Martedì 14 aprile 2020

Rassegna quotidiani locali a cura dell’Ufficio stampa e redazione web
14 aprile 2020

L'Unione Sarda



 

1 - L’UNIONE SARDA di martedì 14 aprile 2020 / PRIMA
I dati. Policlinico, scontro primari-Aou
In corsia e negli ospizi l'85 per cento dei contagi

L'85 per cento dei contagi dell'Isola è negli ospedali e nelle case di riposo. Policlinico, scontro primari-Aou. Inchiesta della Procura sui contagi a Ozieri. Ieri due nuove vittime.



 



2 - L’UNIONE SARDA di martedì 14 aprile 2020 / PRIMO PIANO Pagina 8
L’emergenza. Tra Pasqua e Pasquetta due morti

IL FOCOLAIO IN CORSIA: L'85% DEI CONTAGI TRA OSPEDALI E RSA
La Regione ora guarda ai test rapidi. Lo studio potrebbe partire da Sassari

Potrebbe partire da Sassari un primo importante studio sulla diffusione del Covid-19 nell'Isola. «Magari con dei test rapidi - ha spiegato il presidente della Regione Christian Solinas nel corso del quotidiano appuntamento sull'evoluzione del virus - quelli chiamati "drive-in", ovvero dei tamponi effettuati su chi sta passando in auto a Piazzale Segni. Tamponi da processare subito, naturalmente, in modo da avere un quadro più preciso della situazione». È una delle novità emerse ieri, insieme a un dato che fa riflettere: gli operatori sanitari contagiati (medici e infermieri sono il 24% del totale in Sardegna). Impressiona, però, che l'84,7% dei contagiati nell'Isola abbia contratto il virus tra ospedale (69%) e Rsa (15,7%).

GLI AGGIORNAMENTI. In Sardegna, dall'inizio dell'emergenza, sono 1.128 i casi di positività, più 15 rispetto al giorno di Pasqua. Numero che comprende, va sottolineato, i decessi e i pazienti guariti, e che è stato rilevato dall'Unità di crisi regionale nell'ultimo aggiornamento. Nell'Isola, inoltre, sono stati eseguiti 11.010 tamponi. I ricoverati in strutture ospedaliere sono 134, di questi 27 in terapia intensiva, mentre 780 sono le persone in quarantena domiciliare. Il dato progressivo dei casi positivi comprende 104 pazienti guariti, più altri 35 guariti clinicamente. I decessi sono 75, più 2 rispetto al giorno precedente. Sul totale, nello specifico, 197 casi riguardano il territorio della Città Metropolitana di Cagliari (+6 rispetto al dato precedente), 745 (+8) a Sassari, 35 (+1) a Oristano, 67 a Nuoro, 84 il Sud Sardegna. Queste ultime due province non hanno subito variazioni sul giorno precedente.

NUMERI SORPRENDENTI. Non è una grande scoperta, anzi, è solo la conferma di quanto è emerso durante l'esplosione del contagio, in particolare nella provincia di Sassari: tra ospedali e Rsa sono stati registrati oltre 260 casi sul totale, ovvero il 24% del totale. Per intendersi, a essere colpiti più di altre categorie sono stati i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, ovvero la prima linea del fronte anti virus. Intanto, Solinas ha parlato di numeri complessivi, tutto sommato, in flessione per quanto riguarda i nuovi contagi e i ricoverati in terapia intensiva. «Ma bisogna mantenere le misure di contenimento - ha aggiunto - perché questi dati confortanti ancora non sono sufficienti a farci abbassare la guardia».

COMUNI IMMUNI. Il governatore ha poi aggiunto che sui 377 Comuni sardi, ben 262 sono stati risparmiati dal contagio, cioè, il 69,5%. Mentre l'incidenza dei pazienti per singolo centro vede Sassari in testa alla classifica con il 58,2% contro l'19% di Cagliari, il 5,8 di Olbia, il 7,2 di Nuoro, il 5 del Medio Campidano, il 4 di Oristano e appena uno 0,7 e uno 0,1 di Sulcis e Ogliastra.

