Nel leggerlo i lettori si chiederanno come abbiamo fatto tre uomini dello spessore di Maida, Rosati e Delitata a sottoscrivere, mettendoci su faccia e reputazione, una cosa del genere. Probabile che siano stati costretti. Ma da chi e perché? Vorremmo capire cosa c’è dietro quello che noi rifiutiamo di considerare un intreccio mortale di interessi inconfessati a danno della sanità sassarese e della salute dei cittadini di mezza Sardegna. Ci limitiamo a considerarlo un incidente di percorso, grave, ma vogliamo sperare rimediabile.
Ci preme comunque porre l’accento su alcuni punti cardine del protollo. Almeno due in palese contrasto con le leggi che il protocollo contraddittoriamente in premessa richiama. E altri che fanno a cazzotti con la logica e il buonsenso.
Il primo. Laddove il protocollo richiama il SS. Annunziata lo ingloba il un non meglio specificato presidio Usl. Da ciò si evince che avremo tre soggetti: la attuale Asl, che presumibilmente si occuperà di medicina del territorio, il presidio ospedaliero Usl e l’Azienda ospedaliero-universitaria. Né nella legge Bindi nè nei protocolli d’intesa Stato-Regioni sono previsti presidi ospedalieri Usl. Sono invece previsti presidi zonali riconducibili a infermerie di territorio e ambulatori. Come è possibile, anche solo dialetticamente, ricondurre il SS. Annunziata a presidio zonale con una dotazione, se la matematica non ci fa difetto, di 500/600 posti letto?
Il secondo. La legge stabilisce a chiare lettere e con nessun dubbio interpretativo, che le Aziende ospedaliere, a qualsiasi titolo costituite, rispondono alla legge che disciplina le società per azioni. Ed è un punto fermo. Ebbene al punto del protoccolo indicato come numero 3 si afferma sostanzialmente che l’amministrazione e la gestione della costituienda Azienda farà capo alla Asl o alla riesumata Usl. Sarà per gentile concessione un’azienda ma i cordoni della borsa li avrà in mano un altro soggetto. E’ contra-legem ma anche demenziale.
Il terzo. Al punto 5 si assegnano i compiti. Ma l’assessore regionale alla sanità può solo fissare il parametro dei posti-letto. Non può stabilire nè il numero dei dipartimenti dell’Azienda ospedaliera, né la loro composizione, tantomeno il numero e la specialità delle unità operative. La legge in proposito è esplicita: le decide il consiglio di amministrazione dell’Azienda.
Il quarto. Sempre al punto 5 si prevede per l’Azienda la destinazione dell’uno per mille dei posti per reparti di lungodegenza. Visto che l’Azienda nel protocollo la si prefigura né più né meno così come è attualmente, ovvero solo reparti universitari, bisognerebbe ricordare all’assessore che nessuna Università italiana e neppure del resto del mondo ha mai avuto reparti di lungodegenza. Riabilitazione sì. In alcuni e sporadici casi. Ma solo specialistica. Ovvero riapilitazione neurologica, riabilitazione cardiologica, eccetera. Non certo generalistica: è contro i principi della moderna medicina.
Il quinto. Sempre al punto 5 non si fa nessun accenno per l’Azienda al cosiddetto pronto soccorso. Signora, dove li prenderanno i malati? Andranno a cercarseli per strada?
Il sesto. Sempre al punto cinque del protollo si prevede un dipartimento materno-infantile. Doppiato al punto 7, dipartimento d’urgenza, mentre al punto 4 si sostiene che entro il 2007 non ci saranno più doppioni.
Il settimo. Facendo due somme e due sottrazioni dal protocollo si evince che sono destinati a saltare 800 posti letto su 1.747. Divisi equamente, recita il protocollo. Considerato il numero dei medici e degli infermieri avremo per ogni paziente un medico, due infermieri e un portantino. Quanti posti di lavoro vogliamo sopprimere?
