Decreto Gelmini ecco le misure "anti baroni"
Più risorse per gli atenei ma autonomia non può significare arbitrio. Questo il senso dell decreto legge approvato dalla commissione istruzione del Senato
Più risorse per gli atenei, ma autonomia non può significare arbitrio. Questa l’opinione del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini che, intervenendo nell’Aula del Senato, dice: "iniziamo a porre il merito, soprattutto quello misurato dalla qualità della ricerca scientifica, come criterio per la ripartizione di una quota significativa dei fondi statali, il 7 per cento già nel 2009, una quota che vogliamo far diventare sempre maggiore, sino al 30 per cento, invertendo un trend che ha privilegiato esclusivamente la spesa storica.
Il provvedimento prevede il blocco delle assunzioni in tutte quelle universita’ che alla data del 31 dicembre di ogni anno abbiano i conti in rosso. Per le universita’ indebitate c’e’ anche l’esclusione per il 2008-2009 dai fondi straordinari per il reclutamento dei ricercatori. Previsto anche il parziale sblocco del turnover dal 20 al 50% per tutti quegli atenei virtuosi a condizione pero’ che il 60% dei fondi venga speso per reclutare giovani. Per le assunzioni e’ prevista anche la possibilita’ dell’intervento economico di soggetti privati.
In materia di concorsi cambiano le regole per le composizioni delle commissioni. Infatti per la selezione dei docenti si prevede un ordinario nominato dalla facolta’ che bandisce il posto e quattro professori ordinari sorteggiati su una lista di 12 persone ove sono esclusi i docenti dell’universita’ che assume. Una commissione nazionale ad hoc vigilera’ sulle operazioni di sorteggio.
Particolarmente duro il giro di vite contro i baroni. E’ prevista la costituzione di una anagrafe che verra’ aggiornata annualmente presso il ministero con i nomi dei docenti e ricercatori e le relative pubblicazioni. Infatti per ottenere scatti biennali di stipendio i docenti dovranno provare di aver fatto ricerca e svolto pubblicazioni. Pena il dimezzamento dello scatto dello stipendio. Professori e ricercatori che non pubblicano nulla per due anni restano esclusi anche dai bandi Prin.
In nome della trasparenza gli atenei dovranno far conoscere i propri bilanci ed informare su come vengono spesi i finanziamenti pubblici. I rettori nell’approvazione dei bilanci consuntivi dovranno anche pubblicare i risultati delle attivita’ nonche’ la pubblicita’ dei finanziamenti ottenuti sia da soggetti pubblici che privati.
Per il piano rientro dei cervelli le universita’ potranno coprire i posti da ordinario e associato o da ricercatore chiamando studiosi che sono stabilmente impegnati all’estero, consentendo la chiamata anche di studiosi di chiara fama.
Per tutte le universita’ virtuose sara’ distribuito almeno il 7% del Fondo di finanziamento ordinario ed infine ci saranno 65 milioni per i nuovi alloggi e 135 milioni per le borse di studio destinate agli studenti meritevoli e questo per garantire il diritto allo studio.
- Scatti di stipendio solo ai docenti che fanno ricerca I docenti che non procederanno nell’attivita’ di ricerca saranno esclusi dagli scatti biennali, dalle ripartizioni dei fondi Prin per la ricerca, dalle commissioni per il reclutamento delle strutture accademiche. Obbligo per i docenti di pubblicare ricerche E’ costituita l’anagrafe dei professori, dove vi sara’ l’obbligo per tutti i docenti di pubblicare l’elenco delle loro attivita’ di ricerca scientifica.
Obbligo per le universita’ di pubblicare risultati ricerche e risultati didattica. Tolleranza zero verso le universita’ con i conti in rosso e obbligo per i rettori, in sede di approvazione del bilancio, di pubblicare i risultati dell’attivita’ di ricerca, della formazione e del trasferimento tecnologico dell’universita’. Piu’ fondi solo agli atenei piu’ meritevoli I fondi saranno destinati agli atenei in base ai meriti ed alla qualita’ della ricerca e della didattica. Sono emendamenti al Dl Universita’ approvati dalla Commissione Cultura del Senato.
il dl e’ ora all’esame dell’aula del senato
Università: le novità del decreto Gelmini
Stop ad assunzioni per gli atenei in deficit, nuove regole per i concorsi dei docenti e strumenti anti «baronati»
ROMA - Ora tocca all’università. Il decreto legge Gelmini sull’università, licenziato dalla commissione Istruzione del Senato arriva all’esame dell’aula. Stop alle assunzioni nelle università con i conti in rosso, deroga parziale al blocco del turn-over, invece, negli atenei virtuosi. Ma anche nuove regole per i concorsi di docenti e ricercatori universitari e strumenti per combattere i «baronati» dentro gli atenei.