PROSPETTIVE. Sempre guardando al futuro con un certo ottimismo, Solinas ha fatto notare che l'85% dei pazienti, ai primi posti in Italia, è in isolamento domiciliare («Non hanno bisogno di cure ospedaliere»), l'11,7 è invece ricoverato in ospedale e il 3% si trova in terapia intensiva, anche in questi casi numeri importanti. «Sono il risultato del lavoro che stiamo portando avanti. Sta crescendo anche la nostra capacità di intercettare i pazienti asintomatici, oggi stimati al 29,3%. È chiaro che dobbiamo aumentare i tamponi, far salire la nostra media giornaliera che è di 324 test. Vorremmo portarla a 600 in tempi brevi».

DISPOSITIVI A OPERATORI. «Da giovedì - ha assicurato Christian Solinas - avremo le scorte di presidi sanitari per due mesi. Sappiamo che ne servono 60 mila al giorno, tra chi lavora negli ospedali, nelle case di cure, nelle associazioni che si occupano di persone con problemi di salute, nelle carceri e in tutte le strutture pubbliche. Nelle carceri, va sottolineato, abbiamo attivato da subito un canale diretto con il provveditore regionale Maurizio Veneziano e credo che le iniziative intraprese siano state finora abbastanza efficaci».
v.f.








3 - L’UNIONE SARDA di martedì 14 aprile 2020 / PRIMO PIANO Pagina 9
L’emergenza. L’Aou esclude la chiusura: “Restiamo operativi, si lavora in sicurezza. Sono stati rispettati i protocolli”

VIRUS AL POLICLINICO, ADESSO È SCONTRO TRA PRIMARI E AZIENDA
Lettera dei medici: “Troppi contagi, ospedale e isola da sanificare”

Il virus è «all'interno dell'ospedale», e dopo il contagio di diciassette tra operatori sanitari e degenti, «non è possibile escludere che altre persone possano essere coinvolte nell'immediato periodo». E' con questa premessa che, nella lunga lettera inviata ieri al direttore generale e al direttore sanitario dell'Aou di Cagliari, i primari del dipartimento di chirurgia del policlinico (colleghi peraltro di un medico positivo al test) chiedono «l'isolamento» dell'ospedale, ovvero la chiusura con il blocco degli ingressi al pronto soccorso e dei ricoveri, «per un periodo che consenta l'adozione delle misure necessarie a riaprire la struttura in condizioni di massima sicurezza».

BOTTA E RISPOSTA. Così, mentre oggi riprende lo screening sul personale (centinaia di tamponi che andranno ripetuti anche su chi al primo test è risultato negativo), arriva la replica dell'azienda: «Il policlinico è operativo e lo resterà. I protocolli sono stabiliti per tutti gli ospedali dall'unità di crisi regionale e a quelli rigorosamente tutti si atterranno. Primari inclusi». L'avviso dà la misura dello scontro in atto. La lettera dei direttori del dipartimento di chirurgia arriva due giorni dopo la nota del dg Giorgio Sorrentino che ha scritto ai dipendenti dell'Aou chiedendo «uno sforzo di attenzione nei comportamenti» perché il virus «invece che entrare in ospedale attraverso i pazienti, può penetrare attraverso gli operatori sanitari». Parole che, dopo la presa di posizione dei sindacati, vengono giudicate «offensive» anche dai medici.

L'INCONTRO COL DG. Nessuna conferma dai vertici dell'Aou, ma il direttore generale incontrerà i camici bianchi. I referti positivi al Covid, scrivono i primari di chirurgia, «dimostrano la presenza di un cluster di contagio dentro il policlinico. L'assenza di una risposta drastica può avere dei risvolti drammatici che è necessario scongiurare». Nei giorni scorsi, dopo la notizia del contagio di un primario di chirurgia e di altri sedici tra operatori sanitari e pazienti, i vertici dell'Aou hanno ricordato tutte le misure di sicurezza adottate da oltre un mese (tra queste, il blocco delle visite e dei ricoveri non urgenti, ingresso solo dal blocco centrale con il controllo della temperatura) e gli interventi ripetuti (test a tappeto e sanificazione) dopo il contagio. Ma i camici bianchi rammentano di come, «in tempi non sospetti avessimo più volte lamentato i pericoli correlati a scelte gestionali perseguite con la convinzione che, trattandosi di un presidio no-Covid, il rischio di una diffusione interna del virus sarebbe stato contenuto».