Alla signora Dirindin vorrei poter sottolineare che questi sono fatti non farneticazioni del sottoscritto come le ha impropriamente definite con i suoi collaboratori. A chi sottoscrive, pur sotto minaccia, patti scellerati vorrei ricordare che prima di apporre la firma occorrerebbe leggere anche le virgole.
Il presidente Soru fa bene a difendere il suo assessore. Lo faccio anch’io con i miei redattori. Che non le abbia tappato la bocca, mi consenta, è un’opinione. Nei fatti sta impresso che il protocollo d’intesa contiene un’aggiunta, vergata con la penna e con la mano del Presidente Soru. «letto, confermato e sottoscritto salvo verifica del consiglio di Facoltà». E’ vero, all’improvvida e sempre stando ai fatti impreparata assessore, lei non ha materialmente tappato la bocca. Ha solo aggiunto una frase che ha consentito la firma del protocollo. Sono invece pienamente d’accordo con lei Presidente. Le lobbies, gli interessi, nascosti o incomprensibili che siano, devono essere combattuti. Tutti. Nessuno escluso. Su questo punto sarò sempre e comunque al suo fianco. Contro tutti se necessario. Se però avesse la compiacenza di dedicare qualche minuto anche a noi poveri farneticanti, scoprirebbe che questo giornale da anni denuncia e combatte, in assoluta solitudine, lobbies e interessi sporchi. L’assessore però, non sta facendo questo. Non sta nè migliorando nè trasformando la sanità sarda. Di sicuro sta affossando, con determinata ostinazione, la sanità sassarese. Mi creda. Questa comunità non glielo consentirà. Se però anche lei crede, come la signora Dirindin, che abbia scritto imprecisioni o castronerie la prego di dettagliarmi quali castronerie e quali imprecisioni. Un’altra «chicca» del suo assessore di è aggiunta oggi. Ha fatto deliberare dal dg della Asl i componenti delle commissioni per le invalidità. Un’elenco zeppo di candidati alle comunali e alle provinciali. Epperciò incompatibili. Non è serio, presidente. E neppure da competenti.
Il Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 che, nell’ambito dei «10 progetti per la strategia del cambiamento», prevede quello finalizzato a «promuovere l’eccellenza e riqualificare le strutture ospedaliere» e inserisce tra gli obiettivi strategici il sostegno alle Regioni nel loro programma di ridisegno della rete ospedaliera, i parametri di riferimento per la razionalizzazione della rete ospedaliera regionale sono definiti dalla legge come segue:
- tasso di ospedalizzazione: 180 ricoveri per mille abitanti, di cui in regime diurno di norma pari al 20%;
- dotazione di posti letto: 4,5 posti letto per mille abitanti, comprensivi della riabilitazione e della lungodegenza post-acuzie (determinati in 1 p.l. per mille abitanti);
- tasso di utilizzo dei posti letto: non inferiore al 75%.
