Sandro Mantega
La Camera approva la legge sull’università Tafferugli tra i dimostranti e la polizia
ROMA. L’Aula di Montecitorio ha appena approvato la riforma Moratti. I parlamentari cominciano a lasciare la Camera alla spicciolata. Ma gli studenti sono ancora lì davanti alle transenne. Alcuni di loro hanno persino deciso di dormirci. Quando i deputati della Cdl escono parte una bordata di fischi. E le proteste aumentano quando compare in piazza Montecitorio il capogruppo di An Ignazio La Russa. Lui si ferma e i fischi si moltiplicano. Sta lì qualche secondo e poi se ne va. Ma il deputato di FI Fabio Garagnani non ignora gli studenti e si rivolge loro gridando con tanto di braccio alzato: «Bastardi! Bastardi!». I carabinieri che presidiano ancora la piazza scuotono la testa e si informano su chi sia il parlamentare.
E’ l’epilogo di una giornata caldissima, scandita da manifestazioni, scaramucce, traffico impazzito, polemiche accese e intolleranze contro i ragazzi in piazza. E qualche aggressione contro i giornalisti: della polizia contro un giornalista e un operatore di Telenorba e dei ragazzi contro la cronista di Sky. Il segretario della Fnsi, Paolo Serventi Longhi, è intervenuto a difesa di tutti. Il forzista Fabrizio Cicchitto solo della telecronista di Sky.
Tutto era cominciato di buon mattino, quando un corteo come non se ne vedevano da anni si era mosso dalla Sapienza, raccogliendo via via studenti degli altri otto atenei romani e allievi delle superiori. Perché la riforma Moratti - che spazza via l’autonomia universitaria e misura la cultura in termini di redditività economica - non piace a nessuno. La parola d’ordine era esplicita, «assediate i palazzi del potere». Così come esplicita era la strategia della prefettura, «respingete i manifestanti». A Roma ormai sono finiti i tempi della polizia «friendly», amichevole, inventati dal prefetto Emilio Del Mese. Adesso l’ordine pubblico deve essere visibile. Con caschi, scudi e accenni di carica appena possibile.
Cinquantamila giovani si sono riversati verso il centro, concentrandosi alla fine tra piazza Venezia, largo Argentina, Montecitorio, il Senato. L’obiettivo era quello di arrivare il più vicino possibile a Palazzo Chigi, indirizzo supervietato per le manifestazioni di piazza. Con il passare delle ore le fila della protesta si sono ingrossate, tanto da far dichiarare ai giovani di essere 150 mila. Cifra non confermata dalla questura che smentisce anche di aver caricato i manifestanti. Per la verità, se non ci sono state cariche vere e proprie, manganellate, spintoni e respingimenti di estrema durezza se ne sono visti.
Si sono anche viste certe intemperanze dei parlamentari di An. Si è vista Daniela Santanchè, Alleanza Nazionale, esibire una gestualità non proprio da signora e Giustavo Selva, anche lui An, pretendere ostinato un gelato acquistabile, secondo lui, solo oltre il muro dei manifestanti. Si sono visti deputati del centro sinistra interporsi fra manifestanti e polizia e imporre il rispetto del diritto dei cittadini, sia pure numerosi e rumorosi, a dire la propria di fronte ai palazzi del potere.
E si sono visti cittadini, molti cittadini solidarizzare con i ragazzi bloccati nei presidi, offrendo cibo e acqua. La temperatura ieri a Roma era quasi estiva e il selciato di Montecitorio ha cominciato presto a spargere un calore insopportabile. Per distendere gli animi il vicepresidente della Camera Fabio Mussi ha fatto distribuire acqua ai manifestanti e alla polizia. Gli studenti romani, pur numerosi, non sono stati i soli a esprimere la netta contrarietà alla riforma Moratti. Da una decina di giorni gli atenei italiani sono in subbuglio. Le hanno provate tutteper attirare l’attenzione della politica e dei giornali. A Perugia hanno approfittato di Eurochocolate per inscenare la protesta. A Padova si sono organizzate lezioni all’aperto. A Firenze in prima fila contro la riforma Moratti ci sono il rettore e il Senato accademico.
