RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
1 - L’Unione Sarda / Economia (Pagina 17 - Edizione CA)
L’archivio di Ruju donato alla biblioteca dell’Università
SASSARI Sei anni di lavoro certosino, la passione per le lettere e il desiderio di onorare la memoria del nonno. Prima della donazione alla biblioteca universitaria, il ponderoso materiale dell’archivio di Salvator Ruju è passato fra le mani attente di Caterina, nipote dello scrittore e poeta scomparso nel 1966. Lo ha raccontato lei stessa, a margine della cerimonia, che, giovedì pomeriggio, ha sancito l’avvenuta acquisizione del fondo al patrimonio librario dell’Università, in quella stessa sala di lettura, raramente così gremita, di cui il nonno, nei primi anni del secolo scorso, fu assiduo frequentatore. Stimolata dalle esortazioni di Nicola Tanda, Caterina Ruju ha viaggiato per sei anni tra Roma e Firenze, Milano e Genova, per recuperare carteggi e consultare gli archivi di giornali e riviste, tante, di cui Salvator Ruju era stimato collaboratore. Articoli di stampa, corrispondenze e lettere che testimoniano la partecipazione di Ruju al fermento culturale e mondano dei primi decenni del Novecento, quando, appena laureato in legge e poco più che trentenne, approda a Roma dove Grazia Deledda lo introduce negli ambienti raffinati della capitale, popolati di intellettuali e artisti che apprezzano, da subito, l’estro e la vena di questo giovane sardo, dall’intelligenza acuta e di bell’aspetto. «Il ruolo della Deledda – ha ricordato lo storico Manlio Brigaglia – è stato certamente importante, ma ciò che colpiva di Salvator Ruju erano soprattutto il suo stile e la sua penna che sono sempre stati, per lui, sponsor formidabili». Il periodo romano, trascorso in un quadro storico dominato dalla figura di Gabriele d’Annunzio, fu molto significativo per la sua attività artistica testimoniata dai tanti documenti custoditi gelosamente, dagli eredi che, con un gesto di grande liberalità, hanno poi deciso di donare tutto alla biblioteca universitaria. Si tratta di trenta cartelle, con 412 documenti per un totale di oltre 1100 “pezzi” d’archivio: «Un patrimonio di straordinaria vastità – ha proseguito Brigaglia – che racconta la vicenda biografica e artistica dell’uomo, del poeta e del letterato». Nel 1910 Ruju ritorna a Sassari e si dedica a un’intensa produzione in sassarese inaugurata dalla redazione, nel 1955, del supplemento al dizionario italiano-sassarese. Tra le opere, firmate con lo pseudonimo Agniru Canu, comparso, per la prima volta, nel 1928, sul quotidiano “L’Isola”, devono essere ricordate le raccolte di versi “Agnireddu e Rusina” (1956), “Sassari veccia e noba” (1957), a cui seguono quelle in italiano “Ore del mio giardino” (1961) e “Memoria di un figlio” (1963). Opere segnate da quella verve cara ai sassaresi, ma anche da tratti profondi in cui il sentimento è il carattere più evidente. Un posto particolare occupa il poemetto Ichnusa, scritto in occasione della collocazione, a Nuoro, della gigantesca statua del redentore sul monte Ortobene: «Un inno alla Sardegna e alla sua gente _ scrive monsignor Pietro Meloni (intervenuto alla cerimonia) nell’introduzione – che non è mai sazia di contemplare l’incanto di questa terra benedetta da Dio». La partecipata conferenza, moderata dal giornalista Gianbernardo Piroddi, curatore, fra l’altro, di un bel cofanetto, pubblicato da Edes, dedicato al poeta sassarese, è stata anche l’occasione per rimarcare l’importanza delle donazioni e dell’acquisizione al patrimonio delle istituzioni pubbliche «Un passaggio importante – ha concluso Maria Rosaria Manunta, direttrice della biblioteca universitaria – per garantire la conservazione della memoria storica e scongiurarne l’oblio». La serata è scivolata piacevolmente grazie anche alla partecipazione di Maria Antonietta Azzu e Salvatore Luiu, che hanno proposto la lettura di brani in prosa e versi, qualcuno anche inedito, tratti dalla produzione in italiano e sassarese.
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