TUTTE LE RICHIESTE. Già lo scorso 24 marzo il dipartimento di chirurgia aveva chiesto «un urgente aggiornamento del protocollo utilizzato per i pazienti che accedono al policlinico tramite pronto soccorso», dando dei suggerimenti riguardo «la creazione di spazi adeguati, separati dal resto dell'ospedale, gestiti da operatori dotati di dispositivi di protezione secondo procedure identiche a quelle degli ospedali Covid». Se tale documento «attende ancora di essere ratificato», non c'è stata altresì alcuna risposta alla richiesta di «uno screening di tutto il personale sanitario del dipartimento». Peraltro, «anche il filtro del pronto soccorso si è dimostrato inefficace». Con queste premesse, i medici chiedono, oltre alla chiusura dell'ospedale per il tempo necessario a che venga riaperto «in condizioni di massima sicurezza», l'avvio di «un reparto Covid» e la ratifica «del protocollo per gestire i pazienti sospetti».

«POLICLINICO OPERATIVO». «Il policlinico è operativo e lo resterà - fanno sapere fonti interne all'azienda -. Si lavora in sicurezza e tutti hanno avuto istruzioni molto chiare su come comportarsi: sono state seguite alla lettera le linee guida dell'Istituto superiore di sanità. Le disposizioni interne sono rigide, in alcuni casi molto più rigide di quanto stabilisce la legge. I protocolli sono stabiliti per tutti gli ospedali dall'unità di crisi regionale e a quelli rigorosamente tutti si atterranno. Primari inclusi».

Piera Serusi







 

4 - L’UNIONE SARDA di martedì 14 aprile 2020 / PRIMA
IL COMMENTO
La sindrome di Milligan

di Aldo Berlinguer
È facile immaginare la scorsa riunione dell'Eurogruppo: l'Italia, assieme ad altri Paesi, chiedeva di attingere da ingenti prestiti europei per fronteggiare le conseguenze del Covid 19, non voleva sottostare a condizioni e pretendeva dunque di aggiungere il nuovo debito ai 2.450 miliardi già maturati sino ad oggi: una cifra ormai corrispondente al 140% del nostro Pil. (...) SEGUE A PAGINA 10


PRIMO PIANO - Pagina 10   continua dalla prima
Troppe parti in commedia al tavolo dell’Eurogruppo
L'ITALIA, IL MES E LA SINDROME DI MILLIGAN

(...) È dunque arrivato a Bruxelles il Premier di turno (il sesto negli ultimi dieci anni) a battere i pugni e invocare i valori costitutivi dell'Europa. Dopo averlo fatto decine di altre volte per tante altre ragioni (Quota 100, reddito di cittadinanza, calamità varie..ecc.). Facile è dunque immaginare l'espressione assunta dai nostri interlocutori i quali, come ci raccontano, sono brutti e cattivi. Più difficile è invece comprendere quale esatta percezione i nostri partners europei hanno di noi e se l'immagine è nitida, sfocata, unica o molteplice, come accade nei disturbi della personalità.

Gli italiani, infatti, sono notoriamente un popolo di risparmiatori che, per ingegno e fatica, si è fatto valere ovunque. Un popolo che si sacrifica per garantire una laurea ai figli, evita rischi eccessivi, investe nel mattone e riesce così a trasferire gli immobili alle nuove generazioni. Le famiglie italiane sono più coese delle altre, vivono in nuclei allargati e realizzano così forme di mutualità ambite in tutto il mondo. Siamo anche restii al cambiamento, paurosi dell'imprevisto e ci fidiamo poco del prossimo; al più, di persone note e competenti.