Il pedagogista Benedetto Vertecchi: «Era ora che scendessero in piazza»
Professor Vertecchi, gli studenti sono scesi in piazza e voi docenti che fate?
«Personalmente condivido in pieno la protesta degli studenti. Anzi, devo dire che era ora che manifestassero. Erano troppo buoni! C’è stata un’intera generazione in sonno e c’è voluta proprio la Moratti per risvegliare gli animi dei ragazzi. Questa non è una protesta all’acqua di rose. Gli studenti hanno ragione da vendere».
«Per quanto riguarda noi docenti penso proprio che le nostre idee le abbiamo esposte più volte. Ma questo governo non ascolta».
In che senso non ascolta?
«C’è un’assenza totale di comunicazione reale. Questo governo fa solo propaganda ma non dialoga con le parti sociali. Mi auguro che le cose cambino in fretta, il Paese deve darsi una mossa. Gli studenti fanno sentire la loro voce. Ma ciò non basta».
Qual è l’errore più grave contenuto in questa riforma scolastica?
«Certamente l’appiattimento culturale. L’assenza della dimensione del progetto educativo. L’unica logica perseguita dalla riforma Moratti è riferita alle risposte del mercato. Ovvero, organizzare la scuola per rispondere al mondo del lavoro».
«Ma non è così automatico e neppure così semplice. E poi togliere la dimensione educativa significa tagliare le prospettive evolutive dell’uomo. L’educazione si realizza attraverso la vita, ma con tale riforma non si dà più la possibilità di spaziare ed approfondre, di crescere e scegliere».
Lei vuol dire che la scuola strutturata ed organizzata con la riforma del ministro Letizia Moratti toglie pure i sogni? Cancella le prospettive di vita degli adolescenti?
«Non solo i sogni, ma neutralizza l’intelligenza. La capacità di elaborare idee e concetti non viene neppure ponderata. Tutto è calcoalto in base al lavoro da svolgere nel futuro».
«Ma quale futuro?, dico io, se non si dà un’equilibrata possibilità di spaziare nell’ambito scolastico».
Quindi se la riforma prenderà piede sarà esplicito un abbassamento culturale degli studenti? Avremmo giovani più ignoranti e pronti a lavorare in fabbrica?
«Il pericolo è anche questo. E lo hanno capito già moltissime famiglie le quali hanno iscritto i figli ai licei e non più a istituti professionali. I genitori sono quindi convinti che il proprio figlio potrà impare di più frequentando il liceo perché dura più anni e dà maggiori garanzie di studio e preparazione».
«E come dare loro torto? Con il cambio voluto dal ministro Letizia Moratti si sta andando verso una scuola morta. Grigia e senza alcuna progettualità pedagogica ed educativa. Come si può realizzare il “castello” della scuola senza veramente capire dove va la società e quali bisogni hanno i giovani? Mi auguro che la protesta degli studenti duri ancora molto tempo».
Durante la giornata il dibattito della Camera si è concentrato poco sui destini dell’istruzione italiana e molto sull’atteggiamento da tenere nei confronti di chi non gradisce i provvedimenti del governo e della maggioranza.
Alla fine il premier ha dovuto capitolare e andarsene, poiché la discussione è andata molto per le lunghe. A sera c’è stata perfino una sospensione perché Letizia Moratti voleva esaminare con calma gli ordini del giorno presentati e il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini si è limitato ad auspicare una conclusione del dibattito nella nottata per procedere, stamattina, alle dichiarazioni di voto.
Protagonista quasi assoluto degli scontri, verbali, in aula, il presidente del gruppo dei Alleanza Nazionale Ignazio La Russa. Prima ha spalleggiato le intemperanze dei suoi deputati, poi è intervenuto nel dibattito parlamentare con una difesa accorata di Donato La Morte, a suo dire aggredito da manifestanti e non difeso della polizia.
Se l’è presa perfino contro la distribuzione dell’acqua ai ragazzi in piazza: «Siamo a Roma, ci sono le fontane».
Con il passare delle ore e il crescere della protesta, il nervosismo del centro destra è aumentato. Si è arrivati così a invocare una mano ancora più pesante delle forze dell’ordine, denunciando fra i manifestanti «presenze dei centri sociali», come se questo fosse di per se un elemento di illegalità.