L’intesa Stato-Regioni del 23.3.2005 prevede che gli standard di riferimento debbano essere raggiunti entro il 2007 e che le Regioni prevedano gli obiettivi intermedi nel triennio;
Visto il protocollo d’intesa tra la Regione Sardegna e le Università di Cagliari e di Sassari sottoscritto l’11.10.2004 e, in particolare, l’articolo 7 che dà avvio alla procedura per l’istituzione dell’Azienda Ospedaliero-universitaria di Sassari;
Considerato che: il Piano Sanitario Regionale 2006-2008, in via di predisposizione e di prossima adozione da parte della Giunta Regionale, prevede la razionalizzazione della rete ospedaliera al cui interno deve trovare adeguata collocazione l’Azienda Ospedaliero-universitaria di Sassari, con funzioni di didattica, formazione, ricerca e assistenza, la dotazione attuale ed effettiva dei posti letto ospedalieri (pubblici e privati) dell’Azienda Usl di Sassari è pari a 1.767 p.l. (di cui 1.747 per acuti e 20 per la lungodegenza e riabilitazione) corrispondente a 5,13 p.l. ogni 1000 abitanti (di cui 5,07 per acuti e 0,06 per lungodegenza e riabilitazione), l’applicazione degli standard nazionali di riferimento, definiti come media regionale e pari a 4,5 posti letto per mille abitanti (di cui 3,5 per acuti e 1 per lungodegenza e riabilitazione), è compatibile con una dotazione complessiva sul territorio dell’Asl di Sassari superiore a tale parametro, in ragione della funzione di polo di riferimento attribuito a Sassari per le specialità a minore diffusione e rare, la programmazione sanitaria regionale, in via di definizione, prevede la presenza sull’area metropolitana di Sassari di un presidio ospedaliero (SS. Annunziata) e di un’Azienda Ospedaliero-universitaria, per un totale di posti letto intorno a 950, distribuiti fra le due strutture in maniera equilibrata; in attuazione dell’art. 7 comma 6 del Protocollo d’Intesa tra la Regione Sardegna e le Università di Cagliari e di Sassari sottoscritto l’11.10.2004, il perseguimento di un adeguato livello di unitarietà strutturale e logistica dell’Azienda Ospedaliero-universitaria deve essere considerato un obiettivo tendenziale dando atto che, allo stato attuale, la sede dell’Azienda sarà presso le strutture universitarie attualmente convenzionate con l’Azienda Usl n.1, il Policlinico universitario e il Presidio SS. Annunziata; qualora nell’Azienda Ospedaliero-universitaria non siano disponibili specifiche strutture essenziali per un corretto svolgimento dell’attività didattica, l’Università concorda con la Regione, con un successivo apposito atto, l’utilizzazione di altre strutture pubbliche.
Tutto ciò premesso e considerato, tra le Parti si conviene che la definizione della rete ospedaliera della città di Sassari e specificamente del presidio Usl SS. Annunziata e della nuova Azienda Ospedaliero-universitaria dovrà essere coerente con i seguenti indirizzi di carattere generale:
1. l’assegnazione delle singole funzioni all’interno dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria e del presidio ospedaliero SS. Annunziata dovrà avvenire in coerenza con la vocazione generale attribuita alle due strutture.
2. l’organizzazione di entrambe le strutture deve svilupparsi in una logica dipartimentale.
3. le attività di supporto (tecniche, amministrative e professionali) devono, per quanto possibile, mantenere una gestione unitaria.
4. le duplicazioni non adeguatamente motivate devono essere gradualmente superate, tenuto conto del fabbisogno di assistenza, del volume e della tipologia dell’attività svolta nell’ultimo triennio, dell’efficienza organizzativa delle singole unità operative e dei criteri di accreditamento delle strutture stesse e dei requisiti minimi per l’accreditamento dei corsi di studio della Facoltà di Medicina.
5. la natura, i compiti e le responsabilità delle due strutture ospedaliere della città portano a prevedere per l’Azienda Ospedaliera Universitaria un Dipartimento internistico, un Dipartimento chirurgico ed uno per la lungodegenza e riabilitazione, nonché il Dipartimento Materno infantile. A sua volta nel P.O. SS. Annunziata sarà presente un Dipartimento internistico, un Dipartimento chirurgico, uno per la lungodegenza-riabilitazione e il Dipartimento dell’Emergenza-Urgenza.
6. nel Dipartimento internistico dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria confluiranno le funzioni di medicina interna, ematologia, neurologia, malattie infettive e pneumologia, mentre in quello chirurgico confluiranno la chirurgia generale, la chirurgia vascolare, l’ORL, l’oculistica, l’urologia, la maxillo-facciale, la chirurgia plastica, l’ortopedia e la terapia intensiva. Nel dipartimento internistico del presidio ospedaliero SS. Annunziata è inclusa la medicina interna, la geriatria, la gastroenterologia, le nefrologia, l’oncologia e la dermatologia; mentre nel dipartimento chirurgico confluiranno la chirurgia generale, la neurochirurgia, l’ortopedia-traumatologia.