Il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Mariastella Gelmini (Imagoeconomica)
Diverse le novità apportate in commissione: gli emendamenti del relatore, il senatore del Pdl Giuseppe Valditara, hanno introdotto una stretta sui baroni (per fare carriera i docenti dovranno produrre pubblicazioni scientifiche, bando, insomma, ai fannulloni) e l’obbligo per gli atenei di rendere più trasparente l’uso delle risorse messe a bilancio e la produzione scientifica.
ASSUNZIONI - Il dl prevede il blocco delle assunzioni nelle università che, alla data del 31 dicembre di ciascun anno, abbiano i conti in rosso. Per gli atenei indebitati c’è anche l’esclusione, per il 2008-2009, dei fondi straordinari per il reclutamento dei ricercatori. Scatta, invece, il parziale sblocco del turn-over (che passa dal 20% al 50%) negli atenei virtuosi a patto che il 60% dei soldi sia speso per reclutare i giovani. In base ad un emendamento approvato in commissione ci si può avvalere per le assunzioni anche del supporto economico di soggetti privati.
CONCORSI - Cambiano le regole per la composizione delle commissioni. Per la selezione dei docenti sono previsti un ordinario nominato dalla facoltà che bandisce il posto e quattro professori ordinari sorteggiati su una lista di dodici persone da cui sono esclusi i docenti dell’università che assume. Per i ricercatori la commissione è così composta: un ordinario e un associato scelti dalla facoltà che bandisce il posto e due ordinari sorteggiati in una lista che contiene il triplo dei candidati necessari, esclusi sempre i docenti dell’ateneo che assume. Un emendamento votato oggi prevede che ci sia una commissione nazionale designata dal Cun (Consiglio universitario nazionale) per supervisionare le operazioni di sorteggio che saranno pubbliche. Le nuove commissioni valgono anche per i concorsi già banditi, ma intanto sono stati riaperti i termini per partecipare ai concorsi in atto, viste le novità.
NORME ANTI-«BARONI» - Tra le novità introdotte in commissione al Senato, le norme anti-baroni: è prevista la costituzione di una anagrafe (aggiornata annualmente) presso il ministero con i nomi di docenti e ricercatori e le relative pubblicazioni. Per ottenere gli scatti biennali di stipendio i docenti dovranno provare di aver fatto ricerca e ottenuto pubblicazioni. Se per due anni non ce n’è traccia lo scatto stipendiale è dimezzato e i docenti non possono far parte delle commissioni che assumono nuovo personale. I professori e i ricercatori che non pubblicano per tre anni restano esclusi anche dai bandi Prin, quelli di rilevanza nazionale nella ricerca. Gli atenei dovranno anche garantire trasparenza nei bilanci e far sapere agli studenti come vengono spesi i finanziamenti pubblici. I rettori in sede di approvazione del bilancio consuntivo dovranno anche pubblicare i risultati delle attività oltre che i finanziamenti ottenuti da soggetti pubblici e privati. Altrimenti si rischiano penalità nell’assegnazione dei fondi.
RIENTRO DEI CERVELLI - le università potranno coprire i posti da ordinario e associato o da ricercatore chiamando studiosi «stabilmente impegnati all’estero» anche quelli già impegnati nel Programma ministeriale di rientro dei cervelli. Lo prevede un emendamento votato in commissione. Si potranno anche chiamare «studiosi di chiara fama».
UNIVERSITÀ VIRTUOSE - Almeno il 7% del Fondo di finanziamento ordinario sarà distribuito alle università virtuose per migliorare la qualità della ricerca e dell’offerta formativa.
DIRITTO ALLO STUDIO - Nel decreto ci sono anche 65 milioni per nuovi alloggi e 135 milioni di euro per le borse di studio destinate ai meritevoli.