Questo lo sanno i nostri interlocutori a Bruxelles. Che però vedono arrivare, dall'Italia, delegazioni di altra specie. Rappresentanti, anche giovani, che spesso una laurea non ce l'hanno; sovente litigiosi e sempre divisi. Persone che parlano di presente e quasi mai di futuro; pronte a spendere, mai a risparmiare. Sono tutti disinvolti questi politici italiani, ossessionati dalla comunicazione e indifferenti al merito. E tutti, o quasi, inclini a indebitare il Paese, anche a costo di ipotecare il Colosseo, gli scavi di Pompei o la torre di Pisa, oltre alla vita delle nuove generazioni. Del resto, il domani non sembra preoccuparli, chi vivrà vedrà.

Insomma, avranno avuto il dubbio, i nostri interlocutori, di aver davanti un Giano bifronte, con disturbi dissociativi d'identità (DID). Ricordate il caso Billy Milligan? Il ragazzo di Miami con sindrome di personalità multipla? All'interno di quell'uomo si nascondevano, in effetti, 24 vite diverse; 24 individui con età, attitudini e pure accenti differenti. Non fu facile giudicarlo ma (caso più unico che raro) Billy venne dichiarato non imputabile. Non poteva controllare -si disse- ciò che ciascuno di quegli individui faceva dentro di lui. E così nessuna condanna, nonostante avesse commesso molti crimini.

Sarà quindi che (oltre al Covid19) molti italiani abbiano contratto la sindrome di Milligan, pronti a recitare più parti al contempo? Oppure sono solitamente due le parti che amiamo recitare: quella privata, che corrisponde al popolo che siamo, e quella pubblica, incarnata da i nostri rappresentanti?

Di quest'ultima spesso ci dimentichiamo, sembra che non ci appartenga. Ma esiste eccome e ad essa abbiamo affidato il nostro futuro. Avrebbero dovuto crederle a Bruxelles? Fidarsi i partners europei dei nostri rappresentanti più di quanto non facciamo noi stessi italiani? Lo ha scritto troppo bene, in una lettera al Presidente Conte, una ristoratrice che ha appena chiuso i battenti: «Caro Presidente, grazie ma non mi indebito più per lavorare. Chiudo e prendo il reddito di cittadinanza».

ALDO BERLINGUER, UNIVERSITÀ DI CAGLIARI







 

5 - L’UNIONE SARDA di martedì 14 aprile 2020 / PRIMO PIANO
Intervista. Piero Cappuccinelli (Comitato scientifico della Regione): stiamo facendo i primi test sierologici

L'ALLARME DEL VIROLOGO: «IN SARDEGNA NON È ANCORA STATO RAGGIUNTO IL PICCO»

Come sta andando?

«Insomma, su e giù, non cambia molto da un giorno all'altro».

La Sardegna non ha ancora raggiunto il picco?

«Sembra di no, la curva dei contagi sta continuando a salire», risponde Piero Cappuccinelli.

Settantacinque anni, originario di Alessandria, sardo d'adozione dal '74, microbiologo e virologo, professore emerito alla facoltà di Medicina dell'Università di Sassari, senior editor del Journal of Infection in Developing Countries, accademico dei Lincei, è uno dei quattro luminari del comitato scientifico della Regione per combattere il Coronavirus.

Quando si stabilizzeranno i numeri?

«Non sono in grado di dirlo, siamo ancora in crescita. Nelle altre regioni c'è stato un principio di appiattimento dopo oltre quattro settimane. Molto dipende da come le persone stanno rispettando le misure di distanziamento sociale, anche da quello che è successo in questi giorni di festa. E poi, dipende dall'efficienza delle indagini sulla catena dei contagi e dalla capacità che abbiamo di isolarli».

Insomma, le azioni base. Ma cosa si sta facendo invece in Sardegna per individuare gli asintomatici?

«Qui, ma non solo, l'epidemia è esplosa in un periodo in cui c'era penuria di test diagnostici, per cui abbiamo avuto un po' di difficoltà nell'identificazione e nella ricerca dei positivi. Stiamo muovendo ora i primi passi per organizzare la ricerca dei positivi non sintomatici nella popolazione».

Come? Con i test rapidi?