L’atteggiamento della maggioranza di centro destra sui destini della riforma è stato irremovibile. Sono state respinte sia le eccezioni di costituzionalità che le rischieste di dedicare più tempo alla discussione, anche per tenere conto della manifesta contrarietà del mondo universitario alla riforma Moratti. Fuori dalla Camera, infatti, fin da primo mattino manifestavano docenti e ricercatori e il corteo degli studenti era chiuso da ampie rappresentanze dei Cobas.
La giornata avrrà uno strascico. Molti parlamentari, infatti, intendono avere chiarimenti dal ministro dell’Interno Giusepe Pisanu perché, come ha affermato Ermete Realacci, della Margherita, si tratta di «acclarare se dietro il contegno tenuto dalle forze dell’ordine ci siano precise indicazioni da parte del governo».
«E’ necessario - ha affermato ancora Realacci - accertare subito la verità dei fatti. Chiediamo anche di sapere se siano fondate le affermazioni dell’operatore di Telenorba che sostiene di essere stato picchiato mentre riprendeva il fermo di uno studente». (l.v.)
Architettura moderna, un master sul campo di tecnica del recupero
L’accordo riveste per la città una importanza rilevante, e prosegue ad alto livello la collaborazione già in atto tra comune di Carbonia e università, che da anni omai lavorano in sintonia per il recupero urbanistico della città e delle caratteristiche della città di fondazione. Lo stesso piano urbanistico adottato nei giorni scorsi dal consiglio comunale è frutto di una intensa collaborazione, che proseguirà ora per la predisposizione dei piani dei centri storici identificati nei nuclei decentrati. «È una scelta mirata, e non solo perchè abbiamo trovato una amministrazione disponibile a lavorare su progetti di grande valenza - ha spiegato Antonello Sanna -. Carbonia è una città di rilevante importanza quando si pensa all’architettura del novecento. È il più rilevante laboratorio possibile in ambito regionale e nazionale, e mette a disposizione dei tirocinanti un campo di azione invidiabile, dove è possibile fare esperienza e acquisire nuove professionalità». Il progetto è finanziato con il bando regionale regionaleper i progeti di qualità. «Abbiamo una prospettiva ambiziosa - ha spiegato il sindaco Tore Cherchi -. Da un lato è quella di una collaborazione stabile con l’Università finalizzata al radicamento in città di una filiera universitaria; dall’altro puntiamo al potenziamento della qualità urbana di Carbonia. L’accordo firmato prevede al momento una collaborazione per un triennio, ma da parte nostra intendiamo fare in modo che l’esperienza sia permanente». Il master avrà una durata di 1500 ore complessive di corso, da tenersi tuti i venerdì sabato. Il numero dei partecipanti è chiuso, saranno ammessi sono 30 tirocinanti, che dovranno presentare domanda entro trenta giorni. La quota, di 2.400 euro, è limitata se raffontata a iniziative simili, in quanto in parte finanziata dal comune. che metterà anche a disposizione due borse di studio. Sono state previste tre edizioni del master, da svolgersi in anni successivi.
La sede è stata già identificata. Sede dei corsi sarà uno degli edifici ormai ristrutturati presenti nella vecchia miniera di Serbariu, che potenzierà così le sue caratteristiche di centro della cultura e della ricerca.(g.f.n.)
Docenti e ricercatori uniti: «Così il precariato diventa legge»
Il timore diffuso è che la carriera universitaria diventi un infinito precariato.
Anche all’ateneo sassarese la giornata del 25 ottobre è stata dedicata alla mobilitazione di docenti e ricercatori a sostegno della concomitante manifestazione nazionale svoltasi a Roma, che ha visto una rappresentanza locale di docenti e sindacalisti. «Una mobilitazione pienamente riuscita - commenta Bachisio Carta, esponente della Flc-Cgil, sindacato promotore della manifestazione assieme alla Cisl-Università, al coordinamento di docenti e ricercatori e al Comitato nazionale universitario dell’iniziativa locale -. Nelle diverse facoltà è stata sospesa l’attività didattica nella quale sono impegnati, oltre ai professori di prima e seconda fascia, ordinari e associati, anche i ricercatori in un ruolo ingrato. Personale comunque fondamentale per le esigenze di copertura dei programmi didattici. È lo specchio di una situazione che sarà aggravata in caso di ratifica del disegno di legge del ministro all’Istruzione, Università e Ricerca. Un provvedimento che, nonostante l’unanime critica in campo nazionale, può essere approvato dalla maggioranza che sostiene il Governo, nel suo passaggio alla Camera».