IL MINISTRO - «Il decreto approvato dal Governo e gli emendamenti approvati dalla Commissione Cultura del Senato sono una vera e propria svolta nel sistema accademico in Italia – ha dichiarato il ministro dell’Istruzione Università e Ricerca Mariastella Gelmini - da vent’anni si parlava di come legare il merito alla carriera dei professori e di come vincolare i finanziamenti all’università in base a parametri che ne valutassero la qualità. Per la prima volta le carriere dei docenti non saranno legate a scatti automatici ma - come previsto dagli emendamenti approvati in commissione - al merito ed alla ricerca effettivamente svolta».
Stipendi ridotti ai prof. fannulloni
Decreto Gelmini sull’università. Le novità in arrivo
RAFFAELLO MASCI
ROMA
Stipendio ridotto e carriera bloccata ai professori universitari che non abbiano fatto pubblicazioni scientifiche negli ultimi tre anni. C’è una svolta di severità nel decreto Gelmini sull’università, che la commissione Istruzione del Senato dovrebbe varare stamattina. A produrre meglio e di più - è il senso del provvedimento - sono chiamate non solo le singole università nel loro insieme, ma anche i singoli docenti e ricercatori. Altrimenti niente soldi.
Questa normativa «rigorista» e «antibaronale» è contenuta in un pacchetto di tre emendamenti, presentati dal relatore Giuseppe Valditara e - stando alle indicazioni della vigilia - largamente condivisi sia dal governo che dalla maggioranza.
Un primo emendamento stabilisce che il rettore deve presentare annualmente una relazione sull’attività non solo di ricerca e di formazione, ma anche di «trasferimento tecnologico»: cioè deve spiegare quanto le ricerche condotte dal suo ateneo hanno prodotto innovazione e quindi competitività per il sistema. Se questa relazione non ci dovesse essere, ci sarà un taglio sui trasferimenti statali. Secondo emendamento. Deve essere allestita un’«anagrafe nazionale» dei docenti e dei ricercatori, aggiornata annualmente, nella quale si dice per ciascun soggetto quali ricerche e quali pubblicazioni ha fatto. Terzo punto, il più controverso. A partire dal 2011, gli scatti biennali di stipendio previsti per tutti i docenti, saranno subordinati alle pubblicazioni scientifiche effettuate. E chi non avesse fatto nulla? Vedrà l’aumento dimezzato. Non solo: non potrà neppure partecipare alla ripartizione dei fondi Prin (cioè quelli riservati ai più importanti progetti nazionali di ricerca) e non potrà far parte delle commissioni per i concorsi.
Insomma, un giro di vite netto che ha seminato un certo scompiglio nel mondo accademico. «La scelta del senatore Valditara mi trova perfettamente d’accordo - commenta Vincenzo Milanesi, rettore dell’università di Padova, una di quelle con i bilanci più in ordine - in quanto sono d’accordo sull’introduzione di criteri rigorosi di valutazione e sulla meritocrazia. Aggiungerei addirittura un elemento in più: non basta aver fatto delle pubblicazioni, occorre averne fatte di qualità. La norma, dunque, deve definire anche gli standard minimi». I conti in ordine ce l’ha anche Tor Vergata, la seconda università di Roma, ma il neorettore Renato Lauro è meno entusiasta del suo collega padovano: «Sono pienamente d’accordo sulla valutazione come criterio per la ripartizione dei fondi. Sarei invece molto più cauto sui singoli docenti e ricercatori, i cui comportamenti professionali non dipendono solo dalla loro iniziativa. Persone di talento si possono trovare a lavorare in un contesto non favorevole che impedisce loro di fare pubblicazioni scientifiche. Senza dire che ci sono, poi, i casi personali: abbiamo, per dire, studiosi di 55 anni, frustrati perché rimasti ricercatori, il più delle volte non per colpa loro. Che vogliamo fare? Li mettiamo su una strada dall’oggi al domani?».
Il professor Lauro, dunque, tocca il problema delle tutele dei docenti e dei ricercatori come lavoratori. «Una questione annosa e drammatica - ammette Domenico Pantaleo, segretario della Flc Cgil, il maggior sindacato dell’università -, i docenti universitari meritano protezioni e non minacce. Bisogna ricordare che questi dipendenti dello Stato non hanno un contratto collettivo e che quindi sono più esposti di altri a pressioni e ripicche, come quelle ventilate. E questa svolta autoritaria che si vuole imprimere è del tutto inaccettabile».