione. «Souto de Moura ha messo insieme questi temi».
Prima di dar la parola al premio Pritzker per la presentazione dei suoi ultimi progetti, Di Battista racconta un aneddoto su Kounellis: «Qualcuno giorni fa gli ha chiesto quale sia la differenza tra una scultura e un’architettura. Ha risposto: in una scultura non troverete mai un bagno». «E noi dobbiamo fare bagni», commenta tra il divertito e il rassegnato Souto de Moura, sicuro del suo. Quanto alla scultura, si può dire altrettanto? (mpm)

 

 

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