Lunedì 20 febbraio 2012

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
20 febbraio 2012
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA


1 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 15 - Edizione CA)
Orientamento all’Università 
Mercoledì alle ore 9,45 nella sala riunioni del Dipartimento di Chimica nella Cittadella universitaria di Monserrato, il rettore Giovanni Melis presenterà le Giornate dell’Orientamento, la tradizionale manifestazione rivolta agli studenti delle classi quarte e quinte delle scuole superiori della Sardegna, in programma fino a sabato. 
Dibattito sui territori
Venerdì, dalle 9, nell'aula teatro della facoltà di Scienze politiche (via Nicolodi, 104) è in programma il convegno su Territori in transizione - Le sfide del mondo rurale in tempo di crisi: nuove economie, produzioni locali, preservazione delle risorse naturali, biodiversità, ambientale e culturale. 
 
 
2 - L’Unione Sarda / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
In campo partiti e forze sociali. Domani le visite a Sassari e Alghero
NAPOLITANO OGGI A CAGLIARI
L’appello: «Presidente sostenga la vertenza Sardegna»
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano arriva oggi a Cagliari, per una visita istituzionale in Sardegna che proseguirà domani a Sassari e Alghero. In mattinata sarà al Comune e al teatro Lirico. Nel pomeriggio vedrà i familiari di Rossella Urru e parteciperà alla seduta straordinaria del Consiglio regionale. Istituzioni e forze politiche (ma anche sindacati e imprese, che lo incontreranno in serata) chiederanno al capo dello Stato un aiuto per sbloccare la cosiddetta vertenza Sardegna. Ma pastori, operai e popolo delle partite Iva annunciano proteste lungo il percorso del corteo presidenziale.
 
Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
Domani sarà a Sassari e Alghero. Al centro degli incontri la «vertenza Sardegna»
TUTTO PRONTO PER NAPOLITANO
Al via da Cagliari la visita del capo dello Stato nell’Isola
Cagliari è pronta, e oggi cercherà di mostrare la sua forma migliore per accogliere Giorgio Napolitano. Ma il presidente della Repubblica arriva in Sardegna nel momento più difficile della storia isolana degli ultimi decenni. La visita che inizia oggi nel capoluogo, e domani toccherà Sassari e Alghero, non può essere un normale viaggio istituzionale, come altri nel passato. Dai vertici della Regione, dai partiti, da sindacati e imprese (e forse anche dalle proteste lungo le vie del corteo presidenziale), Napolitano ascolterà le tante ragioni della disperazione dei sardi.
LA CRISI Per brevità ormai la chiamano tutti «vertenza Sardegna», etichetta che raggruppa le tante ragioni della crisi economica. C’è il crollo del sistema produttivo, in particolare delle industrie, che colpisce tutta l’Isola. Questione che si intreccia con la storica carenza di infrastrutture e dei trasporti, sia interni che esterni, nonché col problema cronico del costo dell’energia.
Per reagire a questi problemi, servirebbero le entrate fiscali previste dall’accordo del 2006 con lo Stato, ma mai trasferite alla Regione: come anche i Fas (Fondi per le aree sottoutilizzate). Temi posti ora sul tavolo di Palazzo Chigi, nel confronto aperto a inizio febbraio dal presidente della Regione Ugo Cappellacci col premier Mario Monti.
Nel suo colloquio privato con Napolitano, oggi pomeriggio, il governatore chiederà al capo dello Stato di farsi garante della trattativa Governo-Regione. Subito prima, nell’hotel Regina Margherita che lo ospiterà anche per la notte, il presidente della Repubblica - sempre con Cappellacci - avrà un altro incontro privato, sicuramente molto toccante: quello con i familiari di Rossella Urru, la cooperante di Samugheo rapita in Algeria quattro mesi fa. L’interessamento di Napolitano servirà a tenere alta l’attenzione su una vicenda che rischia l’oblio.
LE TAPPE La visita (che dalle 10.30 sarà seguita in diretta tv da Videolina) inizierà alle 10.40 alla stazione marittima, con l’inaugurazione del monumento Pietra tricolore. «Una visita che ci emoziona», dice Piergiorgio Massidda, presidente dell’Autorità portuale. L’opera, spiega l’autore Pinuccio Sciola, «rappresenta le ideali fondazioni della Sardegna e dell’Italia, con le sue pietre fondamentali: il basalto, il calcare e il granito».
Alle 11, nella sala Figari del Municipio, Napolitano incontrerà il sindaco Massimo Zedda con la Giunta e il Consiglio comunale. Alle 11.35 interverrà al teatro Lirico, al convegno su “Il contributo della Sardegna all’unità d’Italia”. Alle 16.30 parteciperà alla seduta straordinaria del Consiglio regionale. Parlerà sicuramente la presidente Claudia Lombardo, che sei mesi fa aveva scritto a Napolitano chiedendo un interessamento per l’Isola. Non si sa ancora, invece, se parlerà anche il capo dello Stato.
Se lo augura Mario Diana, capogruppo Pdl: «Dall’intervento di Napolitano a conclusione dell’incontro ci aspettiamo risposte concrete, nella direzione di un rafforzamento del patto tra la Sardegna e lo Stato». Il Psd’Az ha sciolto i dubbi e ci sarà, come conferma il capogruppo Giacomo Sanna: «Anche se le visite precedenti non hanno cambiato granché. Speriamo che stavolta sia diverso: di certo la Sardegna non deve presentarsi col cappello in mano». Giampaolo Diana, leader del gruppo Pd, auspica che Napolitano «si faccia carico del fatto che dal 2010 il Governo non attua le nuove regole sulle entrate fissate dallo Statuto sardo, norma di rango costituzionale».
Diana poi polemizza con Cappellacci: «Non ha invitato il gruppo Pd al convegno del Lirico, ho verificato col personale e gli altri consiglieri. Un grave sgarbo. Saremo in Consiglio per rispetto del capo dello Stato, ma a lui Cappellacci dovrà spiegare la nostra assenza al Lirico». «Polemica assurda», ribatte il governatore: «Gli inviti sono stati recapitati al gruppo consiliare. In ogni caso, quando domenica sera Diana ha contattato la presidenza, gli è stato garantito un duplicato».
I SINDACATI Dalle 17.30, il presidente della Repubblica sarà a palazzo Viceregio per incontrare i lavoratori delle aziende in crisi, e poi i sindacati e le associazioni degli imprenditori. «Ribadiremo il diritto dei sardi alle pari opportunità con le altre realtà del Paese», dicono Enzo Costa, Mario Medde e Francesca Ticca, leader di Cgil, Cisl e Uil. Ai soliti temi, dall’insularità alla crisi industriale fino alle entrate, i sindacati aggiungono le riforme: invocando «un confronto inter-istituzionale sul nuovo patto costituzionale tra Stato e Regione, per approvare un nuovo Statuto sardo».
Giuseppe Meloni
 