La consolidata convinzione nelle buone ragioni del dissenso sulle prospettive tracciate dal ministro Letizia Moratti fa i conti, però, con un estremo realismo. Fortemente preoccupate per l’imminente approvazione del disegno di legge-delega sul riordino dello stato giuridico della docenza universitaria e per i riverberi negativi che esso produrrà sull’università italiana, Cnu, Flc-Cgil e Cisl-Università di Sassari hanno auspicato in un documento una riappropriazione da parte del Parlamento del ruolo di legislatore affidatogli dalla Costituzione e il rifiuto di forzature che sarebbero imposte dal ministro Moratti e dalla maggioranza di Governo.
«Negli scorsi giorni abbiamo registrato un parere della commissioni Affari costituzionali della Camera sulla presunta incostituzionalità di un articolo del disegno di legge Moratti. Parere che poi sarebbe stato ritrattato - ricorda Bachisio Carta -. E così, nonostante la diffusa opposizione del mondo dell’Università, si va avanti a colpi di maggioranza parlamentare». Nel futuro i docenti e i ricercatori vedono «una totale precarizzazione, con l’impossiblità di ricambio generazionale, anche per la mancanza di concorsi, su una quota di 45 per cento di docenti ordinari e associati che nel giro di dieci anni andranno in pensione». «Da parte nostra - spiega Carta - l’auspicio è rigettare la proposta del ministro e andare agli Stati generali dell’Università, per una riforma e un rilancio veramente condivisi e adeguati alla soluzione di gravi problemi, soprattutto di quello del precariato».
Marco Deligia
Nuoro, 28 ottobre, assegnazione alloggio ai titolari di posto letto confermati e agli studenti iscritti al primo anno, alle 9,30 nelgli uffici Ersu in via Salaris 18.
Sassari, 3 novembre, assegnazione alloggio ai titolari di posto letto confermati, iscritti a tutte le facoltà, corsi di laurea e laurea specialistica, assegnazione posti letto agli studenti iscritti ai corsi di laurea al primo anno dal nº 1 al nº 55 della graduatoria, ai corsi di laurea specialistica dal nº 1 al nº 12 e scuole di specializzazione.
Nella riunione del Consiglio d’amministrazione dell’ateneo sassarese svoltasi lunedì scorso infatti, non è stata approvata la bozza presentata dal comune in quanto non condivisa sia «nella forma che nella sostanza». Alla base dei problemi pare ci siano le solite questioni di autonomie gestionali e amministrative. La società consortile è composta da università e comune, ragion per cui le decisioni dovrebbero essere prese da entrambe le parti. Ma nelle bozze di statuto che vanno e vengono tra Sassari e Alghero si evidenzia a turno l’ambizione di avere più potere l’uno dell’altro. E come al solito il nodo è sempre sempre lo stesso: la gestione dei fondi finanziari che anche se «accademici» non sono mai un elemento di valutazione secondario. A soffrire di questa situazione di stallo sono esclusivamente gli studenti che a quattro anni dall’istituzione della sede universitaria ad Alghero non vedono migliorare i servizi loro offerti. Dal comune giugono da sempre segnali concreti di massima disponibilità in termini di offerta di locali e strutture per la didattica e la più volte manifestata ambizione di far crescere l’università nella Riviera del Corallo, vera occasione di sviluppo e di crescita culturale. Ma sul tema della società consortile non si riesce a raggiungere un’accordo con l’ateneo sassarese. Nonostante il rilevante valore sociale rappresentato dai giovani studenti, futuri professionisti e quindi classe dirigente, non si riesce a trovare il giusto collante che sia capace di individuare il punto di incontro. Un tira e molla che viene giudicato, dagli stessi studenti, logorante visto che fin dalla istituzione dei corsi, il Consorzio non è mai venuto alla luce e i primi laureati hanno già lasciato la sede universitaria algherese verso il mondo della professione e del lavoro senza neanche conoscere la capacità organizzativa di questo organismo fantasma. (s.o.)