7. nel Dipartimento dell’emergenza-urgenza dovranno essere incluse le funzioni di: unità coronarica, emodinamica, interventistica cardiaca, cardiochirurgia, chirurgia d’urgenza e dei trapianti, centro ustioni, terapia intensiva post-operatoria, rianimazione (diagnostica d’urgenza), in quello Materno Infantile dovranno essere incluse la ginecologia e ostetricia, la pediatria, la patologia neonatale, la chirurgia pediatrica e la terapia intensiva neonatale pediatrica.
8. le strutture di degenza psichiatrica e la Neuropsichiatria Infantile dovranno confluire nel Dipartimento di Salute Mentale.
9. allo scopo di perseguire, all’interno dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria, un’efficace integrazione è opportuno un adeguato equilibrio tra i due ordinamenti nell’affidamento degli incarichi di direzione delle strutture, complesse e semplici, secondo i principi enunciati nel Protocollo d’Intesa.
10. i servizi di base dovranno essere unificati, mentre per quelli di secondo livello si dovranno tendenzialmente evitare duplicazioni.
Letto, confermato e sottoscritto, salvo verifica del consiglio di Facoltà.
Poi le firme di Soru, Dirindin, Maida, Rosati e Delitala.
Lo stabile interessato è quello che nel 1928 fu oggetto di una donazione al comune da parte della famiglia Sella che volle l’utilizzo dell’edificio per scopi di carattere sociale, come appunto un asilo o una scuola. Il palazzo, tre piani per un totale di 1.800 metri quadri, dispone di 15 locali per lezioni e attività di laboratorio, servizi e uffici. La posizione è indubbiamente di grande prestigio: a ridosso del centro storico, praticamente all’inizio del nuovo lungomare, davanti al porto.
L’ex asilo Sella è stato completamente restaurato, sono stati utilizzati 775 mila euro per l’abbattimento delle barriere architettoniche, per la messa in opera degli impianti di condizionamento, il ripristino dei pavimenti e la sostituzione degli infissi.
I lavori sono stati avviati dal comune nel 2003. La consegna dell’edificio è avvenuto nel corso di una cerimonia alla quale hanno partecipato per il comune il sindaco Marco Tedde e per la facoltà di architettura dell’università di Sasari, il preside Vanni Macciocco. La nuova sede della facoltà non risolverà completamente i problemi logistici legati all’attività didattica, ma è comunque un passo in avanti che riduce in quota parte il frazionamento dei plessi. Dalla prossima stagione la facoltà di Architettura ospiterà 450 iscritti nei due corsi di laurea e dovrà ancora utilizzare i locali dell’ex orfanotrofio di via Principe Umberto.
Comunque si tratta pur sempre di un importante passo avanti. Secondo alcuni programmi il futuro della facoltà dovrà essere nella sede del vecchio ospedale sui bastioni Marco Polo. Altra posizione logistica e panoramica di particolare prestigio. L’ex nosocomio è stato appena acquisito dalla amministrazione comunale attraverso una permuta e parziale contropartita finanziaria dall’Azienda sanitaria di Sassari. Un primo impegno progettuale di recupero strutturale è già stato compiuto ma si tratta soltanto dell’inizio di un progetto di riqualificazione dello stabile. L’intervento costituisce indubbiamente una svolta storica anche per il recupero del centro storico. Una volta che l’ex nosocomio sarà ristrutturato e adibito alle sue funzioni di sede definitiva della facoltà universitaria, e non solo date le dimensioni dell’immobile, la città murata vivrà una nuova e indubbiamente più favorevole condizione di rivitalizzazione. E sempre in tema di università va ricordato che gli studenti, in larga misura provenienti da località diverse dell’isola, non dispongono della possibilità di utilizzare una struttura pubblica per i loro soggiorni e quindi sono esposti, soprattutto le loro famiglie, al mercato immobiliare che come è noto, grazie alla ferrea legge economica della domanda e dell’offerta, sta vivendo sulla Riviera del Corallo un momento di «pazzia gioiosa».