 
Giovanni Lilliu (foto: UnioneSarda.it)3 - L’Unione Sarda / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
L’Accademico dei Lincei aveva 97 anni
ADDIO A GIOVANNI LILLIU, ERA IL PADRE DEI NURAGHI
Studioso di fama internazionale, portò alla luce a Barumini, suo paese natale, la reggia di Su Nuraxi, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Autore di numerosi saggi ha lascito un segno profondo nella vita culturale sarda.

Gli pesava il titolo di Sardus Pater
L’ARCHEOLOGO FORTUNATO CHE GUARDAVA AL FUTURO
Maria Paola Masala
«Giornalista io? Non scherziamo», si schermì un giorno con il collega Lello Caravano. Non scherziamo. Aveva ragione lui. Se i giornalisti sono per statuto tuttologi e un po’ pressapochisti, Giovanni Lilliu non è stato un giornalista. Un grande comunicatore, questo sì: con i suoi libri, dove il rigore scientifico si sposa sempre alla ricchezza della narrazione, nei mille interventi sull’autonomia, sull’ambiente, sulla lingua, sulla identità. Rivolti tutti allo stesso obiettivo: rendere un servizio ai sardi, aiutarli a essere più consapevoli, orgogliosi del loro passato, e quindi del loro futuro. Ci credeva fortemente, il vecchio archeologo che fu anche consigliere comunale e regionale Dc e che del senso di resistenza, dello spirito antagonistico e autonomistico dei suo conterranei aveva fatto un punto fermo», la “costante resistenziale”. «Sa quale è la migliore eredità che possiamo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti? Le radici e le ali. Le prime irrobustiscono l’albero della nostra identità, le seconde ci portano a conoscere l’altrove. Solo così potremo indicare strade nuove alle future generazioni». Parlava, il vecchio professore, ai microfoni di RadioSardegna, seduto nel suo studio stracolmo di libri, carte, fotografie. Una ritraeva José Manuel Barroso, il presidente della Commissione europea, che si complimentava per i suoi 90 anni con un “Buon compleanno Giovanni Lilliu, buon compleanno Sardegna”. Un’altra, in bianco e nero, mostrava la squadra del Barumini, anni Trenta, con un piccoletto accucciato. «Ero ala sinistra, correvo molto».
Di casa era anche l’altra squadra, quella che molti anni più tardi avrebbe portato alla luce la reggia nuragica. Operai che scavarono da mattina a sera, presi da un entusiasmo febbrile. «Non se ne volevano mai andare, e io con loro. Ero sempre sullo scavo, non tutti gli archeologi lo fanno». Non tutti gli archeologi sono Lilliu, Accademico dei Lincei, avversario di alcuni, nemico di nessuno, deluso dalla Sardegna attuale, e contento di esistere. «Il bilancio della mia vita? Positivo, ma lo lascio dire agli altri». Lo ha detto anni fa l’amico Nivola, dedicandogli una scultura, “L’archeologo fortunato”, lo ha detto la Sardegna, conferendogli il titolo di Sardus Pater. Un riconoscimento che lo metteva in imbarazzo: «Mi sembra troppo».


4 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 5 - Edizione CA)
ADDIO AL SARDUS PATER
Dalla scoperta di Su Nuraxi alle battaglie per l’identità e la lingua
«Le nostre radici sono nelle pietre squadrate delle torri-fortezza»