L’appuntamento è per le 9.30 nell’Auditorium San Domenico, in via Lamarmora. La cerimonia, quest’anno, assume un significato particolarmente importante, considerato che sarà anche l’occasione per tracciare un bilancio di dieci anni di attività dell’Università a Oristano. Università che oggi conta settecento iscritti ed è forte di sei corsi, compreso quello unico in Italia di archeologia subacquea. I laureati finora sono stati centonovantuno
Il corteo, poi i sit in davanti alla Camera e a Palazzo Madama
Studenti e professori: assedio a Montecitorio fra cariche e slogan
Manifestazione in centro contro la riforma Moratti
Circa centomila in tutto. Cinquantamila in più secondo l’Unione degli studenti, che ha esultato: «Un corteo mai visto». Di certo erano in tanti: studenti, universitari e delle scuole superiori, ma non solo. Con loro anche ricercatori e prof, tra i molti che hanno preferito il corteo itinerante allo stanziale sit-in. Un altro momento di tensione c’è stato dalle 17.20 sotto Palazzo Chigi, mentre alcuni studenti, percorrendo via del Corso, lasciavano la manifestazione protrattasi a lungo sotto Montecitorio. Cinque, alla fine, i feriti negli scontri tra polizia e manifestanti a pochi metri da Palazzo Chigi, tra i quali un fotografo della carta stampata e un operatore tv, raggiunti dai manganelli della polizia e portati dalle autoambulanze nel vicino pronto soccorso del San Giacomo. Una bagarre che ha trovato nuova linfa quando una giornalista di Sky, Jana Gagliardi, si è collegata in diretta pronunciando frasi sgradite agli studenti sulla dinamica delle cariche. «Ha detto che abbiamo tentato di scavalcare le transenne, bugiarda, serva del potere». «Ho solo detto che avete tentato un assalto pacifico», la replica della giornalista. Nel frattempo sono piovuti insulti, interrotta la diretta, con via del Corso paralizzata dal traffico.
Una giornata campale, quella di ieri, per gli automobilisti e per chiunque si sia dovuto spostare in città. A causa del lungo corteo che almeno per tutta la prima parte, e in larghissima maggioranza, si è svolto pacificamente, tra slogan, balli e centinaia di striscioni a volte sarcastici, polemici, ma spesso non privi di ironia: da «Letizia, profumo d’impresa» fino al dialettale «All’anima delli Moratti tua» (di Scienze della Comunicazione, «La Sapienza»). C’erano gran parte dei licei della città, da quelli «storici» (Mamiani, Tasso, Visconti) agli istituti tecnici di periferia. C’erano le matricole. Di tutti gli atenei pubblici. Molti studenti sono arrivati da ogni parte d’Italia. C’erano i sindacati e tutte le sigle della docenza. Impiegati del settore. Ricercatori. Precari. Borsisti. Presidi. Rettori. Un coro unanime di protesta contro la riforma Moratti, ma anche voci (e striscioni) contro gli ex ministri del centrosinistra Berlinguer e Zecchino.
Edoardo Sassi
Berlusconi: testo più che opportuno. L’Unione non vota e attacca An: avete provocato i manifestanti
IL DIBATTITO - Molto accesa la discussione in Aula, con un leitmotiv da parte dell’opposizione: l’università si è vista imporre una riforma che non voleva assolutamente. È quello che dice, al termine dei cortei, Fausto Bertinotti, segretario del Prc: «Se qualcuno conservava ancora dei dubbi, oggi è stato accontentato: la riforma Moratti non piace proprio a nessuno. La bocciano studenti, insegnanti, non docenti». Altrettanto secca la replica del ministro Letizia Moratti: «Il governo è sempre stato disponibile al confronto: delle 14 proposte avanzate dai rettori 13 sono state accolte, alcune delle quali presentate dall’opposizione».