«I test rapidi sono già disponibili, ma hanno qualche limite. L'idea è quella di fare indagini sierologiche utilizzando altri metodi - tramite un piccolo prelievo di sangue - che permettono di identificare le persone che sono venute a contatto col virus e hanno avuto una risposta anticorpale».

Ce ne sono a sufficienza di questi test?

«La Regione li sta acquistando. Uno screening sistematico non è ancora partito».

Dato che farli a tutti è impossibile, a chi saranno destinati?

«Farli a tutta la popolazione è possibile, ma non immediatamente. Si sceglieranno dei campioni, alcune categorie a rischio».

Ad esempio?

«In certi posti stanno testando ad esempio le persone che vanno al supermercato in un determinato giorno. Si può organizzare facilmente, i test si fanno lì sul posto. Speriamo di partire il più presto possibile».

Tutti vogliono avviare in qualche modo la "fase 2".

«Tutti fremono e si agitano, è umano, ma siamo veramente in una situazione in cui stare a casa "in quarantena" può fare la differenza. Della fase 2 si può certamente iniziare a parlare, ma non è ancora il momento di attuarla in concreto. Fintanto che non è completamente organizzato il sistema che permette di identificare rapidamente i positivi e intervenire subito, non ci possiamo permettere di avviarla».

Cosa pensa dell'ipotesi di cominciare nelle zone dove ci sono pochi casi? La Sardegna può fare da apripista in Italia?

«Nell'Isola ci sono aree immuni, inoltre c'è una densità di popolazione bassa ed è difficilmente raggiungibile, tutti elementi che giocano a nostro favore. Il fatto che possa essere la prima, la seconda o la terza regione a partire non ha molto significato, certamente però, sempre che le cose siano bene organizzate, prima si comincia prima si può tornare a una certa normalità».

Qualcuno ha detto: dobbiamo fare da cavie?

«Mi sembra una sciocchezza, secondo me sarebbe un vantaggio "fare da cavie", diciamo così, perché significherebbe che ci sono le condizioni giuste per farlo».

Però siamo ancora in alto mare, con app, tracciamenti eccetera.

«Non sono cose che richiedono tempi lunghi se c'è l'hardware. Certo, è anche necessario avere un'opinione pubblica consapevole e collaborativa».

Le mascherine: le dobbiamo usare tutti, sempre?

«Sia chiaro: più si usano meglio è. Questa è la lezione che ci insegnano Paesi in cui si utilizzano abitualmente. Io lavoro da tanti anni in Vietnam, lì vanno tutti in moto ed è normale proteggersi dai fumi di scarico mettendo qualcosa sulla bocca. Per noi è una novità, non fa parte della nostra cultura, ma dovremo abituarci, sicuramente almeno fino a quando non si troverà un vaccino».

Cosa fa in Vietnam?

«All'università di Hue, l'antica capitale imperiale, con un progetto partito nel 2007 e finito nel 2017, abbiamo creato un Centro sulle infezioni respiratorie dedicato alla memoria di Carlo Urbani, un medico morto di Sars nel 2003».

Come sta lavorando con i suoi colleghi della task force regionale?

«Molto bene, ci sentiamo tutti i giorni in videoconferenza e prepariamo documenti per consigliare al presidente e all'assessore come procedere sulle priorità».

Quali indicazioni avete dato finora?

«Per ora abbiamo predisposto linee guida sulla sicurezza, sui laboratori e sui dispositivi di protezione individuali».

Bisogna sbrigarsi.

«La maggior parte delle cose sono in atto, ma devono essere rafforzate e consolidate. Grosse falle non ce ne sono. Dobbiamo far partire la vigilanza e le Unità di assistenza a domicilio, è importantissimo che riusciamo a tenere i pazienti fuori dagli ospedali, ricoverare soltanto i più gravi. Questa è una priorità assoluta».

Alcuni ospedali sono diventati "zone rosse".