di Lello Caravano
Alla festa per il cinquantenario della scoperta di Su Nuraxi, gli operai che lo affiancarono nella più straordinaria scoperta archeologica dell’Isola dei nuraghi, lo sommersero di affetto e deferenza come se fosse un capo tribù. «Su professori, siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto con lei, chi esti unu sardu bellu ». Giovanni Lilliu ci mise un secondo a scrollarsi di dosso qualunque alone di sacralità. Con la sua inconfondibile voce, quasi in falsetto, replicò con umiltà: «Non sono un uomo da celebrare, né un mito. Il mito per tutti noi è il nuraghe, con le sue leggende, la sua storia, i suoi misteri».
Lilliu se ne è andato alla soglia dei 98 anni (era nato il 13 marzo 1914 a Barumini, a due passi da Su Nuraxi, tra i campi di grano e le colline della Marmilla), e la Sardegna perde uno dei suoi padri più amati. Ha dedicato la sua intensa vita a quel popolo di pastori-cacciatori e di ingegnosi costruttori che 3500 anni fa diede vita a una civiltà unica al mondo. Ha reso grande la Sardegna e l’ha fatta conoscere nel mondo. E la Sardegna antica, le sue pietre squadrate innalzate una sull’altra - senza malta - fino a diventare maestose e solidissime torri-fortezza, hanno reso grande lui.
RADICI NELLE PIETRE In quei sassi, amava ricordare il grande archeologo, unico sardo accademico dei Lincei, affondiamo le nostre radici. «Perché senza quelle rocce, senza quelle pietre noi non ci saremmo», ripeteva, lui, dottore in perdas e teulaccius , come gli rimproverava bonariamente il padre Giuseppe, che lo voleva medico o avvocato. Ma è su quelle pietre e quei cocci in terracotta che Lilliu ha costruito le vicende del popolo dei nuraghi, svelando una civiltà fino ad allora nascosta, come nascosto sotto una collina di terra e di asfodeli era il gigante di basalto di Barumini, sulla cui sommità lui non ancora professore si fermava con gli amici a strimpellare La Spagnola o Signorinella pallida al ritorno dalla festa di Sant’Antonio Abate a Tuili dopo aver gustato carapigna di Aritzo e torrone nocciolato di Tonara («quello era il nostro night sotto la luna»). Lilliu all’inizio degli anni Cinquanta ha scoperto Su Nuraxi e soprattutto ha svelato la società del popolo dei nuraghi e dei bronzetti, fino a diventare probabilmente il più grande storico sardo del Novecento, al di là delle divergenze accademiche, nonostante non tutte le sue teorie abbiano trovato conferma.
LA SUA LEZIONE Ma la sua straordinaria lezione, da vero papa nuragico , è aver insegnato ai sardi a non vergognarsi delle loro origini, della loro storia. L’amore per la sua terra è scritto nelle pagine del suo libro più celebre - La Civiltà dei sardi, prima edizione 1962, prefazione di Antonio Segni, dedicato ai Pastori della Barbagia - nella sua inesauribile curiosità intellettuale, nella sua battaglia per l’identità e la lingua sarda, condotta in tempi ormai lontani, da preside della facoltà di Lettere (per 19 anni) e da consigliere comunale e regionale, sempre nelle fila della Democrazia cristiana. Negli ultimi anni diceva spesso: «Della Sardegna di oggi non mi piace la disunione. Abbiamo grande dignità ma dobbiamo ritrovare l’orgoglio. Ho sempre lavorato per amore della mia terra, perché vada avanti e sia più ricca, nel cuore e nei fatti».
GIORNATA MEMORABILE C’è un momento indimenticabile nella vita di Giovanni Lilliu e nella memoria dei sardi. È il 20 giugno 2000. Sulla piana dominata dal severo gigante in pietra si celebrava una giornata memorabile. La consacrazione da parte dell’Unesco di Su Nuraxi, monumento simbolo dell’Isola, inserito nell’elenco dei tesori dell’umanità, accanto alle Piramidi, al Machu Picchu, a Venezia, a Assisi, a Mont Saint Michel, al Taj Mahal. Si celebrava, tra tenores e launeddas, il nuraghe di basalto, ma si festeggiava soprattutto lui, il Sardus Pater del Novecento, la sua tenacia, la sua passione, la sua semplicità. Non lo ammise, ma si emozionò davanti al ministro della Cultura Giovanna Melandri e all’inviata giapponese dell’Unesco. Nonostante gli acciacchi, percorse le ripide scale che portavano alla sommità del torrione centrale, con vista sull’altopiano dei cavallini e sui campi di grano appena falciati. Lui a far gli onori di casa, perché quella era una sua creatura. A raccontare della civiltà di un popolo vissuto 1500 anni prima di Cristo, a spiegare una cultura lontana dalla perfezione classica. Affascinò i presenti spiegando che le genti del Bronzo amavano la circolarità, quella dei nuraghi, delle capanne, de su pinnettu. «Era tondo il ballo, era tondo anche su pensamentu », furono le sue indimenticabili parole. Oggi la reggia visitata da almeno ottantamila turisti l’anno (che ammaliò i grandi della Terra, da Willy Brandt alla regina madre d’Inghilterra), è diventato, insieme con palazzo Zapata, uno dei centri culturali e di documentazione più importanti di tutta l’Isola.
Lilliu ci ha lasciato migliaia di affascinanti pagine sulla civiltà nuragica, dimostrando qualità letterarie e di divulgatore di prim’ordine (restano indimenticabili quelle dedicate al santuario di Santa Vittoria di Serri: visitarlo leggendo i brani tratti dalla Civiltà dei sardi è un’esperienza da provare, il grande archeologo sa restituire fascino ed emozione a quei ruderi che forse furono un grande centro federale dei sardi). D’altronde, non appena completava uno scavo o una ricerca, pubblicava i risultati sulle pagine culturali dell’Unione Sarda, convinto che i sardi (sempre con la “S” maiuscola nei suoi scritti) dovessero conoscere la loro storia.
IL BAMBINO E IL VENTO Schivo e umile com’era, gli occhi gli brillavano quando ricordava la lettera che gli scrisse (in realtà era un tema in classe) un bambino della scuola elementare di via Savoia a Sassari. I protosardi hanno vinto il vento perché hanno fatto delle costruzioni resistenti al vento e al tempo. I sardi di oggi non piantano molti alberi o altro perché dicono che il vento non lo permette. Ma se i sardi antichi ce l’hanno fatta, perché noi no?» . Parole di uno scolaro di otto anni, ma è come se le avesse scritte lui, Giovanni Lilliu, il papa nuragico.
 

5 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 4 - Edizione CA)
Da Cappellacci a Mattone, ricordo dell’uomo e scienziato
«È stato il cantore-cultore della storia di un popolo»
«L’Isola ha perso un vero cantore-cultore della nostra identità». Così il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, alla notizia della scomparsa di Lilliu: «Il “Sardus Pater” che gli è stato assegnato nel 2007 è un’onorificenza che ben simboleggia l’affetto e la riconoscenza di tutti i sardi per un uomo che ha dedicato tutta la sua vita a studiare, ricostruire e valorizzare la storia dei nostri progenitori».
«Innanzitutto ha lasciato un metodo», sintetizza Antonello Mattone, docente di Storia delle istituzioni politiche all’Università di Sassari. Prima di Lilliu il racconto della preistoria «era essenzialmente fatta di reperti, lui ha creato un quadro generale: religione, culto dei morti, storia militare, nuraghi come castelli. Poi i giganti di Mont’e Prama, esempio di statuaria che precede la grande statuaria greca. Con la Sardegna al centro del Mediterraneo, che condivideva con altri popoli le novità della civilizzazione». Certo, «molte sue tesi sono state ridimensionate da altri scavi, e ne era consapevole. E lui stesso ha saputo rinnovarsi». Ma restava «un “classico” della storiografia sarda. Un modello di rigore scientifico, impegno civile e grande apertura intellettuale».
«Se c’è un aspetto singolare nella produzione di Lilliu è stata la penetrazione capillare dei suoi scritti nelle città, nei paesi e nei villaggi della Sardegna, fino a raggiungere un pubblico vastissimo», ricorda il rettore dell’Università di Sassari, Attilio Mastino. Che tratteggia «un uomo inquieto e ruvido, carico di insoddisfazioni, un democratico pieno di sentimenti e di desideri, senza pace, che non si rassegnava e che intendeva combattere per la sua terra, contro la subalternità e l’emarginazione».
Lo ricordano i suoi allievi: «Ho seguito sotto la sua direzione, in una felicissima stagione culturale, la Scuola di specializzazione in studi sardi. Bellissimi ricordi di lezioni sul campo e di allegri convivi», dice l’insegnante e archeologa Maria Antonietta Pilia (figlia di Fernando). E Raimondo Zucca, «testimone fortunato, insieme a tanti archeologi sardi da lui allevati, del magistero archeologico (e di vita) impartito nell’Ateneo cagliaritano»: Lilliu «ha indicato ai sardi, sulle orme degli antenati, la strada del costruire insieme, lontani dalle divisioni».
Anche il giornalismo è in lutto: «Con i suoi memorabili articoli - sottolinea il presidente dell’Ordine sardo, Filippo Peretti - Lilliu ha testimoniato, in spirito di servizio, il significato di un’informazione intesa soprattutto come strumento a favore dello sviluppo sociale e culturale di un popolo». È stato «capace di considerare l’energia dell’autonomia della sua Regione nei processi di integrazione e contaminazione fra culture (significative le sue collaborazioni con personaggi di altra estrazione come Zevi e Norberto Bobbio)», aggiunge Franco Siddi, segretario generale della Fnsi. E così il mondo del lavoro: «Fino agli ultimi mesi di vita è stato vicino al movimento sindacale», scrive il segretario generale Cisl Mario Medde: «Considerava le lotte dei lavoratori straordinario veicolo per l’affermazione dello spirito autonomistico del popolo sardo».
 