DIRITTI CONTESTATI - Il dibattito è andato avanti mentre decine di migliaia di studenti e docenti delle scuole superiori e dell’università assediavano la Camera. Scontri fuori, e dentro un clima inevitabilmente teso con polemiche sul diritto di manifestazione e il diritto di libera circolazione dei deputati. «La presidenza della Camera si impegna a tutelare il diritto a manifestare liberamente e quello dei deputati ad arrivare in aula senza problemi. Insieme al vicepresidente Fabio Mussi e ai questori farò immediatamente l’esame della situazione, evitando di dare giudizi, anticipazioni, sentenze senza conoscere i fatti»: spiega Pier Ferdinando Casini replicando a Gustavo Selva (An) e Luca Volontè (Udc), che avevano denunciato il «blocco degli studenti fuori Montecitorio che impedisce ai deputati di circolare liberamente».
LE CONTESTAZIONI - Dalla piazza le tensioni sono arrivate fin dentro Montecitorio. «Gli studenti che hanno manifestato - dice il verde Alfonso Pecoraro Scanio - sono stati più maturi di quei parlamentari di An che hanno fatto di tutto per alimentare la tensione». Replica il vicepremier e leader di An Gianfranco Fini: «Oggi davanti a Montecitorio sono avvenuti episodi non gradevoli. Protestare è un diritto ma oggi il comportamento di alcuni consistenti gruppi di manifestanti è stato inquietante. Come titoleranno i giornali? Sono curioso di vedere se i titoli parleranno di atti intimidatori e squadrismo». Il leghista Roberto Calderoli racconta che l’auto su cui viaggiava è stata presa a sputi, pugni e bastonate dai manifestanti: «Un’aggressione da katanga, o meglio, da fascista».
Giulio Benedetti
ROMA - C’è chi punta sull’ironia, e mostra lo striscione «don’t touch my brain», e chi lancia fumogeni verso la Camera: tutti, però, bocciano il ministro, la riforma, e già che ci sono gli studenti bocciano pure Cofferati. E la polizia, ovviamente, che inutilmente tenta di arginarli: «Passate pure dietro via del Plebiscito - dice la questura agli organizzatori della manifestazione contro il ddl Moratti - ma non davanti a Montecitorio, lì non potete arrivare, ve lo impediremo». Solo che erigere una «zona rossa» in quel dedalo di vicoli che è il centro di Roma è un poco complicato. E così - dopo scontri in piazza Navona all’ora del pranzo - davanti alla Camera, mentre si vota, c’è una folla mai vista. Studenti e professori, migliaia. E i politici? Deiana (Prc) accusa la polizia di aver caricato studenti che procedevano a braccia alzate, proprio mentre La Russa (An) urla a un funzionario di cacciare gli studenti dalla piazza. I ragazzi vanno avanti con la protesta: alle sei della sera, davanti a palazzo Chigi ci sono cariche, manganellate, ragazzi trascinati, altri che si coprono il viso coi passamontagna e la testa coi caschi. Le ragazze, col trucco che cola dagli occhi, fuggono. La manifestazione contro il ddl Moratti fa arrivare da tutta Italia a Roma centomila persone (per l’Unione degli studenti sono cinquantamila in più), dai liceali coi brufoli a ricercatori e docenti coi capelli bianchi. Da Milano come da Cosenza, da Pisa e Siena come da Venezia e Napoli. Si comincia alle nove del mattino. Il traffico della città è paralizzato, il centro è attraversato da migliaia di striscioni «dedicati» a Letizia Moratti. Per citarne alcuni: «DDL? Dimmi Dove Lavoro», «Devi Dimetterti Letizia», «Vendesi dottorando buone condizioni», «Letizia profumo d’impresa», passando per «Moratti e Cofferati, entrambi bocciati» e così via, rime e ironia. Il corteo però sembra diviso in due: da una parte quelli che avanzano civilmente, dall’altra