Domenica 24 marzo 2013

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 marzo 2013

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Il centometrista di Giurisprudenza
LE STORIE. Laurea in appena tre anni, storia di un siluro umano
 
Giura di essere un normalissimo ragazzo di ventidue anni: sarà. Però è riuscito nell'impresa di bruciare il corso di laurea in Giurisprudenza, corso quinquennale, in tre anni secchi. Velocità media: circa undici esami ogni dodici mesi. Ne ha sostenuto (e superato) trentadue. Caso unico in Italia. Federico Onnis Cugia, neodottore da giovedì scorso, nega di soffrire della sindrome del secchione: ha una ragazza, ascolta musica, va in palestra. E fa anche politica, consiglio nazionale dei sardisti. Più normale di così. Il segreto, dice, è perfino banale: «Basta sapere cosa si vuole. Sacrifici? Una settimana di vacanza l'anno».
 
Cronaca Regionale (Pagina 11 - Edizione CA)
Si laurea con due anni d'anticipo
L'altra faccia dei bamboccioni 
di GIORGIO PISANO
 
Giovedì scorso qualcuno s'è sicuramente imbucato nell'aula delle lauree di Giurisprudenza a Cagliari, mimetizzato tra la folla di parenti commossi mamme in lacrime fiori e baci.
Era lì per vedere com'era fatto. Per capire, insomma, se si trattava di un essere umano fino in fondo. Federico Onnis Cugia sa molto bene di attirare una certa curiosità ma non ha mostrato il minimo fastidio. E ha recitato la sua parte di studente modello (modello?) con l'asciutta eleganza, molto inglese, che gli appartiene. Biondino, un metro e ottantacinque su un fisico longilineo, giacca cravatta gilet, no piercing no tatuaggi a vista, sorriso d'ordinanza. Ha ventidue anni. Giovedì si è laureato in Leggi, corso quinquennale, superando tutti gli esami in tre anni. È un caso unico in Italia. Ha anticipato la laurea di due anni marciando alla velocità di quasi undici esami ogni dodici mesi. Un mostro, uno da mandare a Superquark da Piero Angela.
Federico è quel che si dice un giovane garbato. Durante l'intervista mantiene perfino una postura signorile, non stravacca neanche per un attimo. Sa bene di essere un primo della classe ma evita esibizioni. Dice che l'ha fatto per amore. Amore del Diritto. Gli piaceva tanto che sulle prime aveva timore di impantanarsi in un corso di studi dove si salva chi può: niente frequenza obbligatoria, organizzazione molto aperta, autonomia senza limiti. C'era il rischio, in pratica, di iscriversi e restarci a vita o quasi.
Padre e madre medici, tre fratelli più piccoli, non ha raccolto sostegni entusiastici in famiglia: «Spesso non ho neppure detto ai miei che andavo a dare un esame. Era il mio dovere, tutto qui. Perché parlarne?» Con una tesi sui mutui derivati, ha conquistato il titolo di dottore con 108/110. Il suo relatore (professor Corrado Chessa, docente di Diritto bancario) lo definisce «un ragazzo fuori dal tempo. E lo dico come complimento. Nel senso che manifesta una saggezza e un modo di comportarsi che non sono affatto della sua generazione». Così si arriva al vero mistero di Federico, a questo singolare sprinter che non tradisce la minima emozione: ha davvero 22 anni oppure il triplo ben mimetizzati dietro chissà quale sortilegio?
A parlargli sorprende non solo per il linguaggio maturo ma per la profondità d'analisi. Con tante scuse, ma a tratti sembra un vecchio dispensatore di consigli, suggerimenti, istruzioni per l'uso di stare al mondo. Un guru-bambino. Il suo è stato uno studio volli fortissimamente volli ma si occupa anche d'arte, di sport, di politica. Uno qualunque, insomma.
Consapevole d'essere un fuoriclasse, non si dà arie e neppure prova a mostrarsi in qualche misura speciale. «Caso unico in Italia il mio? Sembra, ma francamente non ne ho la certezza». Forse non gl'importa più di tanto. Quel che conta è aver vinto la sfida iniziata quando aveva appena vent'anni ed era un po' più smilzo, sempre biondino, abbigliamento ovviamente classico (quasi rotariano) e un chiodo ben piantato nel cervello: vincerò.
Partiamo da un dato di fatto: le piace studiare.
«Molto. I professori del liceo mi hanno insegnato un buon metodo: credo di dovergli molto».
Quante ore al giorno?
«Dipende dall'esame. Per quelli più pesanti tutto il giorno: dalle otto del mattino alle otto di sera, salvo le pause».
Quali sarebbero le pause?
«Pranzo, cena».
Altri sintomi?
«Mi sento un ragazzo normalissimo, faccio la vita di tutti, ho tanti interessi e non ho mai rinunciato a nulla per lo studio».
Per esempio?
«Ho fatto atletica, ho fatto nuoto: e questo senza smettere di studiare. Si può. Non c'è nulla di eroico. Ho fatto anche molto altro».
Cioè?
«Associazionismo. Insieme ad amici abbiamo creato a Cagliari un'accademia di pittura figurativa, foto e scrittura creativa. I corsi sono iniziati qualche mese fa».
Dunque s'accorge del mondo che le gira intorno.
«Ovviamente. Non ho niente di speciale. Mi occupo di molte cose, politica inclusa».
Anche politica?
«Sì. Sono un militante sardista, faccio parte del Consiglio nazionale del partito».
Ma allora rischia perfino d'avere una ragazza.
«Difatti ce l'ho, Sara. Devo molto alla sua tolleranza e alla sua pazienza. Mentre ero lanciatissimo negli studi, ha avuto qualche problema di salute e in quella occasione ho ricevuto da lei una straordinaria lezione di vita che non dimenticherò».
Lei non è esattamente quello che il governo Monti chiamerebbe bamboccione.
«Credo di no. La voglia di bruciare le tappe parte da un presupposto preciso: capire il tempo in cui vivo. E siccome so bene che non mi regala niente nessuno, ho deciso di darmi da fare».
L'accelerata negli studi è legata allo sfascio del mondo che ha davanti?
«Sono un ottimista della vita, vedo il bicchiere sempre mezzo pieno e quindi ho preso atto che, per poter afferrare una speranza di occupazione, bisognava fare più in fretta possibile. Il mercato del lavoro è saturo, mica potevo restare a guardare».
Si sente un marziano?
«Quando mai».
Il suo è un caso unico in Italia: come definirla?