Ieri il battesimo, a Torregrande, nella sede dell’Imc (Centro marino internazionale) che, assieme alla Provincia e al Sil, è fra i fondatori della nuova iniziativa. Oltre al presidente della Provincia, Mario Diana, all’incontro, seguito con attenzione da un’affollata platea, composta anche da amministratori locali e rappresentanti dell’imprenditoria locale, erano presenti fra gli altri, il presidente e il direttore del Sil, Antonio Ladu e Annapaola Jacuzzi; i responsabili dell’Imc e Fulvio Obici, in rappresentanza del ministero dell’Istruzione. Lo scopo dell’iniziativa è quello di mettere assieme idee ed energie, puntando all’obiettivi dello sviluppo socio economico. Il Git, varato attraverso il Piano operativo nazionale (Pon) ricerca, all’interno dei programmi dell’Obbiettivo 1 della Comunità europea, consentirà insomma di creare una associazione di fatto, autofinanziata, con lo scopo di favorire la stesura di progetti di ricerca. Il neonato Git ha già un programma sul quale lavorare. I progetti riguarderanno principalmente i comparti sui quali da sempre si basano i programmmi di rilancio del territorio. Agroalimentare e pesca, principalmente, senza trascurare ovviamente l’ambiente marino e il cosiddetto “turismo sostenibile”. «In questo modo - è stato spiegato ieri mattina nel corso dell’incontro - ad esempio, la grossa mole di lavoro di ricerca svolto dall’Imc sul mare dell’Oristanese sarà messa a disposizione per realizzare un concreto progetto di sviluppo. Magari sulla pesca, magari anche in funzione dei veri gioielli della costa, ovvero, le aree marine protette».
Già numerosi enti locali, oltre naturalmente la Provincia, hanno manifestato l’intenzione di aderire all’iniziativa, come ad esempio, i Comuni di Oristano, Cabras e Bosa. Con loro parteciperanno al gruppo anche il Consorzio Uno, il Cirem, il Crenos, l’Area marina protetta Sinis Mal di Ventre, l’Ersat, il Consorzio di bonifica, il Consorzio turistico oristanese, la Confederazione italiana agricoltori, la Confesercenti, il Consorzio Agrorbusiness, il Consorzio pesca Pontis e la società Sinis San Vincenzo.
È questo il secondo Git che nasce con il coordinamento della Provincia. L’ente avrà il compito, non certo semplice, di mettere assieme idee, previsioni e programmi per creare piani che si traducano in iniziative concrete. Mario Diana, presidente della Provincia è convinto che l’iniziativa darà i suoi frutti ben presto: «È una grande opportunità - ha detto - per dare forma al lavoro fatto fino ad oggi separatamente dai vari componenti del Git. Una gran mole di lavoro che finalmente avrà un nome: sviluppo socio economico».
Il neonato Git di Oristano potrà inoltre usufruire della collaborazione degli altri 30 gruppi operanti in campo nazionale. In questo senso è già in cantiere una collaborazione con il Git di Mazara del Vallo, che si concretizzerà attraverso una scambio reciproco di informazioni sui progetti di sviluppo di una delle attività che l’Oristanese ha in comune con il centro siciliano: la pesca. Non a caso, ieri mattina all’incontro ha partecipato Fulvio Mazzola, ricercatore del Cnr, che ha portato proprio l’esperienza fino ad ora fatta del Git di Mazara. «Ci attende una gran mole di lavoro - ha detto il presidente del Sil, Salvatore Ladu - che, siamo convinti, darà presto importanti risultati». (m.c.)
Per ottere il diploma di specializzazione che abiliti all’insegnamento di sostegno per gli alunni disabili, i docenti dell’intera provincia di Oristano sono da sempre costretti ad andare a Cagliari.