6 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 5 - Edizione CA)
L’importanza delle sue ricerche: dal Paleolitico all’età nuragica
HA CREATO UNA DISCIPLINA
Il “dialogo” con le culture del Mediterraneo
L’ultima volta che Giovanni Lilliu è entrato nel Dipartimento di Scienze archeologiche, a Cagliari, è stata nel 2009. In punta di piedi: ai suoi allievi, divenuti colleghi, si è presentato con l’umiltà dell’uomo di studi mai stanco di confrontarsi con la realtà accademica di cui era stato fondatore, depositario e infine vigile custode. Alla fase preparatoria della Riunione scientifica dell’Istituto italiano di preistoria e protostoria si presentò puntuale, dattiloscritto alla mano. Gli fu poi affidata la lectio magistralis che, su “Contadini e pastori nella Sardegna neolitica e dei primi metalli”, svolse con «lucidità e precisione in un clima di commozione».
Il ricordo è di Giuseppa Tanda che dal 2000, succedendo a Enrico Atzeni, ha ereditato la cattedra (oggi di “Preistoria e Protostoria”) che fu del Professore. All’atto della sua fondazione la disciplina, col sostegno della Regione, fu battezzata “Antichità sarde”. Divenne poi, secondo una volontà di omologazione che intendeva bandire i localismi dall’Istituzione accademica, “Preistoria e protostoria di una regione europea”. Banale puntualizzazione per chi ebbe non solo il merito di tirar fuori dai cunicoli misteriosi di Barumini una reggia preistorica di basalto ma, da archeologo incline all’antropologia, di dar voce a una civiltà sepolta e di farla dialogare con le coeve culture del Mediterraneo: Baleari, Malta e Corsica. «La grandezza dell’opera di Lilliu - sottolinea la Tanda - non risiede solo nella portata delle scoperte archeologiche, si realizza soprattutto nella ricostruzione della sequenza culturale della civiltà dei sardi dal Paleolitico alla fine dell’età nuragica in cui mise a sistema, in un quadro corente, i dati acquisiti». Nonostante vestisse il ruolo di pietra miliare nella storia degli studi sulla Sardegna, attribuitogli anche oltre Tirreno, guardava con entusiasmo a nuove prospettive di ricerche. Nelle mani dei suoi studenti e con l’intento di far lavorare i giovani archeologi aveva messo su un progetto ambizioso che attende di essere pubblicato: l’Atlante dei monumenti della Sardegna. Nel rispetto della carica di consigliere regionale Dc che allora rivestiva ebbe il ritegno di non finanziarlo. Oggi sarebbe un necessario omaggio alla sua memoria. L’Università voleva farlo per i suoi 100 anni e ancor prima con la pubblicazione degli Atti della Riunione scientifica del 2009, ormai imminente. Ma il Professore non amava ricorrenze e addii: «Prima di andare in pensione nel 1984 godette dell’unico anno sabbatico della sua carriera».
Manuela Arca
 
 
7 - L’Unione Sarda / Provincia di Cagliari (Pagina 17 - Edizione CA)
MONSERRATO. In arrivo alcuni reparti del San Giovanni
Policlinico, entro l’anno aprirà il pronto soccorso
Entro la fine dell’anno un moderno pronto soccorso potrebbe entrare in funzione al Policlinico di Monserrato, completando così la dotazione sanitaria dell’ospedale. Con il completamento del cosiddetto "Blocco Q", già appaltato, verranno anche trasferiti alcuni reparti dell’ospedale San Giovanni di Dio, così da mettere in funzione il cosiddetto Dea (Dipartimento emergenza e accettazione).
A confermare i tempi è lo stesso manager dell’azienda mista, ospedaliero-universitaria, Ennio Filigheddu. «Il pronto soccorso al Policlinico», ha spiegato il direttore generale, «sarà aperto entro la fine del 2012, una volta terminati i lavori del nuovo blocco. In quegli spazi, troveranno posto i reparti trasferiti dal San Giovanni di Dio».
DEA Ciò che in questi anni ha impedito alle ambulanze con feriti gravi di dirigersi al Policlinico della Cittadella è stato proprio l’assenza del Dea, anche se alcuni reparti - come ad esempio alcune chirurgie - sono già in funzione.
In realtà, per poter attivare il pronto soccorso è necessario garantire come minimo anche ortopedie e traumatologie, cardiologie e terapie intensive, anche se nosocomi più moderni possono contare anche su chirurgie molto più avanzate come la neurochirurgia, la cardiochirurgia, la terapia intensiva neonatale, la chirurgia toracica e quella vascolare. Insomma, unità che possono salvare la vita ai pazienti arrivati d’urgenza al pronto soccorso.
IN FUNZIONE Attualmente a Monserrato sono già in funzione le strutture di biologia molecorale virologica, la chirurgia generale, vascolare e toracica, la diabetologia e l’endocrinologia, la gastroenterologia e la medicina del lavoro, i dipartimenti di medicina interna e oncologia medica, nuclerare, neurofisiopatologia, radiologia e reumatologia.
IL SINDACO Chi preme per avere entro l’anno il pronto soccorso e le specialistiche d’emergenza è il sindaco Gianni Argiolas, che però avanza dubbi. «C’è chi rema contro», ha detto. «Il nostro obiettivo è sostenere fortemente la causa del pronto soccorso al Policlinico, che vuol dire un servizio immediato per l’area vasta raggiungibile in un brevissimo tempo. La mia forte paura è che ci sia chi, per giochi politici, stia remando contro, puntando invece al potenziamento dell’ospedale Brotzu».
Francesco Pinna
 