«Non mi piace essere autoreferenziale ma sono semplicemente un ragazzo con molta voglia di muoversi, di arrivare. Sono curioso, intraprendente, pignolo. Non mi sento affatto un pezzo unico».
Quando ha deciso di fare il centometrista del Diritto?
«Il giorno in cui mi sono iscritto. Sara mi ha ricordato che quella mattina le avevo detto: eccomi qui in Giurisprudenza ma dev'essere una toccata e fuga».
Era così anche al liceo?
«Beh, diciamo che avevo una media decisamente alta».
Le è mai arrivato alle orecchie un colpo di secchione?
«No, e questo per la semplice ragione che - studio a parte - sono identico ai miei coetanei. Sono sempre stato ritenuto un furbetto, uno che va a bersaglio senza strapparsi i vestiti. Studiare quel che serve e ricavarne il massimo profitto: è sempre stato questo il mio motto».
Qual è stato l'atteggiamento dei docenti?
«Disomogeneo. Alcuni, guardando il mio libretto, si complimentavano. Altri invece non capivano quella mia voglia di correre, non accettavano l'idea che mi andasse bene un voto sotto il trenta».
L'Università, anche se l'ha vista in corsa, com'è stata?
«Parlo della mia esperienza. Nelle facoltà a numero aperto come Giurisprudenza, occorre capire che devi cavartela da solo. Non c'è obbligo di frequenza, nessuno che ti segua, pochi i contatti con i professori e quindi sei solo tu a governare il tuo destino di studente. Devi porti subito un obiettivo: laurea. Almeno questo è quel che ho fatto io».
Altre impressioni?
«Una molto positiva. Contrariamente a quanto si dice in giro sui giovani che non hanno interessi per nulla, all'università ho trovato invece molta effervescenza, non ho colto l'atteggiamento di chi sta in Facoltà per fare tappezzeria. Piaccia o no, l'università è ancora la fonte della cultura, dell'etica, delle indicazioni per la vita».
È stato autorizzato ad anticipare gli esami?
«C'è un regolamento del 2009 che stabilisce la durata dei corsi di laurea e il numero degli esami. Ma le indicazioni finiscono qui. Poi, ognuno si regola come crede».
Avrebbe voluto studiare altrove?
«Ho superato il pre-test per iscrivermi in Bocconi ma poi ci ho ripensato. Non mi interessava laurearmi a Milano o a Roma. Considero una fortuna essere nato qui, adoro la mia terra, ci vivo bene e dunque non c'era alcuna ragione per emigrare».
Beh, una sì: l'università di Cagliari è un fanalino di coda nazionale.
«Sono convinto che, al di là delle graduatorie, tutto dipenda dalla formazione che riesci a conquistare. Se studi (e studi bene), se ti applichi sul serio, non credo che alla fine la provenienza da un ateneo o un altro faccia la grande differenza. Metto in conto di andar fuori per un corso di specializzazione...».
... o per una seconda laurea.
«A questo sto già pensando ma non ho preso una decisione. Scienze Politiche, Economia? Forse Economia perché dicono che un giurista digiuno di economia è un giurista a perdere».
Adesso che non possono esserci più rappresaglie: il prof peggiore?
«Non ne ho avuto né di migliori né di peggiori».
Ha mai ripetuto esami?
«Qualcuno sì».
Per esempio?
«Diritto della Navigazione».
L'esame più tosto?
«Procedura civile. Ho impiegato davvero tanto per prepararlo, giornate di studio intenso e faticoso».
Quello più facile?
«Diritto costituzionale. In realtà non era il più facile ma quello che mi appassionava di più. L'ho proprio divorato, in un mesetto l'ho digerito».
In Facoltà s'è creato una certa fama tra i colleghi?
«Inevitabile. Attiravo curiosità».
Le hanno fatto intorno un cordone sanitario?
«Questo no ma qualche cattiveria non me l'hanno risparmiata. Invidia, noi sardi siamo specialisti in materia. Poi, calunniette meschine alle spalle».
Che dicevano?
«Che avevo una sfilza di soli 18, che solo così ero riuscito a sostenere trentadue esami in tre anni».
Ha mai pensato di mollare gli studi in corso d'opera?
«Non ho avuto tentazioni di questo genere, la volontà che mi ha animato agli inizi non mi ha mai lasciato. Ho fatto al massimo una settimana di pausa».
Anche d'estate?
«Sissignore, anche d'estate. Al mare coi libri sotto l'ombrellone. Per questo dico che la mia ragazza ha avuto una grande pazienza».
Tempo libero, mai?
«Mi sono sempre ritagliato i miei spazi fra studio e amici. È capitato di studiare dal mattino presto e fermarmi al pomeriggio per avere la sera libera. Ma, vede, l'importante non è la programmazione delle ore. L'importante è sapere cosa si vuole».
Uno su quattro dei suoi coetanei non studia, non lavora, non è interessato a niente.
«Ho letto. Li chiamano neo-indifferenti. Io credo che non abbiano il coraggio di affrontare la vita. Ritengo siano vittime di una fragilità interiore che gli impedisce di uscire da un guscio sterile e protettivo».
Lei invece?
«Io invece niente. Ascolto musica, dalla classica al rap. Adoro tutti i film di James Bond e Rocky con Silvester Stallone. Ho anche un libro del cuore: Un uomo di Oriana Fallaci. Due miti della politica: Simon Mossa e Francesco Cossiga. Vado in palestra, frequento il partito».
Insomma, non si lascia vivere addosso.
«Neanche per un minuto. E come me tanti altri della mia età. Circolano molti luoghi comuni sul nostro conto. Lo vedo alle riunioni del Psd'Az: partecipano anche cinquanta-sessanta ragazzi per volta. Questo è disinteresse, indifferenza?»
Adesso che ha la laurea in tasca, prospettive?
«Ho contatti con alcuni studi legali. Non ho ancora deciso in quale ramo dell'avvocatura mi piacerà specializzarmi. Vedremo».
Neanche un pensierino da consigliere regionale?
«Perché no? È un'idea lontana ma nient'affatto astrusa».
Come nei titoli di coda, a chi dire grazie?
«Alla mia ragazza, ai miei, a me. Soprattutto a mio nonno, che nel 1989 fu rapito dall'anonima sequestri. La sua tenacia è sempre stato un punto di riferimento irrinunciabile. Grande determinazione, grande forza d'animo: il segreto, in fondo, è tutto qui».
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Provincia di Oristano (Pagina 25 - Edizione OR)
ALES. Riapre ad aprile
Pannelli solari per il Museo del giocattolo
 