«I problemi sono sorti perché inizialmente è molto difficile capire se una persona è malata di Covid-19 ed è in grado di infettare. Negli ospedali bisogna avere sistemi di protezione elevatissimi e trattare ogni paziente come un caso sospetto. Il problema è che questa è un'epidemia strana e sconosciuta, comparsa qualche mese fa e diversa dagli altri Coronavirus come Sars e Mers. Comunque vorrei dire che tutto il personale sanitario, spesso sotto attacco, sta vivendo una situazione di stress spaventoso, tutti sono da sostenere e ammirare, e a tutti dobbiamo esprimere ogni momento solidarietà e vicinanza».

Cristina Cossu







6 - L’UNIONE SARDA di martedì 14 aprile 2020 / ITALIA MONDO
Egitto. Amnesty International: Roma trovi 15 minuti e chieda di farlo uscire
Beffa per Zaky, ancora un rinvio sulla scarcerazione

IL CAIRO È stata rinviata ancora, stavolta al 21 aprile, l'udienza sul prolungamento di altri 15 giorni della custodia cautelare di Patrick George Zaky, lo studente egiziano dell'università di Bologna in carcere al Cairo con l'accusa di “propaganda sovversiva”. Lo riferisce una sua legale, Hoda Nasrallah, precisando che come i precedenti anche questo rinvio è dovuto al coronavirus e ha riguardato anche altri casi. Patrick è detenuto dal 7 febbraio in Egitto, dove era tornato per una vacanza in patria, e il 7 marzo c'era stato il secondo rinnovo quindicinale della detenzione. Da allora, per tre volte a marzo e da ultimo il 6 aprile, l'udienza è stata sempre rinviata, formalmente a causa della pandemia.

Fra le accuse a carico di Patrick, basate su un account Facebook che la difesa considera gestito da altri, vi sono «diffusione di notizie false», «incitamento alla protesta» e «istigazione alla violenza e ai crimini terroristici». La famiglia ha potuto vederlo nel carcere cairota di Tora l'ultima volta oltre un mese fa, il 9 marzo.

Ricardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, sottolinea: «È innocente, ma soprattutto è a rischio di contagio da Covid-19 in quanto è asmatico. Chiediamo alle autorità italiane di trovare un quarto d'ora, pur nella situazione difficilissima in cui è il nostro Paese, per chiedere alle autorità egiziane di rilasciarlo al più presto».






 

7 - L’UNIONE SARDA di martedì 14 aprile 2020 / Speciale LAVORO OGGI - Pagina I

CONCORSI
Da Medicina a Giurisprudenza: all'Università di Sassari dodici professori e sei ricercatori
Le domande per prendere parte ai vari concorsi devono essere presentate entro il 27 aprile

Tempo di assunzioni nell'Ateneo Turritano. L'Università degli studi di Sassari ha indetto una serie di bandi per la copertura di dodici posti di professore e di tre ricercatori.

Entrando nel dettaglio, una procedura prevede la chiamata di otto professori di prima fascia, per vari settori e Dipartimenti (scienze economiche e aziendali; scienze mediche, chirurgiche e sperimentali). Una seconda selezione riguarda la chiamata di quattro professori di seconda fascia, per vari settori concorsuali, che saranno assegnati al Dipartimento di scienze mediche, chirurgiche e sperimentali dell'Ateneo.

Gli altri bandi

Per quanto riguarda i ricercatori, un bando prevede la selezione per la copertura di un posto per il settore concorsuale di diritto processuale civile, nel dipartimento di Giurisprudenza. Il secondo posto è disponibile nel settore di Teatro, musica, cinema, televisione e media audiovisivi, per il Dipartimento di scienze umanistiche e sociali. Il terzo bando, infine, stabilisce la riapertura dei termini della procedura di selezione promossa di recente per la copertura di un posto, a tempo determinato, nel settore concorsuale di Chimica e tecnologie farmaceutiche, tossicologiche e nutraceutico-alimentari, per il Dipartimento di chimica e farmacia.

Come partecipare

Le domande di ammissione ai vari bandi dovranno pervenire entro lunedì 27 aprile.

Tutti i testi integrali di bandi, con la dettagliata descrizione dei requisiti richiesti ai candidati, sono stati pubblicati nel sito istituzionale www.uniss.it. Gli avvisi sono consultabili nella Gazzetta ufficiale 25 di venerdì 27 marzo. Per informazioni contattare l'Ufficio concorsi dell'Ateneo sassarese, telefono 079/228879, e-mail: a.manzoni@uniss.it. (g. dep.)