 
8 - L’Unione Sarda / Provincia di Sassari (Pagina 26 - Edizione CA)
SASSARI. Queste cellule possono aiutare a debellare malattie gravissime
Confronto sulle staminali Il Rotary Nord: «Una banca per il cordone ombelicale»
Sassari è in ritardo nella raccolta del sangue del cordone ombelicale. Nel territorio manca una banca pubblica di raccolta per le cellule staminali, grazie alle quali si possono curare gravi malattie. Quello che manca è una maggiore informazione per sensibilizzare i futuri genitori sull’importanza di mettere a disposizione questa risorsa. Per questo sabato mattina nell’aula magna dell’Università di Sassari, il Rotary Club Sassari Nord ha organizzato un forum sulla donazione del sangue del cordone ombelicale inserito nel progetto "dalla vita alla vita". Un progetto voluto dalla governatrice del Distretto 2080 Rotary International Daniela Tranquilli Franceschetti. A coordinare i lavori del convegno è stato Maurizio Longinotti direttore dell’istituto di Ematologia dell’Università.
«L’obiettivo è quello di dare una corretta informazione al maggior numero di persone che siano informate dell’importanza della donazione del sangue cordonale - ha detto Michele Caria presidente del Rotary Sassari Nord - Le cellule staminali hanno un ruolo fondamentale nella cura di gravi malattie del sangue, come la leucemia, il linfoma, la talassemia. Donare il sangue cordonale a una banca di raccolta pubblica è un investimento per il futuro, perché dimezza i tempi di cura e aumenta le probabilità di trovare donatori compatibili in pazienti in attesa di trapianto». Nel convegno sono stati considerati in modo approfondito gli aspetti etici e giuridici molto importanti in un atto di donazione, che deve essere gratuita e non far parte di un business. È anche emersa l’esigenza di comunicazione fra camici e pazienti per sensibilizzare i donatori a fare scelte responsabili e non essere vittime di informazioni spesso discutibili.
Mauro Fancello
  

 
LA NUOVA SARDEGNA 
 
9 - La Nuova Sardegna / Pagina 2 - Fatto del giorno
Il Presidente a Cagliari: da Zedda a Cappellacci tutte le tappe del tour 
STEFANO AMBU 
Cagliari. Benvenuto presidente. Lo dirà a nome di tutta la città Massimo Zedda, sindaco di Cagliari, quando in Municipio stringerà forte la mano del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una saluto non solo formale, ma anche affettuoso: il Capo dello Stato è un vecchio amico di famiglia, uno che è stato a cena a casa sua quando era ragazzo e Napolitano andava a trovare il papà, Paolo, allora dirigente del Pci.
 «Sono davvero orgoglioso di accogliere a Cagliari il presidente Giogio Napolitano», ha commentato ieri sera il sindaco Zedda.
 L’aria della vigilia delle giornate importanti si respirava già da ieri mattina davanti al Teatro Lirico: bandiere, anche dei quattro mori, in bella vista davanti alla rotonda di via Sant’Alenixedda, transenne a iosa come in città si vedono soltanto per Sant’Efisio. E forze di polizia ai lati della strada.L’immagine di una città che aspetta.
 L’arrivo. Il velivolo con a bordo il Capo dello Stato dovrebbe atterrare sulla pista dell’aeroporto militare di Elmas alle 9.45.
 Porto, 10.40. Per il Presidente sarà una sorta di toccata e fuga: parteciperà all’inaugurazione di una scultura creata da Pinuccio Sciola, “Pietra tricolore”.
 Municipio, 11.Il luogo scelto per l’incontro con il sindaco Massimo Zedda, la Giunta e il presidente del Consiglio Comunale, non è la spaziosa aula consiliare, ma la sala Figari, abitualmente utilizzata per la celebrazione dei matrimoni. Niente di ufficiale, ma si pensa che un eventuale incontro con i cagliaritani che staranno ad aspettarlo al di là delle transenne possa avvenire proprio all’uscita dal Municipio. Tempi strettissimi.
 Teatro Lirico, 11.35.Napolitano parteciperà all’incontro “Il contributo della Sardegna all’Unità d’Italia”: con il Capo dello Stato ci saranno ancora Zedda, il Governatore Ugo Cappellacci e il rettore dell’Università di Cagliari Giovanni Melis. Poi il ritorno in albergo all’Hotel Regina Margherita. Dopo il pranzo gli incontri privati: uno di questi sarà con i familiari di Rossella Urru.
 Regione, 16.35. Napolitano parteciperà alla seduta solenne del Consiglio regionale: previsto il saluto della presidente Claudia Lombardo con probabile risposta del Capo dello Stato.
 Palazzo Regio, 18.Napolitano incontrerà il prefetto Giovanni Balsamo, i vertici della Provincia, sindacati e lavoratori delle aziende del sud Sardegna in crisi. Poi il ritorno in albergo.
 