È infatti l’Università del capoluogo regionale, ad organizzare i corsi di specializzazione. Seguire i corsi però diventa a dir poco difficoltoso. Troppi i chilometri da percorrere per raggiungere Cagliari da Oristano e dai centri della provincia, se poi ci si affida ai mezzi di trasporto pubblici, i disagi sono amplificati.
Senza contare che la quasi totalità dei docenti che vorrebbero partecipare ai corsi rischia di non riuscire a farlo. E il motivo è semplice: ci sono anche gli impegni di lavoro, l’insegnamento insomma, che assorbe molte ore della giornata. Insomma, se i corsi di specializzazione per insegnanti di sostegnmo si faranno anche quest’anno a Cagliari, molti docenti della provincia di Oristano rischiano di non poterli frequentare.
Da qui l’appello lanciato attraverso il sindacato, affinchè i corsi vengano istituiti anche a Oristano. Il che renderebbe più agevole anche la frequenza di docenti provenienti magari da altre province, come Nuoro e Sassari.
Del resto, fanno notare i firmatari, da molti anni la stessa Università di Cagliari, ha una sede attiva ad Oristano.
Il vertice era stato richiesto dall’università nuorese in seguito alla polemica che era venuta dalla mancata attribuzione a questo ateneo del corso di specialistica assegnato invece a Cagliari dove ci sono meno studenti e anche per discutere e decidere sul tema dell’università diffusa in Sardegna e sul ruolo della Regione degli due atenei sardi.
Durante la discussione l’assessore Elisabetta Pilia ha sottolienato come la Regione abbia fatto di tutto «per non tagliare o tagliare al minimo, rispetto ad altri settori, i bilanci per l’università». Innanzitutto per il «valore della ricerca» e l’importanza della università diffusa nel territorio. La Regione sarda non a caso ha decsio di finanziare gli atenei sardi, tramite varie leggi, con circa 25 milioni di euro, quasi 50 miliardi delle vecchie lire. Questo il contributo in soldoni da parte della Regione che non può dunque non intervenire sulla programmazione, sui corsi, i costi e sui risultati di qualità.
Nel dibattito sono intervenuti sono intervenuti quadi tutti i partecipanti che hanno messo in risalto il valore del «tavolo politico» attivato per la prima volta sull’università.
Ma a parte questo il motivo centrale del vertice è ruotatoono intorno al tema della «programmazione partecipata» con i soggetti del territorio. Per garantire questa passaggio istituzionale e politico innovativo l’incontro si è concluso con l’impegno di costituire una Commissione sull’università diffusa composta dai due rettori, da due assessori Pilia e Pigliaru, dai presidi della facoltà impegnati nei territori, dai presidenti dei consorzi universitari e dai rappresentanti degli studenti.
A margine l’assessore al bilancio, Francesco Pigliaru, ha voluto precisare che questo particolare impegno della Regione è diretto a ottenere, non soltanto un maggiore equilibrio territoriale con l’università diffusa, ma anche un «aumento del numero dei laureati in Sardegna». Cosa di cui l’isola ha fortemente bisogno.
Piuttosto soddisfatto dell’esito dell’incontro il presidente del consorzio universitario nuorese, Bachisio Porru: «L’amministrazione nuorese - ha detto si ritiene soddisfatta per aver contribuito con la lsua iniziativa a crerare il tavolo regionale sull’università diffusa. Ricordo ancora che circa novemila universitari sardi studiano fuori dell’isola, mentre il numero degli studenti continentali che scelgono gli atenei sardi è ridicolo. Non possiamo continuare, quindi, ad alimentare la fuga della nostra intellettualità verso l’esterno.
Ora, se il tavolo appena istituito a Cagliari funzionerà - ha concluso Bachisio Porru - ne avrà sicuramente a guadagnare tutta l’università della Sardegna. E non soltanto quella di Nuoro dove studiano e frequentano circa 1500 giovani».(n.b.)