 

La Nuova Sardegna




 

 

8 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 14 aprile 2020 / PRIMO PIANO - Pagina 3
Cagliari, lettera di 10 medici: isolare i reparti. Il manager: sicurezza garantita

POLICLINICO, SCONTRO PRIMARI-DIRETTORE
CAGLIARI Il Policlinico universitario di Cagliari ha operato e continuerà a operare in «condizioni di piena sicurezza». Con questa replica il direttore generale Giorgio Sorrentino ha risposto alla lettera aperta di dieci primari , che sollecitavano invece l'«isolamento immediato dei reparti con il blocco degli accessi al pronto soccorso e di qualsiasi altro ricovero». Tutto questo perché fino a sabato, dopo aver effettuato oltre 600 tamponi, erano risultati positivi al coronavirus sei pazienti e cinque operatori sanitari. Ancora più nel dettaglio i primari del dipartimento di chirurgia sostenevano che «l'aumento dei casi di positività al virus all'interno del Policlinico universitario, a nostro avviso, confermano la presenza di un focolaio che mette a grave rischio la salute non solo di operatori sanitari e pazienti, ma anche quella dell'intera area metropolitana di Cagliari». E infatti sollecitavano tra l'altro l'immediata apertura di un reparto Covid-19 all'interno dello stesso Policlinico, isolato dal resto della struttura. La risposta della direzione generale è stata di questo tenore molto perentorio: «Nella struttura tutti lavorano in sicurezza e tutti hanno avuto istruzioni molto chiare su come comportarsi: sono state seguite alla lettera le linee guida dell'Istituto superiore di sanità. Le disposizioni interne sono rigide, in alcuni casi molto più rigide di quanto stabilisce la legge. I protocolli sono stati stabiliti da tempo per tutti gli ospedali dall'Unità di crisi regionale e a quelli rigorosamente tutti dovranno attenersi. Primari inclusi».







 

9 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 14 aprile 2020 / PRIMO PIANO Pagina 9
IL VACCINO. AL VIA I TEST SULL’UOMO ENTRO APRILE
Gli italiani dell’Advent-Irbm e i britannici dello Jenner Institute acce

di Manuela Correra
ROMA Nuovo passo avanti sul fronte degli studi per arrivare ad un vaccino contro il Covid-19. L'azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia e lo Jenner Institute della Oxford University hanno infatti annunciato che inizieranno a fine aprile in Inghilterra i test accelerati sull'uomo - su 550 volontari sani - del prototipo di vaccino messo a punto in partnership dall'azienda e l'università britannica. Il vaccino potrà essere disponibile in uso compassionevole per alcune categorie già da settembre, ma sarà necessario molto più tempo perché possa invece essere disponibile su larga scala per la popolazione. A fine aprile, ha reso noto l'ad di Irbm Piero Di Lorenzo, «in virtù dei dati acquisiti nelle ultime settimane, il primo lotto del vaccino messo a punto dalla partnership Advent-Irbm con lo Jenner Institute partirà da Pomezia per l'Inghilterra, dove inizieranno i test accelerati su 550 volontari sani». E già da settembre, annuncia, «si prevede di rendere utilizzabile il vaccino per immunizzare personale sanitario e Forze dell'ordine in modalità di uso compassionevole». Un passo avanti concreto mentre, chiarisce l'ad, è «ormai in fase finale la trattativa per un finanziamento di rilevante entità con un pool di investitori internazionali e vari Governi interessati a velocizzare ulteriormente lo sviluppo e la produzione industriale del vaccino». Si cerca dunque di stringere i tempi, anche in relazione alle fasi della sperimentazione, a fronte dell'urgenza di arrivare quanto prima ad una soluzione efficace: «Si è deciso di passare direttamente alla fase di sperimentazione clinica sull'uomo, in Inghilterra - sottolinea a questo proposito Di Lorenzo all'Ansa - ritenendo, da parte della Irbm e della Oxford University, sufficientemente testata la non tossicità e l'efficacia del vaccino sulla base dei risultati di laboratorio, che sono stati particolarmente buoni». Nella messa a punto del vaccino, chiarisce, «siamo partiti da due expertice, ovvero da due piattaforme note: la nostra esperienza riguarda l'utilizzo dell'adenovirus, che è un virus del raffreddore, utilizzato depotenziato per trasportare il gene Spike sintetizzato del SarsCov2 nell'organismo umano. Come se fosse un 'cavallo di Troia', quando l'adenovirus 'trasportatore' entra nell'organismo, quest'ultimo reagisce e crea anticorpi». L'expertice dello Jenner Institute, prosegue, «deriva invece dal fatto di aver già testato e utilizzato sull'uomo in Arabia Saudita un vaccino anti-Mers». Al momento, precisa Di Lorenzo, «stiamo predisponendo i report scientifici da inviare all'Agenzia italiana del farmaco Aifa, con cui abbiamo preso i contatti». È tutto «in fieri - afferma - e ci sono contatti con vari governi, tra cui quello italiano».