Domani a Sassari e ad Alghero 
In mattinata all’auditorium poi a Casa Manno 
Sassari. Sarà il nuovo Auditorium comunale di Cappuccini a fare da teatro alla visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che arriva in città domani per partecipare alle celebrazioni per il 450º anniversario della fondazione dell’Università turritana. Napolitano inaugurerà la struttura, in gestazione da oltre vent’anni e ora finalmente pronta per i sassaresi e per accogliere il massimo rappresentante dello Stato.
 Il taglio del nastro, in quello che sarà il Distretto della musica e della creatività, e che con orgoglio Sassari potrà presentare al presidente, aprirà una mattinata scandita da un dettagliato programma e curata in ogni dettaglio dall’ateneo e dal Comune che hanno lavorato in stretta sinergia. Si comincia alle 11, ma le porte dell’Auditorium saranno aperte già dalle 9,30 per accogliere gli invitati. Oltre milletrecento le persone che potranno partecipare a un evento storico per il mondo accademico e Sassari. Ci saranno, quindi, tantissimi studenti, quei giovani ai quali spesso Napolitano si è rivolto e che risponderà nell’occasione alle loro domande. E poi i docenti e il personale amministrativo, il Magnifico Rettore Attilio Mastino, il sindaco Gianfranco Ganau, la presidente della Provincia Alessandra Giudici, il governatore della Regione Ugo Cappellacci, il presidente del Consiglio Regionale Claudia Lombardo e altri rappresentanti di istituzioni.
 L’inno nazionale eseguito dall’Orchestra degli allievi e dei docenti del Conservatorio «Luigi Canepa» darà il «la» alla cerimonia. Poi il sindaco Ganau consegnerà al presidente il «Candeliere d’oro speciale», che per la prima volta volta viene assegnato fuori dalla cerimonia del 13 agosto. Mentre il rettore Mastino porgerà al Capo dello Stato il sigillo d’oro, il riconoscimento di maggior prestigio attribuito dall’Università sassarese e che nel 2005 fu conferito al Presidente Francesco Cossiga.
 La giornata sassarese prevede anche una parte convegnistica con l’intervento del professor Antonello Mattone, presidente del comitato per le celebrazioni dei 450 anni di fondazione dell’ateneo, e la prolusione del professor Manlio Brigaglia su «L’Università di Sassari nella storia dell’Italia unita». Si chiudera con il gruppo etnomusicologico universitario Ichnuss che intonerà l’inno sardo.
 In serata il presidente sarà ad Alghero che per la prima volta riceve la visita ufficiale di un Capo dello Stato. Anche questo appuntamento sarà all’insegna della cultura: Napolitano inaugurerà, infatti, il museo dedicato a Giuseppe Manno, lo statista nato nella città catalana nel 1786, e che fu presidente del Senato del Regno di Sardegna e del Regno d’Italia.
 
 
10 - La Nuova Sardegna / Pagina 22 - Cultura e Spettacoli
LA VITA E LE OPERE DI UN PROFETA OTTIMISTA 
Uno straordinario organizzatore di cultura che come pochi sapeva promuovere e gestire energie umane e intellettuali 
Preside a Lettere nel 1968 a Cagliari, un uomo di scuola che era curioso di capire il cambiamento 
GIULIO ANGIONI 
Giovanni Lilliu, intellettuale a tutto tondo tra i massimi sardi del Novecento, Antonio Gramsci non lo avrebbe definito un intellettuale tradizionale, chiuso nella sua specialità e commesso del ceto di governo e delle classi dominanti, nel nostro caso anche esterne all’isola, ma lo avrebbe detto, credo, un intellettuale organico al popolo sardo, in modo insolito in Italia.
 Certo Giovanni Lilliu è stato un padre della patria, un Sardus Pater ufficialmente designato dal governo regionale della Sardegna. E tale lo sentono i sardi, che considerano questo piccolo uomo della Giara come uno dei più grandi sardi del secolo scorso, e straordinariamente nazional-popolare, alla maniera e del calibro di Emilio Lussu, di cui è stato a lungo amico e interlocutore.
 Della sua immensa operosità come archeologo non spetta a me dire, se non ricordando che il suo lavoro a Barumini ha colpito la fantasia dei sardi e no, tanto che è diventato egli stesso una sorta di bene archeologico, tanto gli si è costruita addosso l’immagine di testimone pincipe e privilegiato della preistoia sarda nuragica e prenuragica.
 Ho conosciuto, a modo mio di bambino di sette anni, Giovanni Lilliu comiziante a Guasila nella storica campagnia elettorale del 1948. Lo ricordo per mettere in risalto una sua qualità rara, che lo qualifica e ne spiega la stima universale e trasversale agli schieramenti politici di allora e successivi. Lilliu è stato, tra l’altro, anche un uomo politico, democristiano, che però interloquiva costruttivamente sempre con tutti, compagni, concorrenti e avversari, non solo negli anni del suo impegno politico diretto come consigliere regionale: impegno che, tra l’altro, ha fruttato alla Sardegna cose come la Cittadella dei Musei di Cagliari, l’Istituto Superiore Etnografico di Nuoro, la Scuola di specializzazione in Studi sardi dell’Università di Cagliari, ancora egregiamente operanti.
 Questa sua capacità ha avuto forse il suo momento più difficile ma positivo nel Sessantotto e dintorni, che ha coinciso con gli anni della sua presidenza della Facoltà di Lettere a Cagliari. Lilliu è riuscito a operare da preside, da docente, da studioso e da intellettuale a tutto tondo, facendosi stimare da tutti o quasi gli opposti (anche estremistici) di quei tempi di contestazione generale, in un luogo, l’università, che allora in ogni parte del mondo era più che simbolo di azione politica dirompente; e con anche a Cagliati la Facoltà di Lettere come centro nevralgico, difficile da gestire. Sul muro esterno dell’edificio centrale di Lettere si è letta per decenni la scritta sessantottina in affettuoso sardo maccheronico: «Lilliu è miu e lu gestiscu iu», che io so essere di mano studentesca femminile di quegli anni anche sommamente femministi, in facoltà umanistiche già precocemente molto femminili.
 Lilliu è stato un uomo di scuola impegnato in un momento straordinario non solo per la scuola di ogni ordine e grado. E tale fu nel polo umanistico dell’Università di Cagliari, che non molti sanno essere stato nel ventennio degli anni Sessanta e Settanta uno dei luoghi alti della cultura umanistica in Italia e in Europa, non senza meriti importanti di Giovanni Lilliu, storico preside di Lettere e Filosofia. In questo ruolo Lilliu è stato organizzatore di cultura solerte, paziente, audace ed efficiente, così come lo è stato nella Sardegna intera e oltre, non solo come archeologo di fama e come accademico dei Lincei.
 A lungo direttore della rivista Studi Sardi, degli studi sardi Giovanni Lilliu rimane un pilastro, tanto quanto studiosi del calibro di Max Leopold Wagner o Alberto Mario Cirese, che possono, con lui, indicarsi oggi, non solo simbolicamente, in una triade esemplare di cultori degli studi sardi del Novecento. Utili anche nel nuovo secolo e nel nuovo millennio, oggi che tutto il mondo si riproduce vario in ogni luogo, anche nei paesi contadini come la Barumini di Lilliu: il quale, anche oltre le sue intenzioni di storico rigoroso, riscalderà ancora molti cuori sardi con una lettura della preistoria e della storia sarda che tende ad esaltare la resistenza contro i contatti esterni acculturanti, duri, molti, costanti, dacché le prime torme di africani (come il professor Lilliu diceva cinquant’anni fa in una delle sue lezioni più ispirate), forse già milioni d’anni fa, salve dal mare, si sono arrampicate sulle nostre coste per poi raggiungere per la prima volta a mano a mano le giare, le montagne, i campidani.
 Se non è mai stato facile essere sardi, a Giovanni Lilliu è riuscito in modo esemplare. Se la globalizzazione ha una sua domanda globale di peculiarità locali, anche in questo Lilliu, da sardo, ha stabilito un primato. Se da queste parti si può essere anche profeti ottimisti, Giovanni Lilliu lo è stato, non solo verso il nostro passato più lontano, ma soprattutto verso il nostro futuro da costruire.
  