quelli - una esigua minoranza - che indossano i passamontagna e puntano verso la polizia. Gli uomini in divisa hanno un ordine, come detto: non farli arrivare a Montecitorio, dove si sta già svolgendo un sit in con, tra gli altri, il rettore della Sapienza, Renato Guarini. Solo che ci vorrebbe l’esercito per controllare tutti i vicoli del centro. E così molti ragazzi provano a entrare: ed ecco gli scontri. All’ora di pranzo, a pochi passi da Botteghe Oscure, e anche in via del Teatro Valle. Cariche, botte e fumogeni. Passanti e turisti fuggono, spaventati. Una ventina di universitari a volto coperto cerca di forzare il varco di Torre Argentina: anche qui c’è il contatto con la polizia, tensione, spinte. Poi il grido di uno: «I nostri sono entrati, ce l’abbiamo fatta, siamo dentro la zona vietata». È vero, basta spostarsi a Montecitorio per rendersene conto. Da quel momento in poi, davanti alla Camera, arrivano in molti. Un gruppo di studenti passa da dietro, da una via laterale: lancia un fumogeno verso gli uffici, scappa. I politici di centrosinistra arrivano nella piazza, cercano di mediare. Lo faranno anche qualche ora più tardi, quando i manganelli colpiranno, oltre ai ragazzi, un operatore tv e un fotografo. Lo scontro avviene in via del Corso: rimangono feriti anche alcuni ragazzi. Cinque, in tutto. Uno dei fotografi colpiti, Stefano Montesi, parla dall’ambulanza: «Stavo scattando mentre la polizia picchiava un collega, m’hanno preso a manganellate». L’altro, Dante D’Aurelio, cineoperatore di Telenorba, conferma: «Stavo filmando un ragazzo portato via dalla polizia, mi sono saltati addosso, m’hanno insultato, trascinato. Ho chiesto se fossimo in Argentina, mi hanno picchiato».
Quando i ragazzi vanno via in corteo, le sirene della polizia li seguono e li precedono. Si vedono bene, quelle luci. Perché, dopo quasi dieci ore di assedio al Parlamento, adesso è buio.
Alessandro Capponi
Volantino con le istruzioni per i più giovani: non offendete i poliziotti
Anche per questo il corteo di ieri è in realtà un corteo di domani, fatto di tante persone messe assieme non da una voglia di cambiamento radicale, non da una battaglia per un popolo lontano, bensì da una paura, da un’insicurezza che nel caso degli universitari ha già i contorni definiti e nel caso dei liceali è un’ombra grigia. Sospettosi verso chiunque ambisca a prendere la testa, tanto più se si tratta di gente già sistemata. E’ un movimento nuovo, auto-organizzato, che nemmeno ce l’ha troppo con la Moratti dato che l’università attuale è una creatura del centrosinistra. Dunque, quando ieri Valentina Aprea, il sottosegretario della Moratti, ha chiesto una delegazione per un incontro con il ministro nessuno era preparato a questa storia della rappresentanza.
Sparsi, si muovevano nella massa, probabilmente con più voglia degli altri di affrontare le «guardie», anche quelli dei centri sociali del Nord-Est e qualche «disobbediente», ma privi di leader, niente Casarini, niente Agnoletto. C’era Anubi D’Avossa, direttamente dal movimento 1990 della «Pantera», poi responsabile della comunicazione al Social Forum di Firenze. E c’erano i politici più vicini alle rivendicazioni giovanili, Russo Spena e Folena di Rifondazione, Diliberto dei Comunisti Italiani e Tocci, ds, e il verde Paolo Cento, che dice: «Sarebbe un errore guardare con gli occhi degli anni ’70. Qui non c’è ideologia, bensì un rapporto strumentale con la politica, con sfiducia di fondo. Sembrerà assurdo ma questi ragazzi vogliono studiare di più, criticano il disfacimento dell’Università pubblica e della ricerca».