All'interno i vecchi giocattoli fatti di canne e bambole di pezza che hanno divertito i bambini di mezzo secolo fa. Sul tetto pannelli solari per rendere la struttura autosufficiente dal punto di vista energetico. Ovvero tradizione ed innovazione. Così riaprirà al pubblico martedì a Zeppara, frazione di Ales, il museo del giocattolo tradizionale della Sardegna, chiuso dal 1 luglio per lavori di miglioramento della collezione e degli impianti. Una notizia attesa dal mondo culturale isolano e soprattutto dalle scuole. Sono gli alunni i maggiori fruitori dell'esposizione unica in Sardegna, nata da un laboratorio triennale su materiale poveri che ha impegnato 15 anni fa gli studenti delle medie col sostegno dell'Istituto di Storia delle tradizioni popolari dell'Università di Cagliari. Il progetto di miglioramento del museo è stato finanziato con 200 mila euro della Regione e 22 mila euro fondi del Comune. «Abbiamo adeguato i locali alle norme antincendio, realizzato l'impianto di condizionamento e potenziato quello di illuminazione», ha spiegato il sindaco Simonetta Zedda, «con altri nostri fondi abbiamo sistemato sulla copertura un impianto fotovoltaico per rendere la struttura energicamente autosufficiente e sostenere l'uso di energia pulita». All'interno tante scoperte, sala dopo sala: i cavallini ed i fucili di canna e giochi come su barralliccu, su tirollasticu e sa badruffa. «Poi un laboratorio di produzione di giocattoli che potrebbe diventare un'opportunità di formazione e lavoro», ha aggiunto il primo cittadino. «Intendiamo promuovere, nell'immediato, una serie di iniziative di carattere didattico-culturale per dare un ulteriore lancio promozionale al museo e recuperare il tempo perduto», hanno annunciato Alfredo Piccolo, presidente del Consorzio “Sardegna e Natura” che gestisce la struttura museale e il responsabile Fabio Deiola. Gli orari per tutto aprile: martedì, giovedì e venerdì 10-13 e 16,30-18,30, mercoledì 16,30-18,30, sabato 16-19 e domenica 10-13 e 16-19, lunedì chiuso.
Antonio Pintori
 

LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Ed_Cagliari
La Manifattura è sgombra via all’ultimo progetto
Dopo il primo lotto nel quale l’area è stata riportata alla sua pianta originaria la Regione è pronta a varare il nuovo cantiere che la renderà fruibile
 
CAGLIARI Chiuso il primo lotto, in aprile si dovrebbe mandare in cantiere il secondo, quello che farà aprire definitivamente i cancelli della Manifattura tabacchi, area immensa, edifici di pregio, la memoria della città operaia, del lavoro femminile, delle conquiste sociali come il primo asilo in fabbrica per i bambini delle dipendenti. Il direttore generale dell’assessorato regionale ai Beni culturali, AntonioConti, ha chiuso l’ultima conferenza di servizi con una sostanziale condivisione del progetto per il secondo lotto presentato dallo studio Cascìu. In aprile è prevista la consegna del progetto definitivo e quindi la determinazione regionale che approva il secondo lotto e dà il via alla fase più importante del grande progetto di restauro della Manifattura tabacchi. Il primo lotto nel quale sono stati spesi centomila euro aveva lo scopo di liberare la Manifattura di cento anni di costruzioni, ricostruzioni, aggiunte: gli spazi sono stati sgombrati di ogni sorta di cavi e della grande quantità di eternit che è stata trovata ovunque nei locali abbandonati, la pianta originale è stata ripristinata.Nel tempo, col cambiare delle esigenze, la Manifattura ha subìto numerosi interventi che avevano quasi cancellato la pianta originaria soprattutto in alcuni punti. Adesso la Manifattura è nella stessa condizione voluta dai progettisti che la ricavarono da un ex convento.Il secondo lotto, per tre milioni di euro lordi (due milioni e mezzo di lavori), «renderà gli spazi fruibili», riassume il direttore generale Conti. Diventerà un grande spazio che potrà essere dato in gestione. Resta ferma l’idea di lasciare lo spazio destinato alla Fabbrica della creatività a disposizione dell’Università, ma la Manifattura è immaginata come un luogo che offrità spazi anche a diverse altre categorie di operatori.Gli artigiani di sicuro, la Camera di commercio ha chiesto di essere inserita nell’elenco degli aspiranti gestori, ma non solo. Lo spazio è enorme, sulla carta è possibile creare un condominio tra ateneo, Comune, la Regione che è proprietaria dell’area, uno spazio per metterci la biblioteca l’ha chiesto anche il Consiglio regionale e l’idea è quella di non escludere le varie possibilità. La gestione è un tasto delicato perché attraverso questa passa il futuro della struttura. E’ necessario trovare un gestore che investa nelle strutture per attrezzare gli spazi i quali saranno consegnati dalla Regione in perfetto stato ma vuoti. Serve un tavolo per concertare la destinazione della Manufattura e quindi decidere attraverso quale formula dovrà essere gestita e con la partecipazione di chi. L’area è molto grande, la città ne ha bisogno, ma perché un sistema del genere funzioni ci vuole un «condominio intelligente». (a.s.)

Questionario e social

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