AVEVA 97 ANNI
Si è spento ieri mattina a casa
CAGLIARI. Giovanni Lilliu s’è spento ieri mattina all’età di 97 anni. Era archeologo di fama internazionale, ritenuto il massimo conoscitore della civiltà nuragica. Accademico dei Lincei dal 1990, Lilliu deve la sua fama alla scoperta della reggia nuragica di Su Nuraxi, a Barumini, suo paese natale a circa 50 km da Cagliari, uno dei villaggi nuragici più importanti e famosi, dichiarato nel 2000 patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco. Giovanni Lilliu è morto nella sua casa di Cagliari intorno alle 7 del mattino. Era nato il 13 marzo del 1914. Dal 1943 al 1945 ha operato nella Soprintendenza alle Antichità della Sardegna Nel 1955 ha fondato la Scuola di specializzazione di Studi sardi dell’Università di Cagliari. E’ stato anche preside della Facoltà di Lettere.
 
 
11 - La Nuova Sardegna / Pagina 23 - Cultura e Spettacoli
LE RADICI DI UN POPOLO 
Impegno politico nel segno dell’identità e della tolleranza 
MANLIO BRIGAGLIA 
Con la scomparsa di Giovanni Lilliu la Sardegna perde il suo Piccolo Padre. Un Sardus Pater, come s’addice ad un uomo, un maestro che ha resuscitato, di sotto la montagnola di Barumini, il passato più lontano dei sardi e lo ha fatto diventare materia di un nuovo modo di vedere la Sardegna: di rivivere il suo passato, riflettere sul suo presente, difendere ogni altra speranza di futuro.
 Sono stato studente, all’Università di Cagliari, di Lilliu. Io ero al mio primo anno universitario, lui al suo primo anno da docente. Insegnava Geografia, in aggiunta a quella che era la sua materia «vera», la Paletnologia. Eravamo nel 1944. Cagliari era un mucchio di macerie in cui il vento autunnale sollevava vortici di impalpabile polvere. Sino all’anno prima la Facoltà di Lettere era dispersa a pezzi dei paesi del Campidano. Le ultime lauree le avevano fatte a Oristano. Il preside, Bacchisio Raimondo Motzo, che sotto un’irenica semplicità nascondeva una volontà di ferro, aveva riportato la Facoltà a via Corte Corted’Appello, nell’antica casa dei Gesuiti. La facoltà era a brandelli: i professori «continentali» erano tornati nella Penisola ai primi soffi di guerra, in tutta la Facoltà c’era un solo professore di ruolo, gli altri venivano arruolati tra reputati insegnanti del Liceo «Dettori». Lilliu aveva trent’anni. Aveva studiato a Roma. Ma il suo maestro Pallottino lo aveva fatto tornare a Cagliari e gli aveva fatto avere l’incarico. Lui di Barumini, a Cagliari era straniero: coabitava in un orrido sottano di via Lamarmora con Bustianu Dessanay e Lorenzo Giusso, un estroso personaggio di «filosofo da strada», emigrato a Cagliari da Napoli prima della guerra, che aveva sì docenza a Lettere, ma preferiva azzuffarsi sotto il monumento a Carlo Felice in difesa del re.
 La carriera di Lilliu ebbe la prima svolta quando, nel marzo del 1951, iniziò a scavare un montarozzo ai bordi del suo paese. Era leggenda che sotto il cocuzzolo erboso ci fosse un siddaddu: nella memoria popolare si era tramandata attraverso i secoli l’immagine di una «cosa» che valeva la pena di andare a scoprire. Finiti gli scavi, in un non breve giro di anni, venne alla luce un nuraghe così nuraghe che lo chiamarono «Su Nuraxi», per antonomasia. Nel 1963 pubblicò la sua opera maggiore: intitolata «La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei Nuraghi», colpì per la raffinatezza in qualche misura aristocratica della scrittura, attraverso la quale pareva che Lilliu volesse liberarsi dai tecnicismi della sua disciplina per fornire ai lettori (soprattutto ai sardi, che lui scriveva sempre rigorosamente con la esse maiuscola, promuovendoci a nazione, come non eravamo mai stati neppure in quella entità statuale, forse, ma fortemente cantonalizzata che lui stesso immaginava nella «bella età dei nuraghi») un «manuale» da cui ricavare e rivendicare gli elementi di una eredità da far valere sul piano della vita civile e politica.
 A quella vita politica, come si sa, Lilliu partecipò nelle due legislature in cui fu consigliere regionale, dal 1967 al 1974, nelle file della Dc. Visse in Consiglio un momento doppiamente drammatico della politica in Sardegna: da una parte il tentativo, fatto con il piano quinquennale 1965-69, di recuperare lo slancio che il Piano di Rinascita sembrava avere già perduto e poi, dal 1969 al 1974, la crisi interna della Dc, aperta dalla spaccatura in seno al gruppo dei «Giovani turchi», che produsse, tra alternarsi di giunte e piccoli cabotaggi di potere e di clientele, quella che Paolo Dettori avrebbe chiamato «la legislatura sprecata». In quella legislatura l’ala dissidente della Dc sassarese, che faceva capo a Paolo Dettori e Pietro Soddu, ebbe quasi sempre l’appoggio solidale di Lilliu (Paolo Dettori, oltretutto, era stato anche lui suo studente a Lettere): gli piacevano soprattutto alcune provocatorie proposte di Soddu, in genere legate a letture dell’avanguardia politica in tutto il mondo, in un momento che non aveva ancora ripreso calma dopo i sommovimenti del Sessantotto. Tanto più che già all’inizio della sua presenza in Consiglio avevamo dato vita ad una rivista, «Autonomia cronache», che, essendo diretta da Pietro Soddu, Gerolamo Colavitti, Giovanni Lilliu, Umberto Allegretti, Giulio Bolacchi e il sottoscritto, la gente diceva che aveva più direttori che lettori. Lì Lillu pubblicò il suo saggio sulla «Degradazione storica della società barbaricina» in cui a quella tradizione storiografica «sardista» che aveva già rinnovato nel libro sulla «Civiltà dei sardi» offriva - raccogliendo e ibridando le tesi di Le Lannou e di Antonio Pigliaru, come ha scritto Antonello Mattone - un’elaborazione ulteriore nella teorizzazione di una «costante resistenziale sarda», che avrebbe influito grandemente non tanto sullo sviluppo dell’archeologia sarda (che pure ha bene usufruito della presenza di un uomo come lui, e del prestigio di uno studioso presto consacrato dalla chiamata all’Accademia dei Lincei) quanto nella costruzione «politica» di una nuova immagine del passato della Sardegna.
 Si è sempre detto che gli uomini di carattere sono anche uomini di cattivo carattere. Non vale per Lilliu. Lilliu era uomo di grande carattere, praticamente invincibile nella difesa delle proprie tesi e delle proprie ragioni: ma era un uomo dolce, grande difensore dei tesori dell’amicizia, gentile con tutti, curioso come un bambino di quanto gli occorreva intorno, sempre il primo a fare gli auguri a chi ammetteva nel suo giro. Un grande maestro, un dolce uomo: ne sentiremo la mancanza, proprio adesso che alla Sardegna abbisognerebbe sempre più gente intelligente, dritta di schiena e aperta di cervello, di onestà adamantina come la sua.
 