Una presa di posizione che vale doppio, perché doppio è il suo “no” alla consultazione referendaria in programma tra poco più di un mese. «Diciamo no - dice Licinio Contu - al contenuto dei quesiti referendari, e diciamo no all’uso distorto che si sta facendo del referendum».
Su quest’ultimo punto interviene Salvatore Pisu, docente di Bioetica nell’ateneo cagliaritano: «Quando è indetto un referendum - dice - è diritto del cittadino potersi esprimere. Ma è un diritto anche il potersi astenere, il che rappresenta una presa di posizione ben precisa».
In questo caso, secondo l’ottica prospettata dal comitato “Scienza e vita”, astenersi significherebbe rifiutare che «la vita sia messa ai voti». E giù alle argomentazioni a sostegno delle proprie ragioni. Tante quante quelle messe in campo dal comitato che si batte per l’obiettivo opposto.
Così, Licinio Contu parla di una «cattiva informazione” sulla legge 40: «Dicono che si tratti di una legge che taglia le gambe alla ricerca - dice - Non è vero: semplicemente vieta l’uso di cellule staminali embrionali». Nulla di male per il comitato, dato che «dalla letteratura scientifica mondiale non è mai risultato che queste cellule possano combattere malattie come la sclerosi multipla o il morbo di Parkinson».
E che dire del tanto contestato divieto di produrre più di tre embrioni? «Altro che tre, bisognerebbe produrne solo uno», dice Contu. Che rafforza il suo pensiero con tanto di dati: «Quando s’impianta un solo embrione - dice - le possibilità di successo s’aggirano intorno al 24 per cento, quando se ne impiantano due si riducono al 18 per cento, col terzo il risultato è di poco inferiore». Conclusione: dato che l’embrione è “una vita in atto”, è inutile e immorale produrne più di uno.
Certo, la legge è “migliorabile”, ammettono dal comitato. Ad esempio nella parte in cui vieta la diagnosi pre-impianto: «Da qualche tempo - dice - è possibile fare un’analisi pre-fecondazione sugli ovuli e sugli spermatozoi». Anche il fatto che siano ammesse alla fecondazione in vitro solo coppie sterili, potrebbe essere smussato. E che dire dell’obbligo di impiantare l’embrione, anche se malato, salvo poi ricorrere all’aborto? Una scelta perfettamente ordinata, dicono i componenti di “Scienza e vita”, perché, «in casi così estremi - dice Pisu - la legge 40 sceglie di salvaguardare la salute della donna». E la “vita” che doveva essere salvaguardata dall’inizio alla fine? Tra scienza e coscienza, la speranza è che i dubbi si sciolgano prima del 13 giugno. Ma sarà davvero possibile? (s. z.)
Obiettivo, valutare le potenzialità dell’università del Sulcis Iglesiente ormai avviata ad essere di supporto scientifico per i paesi in via di sviluppo che gravitano nel Mediterraneo. Ciceroni nella visita all’università che ospita le facoltà di Scienza dei materiali, ingegneria ambientale e del trritorio ed informatica alcuni docenti: Giorgio Piccaluga, Franco Cristiani e Carlo Muntoni. Non c’è stato bisogno di molti discorsi perchè gli ospiti hanno preso subito coscienza della potenzialità dell’ex sito minerario in grado, oggi e in futuro, di sostenere l’importante metamorfosi passando da cantiere estrattivo a rampa di lancio di cultura e nuove tecnologie nelle bonifiche, nella messa in sicurezza di siti minerari dismessi, nella formazione professionale di personale straniero che intende diventare minatore in paesi dove i giacimenti minerari sono altamente remunerativi.