Tanti giovani che sfilano, borsisti, ex co.co.co hanno comprato quei cartelli «Vendesi o Affittasi» e hanno scritto: «Solo privati, sapere ampio e luminoso, no perditempo, massima serietà». Uno striscione di Geologia Roma Tre dice: «Moratti Berlinguer voi ministri, noi migranti» e gli universitari di Bologna, reduci dalla manifestazione anti-sindaco: «Moratti e Cofferati entrambi bocciati». In un corteo con i giocolieri, con le ragazze arabe di Economia e commercio, velate, con i punkabbestia e i loro cani, la delegazione del «Visconti», liceo del centro, capitanata da una Ford Ka e le magliette e i pantaloni da «rapper» di buona marca, gli adolescenti di Cosenza «contro la mafia». E le «kefiah», qualche passamontagna pronto da calare e qualche sciarpa della Roma, perché gli studenti, adesso, sono soprattutto questo, disorientati e in cerca di qualche non friabile punto di riferimento.
Andrea Garibaldi
Cara Maria Latella a vedere davanti a Montecitorio quei ...
Cara Maria Latella a vedere davanti a Montecitorio quei ragazzi che non sapevano bene per che cosa manifestavano, gli hanno detto di farlo per la riforma Moratti ed un pretesto valeva l’altro, m’è venuta molta tristezza. Davvero non si impara niente dagli errori delle generazioni precedenti. Il livello della scuola italiana si è andato deteriorando in modo impressionante dal ’68 in poi, con docenti sempre meno preparati (sfido: si erano laureati col 18 politico) e, di decennio in decennio, studenti sempre meno in grado di applicarsi a testi considerati ormai troppo ardui per loro. Ormai in molte facoltà, a cominciare da Giurisprudenza, il corpo docente abbassa ogni anno il livello di preparazione richiesto alle matricole: altrimenti ben pochi passerebbero l’esame. In altri Paesi, penso a Francia, Germania, alla stessa Spagna che il ’68 peraltro non l’ha avuto, i 2-3 anni di contestazioni studentesche sono stati poi prontamente riassorbiti, e università prestigiose, ad esempio la mitica parigina «Sciences Po», scienze politiche, hanno continuato a sfornare laureati ultra preparati. In un panorama sempre più sconfortante per l’Italia, con università logorate e studenti che vi arrivano impreparati, l’anno si apre con lo stesso lacerante copione degli anni ’70. Scioperi, cortei, aule occupate. Tanto, poveri ragazzi, a rimetterci saranno soltanto loro, sempre meno preparati e dunque impossibilitati a trovarsi un lavoro se non hanno genitori influenti. Possibile che i ragazzi non si rendano conto di essere manipolati?
Lettera firmata
Dagli errori delle generazioni precedenti non si impara, ed è quasi inevitabile che sia così. Inevitabile almeno per chi ha 20 anni. In più, credo che i giovani italiani qualche ragione per guardarsi attorno con inquietudine ce l’abbiano. Stupisce invece che gli adulti non sappiano far tesoro degli errori passati. Non i parlamentari allegramente in piazza con studenti futuri disoccupati. Non i docenti, che ritardano un prezioso avvio di anno accademico: nelle università private non succede, vero? E’così che si ricrea il gap tra privilegiati che si laureeranno, seguiti dai tutor, e studenti abbandonati a se stessi che, invece, perderanno tempo ed occasioni. Come, ahimè, accadde anche a molti dei loro padri e, credo, dei loro fratelli.
mlatella@rcs.it
disobbedienti assedieranno l’università per impedire alla Moratti di inaugurare l’anno accademico
Il ministro alla Bocconi, gli studenti: non entrerà
Cercheranno in tutti i modi di bloccare la cerimonia che, oltre al ministro Moratti, prevede la partecipazione del rettore Angelo Provasoli, di Tommaso Padoa Schioppa, consigliere dell’istituto Affari Internazionali, di Mario Monti, presidente della Bocconi. «Saremo in migliaia», annunciano i ragazzi.
Le mobilitazioni cominceranno domani, con iniziative nelle scuole e nelle facoltà «per preparare l’assedio». Promettono invece un presidio pacifico i giovani della Rete Studentesca: «Metteremo in scena uno spettacolo sulla riforma Moratti ed esporremo opere d’arte degli studenti dell’Accademia di Brera. Vogliamo mostrare la vera voce degli studenti».
Ma non è sicuro che il ministro Moratti partecipi all’evento. La sua presenza non è ancora stata confermata: per venerdì, a Roma, è prevista una riunione del Consiglio dei ministri.
A. Sac.