 

10 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 14 aprile 2020 / Speciale SALUTE - Pagina 25
UNIVERSITÀ-AOU
Le richieste sono molto diminuite ma non il pericolo di aggressioni

Il Centro di Vittimologia di Sassari al servizio di chi chiede aiuto
Il Centro di Vittimologia dell'Università di Sassari, Aou, presso la Clinica Psichiatrica (Villaggio San Camillo) da circa due anni offre un servizio pubblico gratuito ad accesso diretto (lun-ven dalle 8 alle 18, tel. 079-254406 -2644640) per le vittime di qualsiasi tipologia di violenza, applicando le linee guida cliniche e le direttive dell'Oms in ambito di prevenzione, riconoscimento, trattamento, ricerca scientifica, divulgazione e formazione di temi legati alla violenza in generale ed in particolare alla violenza interpersonale e domestica. Il centro di Vittimologia si avvale della preziosa collaborazione del territorio, delle associazioni e dei centri antiviolenza (Centro Aurora del Comune di Sassari e altre associazioni), delle strutture sanitarie di emergenza psicologica dell'Aou e collabora con i Comuni e con altri enti per la formazione professionale degli operatori sanitari coinvolti nella gestione della prevenzione della violenza.
Nel Centro, tuttavia, dall'inizio di marzo 2020 si è assistito ad un drastico calo delle richieste di aiuto, dato sovrapponibile a quanto registrato in altri centri di tutto il territorio regionale e nazionale. Negli ultimi 15 giorni, infatti, le chiamate al 1522 (utenza riservata dal Governo a questo tipo di segnalazione) risultano dimezzate rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Le denunce inoltrate direttamente alle forze dell'ordine sono diminuite di circa il 50%. La diminuzione delle richieste di aiuto non significa però diminuzione della violenza domestica. Le vittime di violenza domestica solo quando sono sole e il loro carnefice si è allontanato a casa, trovano la forza e il coraggio di raggiungere o chiamare segretamente gli amici, i familiari o persone di supporto. Al momento, data l'emergenza Covid-19, tutte queste opzioni sono vanificate. Come se non bastasse le risorse disponibili si sono ridotte e la rete di supporto hanno allentato le loro attività. La violenza domestica sta aumentando progressivamente durante la quarantena in tutti i Paesi colpiti dalla pandemia.
Se è vero che le richieste di aiuto appaiono diminuite, è pur vero che, in realtà, le violenze domestiche in Italia sono continuate: dall'inizio del distanziamento forzato e l'obbligo di dimora presso il proprio domicilio, 11 marzo 2020, sino all'8 aprile 2020, si sono verificati 7 omicidi e 3 tentati omicidi. Gli autori sono tutti uomini, mentre 8 vittime su 10 sono donne. Nella maggior parte dei casi (80%) si tratta di violenza domestica. Nella metà dei casi (50%) la vittima è la moglie o la convivente, nel 20% la madre, in un caso un fratello. Otto casi su 10 sono stati attuati nell'ambito di una convivenza forzata durante la quarantena.

Questionario e social

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