Il presidente del Consorzio 21 ha dimostrato grande interesse al progetto Rasetti che punta all’utilizzo di alcune gallerie di Campo Pisano come laboratorio per rilevare la bassa radiottività presente in alcuni materiali lapidei. «Ormai - ha spiegato Contini responsabile del laboratorio chimico di Igea - paesi come la Germania e Giappone non acquistano il granito se non viene testato. Occorre insomma certificare l’assenza di radioattività nei materiali e questo può essere fatto in ambienti che non vengono perturbati dalle radiazioni solari. Ecco perchè Campo Pisano può rispondere a queste esigenze.»
Monteponi, poi, può essere di supporto anche per alcune facoltà universitarie di Cagliari che sono prive di laboratori o mancano della materia prima che qui nell’Iglesiente è presente a cielo aperto. «Indubbiamente - ha aggiunto Franco Meloni, presidente del Promea - Monteponi ha le potenzialità richieste per assurgere a polo tecnologico. E’ proprio in questi luoghi, una volta miniera, laboratori, cantieri ed officine, che i giovani del Sulcis Iglesiente possono formarsi senza dover effettuare costose trasferte nella penisola. Questo è un laboratorio adatto a formare centinaia di giovani che potranno poi trasferire le loro competenze ai coetanei di altri paesi.» Man mano che le autorità politiche regionali e i dirigenti del Consorzio 21 fanno visita a Monteponi e Serbariu cadono i veli della diffidenza che ha sempre accompagnato la storia recente delle miniere metallifere dell’Iglesiente.
Gli sprechi di danaro pubblico hanno indubbiamente macchiato l’immagine di una risorsa economica importante dall’anno zero fino ad oggi. «Credo che oggi si possa parlare di nuovo sviluppo - ha detto chiaramente Giuliano Murgia - e sono convinto che il discorso tra Consorzio 21, Igea, Promea ed università vada approfondito. Le miniere sono state chiuse per gli alti costi di gestione ma vanno valorizzati i messaggi culturali che ci possono fornire. Senza entrare nel dettaglio credo che investire in cultura possa avere ricadute anche economiche ed occupazionali nel territorio. Qui ci sono le strutture, le competenze e le professionalità necessarie per preparare giovani alle nuove sfide.» E una sfida importante arriva proprio dai laboratori di Igea dove è in fase di programmazione una produzione semindustriale di un materiale vetrificato ottenuto dall’impasto di fanghi rossi, scorie dell’impianto kivcet di Portovesme srl, amianto, scorie metallurgiche sfridi della lavorazione di metalli.
Il risultato di questo miscuglio trattato ad alta temperatura e una sostanza vetrificata, composta chimicamente stabile, che può avere molteplici usi.»
Erminio Ariu
Il progetto è destinato a dirigenti, docenti e personale amministrativo delle scuole delle sei regioni del Sud Italia (Obiettivo Uno), che partirà il prossimo anno scolastico e coinvolgerà oltre 2.700 istituzioni scolastiche e più di 7.500 partecipanti. Finanziato con i fondi strutturali europei, l’intervento si inserisce nel quadro delle politiche comunitarie e nazionali in materia di istruzione, in particolare in risposta al ruolo prioritario e strategico della formazione del personale scolastico, fissato dagli obiettivi del Consiglio europeo di Lisbona, vero punto di partenza per il processo di integrazione tra i livelli di istruzione nei venticinque Paesi dell’Unione.
Il programma di formazione è realizzato nell’ambito del Programma Operativo Nazionale «La Scuola per lo sviluppo» 2000-2006, avviato dal ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca.
Il percorso formativo «Per la scuola» la cui progettazione e realizzazione sono state affidate al raggruppamento di imprese Apri, università Bocconi e sviluppo e competenze - è stato strutturato come un intervento articolato e capillare che ha l’obiettivo di rafforzare il ruolo e le funzioni del personale della scuola, anche al di fuori dello specifico ambito scolastico.
Ulteriori informazioni: Alina Fiordellisi (MS&L Chiappe Revello) Tel.: 333 1281303 - 010 566334 (int. 112); e-mail: a.fiordellisi@chiapperevello.it - cra@chiapperevello.it