 
12 - La Nuova Sardegna / Pagina 16 - sassa
«Prima le bonifiche, poi il Polo verde» 
Il convegno sulla salute: si rischia di costruire su aree inquinate 
LUCA FIORI 
Sassari. Il protocollo per la «Chimica Verde» a Porto Torres, sottoscritto recentemente da vari soggetti istituzionali, dev’essere urgentemente rivisto per la sua ambiguità su uno aspetto fondamentale: quello delle bonifiche. Il rischio è che il «Progetto Polo Verde» di Matrica parta prima che le aree inquinate vengano bonificate e che i nuovi impianti sorgano sui terreni «avvelenati» dall’industria.
L’appello è stato lanciato da Luigi Nonne, docente di diritto comparato all’Università, durante il convegno «Ambiente e salute: prevenzione, precauzione, atti risarcitori», organizzato dall’Ordine dei medici, dal Consiglio Superiore della Magistratura, dal Consiglio dell’Ordine forense, dal Dipartimento di Giurisprudenza e dall’International Society of Doctors for the Enviroment (Medici per l’Ambiente). «L’opera di bonifica - ha spiegato l’avvocato Nonne - costituisce un atto dovuto per legge dello Stato, in particolare rappresenta un risarcimento in forma specifica dei danni da inquinamento. Mentre sotto il profilo logico e giuridico la bonifica dovrebbe precedere la realizzazione degli impianti, nel protocollo, sottoscritto dagli amministratori del territorio, si sottolinea che le operazioni debbano svolgersi contestualmente, cosa difficile da comprendere, in quanto gli impianti nuovi sorgerebbero sui terreni da bonificare». Ma l’appello dell’avvocato Nonne non è stato l’unico lanciato nel corso del dibattito ospitato, venerdì pomeriggio, nell’aula Francia del centro didattico del Dipartimento di Giurisprudenza, al quale hanno preso parte numerosissimi addetti ai lavori e pochi politici. «L’Ordine dei Medici - ha proposto provocatoriamente il magistrato Mariano Brianda - chieda ai consiglieri comunali di studiare in modo approfondito prima di prendere decisioni che riguardano la salute della collettività». E sui danni causati dall’industria e dall’inquinamento che produce, si sono confrontati medici, giuristi e cittadini. «Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità - ha spiegato Alessandro Arru, dell’Ordine dei Medici con delega per l’Ambiente - un terzo di tutti i decessi e delle patologie è legato al degrado e all’inquinamento ambientale, con una percentuale maggiore riguardo al periodo infantile. È estremamente importante in termini sociali - ha aggiunto - la tutela dell’ambiente mediante il costante monitoraggio delle sue condizioni, l’attenta vigilanza sulle fonti inquinanti e la riduzione al minimo possibile delle attività a rischio. Ma un altro aspetto che soprattutto nel nostro territorio riveste una grossa rilevanza è quello relativo alla messa in sicurezza e bonifica delle aree inquinate».
E che l’aria che respiriamo in Sardegna sia tutt’altro che salubre lo ha spiegato, mostrando dati allarmanti sull’aumento delle forme tumorali anche tra i bambini, Vincenzo Migaleddu, presidente della sezione sassarese dell’Isde (Medici per l’Ambiente). «Abbiamo un tasso di mortalità più alto rispetto alle altre zone industriali italiane, da noi si muore di tumore di più che in Campania e Lombardia».
 
  

QUOTIDIANI NAZIONALI
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